33. Verità scomoda

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La gioia più grande
è quella che non era attesa

Sofocle

Fu tre settimane dopo che, il 10 gennaio, secondo il piano della pillola doveva venire il ciclo, ma non arrivò nessun sanguinamento, neanche nei giorni successivi, aspettai come si aspetta il primo giorno di scuola, con paura, ansia e speranza.

Non arrivò.

Decisi di fare un test di gravidanza, ma prendendo la pillola anticoncezionale, dubitavo fosse positivo; mi autoconvincevo per la paura insopportabile che provavo.

Non di nuovo! Non di nuovo! Urlavo dentro di me disperata.

Andai a comprarlo, nella farmacia vicino casa.

Chiesi alla commessa il prodotto, una donna sulla quarantina con un camice bianco lungo fino alle ginocchia, e mentre lei cercava la scatolina contenente l'oggetto della verità, io tenevo le mani strette a pugno lungo i fianchi, poi la donna la posò sul bancone.

Con mano tremante presi i soldi dal borsellino rosso in pelle e lasciai il denaro nella ciotola celeste in ceramica accanto alla cassa.
Salutai  e ringraziai,  con un cenno apparentemente indifferente e solido, mentre dentro di me ero un vulcano di emozioni indecifrabili.

Avevo lo stomaco sottosopra.

Espirai con forza l'aria che a stento usciva dai polmoni. Sentivo il cuore stretto in una morsa. Il mio petto si alzava e si abbassava a una frequenza sempre maggiore, stavo per avere un attacco di panico.

Le lacrime mi pizzicarono gli occhi. Corsi a casa, letteralmente.

Appena aprii la porta dell'appartamento, gettai il cappotto a terra all'ingresso e mi diressi velocemente in bagno.

Quando comparvero le due lineette che conoscevo già, il mio cuore perse un battito.

Ovvio.

Cazzo, pensai allo stremo.

Positivo.

Com'era possibile, perché?

Nuovamente.

Non potevo sopportarlo, non più. Non un'altra volta.

Poggiai il test a terra e mi torturai le mani, perché quella sensazione era insopportabile. Repressi un urlo spaventato.

Mi alzai e andai al lavandino, mi guardai allo specchio, avevo un aspetto orribile; aprii il rubinetto e raccolsi un po' d'acqua nelle mani chiuse a conca e le passai sul viso. Questa era fredda e punzecchiò la pelle, dandomi un po' di sollievo.

Osservai di nuovo il mio riflesso e con gli occhi parlai a me stessa, i pensieri si espressero senza voce. Stavolta non farò lo stesso errore, crescerà, avrà una vita felice, con me.

Adesso sarebbe stato diverso, avrei scelto io.

Buttai fuori l'aria dai polmoni con un enorme sforzo, ma cercai di regolare il respiro, tentando di calmarmi.

Andai a prendere subito il contenitore delle pillole per controllare che le avessi prese tutti i giorni ed ebbi la conferma; com'era possibile allora? E ora? 

Non ebbi scelta. 

Dovevo informare Gabriel e in quel frangente di secondo mi ricordai di quella sera in clinica in cui mi disse di non volere figli... quindi era così che sarebbe andata la storia: una donna senza partner incinta per la seconda volta e di nuovo abbandonata a se stessa. Mi venne da piangere. Grandi lacrimoni si riversarono sulle mie guance già arrossate.

Presi il cellulare e cercai il suo numero in rubrica; accarezzai il suo nome sul display e una lacrima cadde sullo schermo proprio in prossimità della G, la lettera iniziale di Gabriel. La chiamata partì e dopo cinque squilli, la sua voce metallica e calda fece capolino.

«Pronto Liby?» domandò lui

«Ciao...» asserii con tono pacato e tremolante, anche se dentro mi sentivo morire nell'anima.

«Ciao... è tutto ok?» replicò confuso.

Presi un respiro per calmare i singhiozzi.

«Cosa succede, Liberta?» chiese preoccupato.

«Sei tornato da Praga?» domandai, cambiando argomento quasi con disinvoltura.

«Sì, due settimane fa... adesso sono a Tubinga da mio padre.»

« Possiamo vederci?» chiesi allarmata.

«Torno domani.»

«Ti devo parlare, è molto importante» asserii, tenendo sotto controllo la voce.

«Se vuoi torno oggi, non ti sento affatto tranquilla. Devo preoccuparmi?» percepivo una nota di malinconia in lui, un tono sofferente, come percepisse il mio dolore e lo condividesse con me, senza conoscerne l'origine.

«No, vieni per cena domani sera a casa mia» affermai infine per concludere.

«Vuoi già accennarmi qualcosa?» provò a chiedere lui.
«No, domani Gabriel.» Rimasi ferma alle mie parole, senza vacillare.

SPAZIO AUTRICE

Ve lo aspettavate?

Cosa farà Liberta stavolta e come reagirà Gabriel alla notizia?
Scrivetelo nei commenti

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