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Rose sentiva l'aria secca della STYX irritarle la gola. Aveva le orecchie tappate da qualcosa, e il vocio degli altri ragazzi le arrivava da lontano. Ma non era questo a darle il capogiro. Era l'ebrezza del suo primo viaggio spaziale, vedere l'orizzonte incurvarsi sempre più, fino a rivelare Sieben per quello che era: una grossa palla persa nelle stelle. La paura per l'altezza lasciava il posto allo sconcerto di trovarsi nel vuoto infinito.

Poi qualcuno dai posti più avanti gridò: "La Vanguardia!"

Rose non poté fare a meno di premere il viso contro l'oblò. Sì, più avanti si scorgeva la sagoma d'argento della nave fantasma, un profilo disegnato dalla luce del sole, al cui interno le stelle erano inghiottite dal buio. La nave si avvicinava sempre più, man mano che la STYX cercava di allinearsi al portello di attracco.

Rose sentì Clash avvicinarsi all'oblò per guardare. "E allora, si vede qualcosa?", gracchiò Bea dal sedile più lontano.

Come se fosse la cosa più naturale del mondo, Rose prese Clash per la spalla e lo invitò a premersi contro di lei per affacciarsi all'oblò. Ora i loro volti erano vicinissimi, chiusi nello spazio ristretto di quella piccola finestra sulle stelle. Per un attimo Rose si stupì della sua stessa audacia.

"Vedi? Proprio qui davanti" sussurrò Rose all'orecchio di Clash.

"È bellissima", mormorò Clash sorridendole.

Ora la Vanguardia, gigantesca, incombeva nello spazio sopra di loro. Due lunghe pinne partivano dai fianchi, si biforcavano alle estremità e arrivavano a toccarsi nella parte posteriore della nave, disegnando un ovale. Al centro di questo ovale brillava un cerchio di luce rosso cupo, sospeso nel nulla.

"Quello è il mandala di Robinson". Clash era affascinato. "È la conformazione circolare energetica, il collettore di gravitoni. Permette il salto oltre-luce. Ma non dovrebbe essere rosso. Vuol dire che è collassato."

"Sai un sacco di cose sulle navi" disse Rose, che era molto più interessata al leggero profumo di legno bruciato che veniva dal collo di Clash.

"Ho letto molte cose in rete. Certo, col mandala collassato quella nave non andrà mai più da nessuna parte. Sarà legata per sempre a questo pianeta."

Proprio come noi, pensò Rose. Ma non lo disse. L'entusiasmo di Clash era così vitale. E Rose non voleva essere triste. Voleva rivolgere lo sguardo alle stelle, proprio come Clash.

Procedendo lentamente, la STYX manovrò per attraccare. Dall'oblò, lo scafo della Vanguardia appariva come una lunga parete di acciaio grigio, che si estendeva in ogni direzione per centinaia di metri. Rose vide altre decine di navette come la STYX già attraccate ai portelli di ingresso. Sembravano cuccioli che succhiavano il latte da una madre gigantesca.

All'improvviso, risuonò il rumore sordo di un violento contatto metallico, che fece tremare il sedile di Rose.

"Ci siamo agganciati", spiegò Clash. "Il sistema automatico ci ha dato luce verde. Chi ha abbandonato la nave, ha lasciato la porta aperta prima di andarsene".

Il grassone con la barba lunga uscì dalla cabina di pilotaggio. In modo brusco, invitò tutti i ragazzi ad alzarsi e a mettersi ordinatamente in fila per uscire.

"Tu stammi vicino", disse Bea a Rose. "Se il buttafuori dovesse dirti qualcosa, lascia parlare me."

Ma non c'era nessuno sulla soglia a respingere le decine di ragazzi che entravano ordinatamente. Ad accoglierli sulla Vanguardia fu un buio inquietante. Ci volle qualche secondo, perché gli occhi di Rose si abituassero, e scorgessero le linee luminose rosse che descrivevano il percorso da seguire. Le pareti e il soffitto sembravano perdersi nell'oscurità. Nel buio, Rose indovinò le sagome di Clash e Bea strette insieme. Come se Bea tenesse il braccio di Clash.

"Ehi, siete lì?"

"Tu seguici, Rose!" rispose Bea.

Da qualche parte, attutita dalla distanza, rimbombava l'eco di un pezzo powerpunk. Doveva essere qualcosa dei Mirrors. Rose indovinava nel buio la presenza degli altri ragazzi, e poi di qualcos'altro: erano sagome lattescenti che fluttuavano, come l'immagine di qualcuno che ballasse al rallentatore. Rose rabbrividì.

Continuarono a camminare. Le pulsazioni della musica si fecero più forti, sembravano battere all'unisono con le pulsazioni che Rose sentiva alle tempie. La luce divenne più intensa. E alla fine arrivarono alla Festa. Rose percepì fisicamente su di sé il calore e le vibrazioni di migliaia di persone che ballavano in uno spazio enorme, al ritmo cupo e avvolgente del powerpunk.

"Il ponte panoramico", sussurrò Clash al suo orecchio. Rose alzò gli occhi, e per un attimo la sua mente fu travolta. Sopra di loro si alzava per decine di metri una volta di cristallo, che si affacciava sull'immensità delle stelle. E al centro di tutto, gigantesco, il mandala di Robinson. Una pupilla rosso cupo sospesa al centro di un occhio immenso, disegnato dalle estremità delle lunghe pinne della Vanguardia. Quell'occhio inumano osservava la Festa scatenarsi sotto di lui, impossibile dire se con uno sguardo benevolo o spietato.

"Questa è la Festa più bella dell'universo" mormorò Rose. Ma nessuno poteva sentirla in quel caos. Era più che mai convinta: la Festa era la cosa migliore che sarebbe mai capitata a Sieben. Partecipare alla Festa l'avrebbe ripagata di tutti i problemi che avrebbe avuto al ritorno.

Rose cercò Clash e Bea. Ma era bastato un attimo di distrazione per perderli in quella bolgia. E adesso che era lì, cosa avrebbe dovuto fare? Ballare? Rose non ricordava di avere mai ballato in vita sua.

"Servizio vitamine!"

A parlare era stata una signora decisamente avanti con gli anni. Indossava una specie di divisa da marinaretta. Ora sorrideva a Rose esibendo una faccia rugosa. Reggeva un vassoio con dei bicchieri di cartone, colmi di un liquido violaceo.

"Voi giovani avete bisogno di idratarvi e recuperare vitamine," disse la vecchina. "Signorina, prenda un buon succo di prugna. Offre la casa!"

Rose, non sapendo che altro fare, prese un bicchiere e ringraziò. Assaggiò il succo. Pizzicava sulla lingua. Almeno adesso aveva qualcosa in mano, non ciondolava più le braccia come prima. (Offre la casa? Quale casa?)

Si sentiva stranamente leggera. Poi capì: la gravità artificiale. Aveva un'intensità molto bassa. Forse gli organizzatori della festa la tenevano volutamente al minimo. Era una sensazione strana... come se i piedi si staccassero da terra troppo facilmente. A Rose girava un po' la testa. Un ronzio sordo le vibrava nelle orecchie.

Rose continuava a cercare Clash e Bea. I ragazzi e le ragazze che ballavano erano una selva di abiti neri e volti pallidi, sicuramente truccati per sembrare ancora più esangui. In mezzo a tutti quei colori scuri, Rose scorgeva delle macchie lattescenti enigmatiche. Come se qualcuno partecipasse alla danza indossando degli abiti bianchi fluorescenti.

Improvvisamente Rose vide davanti a sé una ragazza alta e bellissima, con lunghi capelli neri e occhi cerchiati da mascara viola. Indossava una giacca rosso scarlatto bordata di oro, con complicati ricami volteggianti pure in oro. Le sue lunghe gambe scoperte erano strette da collant scuri. Uno spettacolare capello a tuba nero ornava la sua testa. Dai vecchi video che aveva visto in rete, Rose poteva indovinare che quell'abito era un costume da circo. Poi Rose notò che la ragazza stringeva fra le mani una grossa frusta, avvolta e stretta fra le sue dita affusolate. Capì: una domatrice di leoni.

Quell'apparizione surreale le sorrise. E in quel momento, Rose si rese conto di stare fissando la ragazza con la bocca aperta, come una stupida bambinetta. Voltò lo sguardo per l'imbarazzo, sorseggiando un po' del suo succo di prugna. La domatrice andò oltre, continuando a sorridere, forse consapevole di avere fatto colpo su quella mocciosetta. Mentre si allontanava, Rose non poté trattenersi dal rivolgerle un ultimo sguardo e... vide che sulla schiena la giacca era strappata. Una lacerazione lasciava scoperta la pelle bruna e vellutata della domatrice. E tre grossi graffi si disegnavano sulla sua carne: gli artigli di un leone immaginario. Un trucco molto realistico.

Rose si vergognò del suo turbamento. Quella era la Festa. Tutto valeva. Si sforzò di finire il succo di prugna, giusto per fare qualcosa. Improvvisamente fu accecata da un bagliore bianco. Si spostò d'istinto. Vide accanto a lei una forma di luce danzante... una ragazza. Un ologramma, bianco e lattescente. Ballava movendosi appena, fluttuando al ritmo di una musica che poteva udire solo lei, e che non era sicuramente il ritmo indiavolato del powerpunk che Rose aveva nelle orecchie. Il fantasma teneva lo sguardo basso, con un'espressione triste, come se il suo ballo ipnotico fosse la celebrazione di una vita passata.

Rose capì il significato delle macchie luminescenti che aveva visto: fantasmi tristi ballavano in mezzo ai ragazzi vivi, al ritmo di una musica ultraterrena. L'installazione di ologrammi più fica che Rose avesse mai visto.

Era la Festa, ed era meravigliosa. Rose cominciò a vagare in mezzo ai ragazzi che ballavano. Si prese qualche gomitata e qualche brutta parola. Doveva trovare Clash, parlare con lui, dirgli quanto tutto ciò fosse significativo e importante per loro. Rose aveva paura che i suoi piedi si staccassero da terra, di cominciare a fluttuare nell'aria. Stava correndo? Stava ballando?

Le si parò davanti un volto grinzoso e sorridente.

"Servizio vitamine!"


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From the author

Mi diverte molto l'idea di inventare generi musicali del futuro. Voi come ve lo immaginate il powerpunk? Secondo me assomiglierà a questo pezzo di Chelsea Wolfe. Però potrei sbagliarmi! ;)

https://youtu.be/RgAruEQJDhM

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