Capitolo III: Scontro nella foresta

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Capitolo III: Scontro nella foresta

Guy aveva espresso i suoi sentimenti per Ada. Non aveva detto che ricambiava il suo amore per lui, ma le sue parole lasciavano pochi dubbi sul fatto che tenesse molto a lei, e onestamente, Ada non poteva chiedere di più. "Grazie, amore mio", gli sussurrò, lo sguardo perduto in quello di lui.

Trascorsero un paio d'ore. I manigoldi mangiarono e bevvero, ignorando i prigionieri; non offrirono loro né cibo né bevanda. Entrambi erano assetati, ma nessuno dei due si abbassò a pregare per un sorso d'acqua, e strinsero stoicamente i denti.

OOO

William segnalò a Roland e Norbert di rimanere indietro, nascosti, e si avvicinò silenziosamente a Robin e Allan. Lanciò un'occhiata oltre le loro spalle e valutò la situazione Impallidì un poco, più di rabbia che di preoccupazione, quando vide la figlia legata ad un albero, e Gisborne a quello accanto. Essendo un fine stratega, avendo servito nell'esercito di Re Enrico II, nella sua mente si formò rapidamente un piano.

"Robin", chiamò sottovoce, e quando il biondo Conte di Huntingdon girò il viso per guardarlo interrogativamente, proseguì. "Mostrati sul lato della radura opposto a dove Ada e Gisborne sono legati e richiama l'attenzione dei briganti, tenendoli sotto tiro col tuo arco. Allo stesso tempo, Allan e le mie guardie li distrarranno ancora di più apparendo a qualche metro di distanza da te, obbligandoli a dividere la loro attenzione tra voi quattro e a non pensare ai prigionieri. Intanto, io andrò da loro e li slegherò", sospirò con dispiacere. "Purtroppo non sono più abbastanza in forma da poter sostenere un confronto aperto", guardò dall'uno all'altro dei due giovani uomini. "Siete d'accordo col mio piano?"

Robin – a sua volta un ottimo stratega – valutò la proposta di William per pochi istanti, poi annuì. "Piano eccellente, signore", approvò.

Anche Allan assentì in segno di accettazione. I due uomini, seguiti dalle guardie appiedate e debitamente istruite, si allontanarono, aggirando di nascosto la radura fino a posizionarsi sul lato opposto rispetto ai prigionieri. Incoccata una freccia, Robin attese il segnale di William.

Frattanto, l'anziano nobiluomo si era avvicinato silenziosamente al punto in cui sua figlia e Gisborne erano legati. I malfattori non s'erano accorti di nulla e stavano proseguendo a chiacchierare e ridere sguaiatamente, di certo facendo piani su come spendere i soldi che avrebbero chiesto per rilasciare i prigionieri. Dopo essersi assicurato che nessuno di loro stava guardando dalla sua parte, William alzò velocemente un braccio, segnalando a Robin di muoversi.

Quattro frecce piovvero in rapida successione tra i briganti. Con urla scomposte, i sei uomini balzarono in piedi e si sparpagliarono, cercando di capire da dove provenisse l'attacco.

Robin fece due passi avanti, mostrandosi, un'altra freccia già pronta. "Fermi, non fate una mossa!" urlò.

Udendo il suo grido, Guy e Ada voltarono di scatto la testa a guardare.

"Robin!" esclamò Ada, indicibilmente felice di vedere l'amico fraterno.

Tra gli alberi apparvero anche Allan, Roland e Norbert, distanziati di alcuni metri l'uno dall'altro, le armi in pugno.

"E non è da solo!" borbottò Guy, riconoscendo il proprio vice.

"Nessuno faccia una mossa!" abbaiò Roland con voce tonante. "Siete circondati!"

William approfittò del diversivo e si mosse rapidamente verso Ada. "Sono qui, figlia mia!"

Udendo il suo sussurro, i due prigionieri sussultarono e si girarono a guardare. "Lord Chetwood!" esclamò Guy a bassa voce, profondamente sorpreso. "Da dove siete arrivato?"

"Padre!" sussurrò Ada, gli occhi spalancati. "Sei qui!"

Velocemente, William usò il pugnale da caccia per tagliare le corde che legavano Ada.

Dal suo punto di vantaggio, Robin scorse il conte che liberava i prigionieri e scambiò una rapida occhiata con Allan, che annuì impercettibilmente a segnalare che anche lui aveva visto. Il loro affiatamento era ancora intatto, proprio come ai vecchi tempi, e constatarlo faceva piacere ad entrambi, superando le loro differenze.

Frattanto, William stava tagliando anche i legacci di Guy. "Dove sono le vostre armi?" domandò. "Coi cavalli, immagino?"

"Sì, esatto", confermò Ada, alzandosi in piedi e stiracchiandosi. In quel momento, uno dei manigoldi si girò a mezzo e urlò un avvertimento agli altri. Senza esitare, Ada si gettò di corsa verso Ginevra, decisa a recuperare la spada. Fortunatamente, entrambi i cavalli erano dal loro lato della radura; ciò non di meno, il più vicino dei briganti si mise a correre per provare a tagliarle la strada.

Guy, finalmente libero, saltò in piedi e si lanciò di corsa contro il manigoldo che stava cercando di raggiungere Ada. Lo colse di sorpresa, piombandogli addosso a testa bassa e gettandolo a terra; sfogando la propria frustrazione, il cavaliere si chinò sul manigoldo e lo tirò su, solo per piantargli un pugno sul naso.

"All'attacco!" gridò Robin. Allan, Norbert e Roland si slanciarono nel mezzo dei banditi, menando le loro spade a destra e a manca.

Ada aveva raggiunto la sua cavalla e preso possesso della propria spada. Rapidamente, afferrò anche l'arma di Guy e lo cercò con lo sguardo, ma era troppo lontano. Allan però era a pochi metri e si era appena disimpegnato dal proprio avversario.

"Allan!" Ada richiamò la sua attenzione. Il giovane si voltò verso di lei mentre lo raggiungeva; gli cacciò in mano la spada del cavaliere. "Dalla a Guy, ora!"

"D'accordo!" esclamò Allan, subito girandosi per eseguire.

Ada si voltò, cercando Osbert nella mischia: aveva un conto in sospeso con lui e intendeva farglielo pagare. Lo vide che stava per attaccare Guy e si lanciò verso di lui. "Osbert!" urlò. "Volevi divertirti con me? Avanti, fatti sotto allora!"

Come un turbine, gli piombò addosso e lo ingaggiò in combattimento.

Un altro dei briganti stava cercando di avvicinarsi di soppiatto a Guy. Robin lo vide e si preparò a scoccare una freccia, ma Gisborne si mosse e così gli ostruì la linea di tiro. Allora cambiò mira: la freccia sfiorò Guy, che si girò di scatto e così vide l'uomo che stava cercando di assalirlo alle spalle. Appena in tempo, perché il malvivente sferrò una stoccata col bastone che Guy riuscì a evitare per un pelo con un balzo laterale.

Robin cercò Ada con lo sguardo, pronto a darle copertura con le sue infallibili frecce; ma la giovane donna si stava muovendo con tale rapidità che decise che fosse meglio lasciar perdere o rischiava di colpirla.

Contrattaccando furiosamente, Guy atterrò il suo opponente, che cadde pesantemente. Udì Allan chiamarlo; girandosi, vide che aveva in mano la sua spada e si preparava a lanciargliela. Allungò il braccio e l'afferrò al volo. Proprio in quel momento, un altro dei banditi lo colpì alle spalle col bastone, facendogli perdere l'equilibrio. Fortunatamente, Guy riuscì a reggersi al tronco di un albero ed evitare di cadere. Girandosi, sollevò il braccio armato, ma era già troppo tardi e si preparò a subire il pesante colpo di bastone che stava calando dall'alto.

Robin notò Guy in difficoltà; con la velocità del fulmine, voltò l'arco in quella direzione e prese la mira. La freccia centrò il bastone proprio accanto alla mano che lo brandiva, cambiandone la traiettoria. Il colpo – che sarebbe stato micidiale – andò a vuoto per pochi millimetri. Guy approfittò all'istante del vantaggio per colpire il fuorilegge con un calcio nello stomaco, che lo mandò lungo disteso. In un attimo, Guy gli fu sopra e gli assestò un pugno in faccia che lo rese incosciente.

Ada stava ancora combattendo contro Osbert, che si era rivelato uno spadaccino meno inesperto di quanto s'era aspettata. Si abbassò di scatto per evitare un dritto orizzontale, poi si risollevò e brandì la propria lama in un colpo diagonale discendente dalla velocità accecante, che mirava al fianco dell'avversario. Superò la sua guardia e lo ferì all'anca. Osbert guaì per il dolore e barcollò all'indietro, ma subito rispose lanciando la sua grossa spada bastarda in un affondo. Ada riuscì a schivarlo per pochissimo, piroettò su se stessa ed abbatté la lama di piatto sulla schiena dell'avversario. Osbert grugnì e tentò di girarsi, ma ora Ada ne aveva abbastanza ed usò l'elsa della spada per colpirlo in pieno volto. Il manigoldo crollò a terra, svenuto, col naso sanguinante.

L'avversario fuori combattimento, Ada si guardò attorno per controllare la situazione, pronta a ingaggiar battaglia con qualcun altro.

Guy si rialzò dopo aver steso il suo opponente e vide uno dei banditi armati di spada sopraggiungere alle spalle di Robin, la lama sollevata pronta a colpire. "Hood! Attento!" gli urlò.

Robin si girò di scatto, allarmato, ma l'altro gli era quasi addosso. Capendo che Robin non avrebbe fatto in tempo a scoccare una freccia, Guy si tuffò in avanti, scostandolo con una spallata, e parò il colpo del manigoldo con la propria lama. Clangore di metallo contro metallo, vibrazione lungo tutto il braccio di entrambi gli avversari, ma Guy era molto più addestrato dell'altro e sostenne l'urto, mentre l'avversario emise un gemito di dolore. Ebbe comunque abbastanza presenza di spirito per balzare all'indietro e disimpegnare la lama, poi si slanciò in un affondo, ma Guy piroettò su se stesso, schivando il colpo, e l'altro, non trovando resistenza, barcollò in avanti, perdendo l'equilibrio. Guy allora lo colpì duramente sulla schiena con l'elsa della spada, e il bandito cadde di schianto a terra, rimanendo immobile.

"C'è proprio mancato un pelo", commentò Robin in tono leggero.

Guy gli lanciò un'occhiata, accigliato. "Ti ho appena salvato il culo, Hood", osservò, ma Robin si limitò a scrollare le spalle e Guy roteò gli occhi. Che uomo insopportabile, pensò.

Intanto, Allan duellava duramente contro il proprio avversario, ben più grande e grosso di lui, ma se la stava cavando egregiamente: tutto l'addestramento a cui era stato forzatamente sottoposto al castello stava dando i suoi frutti.

Ada contò tre dei rapitori a terra, fuori combattimento; Allan teneva testa al suo opponente, così come Roland, mentre Norbert appariva in difficoltà. "Guy!" richiamò l'attenzione del cavaliere, che era il più vicino. "Aiuta Norbert!"

Udendo la voce di Ada, Guy si voltò e valutò la situazione della guardia con un solo sguardo. Scattò di corsa, la spada davanti a sé; vedendolo arrivare, Norbert intelligentemente fece un passo di lato, sbilanciando il proprio avversario, che venne colpito al fianco da Guy con un taglio doloroso ma non grave. L'uomo collassò a terra.

Ada aveva mosso qualche passo verso i duellanti, passando accanto al manigoldo atterrato da Guy. Non s'accorse che non era completamente privo di sensi; troppo tardi lo vide muoversi e brandire il suo bastone. Ada cercò di schivare, ma non fu abbastanza svelta e prese il colpo di striscio su una coscia. Emise un lamento di dolore, poi si girò e tirò un calcio al volto dell'uomo, che giacque svenuto, stavolta per davvero.

Frattanto, Roland riuscì infine a disarmare il suo antagonista e il malfattore sollevò le mani in segno di resa.

Allan si chinò di lato per evitare un colpo diagonale, poi passò sotto la guardia dell'avversario e lo colpì con un calcio all'inguine, facendolo piegare in due e cadere a terra. Allan si voltò a guardare Guy, Robin e Ada e sogghignò soddisfatto: la mossa era poco ortodossa in un duello cavalleresco, ma d'altronde nessuno dei due era un cavaliere...

William uscì dal suo nascondiglio; teneva ancora il pugnale in mano, perché era stato pronto a difendersi, ma fortunatamente non ce n'era stato bisogno. Si guardò attorno nella radura, con i sei briganti sgominati. Sorrise alla figlia e agli altri vittoriosi. "Bel lavoro, ragazzi miei!" li lodò, rinfoderando il pugnale.

Ada alzò la spada in un gesto trionfante. "Ce l'abbiamo fatta!" gridò, poi si girò a guardare ansiosamente prima Guy, poi anche Robin e Allan, ed infine le due guardie di Chetwood. "State tutti bene?"

Essendo tutti più o meno incolumi, gli uomini annuirono, rassicurandola.

Robin si avvicinò a Guy, sul volto un'espressione più seria del solito. "Grazie per avermi coperto le spalle, Gisborne", gli disse.

Sorpreso, Guy si girò a guardarlo e il suo sguardo sincero lo fece sentire leggermente a disagio. "Ah... non c'è di che, Hood. Ho solo ricambiato il favore."

Frattanto, Ada era corsa dal padre, abbracciandolo. "Grazie per essere venuto in nostro soccorso, padre!"

William ricambiò l'abbraccio della figlia. "Se non fosse stato per Robin, non vi avremmo mai trovati in così breve tempo", ammise. "È veramente un buon amico e lo ha provato una volta di più."

Assieme, tornarono dagli altri e William porse la mano al conte di Huntingdon. "Grazie per l'aiuto, Robin", gli disse, poi strinse la mano anche ad Allan. "E grazie anche a te, ragazzo", infine lanciò un'occhiata a Guy. "E naturalmente anche a voi, Sir Guy", concluse con un cenno del capo.

Robin sogghignò rivolto a Guy. "Non stai cercando di farti continuamente salvare da me, vero?"

Guy roteò gli occhi alla battuta dell'altro, prima di stringere la mano che William gli porgeva. Poi, mentre l'anziano nobiluomo scambiava qualche parola con Robin, guardò verso Ada, desideroso di sapere se stava bene. Le si avvicinò, osservandola da capo a piedi. "Stai bene, mia dolce folletta?"

Guardando Guy, Ada gli vide la preoccupazione negli occhi e il suo cuore palpitò, emozionato. "Sì, sto bene", lo rassicurò. "E tu?"

Gli sfiorò il labbro ferito, dove Osbert lo aveva colpito, felice d'aver dato una sonora lezione al manigoldo. Il taglio aveva cominciato a rimarginarsi, ma durante il combattimento era tornato a riaprirsi ed ora stava sanguinando un po'.

Guy sorrise lievemente, commosso dall'apprensione di Ada. Quando lei sfiorò il taglio sul labbro, sussultò leggermente, ma poi si sporse verso di lei. "È appena un graffio", le sussurrò. "Ho visto di peggio, mia signora, non angustiarti per me. Vorrei vederti tornare a casa sana e salva, da qualcuno che si prenda cura di te..."

Ada gli sorrise. "Non ho altro che un livido sulla coscia, niente di cui preoccuparsi, ma grazie", stava morendo dalla voglia di baciarlo, ma c'erano troppe persone che li avrebbero visti, quindi per distogliersi dalla tentazione si girò e indicò i malviventi. "Che ne facciamo di loro?"

Robin li stava osservando di sottecchi. L'attrazione tra i due era più che evidente, ma non c'era solo quella: sembrava che tenessero veramente l'uno all'altra. Faticava ad accettare che la sua più cara amica fosse innamorata proprio di Gisborne; ma dopo la morte del suo fidanzato, Sir Raymond di Merton, non aveva più mostrato il minimo interesse per un uomo, e questo gli era sempre spiaciuto. Gisborne non era malvagio – certamente non quanto Vaisey di Nottingham – ma spesso doveva comportarsi in modo spietato per eseguire i crudeli ordini dello sceriffo. Tuttavia, era capitato moltissime volte che qualcosa andasse storto e Robin potesse intervenire a evitare il peggio, tanto che aveva cominciato a sospettare che Gisborne lo facesse apposta...

Quando Ada si era improvvisamente voltata dall'altra parte, Guy si era sentito un po' rifiutato, ma alla domanda di lei, un sogghigno maligno si formò sulle sue labbra. "Perché non li leghiamo agli alberi, come loro hanno così ben legato noi, folletta?"

Udendo il suggerimento di Guy, anche Ada sogghignò. "Sì, facciamolo!"

Poiché avevano parlato ad alta voce, William li aveva uditi e adesso si avvicinò. "Lasciatemi il piacere di farlo per primo", disse in tono alquanto feroce. "Nessuno lega mia figlia e se la cava!"

Guy chinò la testa in segno di rispetto e di assenso al desiderio – più che comprensibile – del padre di Ada. Gli fece cenno di precederlo e si fece da parte. "Prego, avete campo libero, Lord Chetwood."

William andò a prendere un rotolo di corda dalla bisaccia del proprio cavallo e segnalò a Roland e Norbert di afferrare la canaglia che aveva visto combattere contro sua figlia. Le guardie obbedirono e trascinarono l'uomo ancora svenuto verso l'albero più vicino, dove William lo legò strettamente. Frattanto, Robin e Allan trattarono allo stesso modo un altro dei rapitori, mentre Guy e Ada si occuparono di un terzo. Ben presto, tutti e sei i fuorilegge erano legati saldamente ad altrettanti alberi.

Terminato di annodare le corde della seconda canaglia di cui s'erano occupati, Allan si risollevò e si sfregò le mani con aria soddisfatta. "Tutto in una giornata lavorativa, eh, amico?" domandò a Robin con il suo caratteristico sogghigno.

Robin gli lanciò un'occhiata. Niente da fare, non riusciva ad avercela con lui, non veramente. Un giorno Allan gli avrebbe spiegato le sue ragioni per aver disertato la banda, ma capiva che non poteva farlo adesso, in presenza di Gisborne. Così, si limitò a seguire il proprio istinto e ricambiò il sogghigno. "Proprio come ai vecchi tempi, già", commentò. Vide gli occhi azzurri di Allan illuminarsi: era evidentemente felice di non incontrare la sua ostilità.

"Esatto", confermò Allan; il suo sorriso si allargò mentre gli porgeva la mano.

Robin non esitò a stringergliela.

Ada notò il gesto e pensò che forse i due avevano trovato un modo per capirsi e ritrovare l'antico cameratismo, se non l'amicizia. Lo sperava, perché il divario che si era creato tra loro faceva soffrire entrambi.

Anche Guy aveva notato la stretta di mano tra Robin e Allan e provò una fitta di qualcosa di simile alla gelosia: vedere l'antica amicizia tra gli altri due uomini gli fece comprendere che cosa gli mancasse e cos'era sicuro che non avrebbe mai avuto. Si girò verso Ada, ma lei si stava allontanando verso i prigionieri. La seguì.

Due delle canaglie che li avevano rapiti erano feriti, seppure in modo lieve, e la natura di guaritrice di Ada le imponeva di prestar loro almeno le cure minime. Non aveva nulla con sé della sua attrezzatura o dei suoi rimedi, ma almeno poteva bendarli. Andò dall'unico che era sempre rimasto cosciente, che sanguinava da un braccio, dove Roland lo aveva colpito di striscio. "Avete del vino o della birra?" gli domandò. Il marrano la guardò senza capire e lei si piantò le mani sui fianchi, impaziente. "Allora? Sei sordo?"

"N... no, signora", balbettò il malcapitato. "Abbiamo una borraccia di sidro, se può andar bene..."

"Dove la trovo?"

Guy, dietro di lei, udì le indicazioni. "Ci penso io", si offrì.

Ada lo ringraziò con un sorriso, poi tornò a concentrarsi sul prigioniero. Usando il pugnale che aveva recuperato da Ginevra, gli tagliò la manica e scoprì la ferita, poi quando Guy tornò con la borraccia di sidro, ne versò un po' sulla lesione per lavarla. L'uomo sussultò per la sensazione di bruciore, ma lei lo ignorò; ridusse in strisce il pezzo di manica tagliata e bendò il braccio, poi si alzò e andò dall'altro ferito, Osbert, cui Ada aveva inferto un taglio all'anca e spaccato il naso.

Guy, sempre con lei, considerò la faccia piena di sangue del capo dei malfattori e sogghignò. "L'hai conciato per le feste, folletta", osservò.

Anche Ada sogghignò. "Con me, chi se le cerca, le trova", disse, e al suo sguardo confuso spiegò. "Le rogne."

Guy non poté fare a meno di sbottare in una breve risata.

Ada prese il fazzoletto da collo che Osbert portava e lo inzuppò di sidro, poi lo usò per pulirgli la faccia. Il sangue continuava a fuoriuscire, così tagliò due pezzi dal fazzoletto e, dopo averli appallottolati, glieli ficcò non troppo gentilmente nelle narici.

Il dolore causato dal movimento sul naso rotto fece rinvenire Osbert. "Ehi, che diavolo fai?" protestò.

"Silenzio!" lo zittò Guy di malagrazia. "Ti sta rattoppando, furfante. Ritieniti fortunato che non ti abbia cavato gli occhi."

Sapeva di esagerare, ma lo sguardo terrorizzato che Osbert gli rivolse lo riempì di soddisfazione: nessuno poteva trattar male la sua folletta e sperare di cavarsela con poco! Era da molto che non si sentiva così protettivo nei confronti di qualcuno, ma poiché gli avvenimenti di quelle ultime ore gli avevano fatto capire che teneva moltissimo alla contessa di Chetwood, non se ne stupì.

Ada non lo smentì, perché trovava giusto infliggere un sano terrore in chi aveva cercato di terrorizzare lei. Dopotutto la Bibbia diceva occhio per occhio, dente per dente, no? E magari, la prossima volta Osbert avrebbe evitato di prendere anche solo in considerazione l'idea di divertirsi con una donna che non fosse consenziente.

Diede un'occhiata all'altra ferita, ma poiché era soltanto un graffio, si limitò a lavarla con l'ultimo sidro rimasto.

"Bene, ho finito", disse, rialzandosi. Assieme a Guy, tornò verso gli altri.

Robin andò loro incontro. "Ehi, Ada, sono felice che tu stia bene e che siamo arrivati in tempo", le disse. "Sei una spadaccina formidabile! Anche se lo sapevo, vederti in azione piuttosto che in addestramento è stato incredibile."

Ada gli sorrise, lusingata del complimento, poi lo abbracciò forte. "Grazie per essere venuto per me e Guy, amico mio", gli disse poi, ritraendosi. "Ti voglio bene. E grazie per i complimenti... Anche tu non sei male", aggiunse, facendogli l'occhiolino.

Sopraggiunse William, che diede a Robin una pacca sulla spalla. "I miei più sentiti ringraziamenti, Robin. Ti devo più di quanto potrò mai sperare di ripagarti."

"Non mi dovete niente, signore", lo contraddisse il nobile divenuto fuorilegge. "Lo sapete che amo Ada come una sorella."

Ben lontano dal sentirsi felice di vedere l'abbraccio tra Robin e Ada, che si aggiungeva al fatto che quel giorno Hood gli aveva salvato la vita, Guy aveva incrociato le braccia al petto, sul viso un'espressione cupa. Si girò a guardare i prigionieri: doveva decidere cosa farne. "Allan!" chiamò seccamente.

L'uomo più giovane scattò, avvicinandosi di corsa. "Sì, Giz?"

Nell'udire il nomignolo, Guy si trattenne dal sollevare gli occhi al cielo. "Questi bricconi vanno sbattuti in prigione. Torna a Nottingham, raduna una squadra di guardie e torna qui a prelevarli."

"Ma faremo notte!" protestò Allan. "Volevo andare alla taverna, c'è una nuova cameriera molto carina e..." chiuse di scatto la bocca quando vide lo sguardo fulminante di Guy. "Uhm, va bene, capo. E tu che farai?"

"Accompagnerò Lady Adeliza a Chetwood e poi tornerò a Nottingham. Ci vediamo domattina."

Annuendo rassegnato, Allan s'incamminò verso il proprio cavallo. Salutò con un cenno Robin, William e Ada, poi montò in sella e spronò lo stallone, che si avviò al trotto nella direzione da cui erano arrivati.

Guy tornò verso il gruppetto degli altri. "Allan tornerà con delle guardie per prendere in custodia queste canaglie", annunciò. "Finiranno nelle segrete del castello e lo sceriffo li giudicherà e infliggerà loro la pena che considererà più appropriata."

Ada assentì. "Sono dei furfanti e meritano una punizione", confermò, soddisfatta.

"È ora che anch'io me ne vada", annunciò Robin a quel punto, poi guardò Guy. "Alla prossima, Gisborne" disse.

"Hood", fece Guy, salutandolo con un secco cenno del capo.

Con un ultimo sguardo di congedo alla sua amica più cara, il conte di Huntington si avviò di corsa, attraversando la radura e addentrandosi tra gli alberi.

Ada lo guardò svanire come un fantasma verde; sospirò tra sé, chiedendosi se sarebbe mai riuscito a tornare in possesso dei suoi averi e vivere serenamente come sognava, dopo il suo ritorno dalle Crociate, possibilmente assieme a Marian, che non aveva mai smesso di amare.

Si girò verso Guy e il padre. "Andiamo?"

William segnalò a Norbert di andare a prendere i loro cavalli, che avevano legato poco lontano prima di ingaggiare lo scontro coi malviventi. "Sì, andiamo", confermò.

Poco dopo, erano tutti in sella alle loro cavalcature, Norbert e William in testa, seguiti da Ada e Guy, con Roland che procedeva alla retroguardia.

La contessa si girò a parlare con il cavaliere nerovestito. "Sir Guy, avete bisogno di cure: insisto che rimaniate a Chetwood, stanotte."

Guy la guardò sorpreso. Scosse il capo, un sorrisetto sulle labbra. "No, mia signora, non ce n'è bisogno. Non è niente. Posso prendermi cura di me stesso. Vi accompagnerò a casa e poi tornerò a Nottingham. Non preoccupatevi per me."

Ada si accigliò. Uomini, pensò indispettita. Perché non colgono mai un'occasione quando gli viene servita su un piatto d'argento? "Sei sicuro di non voler rimanere?" domandò a bassa voce, in modo che udisse soltanto lui. "Hai veramente bisogno di cure... amore", aggiunse in un tono pieno di promesse.

Guy aguzzò le orecchie alla sua voce bassa e dolce, e comprese che lei stava cercando di dirgli più di quanto fosse ovvio. Il cuore gli fece una capriola in petto mentre un sorrisetto si formava sulle sue labbra. Fece un cenno affermativo. "Poiché insisti, amor mio, allora accetterò volentieri il tuo invito."

Ada gli sorrise di rimando, poi spronò Ginevra per affiancarsi a Norbert. "Norbert, precedici a Chetwood e fa' preparare la camera blu per Sir Guy. Poi di' a Mary di preparare un bagno per me e uno per Sir Guy", lanciò un'occhiata alle sue spalle verso il padre, che sembrava affaticato. "E uno anche per il conte", aggiunse.

La guardia annuì e partì al galoppo. Ada allora rallentò la sua giumenta per affiancare William. "Padre, ho invitato Sir Guy a rimanere a Chetwood per la notte. È ferito, anche se in maniera lieve, e voglio prendermi cura di lui. Ho mandato avanti Norbert per predisporre ogni cosa per il nostro rientro."

Il conte guardò la figlia e sospirò mentalmente. Era come la sua defunta madre: nessuno poteva dirle cosa fare o con chi. Se aveva deciso che voleva Gisborne, William non poteva impedirglielo. Lanciò un'occhiata di sottecchi al cavaliere nerovestito. Forse non era l'uomo ideale che ogni padre sogna per la figlia, ma forse non era neppure il peggiore, nonostante la sua associazione al malvagio Vaisey. Annuì. "Va bene, figlia", disse. "Come desideri."

Accorgendosi di essere osservato da William, Guy si sentì a disagio e pensò che forse, dopotutto, non era una buona idea trascorrere la notte a Chetwood. Gli sembrava che il conte non fosse affatto entusiasta di averlo come ospite, così ponderò se non fosse il caso di annullare la cosa e tornare a Nottingham come aveva precedentemente deciso. Pertanto, quando Ada tornò da lui, si tese ed aspettò di udire cosa lei avesse da dirgli.

Ignara del disagio di Guy, Ada gli sorrise. "Ho disposto che preparino una camera per voi e avvisato la mia cameriera di predisporre le cose che mi serviranno. Mio padre è d'accordo di avervi come ospite stanotte. Mi prenderò cura di voi non appena saremo a Chetwood, poi ceneremo e riposeremo", il suo sorriso si allargò, diventando malizioso. "O forse no..." aggiunse a bassa voce, solo per lui.

Alle sue parole, Guy sollevò un sopracciglio, sbalordito, comprendendo il sottinteso. Era senza parole. Poteva davvero essere che Ada stesse suggerendo quello che lui stava pensando...? No, impossibile, era fuori questione... Assentì con prudenza e le sorrise, ancora una volta commosso dal modo in cui lei dimostrava quanto si preoccupasse per il suo benessere. Continuava a non osare ritenersene degno...

Infine, raggiunsero Chetwood Manor e smontarono dai cavalli. Entrarono, grati di potersi finalmente riposare: era stata una giornata campale per tutti.

Mary venne loro incontro nell'atrio. "Mia signora, è tutto pronto come da voi ordinato", annunciò ad Ada.

La contessa annuì, soddisfatta, poi si rivolse a William. "Padre, sei molto stanco: ho fatto preparare un bagno per te, poi vorrei che tu cenassi e andassi a riposare subito."

L'anziano conte doveva ammettere di sentirsi sfinito, più per lo scotto emotivo che stava pagando per l'apprensione provata in quella giornata che non per la stanchezza fisica. "Seguirò le tue indicazioni, figlia", disse, sorridendole teneramente. "Sei come tua madre: mi obblighi a prendermi cura di me."

Ada contraccambiò il sorriso del padre con eguale tenerezza e Guy pensò con nostalgia al proprio genitore, scomparso tanto tempo prima. A volte pensava che Vaisey avrebbe potuto sostituire la figura paterna che gli mancava, ma in tal caso, sarebbe stato un padre assai malvagio...

William prese congedo dalla figlia e dall'ospite con un cenno del capo e seguì il servitore che lo avrebbe assistito.

Ada si rivolse a Guy. "Sir Guy, ho fatto preparare un bagno anche per voi. Non avendo abiti di ricambio, i vostri saranno spazzolati e puliti per quanto possibile, poi potrete indossarli nuovamente. Dopo il bagno, vi prego di aspettarmi nel salone."

Il cavaliere le rivolse un sorrisetto divertito. "Ai vostri ordini, mia signora."

Lei ricambiò con un'occhiata ugualmente divertita. "Ordini da guaritrice, messere. E da amica", soggiunse, in tono tenero.

Il sorriso di Guy si addolcì. "Lo so."

OOO

Più tardi, ristorato dal bagno in una vasca piena d'acqua tiepida profumata di lavanda e menta, Guy attendeva Ada nel salone, davanti a un piccolo fuoco acceso nel caminetto nonostante la stagione estiva. Era sorpreso dall'effetto ad un tempo rilassante e rinvigorente del bagno: i muscoli non gli dolevano più per le lunghe ore trascorse legato a un albero, ed anzi aveva ritrovato le proprie forze, sia fisiche che mentali. Gli faceva un po' male il labbro ferito e la gabbia toracica dov'era stato colpito, ma non più di tanto. Ad ogni modo, era abituato ad affrontare ben di peggio.

Dopo essersi rinfrancata con il bagno, Ada era andata nel suo laboratorio erboristico, dove aveva prelevato quanto le occorreva per medicare le ferite di Guy. Recandosi al salone dove il cavaliere l'attendeva, era passata per la cucina per dare ordini relativi alla cena: William l'avrebbe ricevuta in camera propria, così da poter poi andare direttamente a letto, mentre per lei e per l'ospite sarebbe stata servita nel salone stesso, dopo che lei avesse finito di medicarlo.

Aprendo la porta della sala, Ada vide Guy in piedi davanti al caminetto, le braccia conserte mentre fissava le fiamme del piccolo fuoco. Non volendo spaventarlo sopraggiungendo alle sue spalle all'improvviso, si mosse facendo un po' di rumore, poi lo chiamò dolcemente. "Guy? Sono qui..."

Udendo dei fruscii dietro di sé e poi il proprio nome, pronunciato dall'amabile voce di Ada, Guy si voltò, accogliendola con un piccolo sorriso. Vedendo il vassoio che stava trasportando, carico di ampolle e bende, sollevò un sopracciglio. "Mia folletta, non c'è bisogno, davvero. Mi sento già molto meglio, dopo il bagno. Non devi preoccuparti."

Ada ridacchiò scuotendo il capo: uomini! pensò. Per loro, o non è niente anche se stanno morendo dissanguati, oppure si sentono morire con appena un po' di febbre... Tornò seria e, posato il vassoio sul tavolo, assunse la sua aria più severa. "Sta a me dirlo, Guy: sono io la guaritrice, qui", poi addolcì il tono e l'espressione, lasciando trasparire dagli occhi il suo amore per lui. "Ho bisogno di rassicurarmi che tu non sia ferito seriamente. Per favore, lasciami dare un'occhiata e prendermi cura di te."

Guy represse un sospiro, poi si accigliò. "Lasciarti dare un'occhiata? Vuoi che mi spogli qui davanti a te?"

Ada sollevò le sopracciglia, divertita. "Non sei il primo uomo che vedo svestito, Guy: sono una guaritrice, ricordi? Quando mi addestro con le mie guardie, gli incidenti capitano e sono io quella che si prende cura di botte e ferite. Pertanto, non essere inutilmente timido e togliti giacca e camicia, così posso controllare la tua gabbia toracica: Osbert ti ha colpito più volte e potresti aver qualche costola incrinata. E poi devo mettere dell'unguento sul tuo labbro", concluse, le mani sui fianchi, mentre gli rivolgeva un'occhiata incoraggiante.

Guy non poté fare a meno di sorridere al tono, insistente e allo stesso tempo gentile, della giovane donna. Anche se era ben più alto di lei, Ada sembrava risoluta e per niente intimidita, pertanto annuì e cominciò a slacciare i ganci della sua giacca, togliendola e rivelando la camicia di lino nero che portava sotto. Tolse anche quella e poi guardò Ada. "E adesso, come vuoi procedere, folletta?"

Ada aveva annuito con approvazione vedendolo cominciare a togliersi la giacca, ma quando si liberò anche della camicia, trattenne il fiato: sebbene avesse visto più di un torace maschile muscoloso, quello di Guy era particolarmente attraente ai suoi occhi. Il suo cuore mancò un battito; ebbe qualche difficoltà a rimanere impassibile come richiedeva il suo ruolo di guaritrice. "Aah... bene. Adesso devo comprimere un po' le tue costole per verificare che non siano incrinate. Rotte non penso, dato che non lamenti dolore, ma non si sa mai. Dimmi se ti fa male..."

Avvicinandosi, Ada stese lentamente la mano verso il suo petto, cercando disperatamente di non lasciarsi distrarre da quei pettorali ben sviluppati e da quei capezzoli tentatori...

Guy rimase perfettamente immobile mentre Ada si avvicinava; quando lo toccò, inclinò la testa di lato e trattenne il fiato, poi sobbalzò quando lei premette, non per un inesistente dolore, bensì a causa della vicinanza dei loro corpi. Erano stati anche più vicini di così, quando si baciavano stretti l'uno all'altra, ma finora entrambi erano stati vestiti di tutto punto, mentre adesso lui era seminudo... Un'ondata di calore lo pervase, un calore che non aveva niente a che vedere col minuscolo fuoco che ardeva nel caminetto, peraltro distante alcuni metri. Evitò di guardarla, temendo di perdere il controllo, ed attese che lei pronunciasse la sua diagnosi.

Ada mantenne un atteggiamento distaccato, ma era soltanto mera apparenza, perché dentro di lei infuriava una tempesta. In qualche modo, riuscì a finire di ispezionare le costole di Guy, accertando che non ci fossero incrinature; c'era solo un livido scuro appena sotto lo sterno. Sollevata, sorrise. "Eccellente, nessuna costola rotta", annunciò. Avrebbe volute rimanere per sempre così vicina a lui, ma per quello ci sarebbe stato tempo più tardi...

Si costrinse a scostarsi da lui; si avvicinò al tavolo e prese dal vassoio il vasetto con l'unguento di arnica. "Questo aiuterà a far guarire quel livido più in fretta", spiegò, tornando da Guy. Cominciò ad applicare il rimedio, massaggiando con delicatezza finché non fu completamente assorbito.

Mentre sentiva le dita di Ada sfiorarlo delicatamente per spalmare l'unguento, Guy cominciò a provare una sensazione di calore che non era soltanto fisica, perché proveniva da dentro di lui, dal profondo della sua anima. Allo stesso tempo, però, anche la pressione dentro i suoi pantaloni stava crescendo. Faticò a mantenere un'espressione neutra. Tutto quello che voleva era toglierle di mano quel vasetto e prenderla tra le braccia, ma invece chiuse gli occhi e si obbligò ad attendere che finisse.

Vedendo che Guy chiudeva gli occhi, evidentemente godendo del suo tocco, Ada sentì le farfalle nello stomaco e le gambe minacciare di piegarsi. Smaniava dalla voglia di gettargli le braccia al collo e baciarlo, ma la vista del suo labbro ferito la fermò. Non sanguinava più, ma la ferita poteva riaprirsi, se non adeguatamente trattata. Così, soppresse il suo desiderio ed arretrò. "Puoi rivestirti", gli disse, la voce leggermente roca.

Udendo il tono di Ada, Guy sospettò che, in realtà, lei avrebbe voluto dirgli l'esatto contrario. Sarebbe stato ben felice di accontentarla, ma non poteva esserne sicuro; e comunque, sarebbe stato molto inappropriato che si denudasse lì, dove tra poco sarebbero arrivati a servire la cena, secondo quanto gli aveva detto Ada... Così, afferrò la camicia e se la rimise.

Frattanto, Ada era tornata al tavolo e al vassoio con i rimedi. "Ora devo sistemarti la ferita sul labbro", annunciò, sforzandosi di parlare normalmente. Prese una pezzuola e la imbibì di aceto di mele. "Questo brucerà un po'", lo avvertì, tornando da lui, "ma devo lavare il taglio prima di applicare la pomata. So che sei abituato a cose peggiori", aggiunse, prevenendo una sua possibile protesta con un sorriso.

Guy non si mosse, ma un angolo della sua bocca si sollevò in un minuscolo sogghigno nel riconoscere le proprie parole. Quando Ada applicò il panno imbevuto d'aceto alla ferita, non trasalì neppure, nonostante la sensazione di bruciore ed il sapore sgradevole; ma aveva davvero patito di peggio – l'acido che gli aveva cancellato dal braccio il tatuaggio dei Cavalieri Neri, tanto per cominciare – e quindi sopportò senza lamentarsi.

Ada strofinò delicatamente il taglio, attenta a non causarne la riapertura, ma vide che era abbastanza ben rimarginato. Ad ogni modo, vi applicò una piccola quantità di balsamo, contenente mucillagine di altea, che avrebbe accelerato il processo di guarigione. "Fatto", annunciò, poi non riuscì a resistere ancora e depose un leggerissimo bacio sull'angolo rialzato della sua bocca. "Ora sei come nuovo, amor mio."

Felicemente sorpreso dal suo bacio, Guy si mosse per contraccambiare, ma lei fece un passo indietro e l'occasione fu persa. Con un sospiro che esprimeva desiderio frustrato, Guy prese la giacca e tornò a infilarsela. "Grazie, mia dolce folletta. E ora che si fa?"

Ada lo guardò inarcando un sopracciglio. "Si mangia!" dichiarò in tono ovvio, dandosi una pacca sullo stomaco. "Sto morendo di fame, tu no?"

Si diresse alla porta, l'aprì e chiamò. Poco dopo, arrivarono dei servitori portando vassoi carichi di stoviglie; prepararono rapidamente la tavola, e subito dopo comparve Mary con il cibo, mentre un altro servitore portava le bevande.

Ada sedette, mentre Guy, su suo invito, prendeva posto di fronte a lei. Non aveva veramente appetito, forse perché finora non ci aveva pensato, ma quando il profumo dell'arrosto di tacchino raggiunse le sue narici, sentì l'acquolina in bocca e s'accorse di avere una fame da lupi. Del resto, era dal mattino che non mangiava nulla, a parte il boccone di pane e salmone che aveva condiviso con Ada durante la loro merenda, prima che venissero attaccati e rapiti. Mangiò quindi di gusto, apprezzando la carne cotta in modo gustoso con erbe e spezie, e la verdura che l'accompagnava, nonché il pane fragrante e l'eccellente sidro secco con cui annaffiarono la cena. Poi fu servita una crostata di mele, pere e uvetta, che concluse degnamente il pasto.

Guy sollevò il calice colmo del sidro dolce che accompagnava la torta. "Brindo alla felice conclusione della nostra avventura di oggi", disse.

Ada afferrò il proprio bicchiere e lo accostò a quello del cavaliere. "Al lieto finale di questa giornata", rispose con un sorriso misterioso. "Anche se il meglio deve ancora venire..."

Guy inarcò un sopracciglio con aria interrogativa, ma lei finse di non accorgersene e bevve l'ultimo sorso, così lui l'imitò.

Infine, Ada si alzò ed altrettanto fece quindi Guy. "Ti accompagno alla tua camera", gli disse sorridendo ancora e facendogli cenno di seguirla.

Guy annuì, chiedendosi nuovamente cosa mai avesse inteso dicendo che il meglio doveva ancora venire. Che parlasse del riposo? Certo, si sentiva abbastanza stanco, e l'idea di posare la testa su un cuscino in un comodo letto lo allettava, ma guardandola camminare davanti a lui, i fianchi che ondeggiavano leggermente sotto l'abito verde che indossava, lo fece pensare a ben altro che dormire. Lei era tanto vicina che sarebbe stato facile afferrarle un polso, girarla ed attirarla tra le sue braccia, ma questo non lo poteva, non lo doveva fare...

Salirono le scale fino al piano superiore; Ada lo condusse lungo un corridoio, poi aprì una porta ed entrò nella camera che aveva fatto preparare per Guy. Era un ambiente confortevole, perfino lussuoso; il grande letto a baldacchino dalle cortine di velluto azzurro intenso e dai molti cuscini attirò subito lo sguardo del cavaliere. L'immagine di se stesso che vi giaceva in compagnia di Ada, nudi e avvinghiati nell'atto d'amore, gli passò davanti agli occhi ed involontariamente si girò a guardarla.

Ada si voltò per guardarlo a sua volta e lo trovò che la stava fissando con occhi ardenti. Vedendo lo sconfinato desiderio che esprimevano, si sentì immediatamente surriscaldare e non poté far altro che ricambiare con uno sguardo carico di uguale desiderio. Questo era il momento che aveva desiderato per tutta la sera: lei e Guy, insieme da soli... Estese una mano verso di lui in un gesto d'incoraggiamento. "Vuoi dormire subito...?" gli chiese a bassa voce.

La dolce luce delle candele esaltava la sua bellezza, pensò Guy, sentendosi stordito da quanto gli sembrava di capire dall'atteggiamento di Ada. Stava impazzendo dalla voglia di stringerla a sé e baciarla, e il suono della sua voce, arrochita da un desiderio che lui non osava ancora sperare reale, gli fece scorrere un fremito per tutto il corpo. "No, penso di non essere così tanto stanco, mia dolce folletta", dichiarò a voce altrettanto bassa e rauca.

Il sorriso di Ada si fece più ampio; non fece nulla per nascondere il suo desiderio per lui. "Lieta di sentirtelo dire, amor mio", mormorò. "In tal caso, forse possiamo prolungare il piacere della reciproca compagnia...", camminò rapidamente verso una piccola porta nella parete di sinistra e l'aprì, rivelando un'altra stanza, "...nella mia camera da letto...?" terminò, girandosi a guardarlo. Attese la sua risposta col fiato sospeso.

Quando Ada si era girata, allontanandosi da lui, Guy era rimasto alquanto deluso, giacché gli era sembrato di intravedere la possibilità di qualcosa di ben diverso; ma quando la vide aprire la porticina, che aveva creduto essere una sorta di armadio a muro, rimase attonito. Udendo la domanda fattagli da Ada, si sentì mancare il respiro. Gli sarebbe piaciuto correre da lei, prenderla tra le braccia e baciarla a perdifiato, poi sollevarla e trasportarla a letto per farle l'amore tutta la notte... ma il suo senso dell'onore fu più forte del pur travolgente desiderio che provava. Doveva pensare alla reputazione di Ada, e quindi si trattenne. "Mia signora..." cominciò, guardando altrove. No, così non funzionava. "Mia folletta, sono estremamente onorato dal tuo invito, sono innegabilmente tentato, ma non posso accettare. Non sarebbe corretto. Se qualcuno venisse a saperlo, la tua reputazione sarebbe irrevocabilmente rovinata. Il solo fatto di essere in questa camera da sola con me farebbe grandi danni. Credimi, non c'è niente che io desideri di più che tenerti tra le mie braccia, ma questo è impossibile..."

La preoccupazione di Guy riguardo alla sua reputazione commosse Ada, perché dimostrava che, nonostante la sua cattiva nomea, era un vero gentiluomo. A molti uomini non sarebbe importato un accidenti di niente della reputazione di una donna e avrebbero preso quello che lei gli offriva senza alcuna esitazione.

Superato il momento d'emozione, parlò fermamente. "Sono una donna libera, Guy", disse in tono dolce ma deciso. "Nessuno può dirmi cosa posso o non posso fare. Sono la padrona di me stessa, tanto quanto lo era mia madre. Se voglio donarmi a un uomo, lo faccio e nessuno ha il diritto di fermarmi. Io ti amo, e non c'è ragione migliore al mondo, per me, per invitarti nel mio letto. Oltretutto, nessuno saprà che abbiamo trascorso la notte insieme..." fece una pausa. "Ammesso che tu mi voglia quanto io voglio te..." concluse, realizzando improvvisamente che non poteva darlo per scontato.

Guy la guardò, sbalordito. Una gioia folle lo invase. Nessuna donna gli aveva mai parlato in quel modo e questo lo lasciava senza parole. Si avvicinò ad Ada, esitante, ed allungò una mano a prendere una delle due. Gli occhi fissi in quelli di lei, se la posò sul petto. "Mia folletta... Ada, amor mio, puoi sentire il mio cuore? Non dovrebbe esserci dubbio alcuno riguardo ai miei sentimenti per te, né su quanto io ti voglia..."

Le parole gli mancarono. Allora si sporse in avanti e chinò la testa per baciarla.

Ada sentì il cuore batterle forte nel petto. Era senza fiato per l'emozione. Sollevò la testa per andare incontro al bacio di Guy e le loro labbra si unirono. Cominciò dolcemente, gentilmente; poi divenne sempre più caldo e passionale. Allacciò le braccia attorno al suo collo e lui la strinse a sé mentre i loro corpi premevano l'uno contro l'altro, ricercando l'intimità che agognavano. Ada si sentiva girare la testa, il sangue che le ruggiva negli orecchi, mentre le loro lingue s'intrecciavano sensualmente. Gemettero di desiderio l'uno nella bocca dell'altra.

Quando separarono momentaneamente le loro labbra per riprendere fiato, Ada sorrise maliziosamente e con un calcio chiuse la porta comunicante alle loro spalle.

Sarebbe stata una lunga, bollente notte d'amore e passione.

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