05.🖤

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Taehyung

Era trascorsa un'intensa settimana per l'Accademia e il giorno dei provini era arrivato più in fretta di quanto io potessi immaginare. Il mio corpo sarebbe stato lì, tra quelle mura nonostante le avessi categorizzate "OFF LIMITS", ma la mia mente non sarebbe stata davvero presente. La sentivo urlare rimproveri prima ancora di aprire gli occhi.

"Sei un tale idiota"
"Stai andando a fare un bagno in acque che già sai essere velenose"
"E se qualcuno lì dentro ti riconosce? Non credo che paparino ne sarà felice"
"Non ce la farai mai"

Mi picchiettai un fianco affondando il viso sul cuscino. Non potevo rendermi di nuovo la vita un inferno, non consapevolmente almeno. Sarebbe stato un autosabotaggio con A maiuscola. Quale altra scelta avevo? Era come combattere un mostro di cui non ne conoscevo nè il nome, nè alcun punto debole. L'arma per porre fine a quel caos nella mia mente ero io.

Mio padre e Jin erano un'accoppiata ottimale, due leoni che non avrei osato sfidare. Forse era la paura di ricominciare da zero e rivivere vecchie emozioni a fermarmi? O il guardare lo stesso posto con gli stessi occhi di quando ero bambino? L'avrei mai superata? Mi sentivo come se stessi rimandando l'inevitabile. Mi sedetti sul bordo del letto, i muscoli intorpiditi e in tensione, e sferrai un calcio contro il comodino il più potente possibile con l'intento di avvertire il dolore e così fu. Sentivo bruciare la gamba sinistra. Mi morsi il labbro prima di alzarmi in piedi e guardarmi intorno spaesato e mi chiusi in bagno, senza fiatare. A quel punto mi infilai un paio di pantaloni di tuta neri e una felpa di un azzurro che mi ricordava vagamente due piccoli Jin e Jimin con lo zucchero filato in mano e mio padre dietro che gli scattava una fotografia più felice che mai. Mi apparve quell'immagine nitida nella mente e quella voglia di urlare, tornare a dormire e soffocare in un pianto disperato era più forte del solito.

« Ti odiavi così tanto già da allora » mormorai ad un certo punto, fissando il livido che si stava formando a lato del ginocchio, e poi scesi le scale sfregandomi gli occhi ancora assonnati. La famigliola felice era seduta compostamente a tavola, colazione sotto il naso e sorrisi raggianti nonostante non fossero neanche le sette del mattino.

« Buongiorno! Ti siedi con noi? Mi sono svegliato con l'intento di preparare la colazione ai miei bellissimi figli per iniziare la giornata con il piede giusto. Quindi vieni all'Accademia oggi? La notte ha portato consiglio? » mi fece così tante domande a raffica da deconcentrarmi. Erano tutti e tre perfettamente in ordine, in camicia e pantaloni, i capelli laccati con del gel e i volti riposati emanavano energie positive.

« Meglio di no, sto andando a fare una passeggiata nei dintorni. Vi raggiungo comunque »

« Sicuro? » intervennero Jin e Jimin in contemporanea, fissandomi come se fossi un alieno. Era forse l'abbigliamento o il fatto che stessi rifiutando la loro compagnia? Detestavo la mattina e il momento della colazione. Annuii e uscii di casa finalmente, immergendomi nella natura. Mi era venuta un'improvvisa voglia di correre, così iniziai ad ignorare tutto ciò che avevo intorno. C'eravamo solo io, il vento che soffiava sul mio viso e mi scompigliava alcune ciocche castana dalla fronte, e le lacrime amare che rigavano le guance fino a colarmi sul petto impregnato di sudore. Non mi resi neanche conto dell'ora e del fatto che stavo tirando troppo una corda poiché avvertii un senso di stanchezza surreale, quasi fossi sul punto di morte. Mi fermai e ripresi fiato, afferrando il cellulare dalla tasca. Cinque kilometri. Ero assetato e sul punto di vomitare. Entrai nel primo bar che trovai sulla strada, notando quanto fosse lontano da casa mia e dall'Accademia.

« Una bottiglietta d'acqua e un cornetto, grazie » ansimai. La ragazza dietro al bancone mi sorrise e si tolse il cappellino analizzandomi in modo accurato, ma io non dissi una sola parola. Il bar era un buco: c'erano tavolini e sedie, un piccolo divanetto in pelle tutto in sintonia sui toni del blu e del bianco. Sembrava una scacchiera vuota.

« Da portare via » sottolineai dopo averla vista afferrare un piatto. Evitai di incrociare il suo sguardo curioso e le chiesi gentilmente dove fosse il bagno. Avevo bisogno di sciaquarmi il viso, ma continuavo ad avere pensieri assurdi e non riuscii a controllare l'istinto di girare la manovella verso sinistra. Era bollente. C'era più vapore che altro. Bevvi dell'acqua dal rubinetto e mi tamponai il viso con un'asciugamano di carta, poco prima di sentire il rumore dello sciaquone. Notai le tre piccole porte bianche dietro di me e qualcuno girare la maniglia per uscire.

Era un ragazzo bassino, dai capelli ricciolini, vestito completamente di marrone: a partire dalle collane fino alle le scarpe. Non c'era nulla di fuori posto in lui. Cambiò radicalmente espressione dopo aver posato il suo sguardo sullo specchio al mio fianco e aver respirato l'aria di chi stava attraversando il deserto.

« Dovrebbe sciaquarsi il viso con acqua fredda per rinfrescarsi, non il contrario. Tutto bene? » mi chiese dolcemente in tono formale, piegando le labbra in un sorriso quasi forzato. Mi allontanai dal lavabo poggiando la schiena sulla parete, ma non esitai a pronunciare una sola parola.

« Forse è meglio che io torni di là, scusi » ma udii una seconda voce e sentii soffocare.

« Che fai ancora lì dentro? Ti avevo ordinato un caffè » sussultai nel vederlo per la seconda volta, dietro la porta. Jungkook fissò prima il suo evidente amico o accompagnatore, e poi la sua attenzione si fermò su di me, mentre un'ondata d'aria calda gli avvolse il viso.
Non ci fece molto caso, perché mi sorrise.

« Allora il destino esiste, ragazzo delle fate! »

« Vi conoscete? » l'amico fulminò con lo sguardo Jungkook, ed entrambi mi fecero sentire fuori posto. Ho sempre odiato rapportarmi con le persone, stare tra la gente e fingere di essere un ragazzo comune, ma era il mio unico modo per sopravvivere.

« No, ci siamo incontrati fuori dall'Accademia. Comunque lui è Yoongi » me lo presentò dolcemente e finalmente il ragazzo uscì dal bagno senza fare domande e continuare la conversazione, che invece era ciò che cui puntava Jungkook.
Ragazzo delle fate? Che diavolo di battuta era? Dovevo dire qualcosa? Uscire da quel bagno e tornare immediatamente a casa a cambiarmi?

« Tra meno di due ore iniziano i provini no? Meglio che vada, buona fortuna! » non alzai nemmeno gli occhi per guardare com'era vestito o come fosse alla luce del sole. Il motivo? Non volevo che lui facesse lo stesso con me, così mi incamminai verso la porta, esausto. Dovevo ancora prendere la colazione e capire come tornare a casa.

« Grazie, ma...non hai risposto alla mia domanda l'altro giorno. Ti dispiace? » avvertivo il suo sguardo addosso e il suono della sua voce invadermi i timpani.

« La risposta è no. È stata un'occasione rara il fatto che fossi lì. Per cosa fai i provini? »

« Pianoforte. Peccato comunque, avrei proprio bisogno di un autista » mi prese in giro ed isitai per un bel po' prima di  alzare lo sguardo su di lui, chiedendomi se fosse davvero reale. I capelli chiari appiccicati sulla fronte sudata e un sorriso che avrebbe potuto illuminare la caverna più buia. Da dove venivano quelle pulsazioni positive, quell'amore per la vita? Era un pianista, come lo era mio padre.

« NON SONO UN AUTISTA e non ho voglia di conversare con nessuno al momento. Torna pure dal tuo amico » mi strofinai una mano sul fianco sinistro a causa del nervosismo e corsi il più velocemente possibile fuori dal bar, dopo aver afferrato la mia colazione dal bancone.

« Era solo una stupida battuta, non c'era bisogno di aggredirmi. Hai un bellissimo viso comunque, se mi è permesso dirlo » mi urlò in lontananza. Cercai un posto isolato e mangiai con calma, ignorando le chiamate da mio padre e da Jimin.

Hai un bellissimo viso. Era un complimento? Un ragazzo del genere aveva fatto un complimento a me? Mi sdraiai sull'erba per più di quattro ore, troppo stanco per fare qualasiasi cosa. Il mio risveglio fu traumatico. Vestiti puliti, a casa mia, con Jimin che mi spalmava una crema sulla gamba.

« Mi hai fatto preoccupare! Ti ho cercato ovunque. Mi spieghi perché non hai risposto alle mie telefonate? E perché ricominci con queste cazzate? » non sapevo cosa dire, e in che modo giustificarmi per l'ennesima volta.

È Jimin, con lui puoi parlare di tutto. Ma parlare di queste cose non faceva proprio per me.

« È stato un- »

« Lo so che lo hai fatto di proposito, quindi smettila di rifilarmi queste scuse di merda » mi alzai in piedi e afferrai un pantalone di tuta.

« Per favore » aggiunse con calma.

« Ho parlato con un ragazzo e non- non volevo che mi guardasse, ma allo stesso tempo volevo divertirmi con lui » il mio ragionamento non aveva senso, ma Jimin annuì. Sapeva com'ero qualche anno fa e il perché smettere era la decisione migliore che potessi prendere.

« Troverai chi ti apprezzerà davvero, ne sono certo. Vieni in Accademia con me? Non mi va di lasciarti da solo qui. Non incontrerai nessuno, promesso. Voglio presentarti una persona »

Non potevo lasciarmi andare di nuovo.

Angolo autrice:
Sono tornata con un capitolo di passaggio, che è solo l'inizio di come una persona possa davvero stravolgerti la vita e renderti una persona migliore, tra alti e bassi.
A presto! <3

Ps: perdonate se ci sono errori o altro, ma revisionare tutti i capitoli appena finirò la storia, così da non perdere il ritmo.

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