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Clash doveva agire in fretta. Rose stava avanzando verso i droni, allo scoperto. Forse era Mercury. Avere quel demonio nella testa l'aveva fatta impazzire.

La sua mente di soldato addestrato calcolò tutto. La prima cosa da fare era gettare a terra Rose. Poi riguadagnare riparo dietro uno dei jersey. Clash si preparò a fare leva sulle gambe, per balzare verso la ragazza. Sentì una mano stringergli il braccio come una morsa. Dakota lo stava trattenendo.

"Un suicidio è abbastanza" disse lei.

Clash si girò verso Dakota. Stava per ribattere qualcosa, quando vide gli occhi di lei e si bloccò. Erano pieni di paura.

Poi accadde. Un rumore assordante esplose nelle loro orecchie. Clash lottò per rimanere lucido, mentre un fischio acuto sembrava perforagli i timpani. Un fumo denso e polveroso lo costrinse a chiudere gli occhi. Ignora lo shock, soldato. Analisi tattica. Sì, doveva essere così. I droni avevano sparato al jersey dietro cui erano riparati.

Doveva essere stato solo un colpo di avvertimento. Forse le falangi li volevano vivi. Dio, fa che sia così.

Clash si strofinò gli occhi con le dita. Poi si sforzò di aprirli. Si sporse dal jersey il minimo indispensabile per guardare in direzione di Rose. Il fumo era ovunque, come una nebbia grigio scura. Indovinò nel pulviscolo le sagome dei droni, a circa dieci metri da loro. Non riuscì a vedere nient'altro.

Il fumo sembrava avere inghiottito la luce del giorno. Al suo interno si agitavano particelle scure, come uno sciame di minuscoli insetti. Clash capì. Non era solo il fumo dell'esplosione. C'era qualcos'altro. Nanomacchine.

Rose aveva liberato le nano. Clash distinse la sagoma della ragazza al centro di quell'inferno. Rose era incolume, e continuava a camminare verso i droni.

Dovrei avere paura, pensava Rose. Mi hanno appena sparato con dei cannoni a impulso. Ho sentito la violenza dei colpi sulle mie nano. Dovrei avere paura. No... aveva paura. Ma in qualche modo, guardava quella paura come se appartenesse a un'altra persona. La paura era lì, ma lei ne era libera. Poteva accoglierla o rifiutarla, a suo piacimento.

La brezza spazzò via quello che era rimasto del fumo dei colpi. La luce tornò a investire le grandi sagome argentee dei droni, sospesi nell'aria davanti a lei. Non farti catturare dalla visione dell'avversario. Espandi la tua presenza. Sii ovunque. Combattere è come essere liberati da se stessi.

Sentì i cannoni scattare. Stavano per sparare un altro colpo.

Lei saltò. Staccò i piedi da terra con un lieve sforzo dei muscoli delle gambe. E poi sostenne il suo corpo con le nano. Si librò nell'aria. Che cosa diavolo sto facendo? fece in tempo a domandarsi.

Si trovò a un paio di metri da terra, faccia a faccia con uno dei droni. Poteva vedere chiaramente il suo muso appuntito da rapace, freddo e metallico. Nella parte superiore, una fessura orizzontale svelava sensori e strumenti ottici, intervallati da led luminosi lampeggianti verdi e arancioni. Sotto le ali, due cannoni fumanti erano pronti a sparare e ad annientarla.

Fu solo un attimo, ma sembrò durare un'eternità. Forse sarebbe morta nel giro di un secondo, ma non le importava. Era meravigliosamente consapevole di ogni dettaglio. Nell'aria, sentiva un vago odore di plastica bruciata. Il vento gentile agitava i capelli davanti al suo volto. Si sentì al centro di una pace infinita.

Poi un'idea si affacciò alla sua mente. Era un fatto banale: stava ricadendo a terra. Naturalmente, non sapeva volare. I suoi poteri avevano dei limiti. Ma non era un problema.

Portò a termine senza sforzo la parabola del suo salto. Atterrò nell'unico punto in cui il drone non avrebbe potuto colpirla: sul drone stesso. Le suole di gomma delle sue scarpe toccarono senza violenza la dura superficie metallica dello scafo, provocando un suono quasi musicale. Un istante dopo, un rumore lacerante aggredì i timpani di Rose. I cannoni sotto di lei avevano sparato.

La scossa che ne seguì costrinse Rose a piegare le gambe. Appoggiò la mano destra sullo scafo del drone per mantenere l'equilibrio. Il metallo era caldo.

Il drone cominciò a compiere furiosi movimenti oscillatori sul proprio asse. Cercava di disarcionare Rose come un cavallo imbizzarrito. Non ti piace essere cavalcato, bestione?

Rose liberò tutte le nano che poté, e con esse avvolse il corpo del drone. Immaginò briglie spesse come cavi di acciaio strette attorno allo scafo. Poi tirò le redini. Sentì il metallo sotto di lei gemere orribilmente.

Strinse ancora. Il drone roteava, ma la presa di Rose era salda. Lei seppe che poteva stritolare quella macchina come un giocattolo di latta. Bastava stringere ancora un po'. La sensazione di potere che ne derivò fu esaltante.

Ti stai concentrando su un solo avversario. Devi espandere la tua consapevolezza.

Ma certo. Non erano da soli a danzare. Rose non riusciva più a vederlo, ma lo avvertiva: l'altro drone si stava avvicinando. Udì uno scatto. Capì che i suoi cannoni si preparavano a sparare.

Nella sua mente, tutto fu chiaro. Seppe cosa stava per accadere, come avrebbe potuto prevedere il ritornello di una canzone che conosceva. Richiamò le nano. Le briglie che la tenevano incollata al drone si spezzarono.

Fu sbalzata via. Un istante dopo, il secondo drone sparò. Mentre cadeva, Rose sentì i colpi a impulso sfiorarle i capelli. Poi sentì un fragore di ferraglia, seguito da un'esplosione. Se avesse avuto tempo, Rose avrebbe sorriso. Nel tentativo di colpirla, il drone aveva abbattuto suo fratello.

A mezz'aria, cercò di liberare le nano. Non fu sufficiente a frenare la caduta. Atterrò sull'asfalto e rotolò per alcuni metri. Il dolore al costato esplose fino a farla urlare.

Si ritrovò supina, con la sensazione di non riuscire più a respirare. Era di nuovo la piccola, stupida Rose, con tutti i limiti del suo corpo.

Un sibilo stridente premeva contro le sue orecchie. Stava svendendo? No, quel sibilo era reale. Era il secondo drone. Stava puntando verso di lei.

Si sforzò di alzarsi su un gomito. Il dolore si irradiò crudele dalla spalla fino alla coscia destra. Il sibilo aumentò di intensità. Rose girò la testa verso il drone. Era a circa tre metri da lei. Puntava i cannoni nella sua direzione.

Rose udì uno scatto metallico. Questa volta non mi cattureranno, pensò. Questa volta è finita.

No, questa volta hai imparato a combattere. Questa volta sei una guerriera sulla strada di Mercury.

Liberò le nano un istante prima che il colpo la raggiungesse. L'impatto fu devastante. Gridò. Sentì un calore intollerabile avvolgere il suo corpo. Le punte dei suoi capelli bruciarono, liberando un odore acre.

Un istante dopo, le orecchie erano piene di un fischio assordante. Si rese conto di avere serrato gli occhi per il calore. Si sforzò di riaprirli. Il suo corpo dolorante era ancora tutto lì. Spiacente. Questa strega brucerà sul rogo un altro giorno.

Era questione di istanti. Il secondo colpo non avrebbe atteso. Doveva rialzarsi, ma in quel momento non poteva fare affidamento sul suo corpo malconcio. Afferrò le proprie braccia e gambe con le nano. Ignorando il dolore, sollevò se stessa come una marionetta. Ora fronteggiava il suo nemico faccia a faccia, fluttuando a circa mezzo metro da terra.

Rose incrociò gli avambracci davanti a sé. Si preparò a ricevere un nuovo colpo.

I cannoni fecero fuoco. Ma questa volta lei era pronta. I colpi a impulso si infransero contro il suo scudo di nano. Rose si stupì di quanto fosse stato facile pararli. Il dolore in lei lasciò posto all'esaltazione.

Un nuovo scatto metallico, e un nuovo colpo. Anche questa volta lo scudo resse. Rose sentì di nuovo la canzone della lotta dentro la sua anima. Avanzò verso il drone.

Ancora i cannoni spararono. Rose avvertiva la violenza di quei colpi contro il suo scudo. Ne era quasi eccitata. Continuò ad avanzare. E il drone arretrò.

Quell'ammissione di debolezza la riempì di gioia. E in un istante, quella gioia le disse cosa fare. Si trovava ormai a poco più di un metro dal drone. Udì perfettamente lo scatto dei cannoni, che si preparavano a un altro colpo. Rose aprì le braccia. Lo scudo davanti a lei si dissolse.

Protese il braccio destro verso il drone. Da tutto il suo corpo, le nano si liberarono e si addensarono in un flusso che si incanalò lungo il suo braccio. Poi, dalla mano di Rose, le nano si proiettarono verso le imboccature dei cannoni.

Rose avvertì le nano penetrare nelle canne, infiltrarsi nei meccanismi d'acciaio, sigillare ogni fessura. Il drone, stupidamente, sparò. I cannoni esplosero.

Un rumore assordante di nuovo premette contro i timpani di lei. Rose chiuse gli occhi e girò la testa per non venire accecata dall'esplosione. Un piccolo frammento di metallo passò attraverso le nano, colpendola di striscio allo zigomo. Ma Rose non sentiva più dolore. Niente si sarebbe frapposto fra lei e la sua preda.

Dopo un istante, con la massima tranquillità Rose riaprì gli occhi e guardò il drone. L'esplosione aveva squarciato la parte inferiore dello scafo. Ora il drone si librava nell'aria incerto, inclinato una un lato. E arretrava ancora davanti a Rose.

Lei liberò ancora le nano. Come uno sciame, il pulviscolo nero penetrò nello squarcio dello scafo. E cominciò a devastare ogni cosa al suo interno.

Lo sciame continuava a liberarsi dal corpo di Rose, incanalandosi in un flusso costante verso l'interno del drone. Sulla parte superiore dello scafo cominciarono ad apparire dei bozzi, come se una forza premesse dall'interno per uscire. Poi una nuova esplosione squarciò lo scafo. Il drone si inclinò ulteriormente, come se chinasse il capo davanti a Rose. Infine crollò a terra, in un caos di polvere e schegge di asfalto.

Tutto era finito. I rottami dei due droni giacevano fumanti, come uccelli morti.

Una calma immensa invase Rose. Ora sentiva il sangue scenderle dallo zigomo lungo la guancia, ma non le importava. Si rese conto di essere ancora a mezz'aria. Scese piano verso terra. Prima di lasciare la presa con le nano, si assicurò che le gambe reggessero il suo peso. Cominciò di nuovo ad avvertire dolore, al fianco e in varie parti del corpo.

Si girò piano. Vide le teste di Clash, Dakota e Willem sporgere da dietro il jersey dove li aveva lasciati. I loro occhi erano sgranati.

Rose rimase in silenzio per un po'. Infine disse: "Credo che adesso possiamo andare avanti."

Clash non riusciva a staccare gli occhi da lei. Fissava l'esile figura della ragazza, con le spalle abbassate e il rivolo di sangue che le scendeva lungo la guancia. La piccola Rose, che sembrava finita per caso in mezzo a quell'inferno di macerie e lamiere contorte. Per un minuto, era stata lo strumento di una collera divina.

Clash aveva sempre percepito un lato oscuro in Rose, una follia che covava sotto la brace. Non era questo che l'aveva fatto quasi innamorare di lei, anni prima? Ora, di nuovo, il fuoco era divampato, e aveva trasformato Rose in una guerriera. Clash lottò con se stesso per non trovare tutto ciò... affascinante.

Si scosse. Qualcuno gli stava stringendo il braccio. Era Dakota. "Se quella cosa si avvicina a meno di un metro da me, le sparo", mormorò lei.

"Non le faresti niente", rispose Clash.

Poi uscì dal riparo del jersey e andò verso Rose.

Si fermò a un paio di metri da lei. Disse: "Hai scordato la regola? Poteri solo in caso di emergenza."

"Non era abbastanza emergenza?" Dietro Rose, i rottami bruciavano piano. Il vento giocava con le volute di fumo, spargendo un odore pungente.

"Non lo so. Di sicuro, ora le falangi sanno che siamo qui."

Rose alzò le spalle. "Ops." Poi col mento indicò dietro Clash. "Di' ai tuoi amici che il pericolo è finito."

Clash si girò verso Dakota e Willem. I due guardavano la scena senza osare avvicinarsi. "In marcia" ordinò lui. "Dobbiamo muoverci da qui in fretta."

Si allontanarono dai rottami. Si fermarono al riparo di un chiosco abbandonato di fiori appassiti per medicare lo zigomo di Rose, poi proseguirono. Camminarono per circa un'ora a passo spedito lungo viali di cui Rose non ricordava il nome. I rami rinsecchiti di alberi mutanti si stagliavano contro il cielo lattescente.

A ogni passo, Rose sentiva un punteruolo conficcarsi nel suo costato. Qualunque cosa l'avesse sorretta mentre combatteva, era finita. Ora faticava per non farsi staccare dal gruppo. Clash ogni tanto si girava verso di lei. C'era qualcosa di strano nel suo sguardo.

Cosa pensavano davvero di lei Clash e gli altri? In fondo, aveva dimostrato di non essere più completamente... umana. Avrebbe voluto urlare: "Sono io, la vecchia Rose! Ho una malattia strana, ma sono sempre io!"

Piccola scimmietta. Così attaccata al tuo io, nonostante il dolore che ti procura. Non riesci proprio ad andare oltre? Ti basterebbe un passo per uscire dalla tua prigione.

Le parole erano affiorate dentro di lei, quasi udibili, anche se sapeva bene che nessuno le aveva pronunciate realmente.

Lasciami. Non dovrebbe importarmi di fare paura agli altri?

Clash si fermò. Sembrava avere sentito qualcosa. Oddio, forse lei aveva pronunciato ad alta voce quelle parole? Ci mancava solo che la prendessero per pazza.

"Droni" disse Clash. "Altri. Più numerosi. In avvicinamento." Rose tese l'orecchio. Poteva udire di nuovo quel sibilo?

"Ci stanno cercando" disse Willem.

"Dobbiamo trovare un nascondiglio. In fretta." Clash si rivolse a Rose. "Ce la fai a camminare più veloce?"

"Lasciamola qui. Con i suoi poteri, se la caverà benissimo da sola" disse Dakota senza neppure voltarsi. Clash finse di non averla sentita.

"Ci rallenta, e ci mette in pericolo" continuò Dakota, con lo sguardo fisso verso l'entrata del viale. "Se tu fossi lucido, sapresti cosa fare."

Clash sembrò accusare il colpo. Guardò Rose, come se stesse prendendo una decisione. Poi le si avvicinò

"Da che parte ti fa male?" le chiese. Rose, senza capire, indicò il fianco destro. Clash allora afferrò il suo braccio sinistro, lo alzò e ci infilò sotto il collo. Rose poteva sentire i muscoli duri come granito delle sue spalle. Si appoggiò a lui, e ne ebbe subito un sollievo. Provò una punta di imbarazzo quando i loro corpi aderirono. Ma non poté evitare di abbandonarsi completamente. Lui la sorreggeva come una colonna vibrante di energia.

"Andiamo" disse lui. La costrinse a camminare con passo spedito. All'inizio Rose ebbe paura che il dolore tornasse. Poi, un passo dopo l'altro, cominciò a fidarsi e a farsi condurre da Clash.

"Farà fallire la missione. E la responsabilità sarà tua" disse Dakota. La sua voce era fredda ma tranquilla, come se stesse offrendo una valutazione disinteressata.

Clash la ignorò. "Un negozio. Un'abitazione abbandonata. Qualsiasi cosa per nasconderci."

Il gruppo proseguì lungo il viale. Sia a destra che a sinistra solo muri di marmo grigio, con porte a vetri sigillate e pesanti infissi di metallo. Sulle finestre si rifletteva il bagliore grigio del cielo.

"Dobbiamo guadagnare la fine del viale. Lì troveremo un riparo" disse piano Clash, come per rassicurarla.

"Ha ragione lei" si sorprese a mormorare Rose. "Lasciami qui. Me la caverò in qualche modo".

Clash non rispose nulla. I suoi occhi continuavano a scrutare la strada davanti a loro.

Il sibilo ora era perfettamente distinguibile. Era diverso da quello che avevano udito la prima volta. Era come un intreccio di fischi e vibrazioni diverse, che riecheggiava da vari punti attorno a loro. Sembrava uno sciame. E stava avvicinandosi.

"Ci stanno accerchiando" disse Dakota.

Una vibrazione acuta si staccò dalle altre, come una voce solista che emergesse da un coro.

"Lo sentite?" gridò Willem. "Qualcosa si è separato dal gruppo. È in avvicinamento."

Si fermarono. Clash valutò la situazione. Dieci metri davanti c'erano delle auto parcheggiate. Potevano correre a ripararsi dietro di esse... No troppo lontane. "Come siamo messi a nano?" chiese a Rose.

Rose, per la prima volta, si domandò se fosse necessario un periodo di tempo perché le nano si ricaricassero. Durante il combattimento ne aveva impiegate molte. Immaginò se stessa andare incontro a un nuovo sciame di droni, protendendo le mani in avanti. E riuscendo a liberare solo una misera nuvoletta di nano. I droni l'avrebbero ridotta un mucchietto di cenere.

Non poté trattenersi: l'immagine la fece ridere. Una fitta di dolore si alzò dal fianco fino al costato.

Clash la guardò con aria interrogativa. Ma non fece in tempo a chiederle nulla. Qualcosa era apparso in fondo al viale.

Era più piccolo di un drone, e non volava. Avanzava piano sull'asfalto, emettendo il ronzio sinistro di un motore elettrico malmesso. Man mano che si avvicinava, diventa sempre più chiaro di cosa si trattasse. Era un piccolo furgoncino grigio.

Willem e Dakota estrassero le loro pistole. Clash lasciò andare il braccio di Rose. Si stavano preparando a uno scontro.

Il furgoncino arrivò a pochi metri da loro, poi si fermò. La carrozzeria era piena di ammaccature. Il bagliore del giorno si rifletteva sul parabrezza scheggiato. Era impossibile vedere chi ci fosse al posto di guida.

Willem, Dakota e Clash puntavano le pistole a impulso contro il veicolo, senza dire nulla. Tutto intorno, il sibilo dei droni sembrava avvicinarsi a ogni secondo. Infine, con un cigolio buffo, la portiera del lato guidatore del furgoncino si aprì. Un piede saggiò con incertezza l'asfalto, come se non fosse sicuro della sua consistenza. Poi comparve una figura. Un uomo era sceso con le mani alzate. Con voce strozzata, gridò qualcosa.

"Rose? Sei tu?"

Rose avanzò verso di lui. Per qualche istante non lo riconobbe. Era come se quell'uomo provenisse da un altro mondo, un mondo incredibilmente lontano nel tempo. Anche se si trattava di solo due anni.

"Papà?" chiese Rose a bassa voce, come se parlasse a se stessa.

La portiera del lato passeggero si aprì. Ne scese una figura minuta: una ragazza con i capelli biondi. Erano più lunghi dall'ultima volta che Rose l'aveva vista.

"E Miki" concluse Rose, quasi bisbigliando.

Miki si avvicinò a Rose. Non teneva le braccia alzate come papà.

"Sei viva" disse Miki. Sembrava non credere ai suoi occhi. Si fermò a circa un metro da lei. "Ci avevano detto che..."

Rose scosse la testa. Avrebbe voluto dire No, non sono morta. Ma invece delle parole, le uscirono lacrime.

Anche gli occhi di Miki si umidirono, come se non avesse trovato di meglio che rispondere con lo stesso linguaggio.

Le due sorelle si abbracciarono. Subito papà le raggiunse, e le strinse a sé tutte e due. Il dolore al fianco di Rose avvampò, ma non le importava. Continuava a stringere forte.

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