29. Ficcanasare

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'Cause you are the only exception

Ero ancora sdraiata al letto, quando
sentii il cellulare vibrare e lo vidi illuminarsi. Lo presi e lessi sullo schermo del cellulare il nome di Gabriel, era un suo messaggio.

Guarda fuori dalla finestra, Liby

E senza essermi data una sistemata, né guardata allo specchio, andai alla vetrata e aprii prima le serrande poi la prima anta alla mia destra; ero nel panico, non sapevo cosa mi aspettava, non avevo mai ricevuto un messaggio del genere da lui.

Mi premetti i palmi delle mani sugli occhi una volta aperto l'infisso, un'aria gelida mi soffiò in viso, la pelle d'oca non fu così timida nel mostrarsi in fretta. Un brivido attraversò tutto il mio corpo, rendendomi più sveglia di quanto l'estetica potesse mostrare;

«Apri gli occhi, Liby! Guardami!» urlò lui dal piano terra. Gli diedi ascolto, perché in fondo di lui mi fidavo.

Spostai le mani e lo sguardo lo cercò subito e non fece difficoltà a trovarlo, perché teneva tra le mani una macchia gialla, dei fiori. Sorrisi perché non era da lui destabilizzarsi tanto, ma forse lo avevo in modo assoluto sottovalutato. Non lo conoscevo affatto e per me lui era una continua sorpresa.

Prese velocemente la macchinetta fotografica, tolse il coperchio dell'obiettivo e indirizzò l'apparecchio verso di me, premette il bottoncino e mi scattò una foto, mostrando tutto il mio sbigottimento.

«Be' che aspetti? Una città aspetta di essere visitata e non ho intenzione di parlarti ancora a lungo così, come se fossi Raperonzolo, i tuoi capelli non sono ancora tanto lunghi!» Si appoggiò a un albero e mi aspettò. Mi lavai al volo e mi infilai un maglione color del mare e un paio di jeans azzurri, calze in lana blu e stivaletti beige. Quando uscii dalla stanza, presi un respiro profondo e rumoroso; il cuore fece le capriole di gioia, salutai con la mano la donna gentile alla reception e andai fuori, attraversando la porta scorrevole in vetro. Lo vidi subito, mi mozzò il fiato, perché era ancora più bello di quanto ricordassi. Assottigliò leggermente gli occhi e sussurrò:

«Mi hai fatto attendere più del dovuto, la prossima volta ti vengo a prendere in camera con la forza!» Feci una risata soffocata e imbarazzata.

«Prima devi trovarla» asserisco con un ghigno. «Ti trovo sempre»

Aveva ragione.

Mi avvicinai a lui con un sorriso malizioso. «Scommetto che ti basta che faccia questo per farti passare la rabbia» dentro di me scodinzolai. Agganciai le braccia attorno al suo collo e lo attirai a me, il cuore mi rimbombò nel petto. Gabriel sorrise appena. Il suo fiato caldo mi investì. Si beò del dolce contatto.

The only exception - Paramore

And that was the day that I promised
I'd never sing of love if it does not exist

But darling you are the only exception
You are the only exception

E quello fu il giorno in cui io promisi che

non avrei mai cantato dell'amore

se non esiste

ma caro,
tu sei, l'unica eccezione
ma, tu, sei, l'unica eccezione

«E adesso apri le mani di fronte a te» affermò e così feci. Mi posò sui palmi un mazzolino di narcisi gialli, legati da un nastro azzurro. Sorrise, quel suo modo di guardarmi mi mozzava il respiro. Il cuore mi si gonfiò nel petto, mentre il mio stomaco andò in subbuglio. Mi ricordai di non aver fatto colazione. Quindi mi brontolò la pancia.

«Ho fame» asserrii, diventando rossa.

«Allora muoviamoci»; ma prima di dirigerci verso il quartiere di Mala Strana, mi posò le labbra sul collo, e, stampadomi un breve e languido bacio, sentii un formicolio nel bassoventre che mi fece colorare di rosso le guance, lui, al contrario, con un'espressione dolce sembrava non provare attrazione, non pareva nemmeno essersi eccitato. Mi tirò a sé e stringendomi la mano, mi fece strada verso la via Nerudova. Andammo a piedi, perché non distavamo tanto dalla destinazione. A metà tragitto, ci ritrovammo su un terrazzo dal quale si poteva vedere interamente Praga.

«Facciamoci fare una foto!» esclamò lui con l'adrenalina. Ci posizionammo davanti alla ringhiera nera in metallo e lui fermò un passante, facendo un cenno verso la macchinetta e chiedendogli cortesemente in inglese di potercene scattare una. Gabriel allungò il braccio dietro le mie spalle e fece aderire il mio corpo al suo. Guardammo nell'obiettivo e il nostro fotografo fece il conto alla rovescia per prepararci. «Three» «two» «Ready!» Mi cinse a sé ancora più saldamente, mi fece voltare il capo verso di lui e impresse le sue labbra sulle mie.

Scatto.

Rimanemmo così uniti per qualche secondo, finché il signore non gli riconsegnò l'apparecchio, Lo ringraziammo e salutammo. Poi in procinto di allontanarmi per continuare il percorso, lui mi tirò per la mano e lo fissai sprovvista, non lo capivo.

«Resta qui, con me...» mi sussurrò nell'orecchio. Dimenticai di avere fame; gli posai il palmo della mano destra sul petto e percepii un bussare talmente forte da avere la sensazione che la mano si muovesse al ritmo con il suo cuore. Avvicinò il viso lentamente al mio. Il mio cuore mi martellò come un tamburo.

E poi successe.

Mi alzai sulle punte per cercare di arrivare a guardarlo negli occhi; affondò le mani nei miei capelli e le nostre labbra si sfiorarono.

La mia bocca si dischiuse, la lingua già pronta ad accogliere la sua. E poi cominciarono a danzare lentamente e sensualmente, quando la sua entrò nella mia cavità orale con decisione e determinazione. La saliva rendeva i movimenti più fluidi, automatici. Era tutto stupendo, perfetto. Il profumo dei fiori che tenevo ancora in mano, mi punzecchiò il naso mescolato a quello che emanava Gabriel. Rimasi cieca per qualche secondo, immobile, mi ero innamorata di quegli odori.

Il sole invernale era alto in cielo e, una volta staccati, delle piccole nuvole bianche uscirono dalle nostre labbra.

Ci riavviamo per raggiungere una caffetteria, ne trovammo una all'inizio della tanto famosa via Nerudova. Ci sedemmo a un tavolino e ordinammo due colazioni miste abbondanti, accompagnate da due caffellatte con latte d'avena; arrivate le pietanze e le bevande, mi fiondai subito sul cibo, spalmai una fetta di pane con burro e marmellata ai frutti di bosco. Diedi un morso e lui guardandomi scoppiò in una fragorosa risata, prese la macchinetta e scattò un foto, non capendo affatto cosa ci fosse di tanto divertente. Prese un tovagliolo e me lo passò al lato sinistro della bocca.

«Ops...» Lo stomaco precipitò e il mio viso prese fuoco per la vergogna dalla quale venni sopraffatta.

«Avvicinati»

«Come? C'è un tavolo tra di noi!»

«Allungati sopra di esso, e io farò lo stesso»

Mi alzai in piedi e aspettai che Gabriel mi raggiungesse, avvicinò il suo naso al mio collo che fece solleticare la mia pelle. Poi avvicinò le labbra al punto in cui ero sporca poco prima e succhiò quel lato dolcemente, passandoci la lingua.

«Eccitante...» gli sussurrai all'orecchio maliziosa.

«Risediamoci» mi freddò all'istante.

Non riuscivo a comprenderlo, forse era un gioco per lui, uno pericoloso, che vuoi fare proprio perché tale. Lui richiedeva di perdere il controllo, voleva che lo desiderassi come lui mi bramava, per Gabriel non era il sesso che lo eccitava, ma quel gioco sghembo in cui avremmo fallito entrambi miseramente. Contro l'amore si perde sempre, non puoi ribellarti a esso, non puoi fuggire, nasconderti o scostarti, se sei il suo bersaglio, stai pur certo che ti colpirà in pieno.

E così tra noi si era creato un gioco di sguardi, di baci mancati, ci eravamo desiderati talmente tanto che quello era l'unico modo per sdrammatizzare quella cupidigia, che ci aveva resi ciechi.

Una volta tornata al mio posto, presi il cucchiaino e picchiettai sull'uovo sodo, scostai la punta e spolverai la pietanza di sale e pepe, poi ne presi un po' e poco prima di mettere in bocca la posata, lui me la rubò dalle mani e mangiò il poco di cibo su di esso. Lo guardai sbigottita, mentre aggrottavo le sopracciglia.

«È buono, sì, lo puoi mangiare»

«Grazie... non è velenoso, quindi?»

«No, assaggialo.»

Fece finta di sentirsi male, di essere sul punto di morire e io per un attimo gli credetti.

«Sei proprio pazzo.»

«Non sai che la gente matta è più simpatica?»

Anuii poco convinta.

Una volta finito di mangiare, lui pagò il conto e uscimmo dal locale a pancia piena.

Ci dirigemmo alla città vecchia per vedere il municipio e l'orologio astronomico tanto famoso.

Arrivati di fronte alla struttura aspettammo lo scoccare dell'ora e a quel punto da due finestrelle sulla torre comparvero delle statuette alternate dei dodici apostoli. A quel punto ci fiondammo al palazzo Kinsky, il più bel palazzo in stile rococò di Praga.

Prague - Blair Davie

If I could be anywhere then I

I would choose the anywhere that's by your side

Even if it's stormy out tonight

No one else could lift me up this high

Who needs planes to fly?



Se potessi essere ovunque allora io

Sceglierei il posto al tuo fianco

Anche se fuori c'è tempesta stasera

Nessun altro potrebbe sollevarmi così in alto

Chi ha bisogno degli aerei per volare?

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