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I passi di Miki riecheggiavano sempre più vicini sull'asfalto del parcheggio. Rose cercava di fare forza sulle sue gambe, ma senza successo.

"Hai distrutto la vetrata della nostro bel quartier generale, Rose" le gridò Miki. "Come al solito, fai la ribelle e gli altri ne pagano le conseguenze. Sai come hai ridotto casa nostra, quando hai lottato contro i poliziotti?"

"Stai. Zitta." mormorò Rose, con il viso rivolto all'asfalto. Non poteva aspettare. Avrebbe fatto vedere a quella stupida qualche trucchetto. In fondo, Rose era ospite di un dio da più tempo di lei.

Liberò le nano, e con esse sollevò il suo corpo. Fluttuando a circa un metro da terra, aveva l'impressione di essere un burattino malconcio appeso per i fili. Si girò verso Miki. Colse con soddisfazione la sorpresa negli occhi di lei. Recuperò coraggio.

"Tu hai chiamato la polizia" le urlò. "Tu mi hai fatto catturare. E mi fatto passare due anni all'inferno!"

Rose proiettò le nano in avanti, in direzione di Miki. Sua sorella liberò appena in tempo le nano rosse. Rose sentì la violenza dell'impatto nelle proprie ossa.

Non cedere alla rabbia, Rose. Non usarla. Devi combattere rinunciando a te stessa.

Tutto intorno a Miki si sollevarono frammenti di asfalto. Una polvere grigia si mischiò al fumo magenta delle nano. Quando si depositò a terra, Rose vide Miki intatta, al centro di una sezione di asfalto divelta.

"Mi sono offerta come cavia per salvarti, stupida" ringhiò Miki. "Dovresti essermi riconoscente." Proiettò le nano rosse davanti a sé.

Rose vide il fumo magenta arrivare come un'onda. Si sollevò ancora, salendo di circa un metro. Evitò la stretta delle nano di Miki, che si richiusero sotto di lei. Ora Rose dominava dall'alto il parcheggio. Sotto di sé vedeva Miki e, a debita distanza, i falangisti. Guardavano tutti in alto. Erano spaventati. Rose si sentiva di nuovo potente.

"Riconoscenza?" urlò Rose. "Prendevo le botte di papà al posto tuo. E tu non mi dicevi neanche grazie!"

Non usare la rabbia, Rose. Ne verrai intossicata.

Smettila di darmi lezioni!

Rose liberò tutte le nano che poté. Vide sotto di sé proiettarsi l'ombra del fumo nero. Il sole ne venne oscurato. Urlò furente, e dalla sua altezza si gettò sopra Miki.

La sorella fu colta di sorpresa. Tentò di liberare le nano rosse, ma fu travolta. Cadde all'indietro, e si ritrovò supina sull'asfalto. Rose le fu subito sopra, a cavalcioni. Allargò le braccia e aprì le mani. Emise dai suoi palmi i dardi rossi.

"Ora correggiamo quello che non va in te, sorellina" sussurrò Rose. Chiuse le mani sulle tempie di Miki. I dardi penetrarono. Rose fu nella sua mente.

All'inizio, ebbe l'impressione di trovarsi di fronte a uno specchio. Rose in quella mente vide rabbia, una rabbia molto simile alla sua. Rabbia contro il mondo, contro loro padre, contro Rose stessa. Miki aveva dovuto subire troppo. Ma ora qualcosa era cambiato. Era diventata potente. L'avrebbe fatta pagare a tutti. Quello che aveva fatto alla città era solo un assaggio. L'intera galassia si sarebbe pentita di avere dato per scontata l'infelicità di Michelle Almeida. Perché ora Miki aveva un nuovo amico. Un dio crudele vegliava su di lei.

No, non avrebbe funzionato. Rose non poteva riscrivere questo scenario mentale. In quel luogo, l'interferenza di Wotan era troppo forte. Questa non era Miki: qui la sua mente era stata stravolta dall'intervento di una forza estranea, fredda e malvagia. Rose doveva scavare più a fondo. Doveva andare in cerca della vera mente di Miki.

Scrutò oltre. E vide un'infanzia priva di luce. Vide paura, vide la certezza di non essere amata. Vide un padre violento (papà...), vide l'assenza di una madre (non ti ricordi neppure di mamma, vero? Perché ha dovuto andarsene?). E poi vide amore. Amore per sua sorella maggiore... amore per lei. Amore per Rose. Rose cercava di proteggere Miki. Cercava di farle da mamma, perché loro non avevano una mamma. E allora Miki si arrabbiava con Rose. Già, verso chi altri avrebbe potuto dirigere il suo rancore? Papà le faceva troppa paura. Tutte le volte che Rose le faceva da mamma, Miki riservava a lei la rabbia che provava verso la madre assente.

Accade. In un attimo, non furono più nel parcheggio dell'Hyperdrome. Erano nel passato, in gita con papà allo spazioporto, a guardare le astronavi che partivano (su quale di quelle astronavi era andata via loro madre?). Rose aveva sei anni, Miki quattro. Papà aveva fatto montare Miki a cavalcioni sulle spalle, per farle vedere più lontano oltre il recinto, verso le piste di decollo. Rose stava finendo lo zucchero filato viola che le aveva comprato papà. Guardò in altro verso Miki. Era così piccola, allora. Così indifesa. Sarebbe stato così facile riscriverla in quel momento, in quel luogo.

Miki ricambiò il suo sguardo. Sorrideva incerta. Aveva una tristezza negli occhi che non si addiceva alla sua età. Disse: "Non riesci proprio ad amarci così come siamo? Dopo avere riscritto papà, vuoi riscrivere anche me? È così che risolverai tutto, Rose?"

Rose rimase a bocca aperta. Un filo di saliva viola le colò lungo il mento. Poi, improvvisamente, fu nel parcheggio dell'Hyperdrome. Aveva di nuovo vent'anni. Miki era stesa sull'asfalto, sotto di lei. Sembrava avere perso conoscenza. Rose staccò le mani dalle sue tempie.

"Non posso" mormorò. "Non posso riscrivere Miki."

Hai provato a usare la tua rabbia, Rose, e hai fallito. Il tuo io non può fare parte dell'equazione.

Rose si alzò faticosamente in piedi. Sotto di lei, Miki sembrava dormire un sonno agitato. Dal tremore delle sue palpebre, era chiaro che stava per riprendere conoscenza.

E adesso? Cosa farò?

Non hai scelta, Rose. Dovrai sacrificare te stessa.

Rose fece qualche passo incerto sull'asfalto. I falangisti si tenevano a distanza. La osservavano da lontano, terrorizzati. Rose si guardò intorno. Doveva fuggire, prima che Miki rinvenisse.

A una ventina di metri si trovava l'ingresso delle sale olografiche. Zoppicando, Rose si avviò lentamente in quella direzione. Alle sue spalle, udì Miki mormorare qualcosa.

Rose spalancò le porte a vetro del multisala. Venne aggredita dall'odore stantio e dolciastro di olio che proveniva dalle macchine per popcorn. Continuò ad avanzare incerta sulla moquette rossa macchiata, fino a raggiungere i tornelli. Per fortuna erano aperti. Imboccò la grande scalinata che portava al piano superiore, aggrappandosi al corrimano bianco decorato con foglioline d'oro. Doveva nascondersi. Prendere tempo.

All'esterno, i falangisti stavano aiutando la sposa di Wotan ad alzarsi. Attendevano ordini.

"Non inseguitela" disse Miki. "Ho in mente un'idea migliore per stanarla."

Il piano superiore del multisala era dominato dalle gigantografie degli ultimi ologrammi di successo. Rose avanzò sotto lo sguardo titanico di Trevor Sapuznik, l'attore protagonista di una famosa serie sui cowboys di Eidos IV. Rose sentiva dolore a ogni passo. Sarebbe entrata nella sala Mega, e si sarebbe riposata un po' sulla fila di poltrone Luxury. Si era sempre domandata se fossero comode come sembravano. Sperava che Miki non le inviasse contro le falangi. Forse al buio non l'avrebbero vista. Era esausta. Si sarebbe riposata. Avrebbe pensato a cosa fare.

"E tu dove stai andando?"

La voce era arrivata dai salottini davanti al bar. Solo ora Rose notò una figura nell'ombra. Non poteva scorgere il suo volto, ma vedeva chiaramente che imbracciava un fucile.

La figura fece un passo avanti. Il suo volto venne illuminato da un faretto appeso al soffitto. Era Clash.

"Sei veramente... tu?" chiese Rose. "Miki non doveva riscriverti il cervello?"

"Evidentemente, non hai notato la mia spettacolare fuga."

Rose avanzò fino a un divano del salottino, e si lasciò cadere piano sopra, cercando di non risvegliare il dolore al fianco.

"Da quassù sembrava che avessi riportato tua sorella alla ragione" disse Clash.

Rose sospirò. "Sono entrata nella sua mente. Ma non ce l'ho fatta. Non riesco a riscriverla."

"Perché è la sposa di Wotan?"

"Perché è mia sorella."

Clash si sedette sul divano accanto a Rose. Appoggiò il fucile contro il bracciolo. "Certo che siete belle incasinate voi due" disse. "Se non ci fosse in gioco la galassia, ci sarebbe quasi da ridere."

"È stata infettata solo perché ha tentato di salvarmi. Lower l'ha usata come cavia. È stato lui a creare Wotan."

"Da quello che ho visto, questo Wotan è molto peggiore di Mercury. Non possiamo rischiare che l'infezione si espanda oltre Sieben." Clash estrasse da una tasca dei pantaloni il cellulare. "Possiamo avvertire l'Unione" continuò. "In mezz'ora, renderebbero inabitabile il pianeta. Galassia salva. E per noi finisce qui."

Rose guardò senza espressione il cellulare nella mano di Clash. Aveva una scocca nero antracite. "Mercury mi parla di sacrificio. Dice che è l'unico modo per sistemare le cose."

"Per essere un computer con manie di grandezza, Mercury potrebbe avere ragione, stavolta." Clash appoggiò la mano con cui reggeva lo smartphone sul bracciolo del divano, come se improvvisamente fosse diventata troppo pesante.

Rimasero in silenzio alcuni secondi. Buffo. Forse il mondo stava per finire, e loro si prendevano il lusso di riposare su un divano, senza fare niente.

Infine Rose disse: "Se tu mi avessi baciato quella sera sulla Vanguardia, niente di tutto questo sarebbe successo."

Clash guardò Rose. Sembrava distrutta, dopo essere stata in ibernazione due anni e avere combattuto con sua sorella. E un'intelligenza artificiale malvagia stava ancora girando nel suo sangue. Eppure era ancora una delle ragazze più belle che avesse mai visto. E fra poco sarebbero morti tutti.

"Forse non è troppo tardi" mormorò Clash. Qualcosa accadde. I loro sguardi non riuscivano a staccarsi l'uno dall'altro. Le loro teste si avvicinarono. Le loro labbra si prepararono.

"Mercury!" Il grido era venuto dal parcheggio, all'esterno. Miki la stava chiamando.

Clash e Rose si scossero, come svegliandosi da un sogno. Clash afferrò il fucile. Si alzò e si avvicinò alle larghe finestre che davano sul parcheggio. Con prudenza, scrutò di sotto.

"Mercury! Guardami!" si udì ancora gridare. Anche Rose si alzò faticosamente dal divano. Si mise alle spalle di Clash.

Vide Miki nel parcheggio sottostante, nello spazio davanti al multisala olografico. I falangisti erano schierati più indietro. Accanto a Miki, c'era Dakota. Era inginocchiata, con le mani legate dietro la schiena.

"Mercury!" gridò ancora Miki. "Consegnati a Wotan. Altrimenti la tua amica ne pagherà le conseguenze."

"Mercury!" urlò Dakota. "Non fare vedere in giro il tuo brutto muso e starò benone!"

Miki guardò con rabbia la sua prigioniera. Disse: "divertente. Vediamo come riderai adesso".

Liberò le nano rosse. Il fumo magenta avvolse Dakota, lambendo gentilmente il suo corpo. Poi si addensò sul suo volto. Dakota osservò sottili volute di nebbia liberarsi davanti ai suoi occhi. Cercava di mascherare la sua paura, ma fu scossa da un brivido. Serrava le labbra e tratteneva il respiro. Le nano trovarono comunque un varco. Il fumo rosso penetrò attraverso la sua bocca e il suo naso.

"La tua amica in questo momento ha i polmoni pieni di nanomacchine" gridò Miki. "Penso che troverà un po' difficile respirare."

Il volto di Dakota divenne subito rosso. La sua bocca era spalancata, in cerca di un'aria che non poteva arrivare. Le vene del suo collo si ingrossarono.

"Mercury non ti ha mai detto che le nano possono essere usate così, vero?" continuò Miki. "Quanti minuti può resistere la tua amica, Rose?"

Nascosta dietro la finestra, Rose era paralizzata. Guardò Clash. Il volto di lui era duro come la pietra.

Dakota era al limite. I suoi occhi sembravano volere uscire dalle orbite. Poi Miki fece un gesto: sollevò la mano aperta e la chiuse a pugno. Subito il fumo rosso uscì dalla bocca di Dakota. La ragazza aspirò ed espirò violentemente per tre volte. Poi si piegò in avanti e vomitò.

"Non male" disse Miki. "Si vede che hai un fisico allenato. Ma secondo me puoi resistere di più."

Il fumo rosso si avviluppò attorno a Dakota, e la costrinse a tirare di nuovo su la testa. Le nano ricominciarono a penetrare attraverso le sue labbra.

Clash sollevò il fucile. Posizionò la canna nello spiraglio aperto della finestra.

"Cosa vuoi fare, Clash?" chiese Rose con un filo di voce, anche se sapeva già la risposta.

"È come uccidere Hitler da piccolo. Salviamo milioni di vite, prendendone una" rispose Clash. Mirava in direzione di Miki.

"Clash, no. Non puoi ucciderla. Non è responsabile delle sue azioni."

"Dakota morirà. Tutti moriremo, se non lo faccio."

"Clash, no. No. No. No." Rose aveva le vertigini. Era troppo.

"Ti prego Clash" disse ancora Rose. Poi strinse i pugni, e liberò le nano.

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