Capitolo I: Merenda al lago

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I miei più sentiti ringraziamenti al mio compagno di gioco di ruolo, al quale devo una buona parte di questa fan fiction, il cui nome su Facebook è Guy Crispin Gisborne. Senza di te, amico mio, questa storia non avrebbe mai visto la luce!

Ringrazio di cuore anche gli altri due partecipanti al gioco di ruolo, che hanno interpretato Robin Hood e Allan-a-Dale e che quindi hanno, pure loro, contribuito alla creazione di questa fan fiction.

Pertanto, dedico questa storia a loro, e anche a tutti gli altri roleplayer del nostro gruppo Facebook, con i quali mi sto divertendo da matti! 


Capitolo I: Merenda al lago

Castello di Nottingham

Quel mattino di luglio, Guy di Gisborne, braccio destro dello Sceriffo di Nottingham, aveva organizzato le cose in maniera da avere la mattinata libera. Era stato infatti invitato da Lady Adeliza, Contessa di Chetwood, ad andare a trovarla per assaggiare l'ultima produzione del sidro per cui la sua tenuta era famosa in tutta la contea.

Adeliza era una giovane donna estremamente insolita, che lo aveva affascinato fin dal primo momento in cui l'aveva incontrata, un paio di mesi prima, durante la festa organizzata dallo sceriffo di Nottingham per il Principe Giovanni e sua madre, la formidabile Regina Eleonora. Avevano cominciato subito a scambiarsi schermaglie, in modo aperto e perfino impertinente, ma sempre lieve e spiritoso. Si erano successivamente incontrati un paio di volte da soli – la prima volta era stata una cavalcata nella campagna circostante Nottingham e l'altra una passeggiata serale lungo il Trent, appena fuori dalle mura cittadine – e ogni volta si era sentito sempre più attratto da lei, cominciando a provare dei sentimenti che andavano oltre la mera attrazione fisica.

L'invito gli era quindi giunto assai gradito, essendo un'eccellente scusa per andare a trovarla.

Adesso era quindi diretto alle scuderie del castello; camminava tanto rapidamente sulle sue lunghe gambe che il suo secondo, Allan-a-Dale, stentava a stargli dietro.

"Tornerò appena dopo mezzodì", disse Guy. "Ho già comunicato al capitano delle guardie che, in mia assenza, sei tu il capo. Ti aspettano in caserma per l'ispezione. Non tollerare nessuna infrazione, o ne risponderai a me, intesi?"

Allo sguardo accigliato del suo superiore, Allan si affrettò ad annuire. "Intesi, Giz..."

Guy lo fulminò con gli occhi a quel diminutivo, ma ormai aveva rinunciato a protestare. Sembrava che le rimostranze che gli faceva al riguardo gli entrassero da un orecchio ed uscissero dall'altro. "Se succede qualcosa, sai dove trovarmi", si limitò pertanto a ricordargli. "Chetwood dista meno di mezz'ora a cavallo."

"Non preoccuparti, Giz, me la caverò", gli assicurò il giovane uomo castano, sfiorandosi nervosamente il pizzetto che gli ornava il mento.

Guy gli lanciò un'occhiata dura. "Ti conviene", ringhiò. Vedendo l'espressione ferita dell'altro, represse un sospiro: Allan non era uno stupido, ma a volte si comportava come tale e non riusciva proprio a capire perché.

Raggiunte le scuderie, Guy trovò il suo cavallo già sellato, come aveva ordinato in precedenza. Il grande destriero da guerra di nome Thor, dal mantello scuro quanto l'abituale abbigliamento del suo padrone, girò la testa al suo approssimarsi e lo salutò con uno sbuffo. Guy gli diede dei colpetti sul collo, poi salì agilmente in sella.

"Ci vediamo", si congedò bruscamente dal suo vice, poi scosse le redini ed avviò Thor al passo.

OOO

Chetwood Manor

Lady Adeliza, detta Ada, si allacciò la spada al fianco e poi s'infilò i mezzi guanti di pelle. Suo padre, Lord William, Conte di Chetwood, la guardò con orgoglio dal suo scranno a capotavola, dove stava revisionando i conti della loro tenuta. Quella sua unica figlia, avuta dalla sua defunta, bellissima moglie aquitana Adèle, damigella d'onore della Regina Eleonora, era subentrata alla madre nel titolo, per concessione del buon Re Enrico II Plantageneto, con un decreto in seguito ratificato anche da Re Riccardo Cuor di Leone. Per questo motivo, non avrebbe avuto bisogno alcuno di un marito per mantenere titolo e terre, quando lui sarebbe morto; e non ne aveva bisogno neppure per proteggere se stessa e le sue proprietà, poiché fin da bambina era stata addestrata alle arti marziali dal Maestro Chung, giunto dal lontano Catai più di vent'anni prima al seguito di una delegazione diplomatica e commerciale, e rimasto in Inghilterra per amore di una donna incontrata a Nottingham. In particolare, il Maestro Chung l'aveva istruita nella Via della Spada, che Ada era giunta a maneggiare con un'abilità senza pari, fatta soprattutto di agilità e velocità, poiché – in quanto donna – non poteva contare sulla pura forza bruta.

Quello che era comunque ancora più straordinario, in lei, era che era anche un'eccellente guaritrice, come lo era stata la madre, da cui aveva imparato quasi tutto, integrandolo con le conoscenze altrettanto eccellenti di un'altra rinomata guaritrice, Matilda di Sherwood. Qualche volta, scherzando, Ada dichiarava che così, dopo aver affettato un avversario, poteva anche rammendarlo.

Ora, come quasi ogni giorno, Ada si stava preparando per una sessione d'allenamento con le guardie di Chetwood. Chung veniva due volte la settimana per un addestramento specifico: dopo quasi vent'anni, aveva ancora molte cose da insegnare e Ada era un'allieva avida e mai stanca d'imparare.

"Assomigli moltissimo a tua madre, Ada", disse William, sorridendole con una punta di tristezza: l'adorata moglie era mancata alcuni anni prima e lui era un vedovo inconsolabile. Bruna d'occhi e capelli, non molto alta, per lui la figlia ventottenne era il ritratto di Adèle alla sua età; l'armatura di cuoio e i pantaloni sotto la gonna, accorciata sul davanti per non intralciarla, non riuscivano a celare la femminilità del suo corpo, sebbene la muscolatura insolitamente tonica rivelasse la sua natura di guerriera.

Ada ricambiò il sorriso di William. "Molti dicono che assomiglio molto a te, padre", ribatté. "La forma degli occhi e del viso, tanto per cominciare; e poi so che i miei piedi sono identici ai tuoi."

"Spero proprio di no!" rise il conte. "Altrimenti avresti due badili al posto dei piedi!"

Anche Ada rise: i piedi di William erano notoriamente molto grandi.

"A più tardi, padre", si congedò, baciando la guancia del genitore. William era ancora vigoroso, sebbene non più in grado di sostenere un duello contro un uomo più giovane. Si era fatto onore al servizio di Re Enrico Plantageneto come membro della sua guardia personale ed in un'occasione gli aveva perfino salvato la vita, guadagnandosi la sua eterna gratitudine e quella di Eleonora d'Aquitania. Questo, oltre all'affetto della regina per Lady Adèle, aveva contribuito fortemente alla concessione a Ada del titolo di Contessa nel suo proprio diritto, cosa insolita per una donna, ma non certo inaudita, considerando il fatto che la regina era Duchessa d'Aquitania a pieno titolo.

"Buon addestramento", le augurò William. "Lascia qualcosa anche a Roland!" aggiunse scherzosamente, riferendosi al capo delle loro guardie. Ada rise di nuovo: il robusto sergente era stato da lei battuto diverse volte, sebbene quasi altrettante fosse stata lei, quella che aveva dovuto arrendersi. Roland per la forza e Ada per l'agilità rappresentavano un duo imbattibile, quando combattevano insieme. Tempo addietro, William aveva sospettato che tra i due ci fosse del tenero, ma osservandoli meglio era giunto alla conclusione che fossero semplicemente compagni d'arme che si fidavano ciecamente l'uno dell'altra. Del resto, Ada aveva raramente dimostrato interesse per qualche uomo, e William pensava che non si sarebbe sposata mai, rifiutando a priori di doversi impegnare a obbedire a qualsivoglia uomo soltanto perché le leggi dello Stato e della Chiesa lo imponevano.

Uscendo, Ada si diresse allo spiazzo dove si svolgeva l'addestramento delle guardie.

Vedendola arrivare, Roland le rivolse il saluto. "Pronti all'esercitazione, mia signora", disse. Il suo tono conteneva tutto il rispetto che provava per lei, non soltanto in quanto sua signora, ma anche in quanto valente guerriera.

"Bene", annuì la contessa, compiaciuta. "Dividersi in due gruppi!", ordinò quindi. "Scegliete un compagno. Cambiate ogni due minuti. Roland, tieni tu il tempo. Quando il giro sarà completo, faremo una pausa, poi lo ripeteremo e sarò io a tenere il tempo."

"Sì, signora."

Anche lei si mise insieme agli uomini della guardia. Il suo primo avversario era Norbert, uno degli spadaccini migliori.

"In guardia!" comandò Roland. "Via!"

Norbert partì con un dritto diagonale, che lei parò senza opporre forza a forza, ma facendo scivolare verso l'alto la propria lama su quella dell'avversario e spostandosi contemporaneamente verso destra. Sbilanciato dal proprio slancio che non aveva trovato resistenza, Norbert barcollò in avanti e si trovò esposto all'attacco di Ada, che gli calò la lama sul collo protetto dal paracolpi di cuoio. In un combattimento reale, lo avrebbe ferito seriamente.

Norbert ritrovò l'equilibrio e si raddrizzò, riconoscendo il vantaggio dell'avversaria con un cenno del capo. I due si rimisero in guardia e poi fu la volta di Ada di attaccare. Dopo un paio di colpi che Norbert parò abilmente, Ada tentò una finta sulla destra dell'avversario con un rovescio orizzontale, cambiandolo all'ultimo istante con un affondo, ma Norbert riuscì fortunosamente a schivarlo piroettando dal lato opposto. Era una buona mossa, ma non fu abbastanza veloce e si ritrovò la lama di Ada contro il fianco.

"Ottimo!" lo lodò la contessa.

"Ma non ancora abbastanza", brontolò il soldato: tuttavia, era contento d'aver ricevuto un apprezzamento dalla sua signora.

La clessidra che serviva da segnatempo si svuotò e Roland chiamò il cambio. La fila di Ada rimase ferma, mentre quella di Norbert scalò di uno, cosicché tutti si ritrovarono con un avversario differente.

OOO

Dopo una tranquilla cavalcata attraverso un braccio della foresta di Sherwood, Guy raggiunse Chetwood poco prima delle nove del mattino. Fermò Thor davanti alle scuderie ed uno degli stallieri, scorgendolo, uscì subito per andargli incontro. Guy smontò e gli consegnò le redini, lasciando che lo conducesse all'ombra dell'edificio. Togliendosi i guanti di pelle nera, Guy si guardò attorno, apprezzando la vista della bella magione e delle altre costruzioni, tutte ben tenute. Era palese che la proprietà fosse fiorente. Si diresse verso l'ingresso della casa padronale per annunciare il proprio arrivo, ma venne distratto da rumori di combattimento provenienti dalla propria destra. Allarmato, si girò di scatto, la mano posata sull'elsa della spada, ma si rassicurò subito alla vista di Adeliza – Ada, come lo aveva pregato di chiamarla – in piena tenuta da addestramento mentre si stava preparando ad affrontare una delle sue guardie. Beninteso, sapeva che era una provetta spadaccina, ma non l'aveva ancora mai vista in azione e quindi, incuriosito, si avvicinò silenziosamente per poterla osservare.

La vide battersi in modo eccellente, prima in svantaggio, poi in vantaggio, contro un avversario grosso il doppio di lei. Beh, magari non proprio il doppio, si disse, cercando d'essere più imparziale; ma doveva riconoscere che gli era difficile restare obiettivo, quando si trattava di Ada.

Quando venne chiamato il cambio, decise di rendere nota la propria presenza e tossicchiò rumorosamente per attirare l'attenzione.

Udendo il rumore, Ada si girò e Guy le sorrise. "Buongiorno, mia signora", la salutò.

Il suono della sua voce baritonale le fece accelerare i battiti del cuore. "Oh! Sir Guy, che piacere vedervi!" esclamò, sorridendogli di rimando. Naturalmente si era aspettata la sua visita, ma non aveva sperato che avvenisse così presto, sapendo quanto fosse sempre molto occupato con i suoi doveri al castello. Rinfoderando la spada, si voltò verso Roland. "Continuate senza di me, devo occuparmi del mio ospite."

Roland annuì per indicare d'aver capito e quindi Ada si diresse verso Guy, sorridendogli in modo ancora più aperto. "Siete venuto per il sidro?"

Guy la osservò avvicinarsi, apprezzando grandemente quanto vedeva; era davvero molto bella e in qualche modo ancor più attraente del solito nella sua tenuta da allenamento, consistente in un corpetto di cuoio, para-avambracci del pari in cuoio, pantaloni blu che spuntavano da sotto la gonna in tinta, accorciata sul davanti per non impicciarla, stivali alti al ginocchio e, naturalmente, la snella spada a doppio taglio dall'impugnatura a una mano e mezza, più piccola della sua ma non meno letale, soprattutto se maneggiata con l'abilità con lui l'aveva vista farlo. Alcune ciocche dei suoi capelli scuri si erano sciolte dalla pettinatura in cui li aveva raccolti, incorniciandole il bel viso leggermente accaldato.

Alla sua domanda, sorrise nuovamente, scuotendo leggermente la testa in segno negativo. "Mia signora, nessun sidro al mondo potrebbe essere per me preferibile alla possibilità di incontrarvi, ma giacché oggi sono riuscito a liberarmi dai miei impegni, grazie alla momentanea assenza dello sceriffo, e sono pertanto stato in grado di venire a trovarvi, coglierò l'occasione per assaggiare il vostro sidro. Spero comunque che il mio arrivo non sia d'ostacolo ai vostri piani odierni...?"

Sentendosi alquanto emozionata per lo sguardo di apprezzamento che Guy le stava rivolgendo, Ada si perse per un attimo nei suoi magnifici occhi azzurri e quasi non udì quanto stava dicendo. Scuotendosi del suo stato contemplativo, sorrise in modo più sfrontato. "Lieta di apprendere che preferite la mia compagnia a un bicchiere di sidro!"

Rise allegramente mentre il sorrisetto di Guy si faceva più aperto, cosa non facile considerando che solitamente l'espressione del cavaliere nerovestito pareva costantemente arrabbiata, se non addirittura ostile; ma con lei era sempre stato diverso, fin dal principio: più rilassato, più sereno, più... se stesso, forse. Indicò con un cenno della testa le guardie che avevano ripreso l'allenamento. "Avevo appena cominciato la mia solita sessione d'addestramento, ma per oggi posso farne a meno e le mie guardie continueranno senza di me. Pertanto no, non state ostacolando alcun piano, non temete."

Qualunque piano potessi avere per oggi, l'avrei comunque cancellato all'istante in favore della tua compagnia, pensò.

Il sorrisetto di Guy era ancora al suo posto mentre un senso di divertimento si espandeva nel suo cuore all'impertinente osservazione di Ada. Si mosse lentamente in avanti, fino a torreggiare su di lei, e chinò la testa per continuare a guardarla intensamente negli occhi; notò che la sua carnagione abbronzata assumeva una leggera tonalità rosata e lo trovò gradevolmente eccitante.

Incoraggiato dal fatto che lei tenesse gli occhi fissi nei suoi, senza neppure accennare a distoglierli, abbassò lo sguardo sulle sue labbra, piene e deliziose; la vide mordersi leggermente il labbro inferiore come a cercare di dominare un certo grado di turbamento. Tornò quindi a guardarla negli occhi e s'accorse d'aver improvvisamente caldo, quindi si tolse rapidamente il soprabito e lo gettò sulla recinzione di legno alla loro sinistra.

"Volete farmi l'onore di guidarmi nella visita, mia signora?" le domandò a bassa voce.

Il suono della sua voce, leggermente arrochita, le suscitò un'ondata di calore in tutto il corpo. Quanto mi piace stargli così vicino, pensò.

"Sarà un piacere, Sir Guy", disse in tono formale, poiché altri potevano udire – avrebbe usato una formula più famigliare una volta che fossero rimasti da soli. "Vi prego, seguitemi", aggiunse, indicando la magione. "Per prima cosa, voglio mostrarvi la cantina, dove teniamo le botti con il nostro sidro. Ne abbiamo di diverse qualità, dalla dolce alla secca, e anche una qualità frizzante che vi raccomando."

Divertito dalle sue briose chiacchiere, che avevano l'evidente scopo di distrarre le guardie – e forse lei stessa – da loro due, Guy risollevò leggermente il capo e inarcò un sopracciglio: la cantina, sul serio?

"Mhm mhm", fece e, senza smettere di guardarla, annuì in segno d'assenso. Mentre si avviavano verso la casa padronale, senza rendersene conto si leccò il labbro inferiore in anticipazione di quanto lo aspettava... e non stava pensando al sidro.

"La mia famiglia coltiva mele e produce sidro da molte generazioni", gli raccontò Ada mentre camminava leggermente davanti a lui. "Abbiamo un rotolo di pergamena che sembra risalire all'epoca di Alfredo il Grande, quando Nottingham si chiamava Snotengaham ed era sotto il dominio dei vichinghi del cosiddetto Danelaw. C'è sicuramente sangue danese nelle nostre vene, infatti da giovane mio padre era biondo e poteva sicuramente passare per vichingo..." concluse ridacchiando.

Avevano raggiunto una massiccia porta di legno fasciato di ferro. La giovane donna pescò una chiave dal tascapane che pendeva dalla sua cintura sul lato opposto alla spada ed aprì la porta, rivelando una scala scavata nella pietra. Scesero una decina di gradini in un vasto ambiente, fresco ed asciutto, illuminato dalla luce indiretta che giungeva da bocche di lupo aperte sul fianco della magione. Molte grandi botti erano allineate contro i muri, e nell'aria aleggiava un delizioso profumo di mele e sidro.

"Queste sono le botti della nostra produzione più recente", disse Ada, indicando le tre più vicine. "Il sidro è appena giunto alla maturazione giusta per cominciare a berlo. Hai una preferenza riguardo a quale tipo vuoi assaggiare per primo?" chiese a Guy, girandosi ed apostrofandolo finalmente con la formula più intima.

Il cavaliere era proprio dietro di lei. Concentrato solo in parte su quanto gli stava dicendo perché distratto dalle sue movenze, riuscì a fermarsi appena in tempo per non andarle addosso. Sorridendo appena, si sporse verso di lei. "La mia preferenza, Ada?" domandò con voce molto bassa. "Posso suggerirti di sceglierne una, assaggiarla e decidere se può essere o meno di mio gusto? Mi fido completamente della tua competenza."

Il suo suggerimento colse Ada impreparata; per un momento, rimase senza parole, poi un pensiero sfacciato le attraversò la mente. "Molto bene, Guy", disse con un sorrisetto pieno di promesse, poi prese un calice di peltro posato con alcuni altri su un tavolino ed andò a spillare del sidro da una delle botti. Tornata vicino al cavaliere, prese un sorso e poi, invece di offrirgli la coppa per la degustazione, si sporse verso di lui e protese le labbra in un chiaro invito. "Vuoi assaggiare questa varietà...?

Guy non aveva bisogno d'altro incoraggiamento. Sorridendo leggermente all'impertinente offerta, abbassò il viso, eliminando centimetro per centimetro lo spazio tra loro. Quando arrivò a sfiorare quelle labbra invitanti, mormorò. "Era quello che stavo aspettando..."

Il suo bacio, leggero come una piuma, scatenò un intero sciame di farfalle nello stomaco di Ada, che sorrise estaticamente e gli gettò le braccia al collo, schiudendo le proprie labbra contro le sue.

Guy raccolse prontamente l'invito ed approfondì il bacio, sfiorandole la lingua con la propria in una carezza sensuale e dolce, com'erano sempre i loro baci. Si strinsero maggiormente, assaporando le sensazioni che provavano. Persero la nozione del tempo, intenti solo l'uno nell'altra.

Dopo un po' – minuti od ore, nessuno dei due avrebbe saputo dirlo – Ada si tirò leggermente indietro.

"Che ne dici di una scampagnata con merenda, così da assaggiare adeguatamente tutte le varietà?" gli propose. "Potremmo cavalcare fino al laghetto nella mia proprietà che confina con la foresta. Staremmo al fresco all'ombra degli alberi..."

Guy la tenne fermamente premuta contro di sé, le mani ai lati della sua vita. Era restio a lasciarla andare, ma la prospettiva di stare da solo con lei, sdraiati su una coperta sotto gli alberi, era davvero molto, molto stuzzicante.

"Stai cercando di ubriacarmi, mia piccola incantatrice?" mormorò, abbassando di nuovo il viso per sfiorarle il labbro inferiore con la bocca. "Perché non è necessario, giacché mi hai già stregato... ma accetto volentieri il tuo invito."

Ada si godette la consapevolezza che lui non aveva alcun desiderio di lasciarla andare, poi rise alla sua domanda. "Assolutamente no, ti voglio ben sobrio e perfettamente cosciente di quello che stai facendo. Per questo ho suggerito la merenda: bere a stomaco vuoto comporta il rischio di ubriacarsi e voglio evitarlo. Posso chiedere alle mie inservienti di cucina di preparare un cestino con cibo adatto, questione di poco e poi possiamo partire..."

Con riluttanza, Guy ritirò le mani dalla sua vita sottile e fece un passo indietro. "Molto bene. Ti spiace se aspetto fuori, mentre organizzi tutto per la nostra partenza?"

Ada annuì, contenta ed emozionata, e si mosse, cominciando a salire le scale. "Puoi aspettare all'ombra vicino alle scuderie. Ci metterò pochi minuti. Per favore, puoi dire a Tom, lo stalliere, di sellare il mio cavallo finché mi aspetti?"

Guy scosse la testa, sollevando le sopracciglia, divertito: di certo, non gli era ancora mai stato chiesto di passare una richiesta a un servitore, come se lui stesso fosse un servitore di rango maggiore. La seguì su per le scale, prendendo i gradini a due a due. "Ma certo, mia signora, sarà un piacere per me", le disse, senza ironia, tornando all'apostrofe formale. "Vi aspetto a breve. Sono impaziente di vedere il luogo dove mi porterete."

Inconsapevole del suo lieve passo falso, dovuto semplicemente alla sua natura pratica, Ada si voltò per sorridergli. "Grazie, in questo modo risparmiamo tempo", si sporse verso di lui che, ancora sul penultimo gradino della scala, era alla sua stessa altezza, e gli sussurrò. "Non vedo l'ora di esser sola con te..." poi si girò e si affrettò in direzione dell'ingresso alla magione, diretta alle cucine.

Alla schietta confessione di Ada, Guy sgranò gli occhi e la seguì con lo sguardo mentre si allontanava in fretta. Per un momento fu incerto su come procedere e, nel tentativo di calmarsi, prese i guanti dalla cintura e se li rimise mentre finiva di salire gli ultimi gradini ed usciva nuovamente all'aperto. Si diresse verso le scuderie per trovare Tom. Una volta arrivato, osservò i molti cavalli ricoverati nei loro stalli, finché non individuò un ragazzo biondo occupato a rimuovere la paglia dal pavimento con un forcone. Gli si avvicinò.

"Sei tu Tom?" gli domandò con voce più autoritaria e intimidatoria di quanto avesse avuto intenzione.

Il ragazzo si girò di scatto a guardarlo, quasi lasciando cadere il forcone. A disagio, Guy si ritrasse un poco, mentre Tom annuiva a conferma. Evitando di guardarlo per non intimidirlo ulteriormente, Guy girò la testa per scrutare fuori, lontano sui campi di Chetwood, e parlò in tono più mite. "La tua signora desidera che il suo cavallo venga sellato subito. Porta anche il mio cavallo, perché ce ne andiamo insieme. Intesi?"

Senza attendere la risposta di Tom, Guy si allontanò; udì comunque il sospiro di sollievo del ragazzo mentre realizzava che lo stava lasciando al suo lavoro.

Frattanto, Ada entrò in casa, un sorrisetto malandrino sulle labbra: sapeva bene d'aver colto Guy di sorpresa con la sua sfacciataggine. Del resto, lei era fatta così e non aveva intenzione di fingere d'essere diversa, né con lui, né con nessun altro.

Raggiunse la cucina, dove trovò Rose e Mary, rispettivamente la cuoca e la cameriera. Rapidamente, diede loro istruzioni per preparare un cestino con pane, formaggio, frutta, salmone affumicato e una torta alle mele che stava raffreddandosi proprio allora sul davanzale della finestra. Poi mandò Johnny, lo sguattero, a spillare tre borracce di sidro, una per tipo: secco, dolce e frizzante, da aggiungere al cestino.

Mentre i tre servitori si davano da fare, Ada si recò nello studio di William. "Padre, mi assento per due o tre ore", gli annunciò, cominciando a slacciare il corpetto di cuoio. "Sir Guy di Gisborne è venuto a trovarmi, come lo avevo invitato a fare. Lo porto a fare un giro fino al laghetto. Faremo merenda con il nostro sidro."

William guardò la figlia, aggrottando leggermente la fronte. Era abituato al fatto che lei facesse come voleva, quando voleva e con chi voleva – del resto, l'aveva sempre fatto anche sua madre Adèle – ma che frequentasse il braccio destro del famigerato Sceriffo di Nottingham era alquanto dura da digerire. D'altro canto, sapeva perfettamente che, se lui avesse obiettato, Ada avrebbe semplicemente smesso di informarlo, e questo lo voleva evitare.

"Spero almeno che questa scampagnata porti a una consistente fornitura di sidro al castello", si limitò pertanto a borbottare.

Ada non ci aveva minimamente pensato, troppo compresa nell'eccitazione della visita e della prospettiva della merenda, sola soletta con il bel cavaliere nerovestito.

"Vedremo", disse pertanto, deponendo la corazza su una sedia. "Ci vediamo per il pranzo", aggiunse, posando un bacio sui capelli ingrigiti del padre.

Uscì, seguita dallo sguardo pensieroso di William, che sospirò: ogni giorno che passava, Adeliza gli ricordava sempre più la defunta moglie, che aveva avuto un carattere indomabile evidentemente ereditato dalla figlia. Non che lui fosse una persona mite e sottomessa, tutt'altro. Aveva amato follemente la moglie così com'era stata, non poteva certo rimproverare la figlia per essere come lei...

Frattanto, Ada era tornata in cucina, dove aveva trovato tutto pronto. Fece cenno a Johnny di seguirla col cestino; uscirono e si recarono alle scuderie. La contessa notò che Guy era già a cavallo e che sembrava impaziente quanto lei. Thor sembrava irrequieto, tanto che stava danzando lateralmente mentre il suo cavaliere cercava invano di calmarlo.

"Eccomi", Ada parlò dolcemente, in modo da non innervosire ulteriormente il cavallo da guerra. "Spero che vi piaccia la torta di mele, Sir Guy..."

Nell'udire la sua voce, Guy si rese conto che il tempo dell'attesa era terminato. Era stato meno di un quarto d'ora, ma gli era sembrato un'eternità. Alla sua osservazione riguardo al dolce, si limitò ad annuire giacché il suo interesse era in ben altro che il cibo...

Ada salì agilmente sulla sua cavalla roana, che rispondeva al nome di Ginevra – come la moglie del leggendario Re Artù, la cui saga lei amava molto – e prese il cestino dalle mani di Johnny, poi condusse la giumenta verso Thor.

Guy segnalò al proprio destriero di avvicinarsi. "Apprezzerei molto, mia signora, se aveste la gentilezza di terminare i miei tormenti e darmi l'opportunità di tenervi tra le braccia entro breve, poiché è questo che desidero sopra ogni cosa fin dal momento del mio arrivo."

Ada fu colta di sorpresa dalla dichiarazione di Guy, pronunciata in tono basso e intenso, una dichiarazione che suonava quasi come una confessione. Apprezzò la sua franchezza e decise di contraccambiarla con ugual franchezza. "Il laghetto è a dieci minuti appena, al galoppo", incontrò gli occhi di Guy, colmi di aperto desiderio, e sentì il proprio cuore palpitare. "Saranno i dieci minuti più lunghi della mia vita", aggiunse sottovoce, poi sorrise di nuovo ed incitò la sua cavalla. "Andiamo!"

Guy spronò Thor, lo sguardo fisso sulla contessa, e la seguì mentre gli faceva strada. Ben presto, raggiunsero il piccolo lago sul limitare della foresta di Sherwood, dove fermarono i cavalli.

Guy smontò subito, mentre Ada armeggiava con il cestino, dato che non era affatto semplice scendere da cavallo tenendolo in mano. Vedendola in difficoltà, il cavaliere nerovestito si avvicinò ed allungò una mano. "Vuoi darlo a me?"

Ada gli sorrise, grata, e gli porse il suo fardello, che lui prese e piazzò per terra. Lei si mosse per smontare, senza rendersi conto che Guy la stava afferrando per la vita per aiutarla. Finì quindi dritta tra le sue braccia, cosa che non le dispiacque affatto, finché non si rese conto d'avergli pestato un piede. "Oh, mi spiace... ti ho fatto male??" gli chiese, preoccupata.

Guy trattenne a stento una risata quando, nel sollevarla dalla sella, lei gli era finita sul piede; la strinse al petto ed abbassò lo sguardo sul suo viso. "Sei leggera come una piuma, dolce folletta. Non mi sarei accorto di niente, se non lo avessi nominato tu; ma se sei dispiaciuta, c'è un buon modo per fare ammenda..."

Senza attendere la sua risposta, Guy abbassò la testa e le prese le labbra, gustandone il tocco e il sapore sulle proprie.

Ada si era emozionata quando lo aveva udito chiamarla con lo scherzoso appellativo che le aveva attribuito, riferito alla sua natura vivace ed impertinente. Quando Guy la baciò, il suo cuore accelerò i battiti. Oh, questo è il modo migliore per fare ammenda, pensò, aggrappandosi alle ampie spalle del cavaliere e ricambiando il bacio con passione – finalmente. Aveva atteso quel momento fin da quando lui era arrivato a Chetwood...

Quando si separarono per prendere fiato, Ada s'inclinò leggermente all'indietro per poterlo guardare negli occhi. "Meglio legare i cavalli o rischiano di allontanarsi mentre noi siamo... occupati. Ti spiace pensarci tu, mentre io preparo la nostra merenda...?"

In realtà, non era sicura che avrebbero mangiato o bevuto qualcosa prima di perdersi nei loro soliti amoreggiamenti, impudenti ma scherzosi, e il pensiero le procurò un'altra sensazione di farfalle nello stomaco.

Guy la lasciò andare lentamente ed annuì in segno d'accordo, senza farle osservare che Thor era addestrato a non allontanarsi mai troppo e a tornare prontamente da lui con un semplice fischio, pensando che forse lei stava cercando di mantenere un contegno distraendolo con questa piccola incombenza. Così, si mosse verso i cavalli e li legò in modo che potessero raggiungere l'acqua per bere e brucare agevolmente l'erba abbondante. Poi tornò verso Ada e, posandosi contro un albero, la osservò mentre, inginocchiata sulla coperta che aveva steso a terra, prendeva dal cestino gli involti col cibo e le borracce del sidro, disponendoli davanti a lei.

Dopo aver spostato il cesto ormai quasi vuoto, Ada si sedette comodamente; accorgendosi che la spada la impicciava, slacciò il cinturone e posò l'arma nel suo fodero a fianco della coperta, a portata di mano.

"Pronto!" annunciò, guardando Guy e facendogli cenno di sedersi accanto a lei. "Con cosa desideri cominciare? Pane e formaggio, o salmone? O forse un sorso di sidro?"

Guy si avvicinò, togliendosi il soprabito e lasciandolo cadere a terra, poi imitò Ada slacciandosi il cinturone che reggeva la spada e piazzandolo vicino alla coperta. Si sedette accanto alla contessa, gli occhi fissi su di lei; si sporse verso di lei, inalando il profumo della sua pelle prima di strofinare lentamente il naso contro il suo collo. "Qualsiasi cosa tu scelga va bene", le mormorò all'orecchio. "Mi fido completamente dei tuoi gusti", concluse, posando un leggerissimo bacio appena sotto il lobo sulla liscia pelle del collo, consapevole di farle il solletico.

Ada gradì il suo bacio gentile; le venne molto caldo e fu ben lieta d'essersi liberata dell'armatura in cuoio prima di partire da casa. Girò la testa e guardò nei bellissimi occhi azzurri del cavaliere, cercando di mettere insieme una frase a senso compiuto. Cosa tutt'altro che facile, considerando che il suo cuore stava facendo le capriole nel petto. "Ehm... penso che comincerei con..." s'interruppe ed abbassò lo sguardo sulle labbra di Guy, così vicine alle sue da percepirne il respiro sulla pelle. "Uhm... un pezzetto di salmone affumicato con pane!" concluse vivacemente. Sogghignò all'espressione sbalordita di Guy, che naturalmente s'era aspettato ben altro, e si sporse in avanti per prendere il crostino che aveva nominato, poi lo offrì al cavaliere.

Guy si ritrasse per studiare la sua espressione e non riuscì a reprimere un sorrisetto. Era così che si erano divertiti finora per la maggior parte del tempo: provocarsi a vicenda, per poi finire in baci mozzafiato. Forse però quel giorno sarebbero andati oltre? Guy se lo chiedeva, speranzoso, ma non riusciva a crederci veramente. Dopotutto, Ada era una donna di nobili natali e, per quanto fosse spregiudicata e indipendente come nessun'altra che avesse conosciuto – eccettuato la formidabile Regina Madre, Eleonora d'Aquitania – doveva sicuramente mantenere un certo decoro e pensare alla propria reputazione...

La vide porgergli il pezzo di pane col salmone e si mosse per prenderlo, ma lei ritrasse la mano; capì a cosa mirasse e così si sporse in avanti, mordendo il crostino. Lo masticò lentamente, assaporandolo. "Mmh, buono. Grazie, mia folletta."

Le fece l'occhiolino, continuando a masticare, poi sollevò un sopracciglio, in attesa che anche lei prendesse un boccone.

Ada stava sorridendo; guardandolo negli occhi, portò il pezzo di pane alla bocca e lo morse, proprio accanto a dove lo aveva morso lui, poi chiuse brevemente gli occhi ed emise un suono estatico. "Mmh, delizioso", mormorò, poi inghiottì il boccone. "È perfetto con il sidro frizzante. Prego, prendine un sorso", lo invitò, porgendogli la fiasca corrispondente.

Divertito dalla sua mossa, Guy prese la borraccia, l'aprì e ne prese un lungo sorso, senza mai distogliere gli occhi da Ada. Guardandola guardarlo e vedendo il suo sorriso adorante, non riuscì a reprimere una risatina e il liquido frizzante gli andò istantaneamente di traverso. Cominciò a tossire; riuscì a tappare nuovamente la fiasca e la riconsegnò ad Ada, cercando di trattenere ulteriori colpi di tosse.

Allarmata, Ada gli batté la schiena alcune volte. "Piano, piano... Prendi un altro piccolo sorso, ma molto lentamente... ti aiuterà."

Guy la guardò, respirando lentamente e schiarendosi la gola: il pizzicore era già passato, ma poteva approfittare della cosa a modo suo. "Uhm, penso di aver bisogno della tua assistenza, mia folletta. Forse un bocca-a-bocca può aiutarmi a sopravvivere...?"

Cercò di assumere un'espressione quanto più possibile innocente, i suoi occhi fissi in quelli di lei prima di abbassarli sulle sue labbra.

Ada si sentì accaldare ancora di più e rise alla sua spiritosaggine. "Sì, penso di poterlo fare..." mormorò, sporgendosi verso di lui e sfiorandogli le labbra in un bacio leggero. "Tuttavia non penso che questo sia abbastanza... forse questo?" gli si avvicinò ulteriormente, mettendogli le braccia attorno al collo, e lo baciò più fermamente.

Il cuore di Guy ebbe un sobbalzo al tocco delle labbra di Ada sulle proprie; la circondò con le braccia e la strinse a sé, godendo della vicinanza dei loro corpi. Le loro labbra si schiusero le une contro le altre, cercando il contatto più intimo ed eccitante delle lingue.

Si baciarono a lungo, poi Ada si ritrasse. "Va meglio...?" gli chiese con un sorrisetto.

A Guy sfuggì un mormorio di protesta quando perse il contatto della bocca di Ada. "Stavo meglio un attimo fa, mia dolce folletta", ammise, guardandola profondamente negli occhi. Avrebbe potuto facilmente tornare a stringerla per baciarla ancora, ma decise di proseguire con la schermaglia. "Mi daresti una mela, invece del pane? Penso di essere al sicuro con quella..."

Stando al gioco, Ada annuì. "Certamente!"

Frugò nel cestino e trovò una mela, rossa e dolce, ma invece di porgerla al cavaliere, usò un coltello per tagliarne un pezzo, che posò sulle labbra di Guy con un sorriso incoraggiante.

Guardandola intensamente, Guy rimase immobile per qualche istante per aumentare il senso d'anticipazione, poi si mosse improvvisamente in avanti, attirandola tra le proprie braccia. Ada perse l'equilibrio e ricadde contro il suo petto. Guy approfittò della sua momentanea distrazione per agguantare la fetta di mela; ne prese un morso, poi lentamente passò il pezzetto di frutto sulle labbra di lei, coprendole di succo. Mentre Ada stava ancora riprendendo fiato, lui si chinò. "Ti ho mai detto quanto amo il sapore del succo di mela, bella mia?"

Senza darle la possibilità di rispondere, Guy abbassò la testa e leccò il succo dalle sue labbra usando soltanto la punta delle lingua. La udì ridacchiare e l'imitò.

Ada lo lasciò fare per qualche istante, poi lo ricambiò, leccandogli rapidamente un angolo della bocca dove indugiava una goccia di succo. "Ti ho mai detto quanto mi piace assaggiare sidro o succo di mela dalle tue labbra, tesoro...?"

Cominciò a spingerlo lentamente all'indietro. Comprendendo che voleva che lui si sdraiasse, Guy si rilassò e la lasciò fare, tenendola stretta tra le braccia. Ada si posò sopra di lui, gli sorrise ed abbassò la testa per baciarlo dolcemente.

Ancora una volta, Guy sentì il calore del proprio sangue percorrergli tutto il corpo. La strinse maggiormente e rispose al bacio, approfondendolo. Di nuovo, durò a lungo, finché non s'interruppero per prendere un respiro. Guy stava sentendo la pressione dentro i pantaloni aumentare sempre di più e si chiese fin dove poteva spingersi. Decise di tentare la fortuna: al massimo, lei lo avrebbe fermato, e lui avrebbe accettato. Era capace d'essere spietato, quando ve n'era necessità, ma non aveva mai forzato una donna, né lo avrebbe mai fatto.

Così, le baciò brevemente le labbra, poi le spostò una ciocca di capelli per esporre il suo collo, dove intendeva mordicchiarla, ma quando si sporse per farlo, un movimento al limite del suo campo visivo catturò la sua attenzione. Immediatamente, si tese sotto di lei. "Ada, attenta, non spaventarti, ma penso che non siamo soli!"

Lei s'irrigidì nell'udire l'avvertimento ed il suo sorriso svanì. "Dove?" domandò concisamente.

"Proprio dietro di te, tesoro. Allontanati da me, lentamente, così che non noteranno niente di strano nel nostro comportamento", Guy mosse la propria mano verso l'elsa della spada e le fece cenno con lo sguardo di fare altrettanto. "Non preoccuparti, andrà tutto bene."

Ada passò istantaneamente dalla modalità amante alla modalità guerriera. Annuì in segno di accordo e si mosse piano verso la propria destra, laddove giaceva la sua spada, fortunatamente molto vicino. La sua mano strisciò verso l'elsa e vi si strinse attorno. "Pronta quando sei pronto tu, tesoro."

Guy attese qualche altro attimo, poi fece un impercettibile segno con la testa ed entrambi balzarono in piedi, le armi in pugno.

Vedendosi scoperti, coloro che si erano appostati tra i cespugli si rivelarono, uomini poveramente abbigliati e alquanto sporchi, ma ben nutriti. Due di loro impugnavano delle spade piuttosto malmesse, gli altri robusti bastoni.

Immediatamente, Guy si spostò per frapporsi tra loro e Ada, pronto a difenderla. I manigoldi si sparpagliarono, circondandoli, e Ada si voltò, mettendosi schiena contro schiena con Guy.

I due armati di spada attaccarono contemporaneamente. Guy parò di rovescio diagonale alto, allontanando la lama dell'avversario, e contrattaccò di dritto parallelo, cogliendo l'altro di sorpresa, tanto da fargli fare un salto all'indietro per non essere colpito. Con la coda dell'occhio, Guy notò che Ada aveva similmente ingaggiato l'altro spadaccino.

Ada parò il fendente dall'alto del suo opponente, facendo un passo avanti e passando sotto la sua guardia, per poi disimpegnarsi con un salto di lato. Il brigante menò un rovescio diagonale basso, che Ada bloccò facendo scivolare la propria lama su quella dell'avversario, piroettò su se stessa e lanciò un dritto parallelo che colse il malfattore ad un braccio. L'uomo gettò un grido e barcollò all'indietro.

Ada approfittò dell'istante di pausa per guardarsi attorno. "Sono in sei, Guy!" lo avvertì.

Erano troppi anche per due spadaccini esperti come loro, realizzò il cavaliere; e di certo se n'era resa conto anche Ada. Ciò nonostante, continuarono a battersi senza esclusione di colpi, tra il clangore dell'acciaio contro l'acciaio e occasionali grida. Guy scansò un colpo, parò l'arma dell'avversario e riuscì a fargliela saltare di mano, ma improvvisamente due di quelli dotati di bastoni gli si pararono davanti, tenendolo a distanza dal loro compare disarmato. Sentì Ada lanciare un urlo furibondo, ma non poté far altro che schivare e bloccare i colpi di bastone che avevano cominciato a piovere da due lati. Alla fine, uno dei due riuscì a centrare la mano con cui teneva la spada e a fargliela cadere. Quello armato di spada aveva recuperato la sua arma e ora gliela puntò contro il collo.

"Ada, attenta!" gridò Guy, senza distogliere gli occhi dal suo opponente.

Ada stava combattendo contro il secondo avversario, ma ne arrivò un terzo. Udì il grido di Guy e in quello stesso momento il terzo opponente usò il bastone per colpire violentemente la sua spada. Il braccio indolenzito, Ada strinse i denti per il dolore e si preparò al contrattacco. Azzardò una rapida occhiata verso Guy e, vedendo uno dei manigoldi puntargli la spada alla gola, si immobilizzò.

Notando il suo sguardo, il bandito urlò. "Fermati subito o il tuo amante muore all'istante!"

Ada lo incenerì con gli occhi ma, riconoscendo di non poter fare nulla che non avrebbe messo in pericolo la vita di Guy, lasciò cadere la spada e sollevò le mani in segno di resa.

Guy guardò torvo i manigoldi, uno ad uno. "Chi siete? Cosa volete da noi? Parlate, subito!" disse in un tono basso ma chiaramente minaccioso.

Gli uomini non si mossero e tennero le loro armi puntate contro Ada e Guy, finché quello che teneva la spada alla gola del cavaliere nerovestito la ritrasse, solo per avanzare e sferrargli un pugno nello stomaco, facendolo piegare in due, ma non un grido gli sfuggì.

"Mi chiamo Osbert, se proprio t'interessa", disse il manigoldo in tono borioso. "Io e i miei uomini vogliamo il vostro denaro. Se non ce lo date di vostra spontanea volontà, ce lo prenderemo con la forza e vi lasceremo qui a morire dissanguati. Allora, cosa volete fare?"

Guy si risollevò e il suo cipiglio si approfondì: non preventivando spese, non aveva portato con sé denaro, e dubitava che Ada ne avesse. Le lanciò un'occhiata interrogativa e la vide scuotere la testa in segno negativo.

"Beh, non è il vostro giorno fortunato", disse allora, seccamente. "Non abbiamo denaro con noi. Eravamo qui a goderci una merenda, finché non siete arrivati voi. Lasciateci andare e non vi succederà niente. Non avete idea con chi vi state mettendo nei guai."

Osbert lo squadrò da capo a piedi, poi si mise a ridere e si girò verso i suoi uomini. "Ragazzi, ho capito chi è costui: Gisborne, il vice dello sceriffo di Nottingham!"

Guy non fece trapelare nulla dalla propria espressione, ma pensò che l'essere stato riconosciuto non prometteva bene. Le parole successive di Osbert gli diedero ragione.

"Contrariamente a quanto dici tu, Gisborne, questo è il nostro giorno fortunato, dopotutto", sghignazzò il capo dei briganti. "Invece di accontentarci di poche monete, faremo una fortuna, facendo prigionieri te e questa nobildonna e chiedendo un riscatto in cambio della vostra libertà", sputò ai piedi del cavaliere e fece due passi indietro. "Prendeteli, ragazzi. Legategli le mani davanti, così possiamo caricarli sui loro cavalli e portarli via di qui."

Udendo i loro piani, Ada si sentì del pari furiosa e spaventata; inoltre, si preoccupò per suo padre, che sarebbe stato terribilmente angosciato riguardo al suo destino. Imitando Guy, fece del suo meglio per mantenere un'espressione glaciale, ma non poté fare a meno di emettere un piccolo gemito quanto uno degli uomini le afferrò le braccia e un altro le legò le mani. Guardò verso Guy, scoprendo che, mentre lo stavano trattando allo stesso modo, lui non le toglieva gli occhi di dosso.

Vedendo che Ada lo stava guardando, Guy cercò di farle coraggio con un cenno del capo.

La cosa infastidì Osbert, che gli sferrò un altro pugno, stavolta nel fianco – senza alcuna necessità, soltanto per dimostrare che era lui a comandare. Di nuovo, Guy non gli diede soddisfazione e si rifiutò di emettere lamenti, anche se il suo volto si torse per il dolore.

Ada vide letteralmente rosso e giurò a se stessa che Osbert l'avrebbe pagata.

Due uomini andarono a prendere i cavalli. Thor indietreggiò, scoprendo i denti con fare minaccioso così com'era stato addestrato a fare con gli estranei che si avvicinavano senza il permesso del suo padrone.

"Gisborne!" sbraitò Osbert. "Vedi di calmare il tuo cavallo!"

Guy si limitò a fulminarlo con gli occhi, ed allora Osbert si mosse come a voler andare da lui e picchiarlo di nuovo, ma poi cambiò idea, estrasse un pugnale dalla cintura e lo puntò contro Ada in una chiara minaccia.

Guy cedette: non poteva rischiare che facessero del male alla sua folletta. "Thor! Buono, bello", disse, avvicinandosi al suo destriero. "Lasciali fare."

Il cavallo, vedendo il suo padrone venirgli vicino, si calmò e premise che il brigante gli prendesse le briglie per condurlo da lui.

"Imbavagliateli", ordinò Osbert. "Non voglio che emettano un fiato."

I suoi uomini obbedirono, poi caricarono i due prigionieri di traverso sulle selle delle rispettive cavalcature. Girando attorno al laghetto, cominciarono ad addentrarsi nella foresta di Sherwood.

Guy gettò un'occhiata al luogo dove lui e Ada avevano cominciato la loro merenda finita male: la coperta era accartocciata sull'erba, il suo soprabito abbandonato accanto ad essa, il cestino rovesciato, il cibo e le borracce sparse tutt'attorno. Le loro spade erano state prese dai banditi e legate alle loro selle, fuori dalla portata delle loro mani.

Sicuramente presto a Chetwood si sarebbero preoccupati del loro ritardo, ragionò Guy; e anche Allan avrebbe notato che lui non era tornato puntualmente a Nottingham. Sarebbero venuti a cercarli e avrebbero visto i segni della lotta, capendo cos'era successo. E avrebbero potuto seguire le loro tracce, anche se i briganti stavano cercando di nasconderle.

Sentì su di sé lo sguardo di Ada, che era dietro di lui, e voltò la testa per guardarla.

I loro occhi s'incontrarono.

Una promessa passò silenziosamente dall'una all'altro: c'erano dentro insieme, e insieme sarebbero sopravvissuti.

O sarebbero morti. 

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