55

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

"È incredibile, Rose. Sei completamente guarita" disse la dottoressa Marley. "Non c'è più una sola nanomacchina nel tuo sangue."

Si trovavano nell'infermeria della Schneider, la nave del gruppo Lancewar in orbita attorno a Sieben. Rose era stesa su un lettino medico. Sopra di lei, uno schermo vomitava dati su dati.

"Che c'è Rose?" La dottoressa era raggiante. "Non sei felice? Mercury non ha più alcun potere su di te. Sei libera."

Rose guardò gli occhi benevoli della dottoressa Marley. Quella donna aveva fatto così tanto per lei. Appena era giunta la notizia che Rose era viva ed era stata ritrovata, la Marley aveva preso un volo oltreluce dell'Unione per Sieben. Ed era salita a bordo della Schneider solo per visitarla.

"Grazie, dottoressa". Rose accennò a un timido sorriso. "La sua cura ha funzionato, lo sa? Anche se su mia sorella, non su di me."

La Marley annuì. "Ho visitato Miki. Le nanomacchine nel suo organismo sono inattive. Le espellerà poco a poco. Invece non mi è chiaro come tu sia guarita, Rose."

La ragazza si alzò a sedere sul lettino. "L'importante è che stia bene, giusto?"

"Stai anche troppo bene. Secondo le analisi, le tue cellule non mostrano alcun segno di invecchiamento. Voglio dire, vedo bene che hai il corpo di una ragazza di vent'anni. Ma le tue cellule potrebbero essere quelle di un neonato."

Rose fece spallucce. "Cibo sano e un po' di movimento. È il mio segreto."

"E non mi hai detto come stai... qui dentro". La dottoressa Marley si appoggiò la mano aperta sul petto.

Era vero. Rose si sentiva benissimo fisicamente. Non aveva più neanche dolore al fianco. Ma qualcosa dentro di lei non era a posto. Era come... una perdita. Una perdita irreparabile.

Rose guardò l'orologio sul muro dell'infermeria. "Sarò felice di parlare con lei più tardi. Ora devo salutare un amico."

Sgattaiolò fuori prima che la dottoressa avesse il tempo di ribattere qualcosa. Dovette chiedere più volte indicazioni per raggiungere l'hangar navette. Temette di non arrivare in tempo. Ma alla fine, giunse proprio mentre Clash stava per lasciare la nave.

Aveva sulle spalle un gigantesco zaino militare. Stava montando sulla rampa di accesso alla navetta, quando si accorse dell'arrivo di Rose.

"Ti trovo in splendida forma" le disse con un sorriso meraviglioso.

"Grazie. Anche tu non sei male. Voglio dire..." Rose si morse la lingua.

"Non una parola di più. O Dakota ci ucciderà". Indicò con il pollice la navetta dietro di sé. Dal portello aperto, Dakota li stava fulminando con un'occhiataccia.

Rose e Clash non riuscirono a trattenere una risata.

"Sei riuscito a contattare la tua famiglia?" chiese Rose.

"Tutto bene. Durante la crisi, se ne sono rimasti rintanati in negozio con le serrande abbassate. I miei non amano l'avventura."

"Peccato che te ne debba andare così presto" disse lei.

"Missione di soccorso su Pragmalis 3. Così va la vita nella Lancewar."

"Spero che un giorno ci vedremo ancora da qualche parte."

"Chissà" disse Clash. "Forse un'altra festa su una nave in orbita. Non sarebbe male."

Lei ricambiò il suo sorriso. "Già. Non sarebbe male."

Rose stava già dirigendosi all'uscita dall'hangar, quando udì una voce alle sue spalle.

"Mercury!" Era Dakota. Si stava sporgendo dal portello della navetta.

Rose si girò.

"Mi hanno detto che mi hai salvato la vita" disse Dakota. "Beh, grazie." Sembrava un po' imbarazzata. Poi aggiunse: "Sono contenta che non sei più una strega."

Il portellone della navetta si chiuse.


Qualche ora dopo, Rose era seduta a un tavolo della zona ristoro della nave. Stava sorseggiando una tazza di tè caldo. Davanti a lei, una grande vetrata panoramica mostrava il pianeta Sieben, migliaia di chilometri sotto di loro. Sorrise. Solo tre giorni prima, era atterrata miracolosamente viva sul pianeta grazie ai suoi poteri. Ora era solo una stupida ragazza come tante, priva di qualsiasi talento.

"Posso unirmi?" La dottoressa Marley si era avvicinata. Rose le fece segno di sedersi davanti a lei.

La dottoressa appoggiò sul tavolo una cartelletta piena di documenti.

"Le buone notizie per te continuano, Rose. Ho fatto in modo che l'Unione si attivasse. Tu, Miki e tuo padre avrete una casa nuova su Seidon 4"

"Ma noi abbiamo già una casa" obiettò Rose, indicando il pianeta grigio fuori dalla vetrata panoramica.

"Rose, non potete permettervi di tornare su Sieben. Lo capisci, vero? Non dopo tutto quello che è successo."

Rose annuì malinconica. "E l'Unione vuole tenerci sottocchio, vero? Non si sa mai che possiamo ammalarci di nuovo."

La dottoressa Marley sospirò. Per un po' non dissero nulla. Poi Marley aprì la cartelletta sul tavolo, e diede un'occhiata al primo foglio.

"Ho letto i rapporti" disse. "Dicono che, all'acme della crisi, si è verificato un fenomeno inspiegabile. Sei scomparsa letteralmente per circa due minuti, per poi ricomparire di nuovo."

"Si dicono tante cose" minimizzò Rose.

"Ma coincide con le analisi. Il tuo corpo è stato completamente rigenerato. Rose, ti prego. Dimmelo. In quei minuti, hai raggiunto Mercury?"

Rose prese un sorso di tè. Poi fece sì con la testa.

"Per la galassia" mormorò Marley. "E come è possibile che tu adesso sia... qui davanti a me?"

Rose esitò. Poi rispose: "Non ho voluto rinunciare a me stessa. E lui mi ha rimandato indietro."

Marley era sconvolta. "Hai resistito alla fusione? E Mercury ti ha... restituita al mondo fisico?"

"Credo che non potesse più accogliermi. La mia rabbia avrebbe turbato la sua purezza. Non ero pronta spiritualmente."

Marley chiuse di colpo la cartelletta, e prese a mordersi il pollice, guardando le stelle al di là della vetrata. Poi disse: "Questo cambia tutto. Il processo è reversibile. Tutti quei ragazzi intrappolati in quella macchina maledetta, forse potranno tornare. E anche... Adam."

"Tuo figlio, vero?"

"Sì, Rose. E tu mi hai dato una speranza. Per la prima volta dopo tanti anni."

Rose non disse nulla. Puntò gli occhi sulla tazza di tè sotto di lei.

Marley le prese le mani e gliele strinse. "Rose, quando eravamo sulla Vanguardia volevi liberarti di quel mostro. Ora invece, sembra quasi che ti dispiaccia di non essere stata annientata da lui."

"Annientata?" mormorò Rose. "Io non ricordo bene, ma... credo che per un momento lui mi abbia accolto in sé. Era qualcosa come... una libertà senza fine."

Marley scosse la testa. "Basta Rose. Tu ti sei salvata. Lo capisci? Ora puoi continuare con la tua vita. Hai vent'anni, e puoi respirare, avere una famiglia, fare tutto quello che vuoi. Non è meraviglioso?"

"Sì, dottoressa" rispose Rose. "Sono pronta a vivere una vita normale, magari come segretaria dietro una scrivania, se va bene. O dietro il bancone di un fast food a servire panini. Compirò il mio dovere. Ma io una volta ho baciato un dio. E questo nessuno potrà mai togliermelo."

Marley scosse la testa. "No Rose. Sarai una meravigliosa donna adulta, e le esperienze che hai avuto ti renderanno ancora migliore. E potrai ancora cambiare il mondo, ma con il tuo impegno di ogni giorno. E questo sarà il tuo vero superpotere."

Rose non rispose nulla. Marley strinse le labbra. Sembrava soffrire per Rose. Dopo alcuni secondi disse: "Rose, io ci sarò sempre per te. Quando saremo su Seidon 4, chiamami. Se hai voglia di parlare con qualcuno, chiamami."

Rose accennò a un sì. "Grazie, dottoressa. Se avrò qualcuno con cui confidarmi, sarà più facile." Si sforzò di sorriderle. In fondo, Marley era una persona buona.

Dopo che Marley fu andata, Rose trascorse qualche minuto con lo sguardo perso fra le stelle. In tutta quella vastità, chi ci sarebbe stato per lei?

Di quei due minuti in cui aveva abbandonato la terra, Rose conservava ricordi confusi. Ma sapeva che, in un folle sogno alla fine del mondo, aveva detto addio a Duke. Aveva rinunciato a trascorrere l'eternità con lui, perché non aveva voluto andare oltre se stessa. Ricordava di averlo baciato per l'ultima volta, perché dov'era lui ormai non c'erano più labbra da baciare. Poi le venne in mente. Se i ragazzi presi da Mercury potevano tornare, forse un giorno sarebbe tornato anche Duke. Forse si sarebbero incontrati di nuovo. E forse Duke si sarebbe ricordato della sua promessa. Quella di amarla per sempre.


Per Miki, Seidon 4 era senza dubbio il luogo più meraviglioso dell'universo. Tanto per cominciare, era piena di grandi palazzi bianchi spettacolari. E c'erano persino delle fontane! Miki aveva imparato a non mostrarsi troppo stupita quando ne vedeva una, per non fare la figura della provinciale.

Nei primi giorni in cui si erano trasferiti, quel cielo pieno di luce le dava quasi fastidio agli occhi. Su Sieben vendevano occhiali da sole, ma Miki pensava che servissero a non essere riconosciuti. Non credeva che davvero potessero proteggere gli occhi dal sole. Beh, su Seidon 4 quasi tutti ne avevano un paio.

E poi verde, verde ovunque. La città era piena di parchi. La scuola dove l'avevano iscritta si trovava davanti a un piccolo spazio alberato. Dopo le ore di lezione, a volte si tratteneva con i suoi compagni su una panchina. Dicevano: godiamoci un po' il sole. All'inizio, Miki non capiva semplicemente cosa volesse dire. Poi imparò: le piaceva farsi scaldare la pelle da quel tepore gentile, respirare l'aria profumata di buono, perdere lo sguardo fra le nuvole del cielo. Altra cosa incredibile: nessun albero presentava segni di mutazione, come invece accadeva regolarmente a Siebengrade.

Ogni tanto, uscendo da scuola notava parcheggiata una grande macchina nera. Pensavano di essere invisibili? Miki sapeva che quelli dell'Unione la tenevano d'occhio. Beh, si diceva, forse è un piccolo prezzo da pagare. In fondo, aveva tentato di conquistare la galassia. Se l'era cavata con poco.

Adorava anche l'appartamento che avevano assegnato loro. Certo, all'inizio non le era piaciuta la telecamera di sorveglianza piazzata proprio davanti all'ingresso. Ma poi, entrando, si era innamorata delle pareti arancione chiaro, del gigantesco divano in sintopelle bianca, della cucina col servizio di pentole nuovo di pacca. E la sua camera era oscenamente grande!

Papà era sempre di buonumore. L'Unione gli aveva trovato un impiego presso l'Agenzia delle Importazioni. Otto ore dietro una scrivania: forse non era quello che aveva sempre sognato, ma in fondo andava benone. Quando tornava a casa, raccontava a Miki e a Rose un sacco di storielle divertenti su quello che era successo in ufficio. Miki rideva sempre, anche più di quanto sarebbe stato legittimo. Aveva imparato a voler bene a quell'uomo. Certo, forse non era esattamente uguale al padre che aveva sempre avuto. Gli era successo qualcosa... di strano. Ma era ok. Anche Miki aveva sperimentato com'è facile avere la mente stravolta da qualcosa. Se il cambiamento è positivo... perché no?

Rose sembrava essersi adatta con più difficoltà. Grazie all'interessamento dell'Unione, aveva avuto accesso a un corso professionale di contabilità aziendale. Rose non sembrava troppo entusiasta, ma si impegnava. Miki era sicura che presto avrebbe trovato un buon lavoro.

Miki era più preoccupata dalle crisi di malinconia a cui Rose era soggetta. Anche ora, per esempio, se ne stava sul divano davanti al televisore, a saltare da un canale all'altro col telecomando. Forse, pensò Miki, per lei era difficile tornare alla vita normale dopo tutte le avventure che avevano vissuto.

Miki saltò sul divano, e abbracciò Rose di sorpresa.

"E questo per cos'era?" disse Rose con un mezzo sorriso.

"Oh, fai tu. Per avermi salvata. Oppure per avere salvato l'universo. Un abbraccio è il minimo."

Rose scompigliò con una mano i capelli di Miki. "Mi stai rovinando il look, sorellona" protestò lei.

Miki si alzò e prese dal frigo un barattolo di gelato al caramello con le mandorle.

"Ne vuoi un po'?" chiese a Rose tornando al divano.

Rose fece cenno di no con la testa. Aveva di nuovo gli occhi rivolti al televisore.

"Che stai guardando di bello?"

"Notizie" rispose Rose. "Su Kepler 9 i generali perseguitano la minoranza religiosa."

Sullo schermo, passavano immagini di guerra. Carri cingolati esplodevano colpi contro case di civili. Un fiume di profughi avanzava faticosamente su una strada fangosa.

"Bastardi" disse Miki. "Non finirà mai, vero Rose?"

Miki guardò sua sorella. Gli occhi di Rose, fissi sullo schermo, bruciavano di rabbia repressa. Rose stringeva forte i pugni, come se fosse pronta a picchiare qualcuno. E per un attimo, da quei pugni stretti, a Miki sembrò di vedere uscire qualcosa. Come un fumo nero.


********

From the author

Eccoci alla fine del viaggio. Grazie infinite a tutt* coloro che hanno seguito le vicende di Rose fino a qui, e le hanno voluto un po' bene. Grazie a chi ha speso delle belle parole nei confronti di questa prima mia fatica letteraria: ogni incoraggiamento è stato ed è preziosissimo.

Un ringraziamento particolare a @AlexT211 per la sua lettura attenta e appassionata e per avermi segnalato una montagna di refusi. Senza di lei, Rose avrebbe dovuto lottare anche contro i miei erroracci. :)

Chissà se ci saranno altri viaggi. A cercarla bene, qualche astronave pronta a partire la si trova sempre.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro