Capitolo 1

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Presentazione

L'opera è un frutto di mia invenzione, come i personaggi che si muovono al suo interno.

Non è la copia di altre storie, Italiane o straniere. E i luoghi citati, come gli eventi, sono reali.

Detto questo, ci terrei a ringraziare di cuore la mia amica Emma, che studia a Parigi. Grazie a lei, che mi ha spronato a far vedere la luce a questa storia dove veramente sto dedicando tutta me stessa alla sua perfetta realizzazione, esattamente come faccio un po' con tutte.

"Modesty" si svolge nella città di Chicago, negli Stati Uniti, intorno agli inizi degli anni '70, gli anni dei nostri genitori o dei nostri nonni. Protagonista dell'intero romanzo è il tema dell'adolescenza, del ribellione e del voler prendere la propria strada, tematiche proibite per anni come quelli. Noi andremo proprio ad immergerci nella storia di una ragazza circondata sempre dalla preghiera e dal credo di Dio ma ne resterà stupita quando tutto ciò crollerà intorno a lei.

Genere: Storie d'amore, narrativa generale, romanzo rosa, psicologico.

Periodo: Anni '70.

Ambientazione: Chicago (Stati Uniti).

Nota: L'opera può presentare tematiche delicate, violenza e contenuti forti.

Un grazie in particolare a tutti coloro che mi hanno spronata affinché quest'opera vedesse la luce. Grazie, di cuore.

-Wolfqueens Roarlion.



Capitolo 1

La luce di quella Domenica mattina di fine Agosto le fece chiudere gli occhi. Tutte le Domeniche era la stessa storia, lo stesso rituale fatto ad opera d'arte. Ancora assonnata, dal suo letto, poteva sentire le voci di sua sorella e suo padre. La prima correva per il corridoio, sbattendo apposta il tallone sul legno del pavimento per svegliare i dormienti che non erano ancora pronti.

La messa della Domenica era un appuntamento dove i Colvin non mancavano mai, da generazioni ormai. Essendo poi la prima figlia femmina, sua sorella maggiore si sentiva in dovere di dover dare il buon esempio non solo davanti i loro occhi ma anche a quelli degli amici di famiglia che li conoscevano e che avevano amato Mrs. Colvin quando era ancora in vita. Morta quasi in silenzio, una mattina di Dicembre, senza lasciare un saluto, un abbraccio o un bacio.

A quel tempo, sua sorella le aveva detto che la loro amatissima madre era un angelo e che ogni Domenica ci aspettava in chiesa con le altre persone devote del posto. Loro non potevano vederla ma lei avrebbe visto loro e avrebbe sorriso. Ecco qual'era la storiella che le aveva rifilato la maggiore per convincere la minore a presenziare.

L'unico sollievo era il profumo di pane appena sfornato e il caloroso sorriso del suo amatissimo padre che si sedeva al tavolo per fare colazione. Sul viso i segni di una chiara età avanzata, che non aveva clemenza per nessuno. Dalla morte della moglie poi, avevano tutti l'impressione che fosse invecchiato maggiormente.

James Colvin era un uomo che si era fatto da solo, ogni centesimo guadagnato col sudore della sua fronte. Dopo la guerra, si era messo a vendere delle patatine fritte per le strade di Chicago, con la moglie ormai prossima al secondo ed ultimo parto. Avevano acquistato una casa in una zona tranquilla, almeno all'epoca, e dopo la malattia di Mrs. Colvin, un muro era crollato su di lui e quel sorriso caloroso con la quale salutava le sue figlie ogni mattina andava via via spegnendosi lentamente. Era triste pensare che un giorno tutti, prima o poi, si sarebbero spenti nel lungo sonno eterno della morte. Ma era, come diceva sempre sua sorella, qualcosa di inevitabile.

Quella mattina trasmettevano, sull'unica televisione della casa posta in cucina, le avventure di Rin Tin Tin. Programma preferito da Mr. Colvin fin dalla prima puntata, avvenuta verso gli inizi degli anni '50. Ciò che ne rimaneva dei giorni loro erano delle repliche per far conoscere all'attuale generazione uno dei tanti programmi statunitensi divenuto molto famoso. Sua sorella, Kara, ne era annoiata più che altro. Ciò che preferiva di più, dopo aver fatto i piatti e portato la spazzatura fuori, era stendersi sul suo letto, slegarsi i capelli e avventurarsi in uno dei tanti romanzi Harmony, un tempo appartenuti alla stessa Mrs. Colvin.

<< Edith, non trovo il cappellino della mamma. Per caso sai dov'è? >> La voce della sorella giungeva dal piano superiore, seguito dal rumore di cassetti che venivano aperti e chiusi violentemente.

<< Vedi nella cesta di vimini. >> Consigliò la bruna, seduta col padre ancora intenta nella sua colazione e lo sguardo concentrato sulla televisione.

<< Trovato! >> Tuonò trionfante la maggiore, scendendo in cucina già vestita. << Papà, non voglio perdermi neanche una parola di Don Long, possiamo andare? >> Chiese, infilando i guanti di pizzo bianchi alle mani.

<< Andiamo. >> Concordò il capo famiglia, alzandosi dal tavolo per prendere il suo cappello all'appendi abiti.

Edith lasciò il pezzo di pane con la marmellata già spalmata nel piatto, soffocando un sospiro sconsolato. Già vestita di nero pece e i capelli castani severamente inchiodati in una crocchia, tanto da sembrare un'educanda, raccolse il suo velo bianco e lo mise sul capo. Con il viso privo di qualsiasi trucco, dovette reprimere un'espressione annoiata.

<< Sono pronta. >>

Ciò che si vedeva fuori dalla sua casa era sempre la stessa strada, sempre i soliti visi, sempre le solite chiacchiere di corridoio riguardo le altre famiglie del quartiere. In particolare, quel mese, la chiacchiera succulenta era quella riguardante la famiglia Mureau, originaria di Parigi, Francia. La figlia era scappata dal matrimonio combinato che la ricca e facoltosa famiglia aveva in serbo per lei. Si diceva che fosse scappata con un uomo che si definiva "Lo zingaro" e che gestisse un Piper in uno dei distretti più facoltosi di Chicago. La città di notte si svegliava, come quelle leggende di vampiri che si raccontano gli amici per spaventarsi a vicenda. Di recente, aveva saputo, che in Transilvania, la gente, era solita attaccare alla propria porta dell'aglio alle proprie porte prima di addormentarsi. Quindi... quanto c'era di vero e quanto di falso?

Giunti alla Cattedrale del Santo Nome, Edith vide che c'erano già parecchie persone fuori le porte del sacro edificio. In particolare, tra persone di tarda età, poté vedere la figura longilinea e deliziosa della sua amica Corine Hamilton. Unica e vera amica sulla quale poteva realmente contare. L'unica che l'aveva aiutata dopo la morte della sua amata madre. Chiedendo il permesso alla sorella maggiore, Edith si allontanò a grandi passi per timore che Kara potesse richiamarla all'appello. Fortunatamente ciò non accadde e poté raggiungere Corine senza alcun problema. La bionda, nel vederla, l'accolse con un sorriso e un abbraccio.

<< Hai sentito le nuove voci del quartiere? Sembra che la notizia succulenta sia riguardante la famiglia Mureau. Oh, eccoli lì! >> Le annunciò lei, indicando poi una coppia che scendeva da una lussuosa macchina. Lei vestita di nero, cappello con una grande rosa al centro, circondato da piume e una collana di corallo rosa al collo. Anche Mr. Mureau vestiva tutto di nero. Spiccava, però, una cravatta rosso fuoco, simbolo del suo appartenere al partito Comunista.

<< Perché vestono di nero? >> Chiese innocentemente Edith, vedendo i signori passarle davanti e superarle senza guardarla. Non salutarono nessuno, a dire il vero, e avanzarono nella cattedrale.

<< Perché per loro, la figlia, è morta. Me l'ha detto mia madre. Ormai li ha disonorati. >> Le spiegò Corine, come se fosse la cosa più normale del mondo. E, in effetti, a quel tempo lo era.

Edith provò solo una gran pena ma non per i signori Mureau, ma per la figlia. Probabilmente quest'ultima non sapeva che, anche se fosse tornata, i genitori non volevano più vederla perché ormai non la reputavano più parte della famiglia.

Anche quando la funzione ebbe inizio, nessuno diede loro un cenno di saluto, come invece alcune volte succedeva. Don Robert Long, il vescovo della cattedrale, diede inizio alla messa con un sermone sulla nobiltà d'animo e, principalmente, sulla morale.

<< Il Signore accoglierà nelle sue braccia solo chi è veramente meritevole di esserlo. Non prendete esempio, dunque, da i soggetti della nostra società. Innumerevoli donne giacciono all'inferno, ora, per aver peccato nella loro vita terrena. Estirpate il male nella vostra famiglia, estirpate il demonio, e regnerà nuovamente la pace. Come solitamente dico sempre, nella storia, una sola Evita Perón ci è bastata e avanzata. La notte chiudete a chiave la porta delle stanze delle vostre figlie e il demonio non oserà bussare alla loro porta, giacché sarà come il sangue dell'agnello sulle porte degli ebrei, quando il Signore punì gli Egiziani politeisti. >>

Edith trovava quel discorso nauseante. Era incredibile che un servitore del Signore parlasse in quel modo. Ma nessuno osò dire nulla. Tutti tacevano chini sul loro libro di preghiere e in molti, a quelle parole, fecero un segno della croce, recitando più volte un Ave e Maria. Sua sorella compresa. Suo padre sembrava uno spettatore annoiato più che altro. Dopo che lo stesso Dio, alla quale andavano a omaggiare tutte le Domeniche a messa, gli aveva portato via la sua amata moglie, non aveva più creduto in niente ed ora ci andava giusto per compiacere la sua primogenita. Ma se doveva dire di credere in lui, la sua risposta sarebbe stata dura, secca, che non ammetteva repliche.

Evita Perón era stata solo una donna che ha avuto il coraggio di cambiare, un coraggio che poche donne, negli anni, avevano avuto. Restava una leggenda anche a distanza di così tanti anni dalla sua tragica morte.

Dopo la messa, la gente si riunì nel cortile della cattedrale per scambiarsi pareri pertinenti circa il sermone sulla morale recitato dal vescovo. Don Long, per molti, aveva fatto bene a dire quelle parole, specialmente in presenza dei signori Mureau, testimoni di un demone che aveva strappato la figlia dal loro cuore e dalla loro mente. Ma alla fine, Edith, si chiedeva se era davvero così. Se realmente un figlio veniva dimenticato così in poco tempo.

Sembrava che il vento volesse risponderle al posto di una delle tante voci del cortile, giacché le fece scivolare dal capo quel velo di pizzo bianco verso il cimitero adiacente. A lunghi passi, quasi rapidi, si addentrò nell'altro tratto di cortile e vicino ad una bara, il suo vele cadde a terra, sporcandosi un poco d'erba e bagnandosi di rugiada mattutina. Nel raccoglierlo, Edith si piegò. Ma anche se ci fosse stato un guardone nascosto tra le lapidi, non avrebbe potuto scorgere neanche le autoreggenti nere che indossava sotto la lunga gonna, quasi vestito, del suo abito. Nel farlo, però, non si sentì osservata ma nelle narici penetrò qualcos'altro. Un odore di lavanda e gelsomino mischiato insieme. Un odore così gradevole da farle chiudere gli occhi per un istante, sospirando rumorosamente.

Immaginò due cavalli, uno nero e uno bianco, rincorrersi lungo una prateria al calar della notte, dove il tramonto baciava le colline, colorandosi di un giallino pallido, mentre l'erba tendeva ad essere leggermente più scura. Proprio mentre il cavallo nero sbarrò la strada del cavallo bianco, sentì una mano ben curata sulla sua spalla.

<< Edith. >> La richiamò alla realtà la voce di Kara.

Si voltò, incontrando il suo volto interrogativo e confuso. << Mi era volato il velo. >> Spiegò brevemente la giovane, senza che nessuno glielo aveva chiesto.

<< Quante volte ti ho detto che non voglio che ti avventuri da sola? Anche per raccogliere un comunissimo velo di pizzo! E' pericoloso, ok?! >> La rimproverò ella.

Edith abbassò la testa, decisamente mortificata. << Scusa. >> Anche se non credeva che una cosa così banale potesse farle venire un diavolo per capello.

Kara sembrò rilassarsi. << Andiamo. Papà ci aspetta alla macchina. >>

E detto ciò, girò i tacchi e uscì dal cimitero, con quella piuma bianca del cappello che svolazzava ad ogni singolo movimento della persona e del vento. Non glielo aveva mai detto, ma Edith la trovava parecchio buffa con quel cappellino signorile, la faceva sembrare più vecchia di quanto non era e le procurava un aspetto serioso. Nessun buon pretendente si sarebbe avvicinato per chiederla in sposa. Ma come le ricordava sempre suo padre: << E' nata nel periodo della guerra. Un periodo che, nel bene o nel male, segna tutti. Grandi e piccoli. >> E per Kara Colvin era stato così.

Edith tornò alla macchina dal padre, ancora stordita per quella strana fragranza sentita prima. Salutò Corine, promettendole di arrivare a lezione l'indomani puntuale. Nel salire a bordo della modesta vettura, Edith guardò fuori dal finestrino per scorgere una figura avvolta in un trench nero e un capello Fedora grigio scuro. Volto coperto, impossibile da guardare, ma sembrava dare una busta a Don Long. Quando entrambe le figure sparirono dalla sua visuale non si fece più domande. Probabilmente, si disse, erano soldi da evolvere in beneficenza.



Wolf's note:

Eccomi qui con la mia nuova scommessa con me stessa: "Modesty."

L'idea del romanzo è nata con una amica... stavamo fantasticando ed io poi ho aggiunto un pizzico di fantasia e ne ho tirato fuori questo. Il primo capitolo è stato un prologo e una presentazione in generale della storia. Dal prossimo capitolo inizierà la vera "azione". 

Se il capitolo vi è piaciuto, lasciate un voto, mi farebbe piacere!;)

Un bacio, alla prossima!<3

Wolfqueens Roarlion.

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