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Era una sera di primo autunno, ma Rose, nella sua vestaglia leggera, non aveva freddo. Sentiva sotto di sé le braccia di Duke sorreggerla, e avvertiva la calda presenza del suo corpo contro il suo. Rivolgeva lo sguardo al cielo, e un mare di stelle le riempiva gli occhi. Si affidava a Duke completamente. Sarebbe andata con lui ovunque, anche ai confini di quel sogno.

Arrivati alla collina, Duke imboccò subito la strada che portava in cima. Era un sentiero largo e piacevole da percorrere. Rose si domandò come fosse possibile che, in tutta la sua vita, lei non l'avesse mai trovato.

"Sai, Mercury ti assomigliava tantissimo" disse a Duke mentre salivano.

Duke sorrise. "Ora lo vedrai più da vicino. Forse cambierai idea."

La brezza piegava l'erba ai lati della strada, producendo un gentile fruscio elettrico. Forse domani sarebbe piovuto, pensò Rose. O forse quel mondo si sarebbe dissolto nel vento, languido come una fantasia prima del risveglio. Non le importava. Duke era con lei.

Man mano che salivano, Rose notava che il cielo si riempiva di una luce strana. Non riusciva a capire da dove provenisse. Di sicuro non dalla luna, che mostrava di sé solo una sottile falce d'oro.

Duke si fermò. "Ci siamo".

Si inginocchiò, e appoggiò delicatamente Rose a terra. Lei si alzò a sedere e si guardò attorno.

Erano in una radura. Rose ebbe il sentore di un ricordo. Molto anni prima, aveva combattuto contro un gruppo di guerrieri armati di katana e aveva vinto.

La radura era illuminata a giorno. Rose sulle prime pensò che la luce provenisse da un grande falò. Ma guardando meglio, si rese conto che era qualcosa di diverso. Una grande sfera di luce si librava nell'aria a circa un metro da terra. La sua luce pulsava ritmicamente, come seguendo il flusso di un respiro o di un'onda. La sfera gettava un mosaico di ombre nell'intreccio di rami e foglie del grande albero dietro di lei. Rose ricordò ancora: era l'albero sotto il quale aveva trovato Mercury.

Un'ombra si avvicinò. Era proiettata dalla ragazza bionda che Rose aveva visto insieme a Duke. Arrivata davanti a Rose, la ragazza chinò il capo in segno di saluto.

"Benvenuta, io sono Annika. Duke mi ha parlato molto di te."

Rose ebbe la tentazione di rispondere: Ti ha detto che sono l'unico amore della sua vita? Poi guardò il sorriso serafico di Annika, i suoi occhi accoglienti privi di increspature, il suo volto bellissimo, e si rese conto che quell'essere non avrebbe neppure compreso le manifestazioni di gelosia di Rose. Annika era andata oltre ogni debolezza umana.

"Ciao, sono Rose" si limitò a dire.

"Il mio compito è condurti al cospetto di Mercury." Annika le porse il braccio. Rose lo afferrò, e faticosamente si alzò in piedi. Poi guardò Duke. Lui annuì per incoraggiarla.

"Annika è presso Mercury da più tempo di me. Ti mostrerà la strada meglio di quanto possa fare io."

"Ci rivedremo, dopo? Non scapperai via, vero?" gli chiese Rose.

"Se Mercury vorrà, ci rivedremo dall'altra parte. Oltre l'illusione di questi corpi" disse Duke sorridendo.

Rose accarezzò il suo volto. "Vuol dire che non vedrò più i tuoi occhi? Non voglio un paradiso dove non posso vedere i tuoi occhi".

"Rose, presto capirai tutto. Abbi fiducia." Si avvicinò e le diede un bacio. Quando le loro labbra si staccarono, Rose capì che forse era stato un bacio d'addio. Era troppo tardi per chiederne un altro. Doveva andare.

Passo dopo passo, Rose e Annika avanzarono per la radura, avvicinandosi alla sfera di luce. Rose fissava quell'impossibile globo pulsante. Nonostante la sua luminosità, si accorse che non dava nessun fastidio ai suoi vecchi occhi. Era come un sole che brillasse da un'altra dimensione: non esisteva davvero sul loro piano fisico.

Dovettero fermarsi, perché Rose sentiva le sue vecchie gambe stanche. Annika attese pazientemente. Dopo un minuto, ripresero il cammino.

"Sai, una volta Mercury e io abbiamo litigato" disse Rose. "E se fosse ancora arrabbiato con me?"

Annika sorrise. "La luce del sole può provare risentimento? Non avere paura. Fra poco tutto ti sarà chiaro."

Arrivarono al cospetto della sfera. Gli occhi di Rose erano pieni della sua luce. Sulla pelle del volto avvertiva una sorta di fresco calore, qualcosa di indefinibile e innaturale.

"E adesso?"

"Varca la soglia, Rose. Gli ultimi passi devi farli da sola."

Rose lasciò il braccio di Annika. Con incertezza, mosse in avanti prima una gamba, poi l'altra. Il fuoco impossibile non la bruciò. Entrò nella sfera. Fu accolta dalla luce.

Sulle prime, credette di essere improvvisamente di nuovo giovane. Niente più dolore alle gambe, niente più acciacchi, niente più stanchezza. Cercò di guardare le proprie mani, sicura di trovarle di nuovo fresche e agili. Non vide nulla. Infine capì: il suo corpo non le dava più dolore perché l'aveva abbandonato. Ora era diventata puro spirito.

L'istinto successivo fu di guardarsi attorno per vedere lui. Ancora una volta, non vide nulla. Poi una nuova comprensione, ancora più grande: non si trovava davanti a lui. Rose era una cosa sola con lui. Il suo essere respirava nel flusso di pensiero di Mercury.

Accadde l'ultimo miracolo. Rose compì il passo definitivo: vide se stessa con gli occhi di Mercury. Osservò la sua stessa mente, e ogni suo singolo pensiero si dipanò davanti a lei, a sua completa disposizione. Per tutta la vita, i suoi pensieri avevano definito il suo essere: credeva di averli prodotti, mentre li aveva solo subiti. La sua mente aveva accolto ogni pensiero come la pelle accoglierebbe una cicatrice.

Ma ora Rose era puro essere. Poteva finalmente fare dei suoi stessi pensieri tutto quello che voleva. Poteva pensare di pensare, volere di volere. Ricordò quello che aveva sentito quando era ascesa nel parcheggio dell'Hyperdrome, per riscrivere i falangisti. La sensazione di dominare la propria mente, come guardando un labirinto dall'alto. Ora quella promessa di libertà era perfettamente realizzata.

Non era più lei a soffrire, la sua sofferenza era davanti a sé. Scelse di non soffrire. Non era più lei ad amare, il suo amore era davanti a sé. Scelse di amare.

Amare Duke, amare Clash, amare Miki. Amare persino Annika.

Qualcosa turbò quella perfezione. Un pensiero, invece di essere a sua completa disposizione, si ribellò. Attaccò il suo essere. E il pensiero fu:

Perché devo dividere Duke con quella ragazza? Duke ha promesso il suo amore a me. Come può amare un'altra?

Rose vacillò. Cercò di recuperare la visione dall'alto della sua mente. Voleva scegliere di amare tutti. Amare la dottoressa Marley. Amare anche... Lower.

Quel bastardo ha fatto esperimenti su mia sorella. E mi ha seppellito in una bara per due anni.

No. Non avrebbe abbracciato quella libertà assoluta se il prezzo da pagare fosse stato rinunciare a se stessa, alle proprie pulsioni, al proprio senso di giustizia. Poteva scegliere l'infinito, e invece scelse di essere di nuovo Rose. Si preparò alla conseguenza inevitabile di quella scelta.

"Rose... tutto questo era per te, la mia pace era per te. Perché l'hai rifiutata?"

La voce aveva parlato a quella povera mente, di nuovo separata dalla luce.

"Mercury, non posso unirmi a te. Non posso smettere di essere Rose."

"Questo significa che non mi raggiungerai. Che ti perderai nell'oblio."

E che non vedrò mai più Duke. Rose avrebbe voluto urlare, ma non aveva polmoni da riempire d'aria. Continuò a rivolgersi a Mercury con la voce del pensiero.

"Non puoi chiedermi di perdere la mia identità" disse, cercando di caricare ogni parola con la furia che sentiva. "Non voglio diventare puro amore. Voglio continuare ad amare Duke come Rose."

"Non hai trovato la strada per raggiungermi, perché sei ascesa troppo presto. Ti sei liberata della paura, ma non della rabbia. E la tua rabbia ti ha trascinata verso il basso."

Rose disse solo: "lasciami tornare nel sogno per l'ultima volta. Dammi ancora una bocca, per potere baciare Duke e dirgli addio."

Mercury tacque. Rose avrebbe quasi detto che stava riflettendo, se la pura luce potesse pensare.

Poi la luce disse: "C'è solo una cosa che posso tentare. Non l'ho mai fatto per nessuno. Ma per te lo farò Rose. Ti riporterò indietro."

"Indietro... al villaggio?"

"No. Nel regno delle scimmie. Cercherò di rigenerare il tuo corpo. Ma Rose... probabilmente dopo non sarai più in grado di connetterti con me. Saremo per sempre separati."

"E sarò per sempre separata da Duke." Rose avrebbe voluto avere ancora occhi, per potere piangere tutte le lacrime che si sentiva dentro.

Mercury tacque, forse per un secondo, forse per millenni. Poi aggiunse solo: "Rose, ama. Hai così tanto da amare. Un'intera vita di amore non sarà poi così male. Addio, Rose."

Qualcosa accadde nel cuore della luce. Rose fu investita da un flusso di energia. Avrebbe voluto aggrapparsi con le unghie, per non essere trascinata. Ma non aveva più mani. Un istante e un'eternità dopo, non fu più lì.


Miki osservava la tuta bianca e rossa che giaceva sull'asfalto. Un sottile filo di fumo si levava dal tessuto in fintopelle. Fino a un attimo prima, quelli erano gli abiti che aveva indossato sua sorella Rose. Ora erano completamente vuoti.

Intorno a Miki regnava una calma irreale. I falangisti ciondolavano qua e là, senza sapere bene che fare di loro stessi. Sembravano essersi appena risvegliati con un gran mal di testa dopo una festa selvaggia.

Non era possibile. Rose non poteva essere andata via, ora che tutto era risolto. Ora che anche lei stava bene. Ora che Wotan era morto.

Miki si scosse. Qualcuno le stava parlando. Nel suo stato confusionale, ci mise un po' a capire che si trattava di Clash. Aveva un labbro spaccato, e un taglio sulla fronte da cui usciva un rivolo di sangue.

"Stai bene, Miki?" Clash aveva già ripetuto quella domanda due volte.

Miki annuì.

"Non vuoi più conquistare la galassia, vero?"

Miki fece no con la testa.

"Che cosa è successo, Clash? Rose mi ha iniettato qualcosa."

"Era la cura," rispose. "Le anti-nano."

Miki ebbe un'illuminazione. "La cura creata per Rose. E lei l'ha usata su di me."

Clash annuì. Poi chinò la testa. Sembrava esausto.

"Sembra che i tuoi amici falangisti si siano calmati" aggiunse alla fine.

"Rose ha purificato le loro menti" ricordò Miki. "Me l'ha detto prima di... sparire nel nulla. È quello che accade ai Mercury, vero? Si dissolvono e non tornano più."

Miki sentì le proprie gambe tremare. Mercury aveva preso Rose per colpa sua. Questa idea quasi le tolse il fiato. Teneva gli occhi fissi a terra, incapace persino di piangere. Il suo sguardo era perso nella semioscurità della sera.

Poi, a un tratto, notò qualcosa. Delle lunghe ombre si stavano disegnando sull'asfalto, a ogni secondo sempre più nette. Partivano dai piedi suoi e di Clash, come se, dietro di loro, si stesse accendendo lentamente una luce.

Finalmente, Miki vide. Sopra i vestiti vuoti di Rose era comparso un bagliore. Fluttuava nel vuoto, e al suo interno si distinguevano onde di luce che si agitavano pulsando.

Miki e Clash guardavano senza parole quel nuovo miracolo. Non osavano dire ad alta voce quello che entrambi stavano sperando.

Il bagliore, lentamente, prese una forma definita. Una figura umana femminile cominciava a distinguersi, accovacciata sulle gambe. La luce formò delle spalle, dei capelli, un volto. E una bocca che sembrava gridare di dolore.

Miki si inginocchiò davanti alla figura. La ragazza di luce girò la testa verso di lei. I loro sguardi si incrociarono. Non poteva esserci errore.

Qualcosa turbò quel miracolo. Il volto della ragazza sembrò perdersi in uno sfavillio di scintille. La figura tornò a dissolversi in una nebbia luminescente.

"Rose!" gridò Miki. Tese la mano verso il bagliore. Sentì solo un pizzicore solleticarle le dita. La ragazza stava scomparendo.

"Sono qui, Rose" disse Miki. Cominciò a piangere. "Mi senti? Mi dispiace, mi dispiace per tutto. Non andartene, Rose".

Teneva ancora la mano tesa, verso la luce. Dal calore che avvertì, si accorse che qualcosa di nuovo stava accadendo. La luce si addensò attorno alle sue dita. Miki avvertì una stretta.

Una mano luminosa si disegnò attorno a quella di Miki. Poi alla mano si aggiunse un polso, e poi un braccio. Infine, la ragazza di luce divenne di nuovo visibile. Miki capì: Rose si stava aggrappando a lei per ritornare nel loro mondo. Ebbe paura che la pressione e il calore di quella mano impossibile avrebbero stritolato le sue falangi. Ma resistette al dolore.

Poi, dalla bocca spalancata della ragazza di luce cominciò a udirsi un grido. Il bagliore virò, divenne più scuro, più opaco. La luce diventò ossa, carne, e pelle. Era una terribile rinascita.

E la luce si spense di colpo. Miki, sulle prime, non vide più nulla. I suoi occhi faticavano a riabituarsi alla semioscurità. Ma sentiva ancora una mano stringere la sua. Una mano meravigliosamente reale e fisica.

Infine, i lampioni del parcheggio dell'Hyperdrome si attivarono automaticamente. E Miki vide. Rose giaceva a terra, piegata sulle sue gambe. Ansimava, come se cercasse di riprendere fiato. Stringeva ancora la mano di Miki con una forza terribile.

"Rose? Come stai?" sussurrò Miki.

Rose girò incerta la testa verso di lei. Con un filo di voce rispose: "Come rinata". Poi, lentamente, con l'aiuto di Miki si alzò in piedi. Sembrava essersi risvegliata da un lungo sonno.

"Rose? Ti sei accorta di essere nuda?" chiese Miki con un risolino imbarazzato.

"Oh, merda."

Miki si tolse la pelliccia di ermellino, e la passò alla sorella. Rose, coprendosi, notò che Clash la stava guardando sbalordito.

"Mi dispiace, soldato, spettacolo finito."

"Stavo solo cercando di capire cosa è successo" si giustificò Clash. "Due minuti fa sei sparita. E ora sei riapparsa in una nuvola di luce."

"Sono passati solo... due minuti?" chiese Rose con un sussurro.

"Due minuti terribili" disse Miki. "Temevo che fossi andata via per sempre". Abbracciò forte la sorella. Ricominciò a piangere.

"Non farlo mai più" aggiunse dopo un attimo.

"E tu non provare più a distruggere l'universo" disse Rose. Risero. Miki si domandò quando fosse stata l'ultima volta che avevano riso assieme.

I falangisti stavano cominciando a lasciare l'Hyperdrome, come il pubblico dopo un concerto. Rose, Miki e Clash si aggiravano in quello scenario surreale. Trovarono Dakota seduta a terra e stordita, ma apparentemente in buona salute. Aveva ancora le mani legate dietro la schiena. Mentre Clash la aiutava ad alzarsi, si accorse che Rose e Miki erano con lui.

"Stai calma" la rassicurò Clash. "La sposa di Wotan è rinsavita. È tutto sotto controllo."

Dakota rivolse a Miki un'occhiata di fuoco. Miki sorrise imbarazzata, fece ciao con la mano e disse: "Scusa per prima."

"Dovrete spiegarmi un bel po' di cose, tutti quanti voi" ringhiò Dakota mentre Clash le slegava le mani. "Per esempio: cosa ci fai in pelliccia a piedi nudi, Mercury? Stai cercando di lanciare una nuova moda?"

"Bene, ora solo Willem manca all'appello" disse Clash. "Credo che lo troveremo con un gran mal di testa in un negozio di telefonia dell'Hyperdome."

"Dopodiché, ci basta trovare il governatore Hendricks e la missione è compiuta" aggiunse Dakota massaggiandosi i polsi. "Qualche idea di dove sia?"

"Forse Miki ne sa qualcosa" disse Rose, rivolgendo alla sorella uno sguardo caustico.

Miki diede un colpetto di tosse. "Forse dovremmo guardare nella cucina di Burger Central. Lì c'è una stanza chiusa a chiave che..."

"Stupida ragazzina. Hai distrutto il lavoro di una vita."

Qualcuno aveva gridato quelle parole a circa dieci metri da loro. Tutti si voltarono in quella direzione.

Il dottor Lower indossava ancora il suo ridicolo capello a tuba e la divisa rossa con la doppia fila di bottoni dorati. In più, imbracciava il fucile a impulso che era stato strappato a Clash poco prima. Lo puntava in direzione di Rose.

Alla sua vista, Rose si sentì ribollire il sangue. Ricordava che molto tempo prima (o forse, solo pochi minuti prima?) aveva preso in considerazione l'idea di non odiarlo. Ora voleva solo fargli pagare tutto il male che aveva fatto.

"Lower!" urlò avanzando verso di lui. "Non ti riscriverò il cervello. Te lo friggerò a poco a poco. Non ricorderai neppure come si respira."

Lower la inquadrò nel mirino del fucile. "Ho generato un dio e tu l'hai ucciso" disse. "Ora io ucciderò te."

Rose protese la mano in avanti. Pensò di proiettare uno sciame di nano in direzione di Lower. Non accade nulla. Nessun fumo nero si liberò nell'aria.

Lower disse: "Addio, strega." Premette il grilletto. Il colpo non partì.

Lo scienziato schiacciò il grilletto più volte, senza risultato. Quindi, con un'espressione perplessa, prese il fucile fra le mani per guardarlo.

Con tranquillità, Clash si avvicinò a lui. "Permette? Ho una certa esperienza con i fucili."

Prese l'arma dalle mani di Lower e l'esaminò. Disse: "Vede, nel parapiglia di poco fa ha preso un brutto colpo e si è inceppato." Lower lo ascoltava attento, come uno scolaretto.

Poi, con uno scatto, Clash sollevò il fucile e ne fece piombare il calcio dritto sulla mandibola di Lower. Il dottore si accasciò a terra.

"Inceppato, ma ancora utile" aggiunse Clash, buttando a terra il fucile. "Chi è questo idiota?"

"Il dottor Lower" rispose Rose. "Il responsabile di tutto quello che è successo qui."

"Allora le autorità dell'Unione saranno interessate a ospitarlo e ad ascoltare le sue spiegazioni" concluse Clash. "Ehi Rose, non sarebbe stato il momento giusto per un po' di... nanomacchine?"

Rose guardò le proprie mani, e scosse la testa. "Ho provato, ma..."

Ricordò quello che le aveva detto un dio: saremo per sempre separati.

"Non ho più i poteri" disse. "Non sono più una Mercury."

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