Mal d'amore

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Mi bastò rientrare in casa per iniziare a capire che avevo fatto un grosso errore. Mi bloccai di fronte a mio padre che leggeva nello studiolo abbozzando un sermone. Lui nemmeno mi vide: iniziai solo a pensare cosa avrebbe detto di Dougal. In realtà Dougal era un bravo ragazzo , forse ogni tanto alzava un po' il gomito al pub in paese, ma era un gran lavoratore e una persona onesta , al contrario di me. Quel giorno non avevo fatto che mentirgli , dal primo momento fino all'ultimo. Non gli avevo detto del Quiddich, non gli avevo detto della scuola di Magia, non gli avevo detto che ero una strega! Lui non poteva affatto sposarmi! Abituata come ero a mentire a tutti in quel paesello non avevo fatto nemmeno caso al mio comportamento. Io avevo nel baule un biglietto di sola andata per Londra. Mi avrebbero assunto in un ufficio in cui dovevo valutare la condotta di persone che erano venute meno alle leggi del mondo magico e tra queste la prima era quella essenziale: "... è vietato a qualunque membro del mondo magico passare informazioni riguardo la propria natura o la propria comunità a qualunque membro dell'altro mondo. E' consentito fare utilizzo di magia o stregoneria in presenza di Babbani in situazioni di vita o di morte."

Mi rintanai nella mia camera. Milù guaiva davanti al finestrino cercando di spalancare la finestra per uscire. Le aprii un varco e la guardai sgattaiolare fuori: non potevo rivelargli la mia natura, ma se non l'avessi fatto, la mia vita sarebbe stata un'immensa bugia, come quella di mia madre . Il nostro rapporto sarebbe nato su un'illusione: io non potevo smettere di essere una strega, non ero come mia madre. Io avevo sudato sangue per essere la miglior strega del mio corso e per quanto amassi quel ragazzo o mi piacesse come mi faceva sentire, non potevo gettare tutto nel calderone così. Io sapevo già che la bacchetta mi sarebbe terribilmente mancata, che il lavoro al ministero mi sarebbe terribilmente mancato. Ero davvero disposta a nascondere tutto, a dimenticare chi ero, a gettare al vento tutti quegli anni di studi disperatissimi per fare la casalinga e la madre in una fattoria e aiutare mio marito con la vanga nel fienile?

Io ero una strega e un animagus iscritto in un registro del ministero, un'esperta di trasfigurazione. Non potevo far semplicemente finta di nulla. E se mi fossi trasformata in un gatto? Poteva succedere da un momento all'altro: la mia scorta di foglie di mandragole non era certo infinita! Mi lasciai andare sul letto disperata. Come avevo fatto a pensare di poter essere come tutte le altre? Io avevo scelto la magia e questa scelta aveva un prezzo. Non avevo mai pensato prima di allora che fosse così amaro da mandare giù quel calice, non c'era scritto in quei libretti che poteva andare tutto male, che nel mondo non sempre funzionava così. Tuttavia, quel libro era un romanzo, una finzione; la vita reale magica o babbana che fosse funzionava in modo diverso. Dougal meritava una donna che non gli mentisse, che potesse amare senza essere ingannato giorno dopo giorno, come succedeva anche a mio padre... saper leggere bene, in fondo non era così fondamentale.

Piansi per tre giorni, chiusi la porta a chiave e non facevo entrare nessuno, smisi anche di mangiare. La terza notte mi trasformai in gatto e svicolai fuori dalla finestra. Milù mi guardò perplessa , ma poi se ne tornò al calduccio sotto le coperte . Io corsi senza fiato nella brughiera tremando al vento freddo sotto quel cielo sporcato di stelle. Attraversai campi e siepi e continuai a correre finché non arrivai a poche iarde dalla fattoria di Dougal. Allora mi fermai affranta.

Non c'era alcun senso alla mia sofferenza. Sapevo cosa dovevo fare e per quanto male facesse capii quella notte che aspettare avrebbe solo peggiorato la situazione, portando Dougal a chiedersi come mai quel ripensamento. Non volevo seguire le orme di mia madre. Non ero pronta a distruggere la mia bacchetta per sempre. Tornai sui miei passi e mi trasformai tremante sotto le coperte del mio letto. Il giorno dopo quando mi alzai avevo preso la mia decisione e non intendevo più tornarci sopra. Feci una buona colazione stupendo mia madre e poi presi a passo deciso per la fattoria di Dougal. Sentivo mio padre recitare i vespri nel silenzio del mattino.

Mi fermai solo al limitare della proprietà aspettando che uscisse col bestiame. Se avessi violato lo statuto internazionale di segretezza avrei perso anche il lavoro al Ministero, quindi dovevo mentirgli, di nuovo. Il solo pensiero mi atterriva, ma non c'era altra soluzione. Mi fece un cenno di saluto, ma a fatica gli risposi. Credo capì all'istante che qualcosa non andava. Avrei forse potuto dare la colpa a mio padre o dire che ero già promessa a qualcun'altro, ma il mio cuore ne sarebbe morto e lui avrebbe insistito. Così gli dissi ciò che mi sembrò più indolore: la mia schiena era peggiorata e dovevo andare prima a Londra per fare altri accertamenti.

Ovviamente Dougal buono com'era mi chiese di accompagnarmi , ma io lo respinsi.

- Non puoi avere una moglie che non riesce a tenere una vanga in mano, non voglio essere un peso per te- dissi soltanto prima di scappare via. Quella frase fu l'unica vera e lo colpì, anche se non poteva capire fino in fondo il vero significato. Un peso era quello con cui mia madre aveva affossato la vita di mio padre, costretto a mentire, a nascondere i suoi figli. Se lo amavo davvero, non avevo il diritto di farlo.

 Perché non vi fossero dubbi raccontai la stessa storia anche ai miei genitori e presi un treno per Londra tre giorni più tardi. La schiena mi faceva molto male in quei giorni, su quello non mentii, ma c'era qualcosa di peggio: un vuoto che sentivo nell'anima. Come se avessi perso per sempre la mia possibilità di essere felice. Mi sentivo senza prospettive, mi muovevo per Londra come una condannata al patibolo. Ciò che avevo sempre sognato ora mi sembrava una tortura che dovevo sopportare per espiare il mio peccato: aver amato un babbano. Passai diversi giorni al San Mungo su insistenza di mamma preoccupata, poi mi dimisero: non c'era più nulla che potessero fare per me. D'altronde non esiste pozione per il mal d'amore.

Dougal mi scrisse diverse lettere, le ho conservate tutte, ma non ho mai risposto. Non volevo dargli false speranze. Io sono una strega, lo sono sempre stata e sempre lo sarei stata, se questo implicava non poter sposare un babbano, l'avrei accettato. Avrei amato la magia più di ogni altra cosa al mondo e in essa mi sarei applicata al massimo, giorno dopo giorno, per tentare di colmare un vuoto che ormai non era più colmabile.

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