12.🖤

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Jungkook

Soldi. Accademia. Taehyung.
Stavo impazzendo. Non riuscivo più a chiudere occhio, a non pensare a Taehyung e al fatto che mancavano dodici giorni al termine dell'iscrizione definitiva all'Accademia Kim. 288 ore. 17280 minuti. Passavo le notti a rigirarmi tra le coperte, coprirmi il viso e le orecchie con il cuscino, a cercare di addormentarmi con la musica nelle orecchie, ma non c'era verso.

Mi svegliavo sempre nel cuore della notte, in pre dal panico, e mi sedevo davanti al pianoforte a comporre musica. Era raro, che lo facessi, ma era l'unico modo che conoscevo per calmare i nervi. E mi piaceva da morire, scrivere canzoni e trovare l'incastro perfetto tra le note. Suonare era ciò che da sempre mi aveva fatto sentire vivo. Libero. Dove nessuno potesse raggiungermi, in un mondo che solo io conoscevo. Mi faceva bene al cuore, al corpo, alla mente. Quando mettevo le mani sul piano, tutto attorno a me scompariva. Ero nel mio rifugio, al sicuro da tutto e tutti. Amavo quella sensazione, soprattutto perché era una delle poche cose che nessuno poteva togliermi via. Vedevo l'alba tutte le mattine, e poi andavo a dormire con la luce del sole alta. Avevo parlato con Hoseok e Yoongi della serata passata con Taehyung, ed erano entrambi d'accordo che non era da me, il che era vero.

« Credi che abbia fatto qualcosa di sbagliato? Non riesco davvero a capire » dissi mentre tagliavo una fetta di ciambella al cioccolato mentre Hoseok preparava l'impasto dei pancakes.

Forse dovevo smetterla di pensarci. Dopotutto non lo avrei rivisto quindi era solo una perdita di tempo.

« Non è colpa tua. È pieno di gente strana in giro, e poi...qual è il problema? Puoi avere tutti i ragazzi che vuoi, se solo lo volessi. Perché non ti concedi una serata per divertirti, avanti! Stasera c'è una festa, ti voglio portare » mangiai senza neanche ascoltarlo. Parlare con lui non mi aiutava affatto. Dovevo pensare a come pagare la retta dell'Accademia, piuttosto. Avevo recuperato quasi un quarto dei soldi vendendo appunti su diversi esami del conservatorio a un bel po' di gente, per lo più amici dei miei ex compagni, ed ero stato in giro a vedere se stessero cercando personale in qualche ristorante, se pagavano per suonare qualcosa e intrattenere i clienti, ma non era andata così bene come avevo sperato. Erano troppi pochi giorni e I prezzi erano piuttosto bassi, perciò ero ancora in alto mare.

« Non mi convincerai mai, quindi mettiti l'anima in pace, grazie. Volevo solo cogliere la mia possibilità in quel momento, non di certo crearne di nuove » Hoseok mi guardò storto, per poi girarsi verso mia sorella, che si era appena svegliata.

« Convincerti a fare cosa? Che profumino! » si infilò una vestaglia e si sedette accanto a noi.

« Niente! »

« C'è una festa » Lo disse nel mio stesso attimo, sovrastando la mia voce, mentre lo fulminavo con lo sguardo dopo avergli toccato la gamba con il piede.

« Dove? Posso venirci anch'io? Hoseok ti prego, le mie amiche saranno entusiaste » sopportare mia sorella a volte mi sembrava una penitenza. Era così assillante e testarda, proprio come me, e quando si metteva qualcosa nella testa, nulla l'avrebbe fermata. Ma non questa volta. Quelle feste non erano adatte a delle sedicenni in calore, tantomeno con un accompagnatore come Hoseok, che l'avrebbe lasciata lì senza protezioni.

« Non se ne parla, sorellina. Perché non fai colazione e torni in camera tua? » lei mise il broncio e il mio migliore amico le sorrise, complice.

« Almeno senti cosa ho da dire, Kook. È una festa che potrebbe piacerti, dico sul serio, e potremmo portarla con noi » Scossi la testa. Non volevo ascoltare un'altra parola.

« Smettila »

« Io voglio saperne di più invece » quando faceva così mi irritava particolarmente. Aveva incrociato le braccia e indossava quel sorrisetto malizioso di chi avrebbe infranto le regole.

« È una festa privata, se così possiamo definirla. I Kim la organizzano due volte all'anno e Jimin è stato così gentile da invitare Yoongi, me e te. È un locale a meno di mezz'ora da qui e ci saranno anche tante dell'Accademia, il che potrebbe essere un ottimo pretesto per conoscere nuova gente e poi...gira voce che anche Kim Namjoon sarà lì » mi girai di scatto verso la sua direzione, incredulo dalle parole che aveva appena sparato.

Festa privata. Kim. Namjoon, tra i ballerini più bravi e dotati dell'Accademia, sempre accompagnato dai pianisti più acclamati del tempo, sarebbe stato lì.

« Sei serio? Come ha fatto Yoongi a- » mia sorella era curiosa, confusa e al settimo cielo.

« Niente biglietto per te in ogni caso » la stuzzicai, senza smettere di lasciare occhiate a Hoseok.

« Posso richiederne uno anche per lei, sono sicuro che a Jimin non dispiacerà. Non devi per forza fare così, Jungkook. È solo una festa, ci sarà la musica, un po' di persone, ma nient altro. Nessuno ti obbligherà a bere, quindi non vedo il perché tu debba rifiutare. Io trovo che sia un'idea carina » certo, per lui queste cose erano quotidianità, ma io conoscevo l'andamento della serata. Sarei rimasto da solo in mezzo a tutta quella gente, a pentirmi di essere lì, com'era successo tante altre volte. In certi posti, ero decisamente il pesce fuor'acqua. La macchia che rovinava un quadro perfetto.

« Grazie per l'interessamento, ma passo » confermai, alzandomi dal tavolo per versarmi dell'acqua.

« Hai idea di che occasione ti stai perdendo? Namjoon sta cercando un pianista e tu potresti chiedere a Jimin di farti suonare lì domani. Hai una vaga idea di quanti soldi potresti guadagnare in una sola serata? » me lo mormorò a bassa voce, così che mia sorella non potesse sentirci. Non era del tutto una cattiva idea e i soldi mi servivano, ma se il prezzo era ricevere favoritismi da Jimin o chiunque altro, mi sarei tirato indietro. Le parole orgoglio e indipendenza erano nel mio dna, da sempre, e odiavo I favori. Mi facevano sentire in colpa e in debito per aver sfruttato la posizione dell'altra persona.

« I soldi non saranno un problema. C'è ancora tempo e- » fummo interrotti dallo spalancarsi della porta, e comparve davanti a noi la figura di mia madre, stracolma di buste fino al collo. Corsi immediatamente ad ad aiutarla.

« Grazie tesoro, non mi andava di fare più viaggi » aveva il fiatone e sembrava parecchio stanca. Poggiai tutto per terra e le passai un bicchiere d'acqua.

« Cos'è tutta questa roba? » chiese la minore, curiosa.

« Oh, vestiti di vostro padre. Me li ha spediti dato che ne ha l'armadio pieno » vestiti di mio padre. Mio padre. Aveva mandato dei vestiti dalla Svizzera perchè ne aveva troppi? Evitai di commentare e diedi un'occhiata veloce. Erano tutti firmati, alcuni nuovi di zecca, di ogni modello e colore. Camicie, pantaloni, cravatte, calze, scarpe, addirittura completi e gemelli.

« E questa? » dall'altra parte della cucina, riconobbi quel simbolo. L'Accademia.

« Quasi dimenticavo. È per te Jungkook, ho incontrato il corriere poco fa e me l'ha consegnato » spiegò velocemente, mentre mia sorella scattava il mio pacco. Iniziai a tremare, non appena alzò il coperchio della scatola rossa, che conteneva le divise ufficiali. Con il mio nome. Tutto completo.

« È splendida » Ero decisamente su un altro pianeta, i miei occhi mi stavano ingannando, o avevo dimenticato come si respirasse, perché alla vista di quella scatola avevo trattenuto il respiro così a lungo da iniziare a tossire e il petto si era riempito d'aria e il cuore iniziò a battere così velocemente che mi sembrava avessi corso per chilometri.

Ero sicuro di averlo letto: le divise verranno consegnate non prima di due giorni dall'inizio delle lezioni. Sperai di averlo immaginato, ma la mia memoria fotografica mi stava mostrando l'esatta posizione in cui era scritta quella frase, nel foglio che avevo firmato all'Accademia.

Magari si sono sbagliati.

Ma quando vidi mia sorella afferrare la busta infilata sotto tutta quella carta utilizzata per proteggere gli indumenti dalla polvere, scattai in piedi come mi avessero fulminato e gliela strappai dalle mani.

« Jungkook! » la voce di mia madre era così lontana, e a me sembrava di non avere i piedi per terra, ma di star galleggiando in mezzo al nulla, inghiottito da un buco nero.

Le lezioni inizieranno lunedì. Lo lessi così tante volte, guardando l'altro foglio ripiegato all'interno. Due giorni. Non era possibile. Non poteva esserlo. Meno di quarantotto ore. Era uno scherzo, non- ingoiai così tanta saliva e la mia bocca divenne secca, e incominciai a sudare freddo.

« Kook, va tutto bene? » la mano di Hoseok si posò sulla mia spalla ed io mi spaventai, e girai il capo verso di lui. Sembrava che fossi in uno stato di trance, catapultato in un incubo. Girai il foglio verso di lui, che mi guardò con gli stessi occhi con cui lo stavo guardando io. Disperazione e panico, e io in aggiunta, una voglia matta di urlare a squarciagola fino all'esaurimento della voce. Erano rari, i momenti in cui sentivo così: impotente, davanti a decisioni estreme, in cui avrei dovuto fare TUTTO il necessario per poter raggiungere il mio obiettivo pur di non rinunciarci.

« È troppo poco tempo per riuscire a racimolare il resto dei soldi. Ora che si fa? » ritornai a respirare regolarmente. Non dovevo entrare completamente nel panico o sarebbe arrivata la fine prima dell'inizio.

« Troverò una soluzione come ho sempre fatto. Lo sai » il sangue iniziò a ribollirmi nelle vene e spuntai quelle parole con cattiveria. Mio padre mi costretto ad essere così: calcolatore, diffidente, eccentrico, con un modo di pensare fuori dagli schemi.

« Hai forse nascosto un albero stracolmo di soldi e non me l'hai detto? » ironizzò il mio amico, nonostante la sua espressione mi parlasse più di quanto potessero fare le parole. "Credo sia arrivato il momento di chiedere quei soldi a tuo padre". Sapevo che lo stava pensando e non riusciva a dirlo ad alta voce a causa della mia reazione. Sarei andato all'inferno, camminato tra le fiamme, attraversato l'oceano a nuoto pur di non farlo.

« Credo proprio che andremo a quella festa » avevo già un piano, non tra i migliori, ma piuttosto fattibile. Avrei stampato almeno altre dieci copie di appunti, suonato in quel locale o servito i tavoli in un altro e, guardandomi intorno, qualcosa catturrò la mia attenzione. I vestiti di mio padre. Quale idea migliore se non di venderli? Non solo avrei avuto un bel po' di soldi, ma avrei potuto vederlo su tutte le furie, se mai sarebbe passato qui a Seoul.

« Tu? Ne sei sicuro? Sto parlando con Jungkook o è un sogno? Che mi dici di tua sorella? »

« Immagino che il proverbio "a mali estremi, estremi rimedi" sia proprio ciò che dovrei mettere in pratica ora. Lei non viene » passai il resto della mattinata con mia madre, a comporre altra musica, cercare dei brani adatti per la serata e a riposarmi finché non calò il sole e mia madre uscì di casa per andare a lavoro, seguita da mia sorella, che si sarebbe fatta accompagnare a casa di un'amica.

Passai più di un'ora a misurare tutti quei vistiti prima di trovare quello giusto. Dovevo essere un po' elegante del solito. Erano tutti decisamente troppo per me, non solo per il prezzo: alcuni mi stavano enormi, altri troppo appariscenti o lunghi, dai colori troppo accesi o morti come il beige.

« Questo mi piace, anche se è un po' troppo appariscenti, forse? Diciamo solo che tuo padre ha degli ottimi gusti, ma per indossarli come si deve dovresti essere più alto e forse avere un fisico più impostato, non lo so » mi studiò attentamente come se fossimo in un negozio di moda. Odiavo vestirmi così. Non ero decisamente io. Mi guardai allo specchio e decisi che era l'opzione giusta. Erano quasi le undici ormai e non avevo altro tempo da perdere.

Indossavo un completo di un rosso non troppo acceso, ma che non passava inosservato. Il pantalone era morbido e caldo e mi stava leggermente largo ai fianchi, ma dato che il tessuto non toccava per terra e mi piaceva come fasciava le gambe, optai per una cintura nera e sottile e sistemai il tutto con una camicia bianca infilata con grazie all'interno e abbottonata fino al collo, delle scarpe abbastanza semplici e la giacca abbinata al sotto.

« Possiamo andare o vuoi pensarci ancora? » mi sistemai i capelli con una goccia di gel e seguii Hoseok verso l'uscita di casa, senza dimenticare le chiavi. Non ero sicuro a che ora sarei tornato, dato che erano già quasi le undici.

« Perché non hai misurato anche la divisa? Per vedere come ti sta » mi chiese mentre scendavamo le scale, pensieroso.

« Ancora non mi appartiene » e ci limitammo a stare in silenzio fino all'arrivo. Mi stavo quasi per addormentare nonostante la radio fosse accesa. Sentivo la macchina muoversi, ma avevo gli occhi chiusi e la testa poggiata lateralmente sul finestrino. Mi svegliai di soprassalto dopo più di mezz'ora, non appena udii gridi, clacson, e una luce accecante mi attraversò il viso.

« Ben svegliato e grazie per l'ottima compagnia durante il viaggio. Ti chiamerò sicuramente la prossima volta, è stato molto divertente » sbadigliai e strinsi le spalle, assonnato e soprattutto nervoso, guardandomi intorno. Una festa privata dicevano, ma da dove usciva tutta quella gente?

Volevo semplicemente tornare a casa. Odiavo le feste, la troppa folla, l'odore nauseante dell'alcool del fumo, la gente che rideva senza motivo, che barcollava e viveva la vita in quel modo. Mi sentivo fuori posto anche solamente a guardare.

« Non credo più che sia una buona, ti prego, andiamocene via » iniziai a lamentarmi, mentre Hoseok parcheggiata l'auto, che sicuramente non avrebbe utilizzato al suo ritorno, come faceva sempre.

« Non provare a fare il bambino adesso, Jungkook e scendi dall'auto, chiaro? Andiamo a cercare Yoongi » Mi aprì la portiera e sbuffai, arreso. Come diavolo avevo fatto a ridurmi così? Ad essere in quel posto? 'Locale' non era il nome particolarmente adatto a ciò che stavo vedendo. Era un palazzo a due piani, completamente di vetro, con LED arcobaleno attorno ad ogni finestra ed effetti ottici che mi fecero girare la testa. Sembrava che stesse piovendo colorata sull'edilizia, immerso nel buio. Era decisamente particolare da farmi incuriosire un po'.

Due bodyguard dall'aspetto torvo e impaziente erano appostati davanti alla porta, con in mano quelle che mi parvero le liste degli invitati da spuntare e un paio di timbri in mano. Non c'era nessun giardino che abbellisse il tutto. Era semplicemente in mezzo ad un parcheggio con un'insegna che non capivo, poiché era scritta in francese o chissà quale altra lingua, che indicava la direzione per entrare.

« Mi ha scritto Yoongi che è dentro insieme a Jimin, quindi possiamo metterci in fila ed entrare anche noi, immagino » era interminabile e lenta come una lumaca. Dio, quanto avrei voluto distendermi sul letto e non pensare ad altro.

Mi era difficile non guardare tutti con aria schifata: ragazze scollate e piene di trucco e uomini che le sbavavano dietro, per non parlare delle conversazioni stomachevoli che sentii.

« Ho visto Kim Namjoon entrare prima » Strillò una ragazza, guardando le amiche risistemarsi il trucco con fare emozionato.

« Non credo gli interessino le ragazze rifatte e senza personalità, sai? » avevano davvero la mia età? Sicuramente il cervello non era incluso.

« ah-ah, divertente. A proposito, guardate un po' chi è tornato » le tre amiche e un altro ragazzo si voltarono verso la macchina che si era appena fermata davanti alla fila di gente.

Giornata peggiore non mi poteva capitare. TAEHYUNG. Chi lo aveva inviato qui? Stava bettibeccando con una donna, seduta al lato del conducente, e sembrava essere in totale disaccordo con le sue parole. Non fui certo che fosse lui finché non lo vidi sbattere violentemente la portiera, ma anche in quel caso non mi sembrò reale ciò che i miei occhi stavano guardando.

Le quattro volte in cui l'avevo incontrato precedentemente scomparvero dalla mia memoria, a quella vista, tanto da farmi spalancare gli occhi per la sorpresa. Era decisamente un'altra versione di Taehyung, completamente opposta a quella che pensavo di star iniziando a conoscere. Dov'erano finiti i vestiti larghi, l'espressione cupa e spenta? Evitai di guardarlo e fui attirato da qualcun altro.

Una ragazza passò in mezzo a me e Hoseok, urtandomi bruscamente con la con la spalla e superando più dei tre quarti della fila.

« Ti ho fatto male? Perdonami » e quando mi girai per guardarla, perdendo per qualche minuto la lucidità mentale. I capelli sciolti come onde del mare con diverse ciocche azzurre legate in piccole treccine fermate da piccoli fermagli a forma di conchiglia decoravano un viso privo di ogni forma di trucco, ma ugualmente splendido, accompagnato da un sorriso mozzafiato. Tra tutte quelle presenti, era totalmente immersa in un mondo tutto suo. Un vestito a tubino pieno di strass argentati le arrivava fin sotto il ginocchio, accenduandole i fianchi e il bacino, e i tacchi a spillo non esageratamente alti slanciavano la sua figura e la facevano crescere un po' d'altezza, e una giacca del medesimo colore era poggiata attorno alle sue spalle come un manto. L'ultima cosa che notai fu che non indossava nessun tipo di accesorio, neanche la borsa. Stava sorridendo a Taehyung, che a sua volta la stava guardando, fin a che lei non si posizionò al suo fianco e...avevano appena superato la fila e quell'uomo non aveva detto nulla, e non li aveva neanche timbrati per entrare?

Ci fu un susseguirsi di borbottii, piccoli litigi di poco con i buttafuori e facce disperate e irritate, prima di riuscire finalmente ad entrare in quel maledetto locale. Ero scosso da ciò che era appena successo. Avevano timbrato tutti i presenti, tutti, ma no Taehyung. Com'era possibile? Che fosse amico di quei due o li avesse corrotti?

« Prego! » Hoseok gli passò i nostri biglietti e una semplice A accerchiata da un motivo floreale venne come stampata sui nostri polsi, prima di darci il benvenuto all'interno.

Dio, se solo non ci fosse quest'odore forte e nauseante sarebbe anche accettabile, pensai immediatamente, seguendo con le pupille la scia di persone che facevano avanti e indietro alla ricerca di un tavolo libero, e altre correvano verso il bancone ad ordinare i loro cocktail.

« Eccovi qui, finalmente! Jungkook » abbassai il capo per salutare cordialmente Jimin, elegante come al solito, accompagnato da Yoongi, un po' imbarazzato per la situazione. Non aveva ancora capito se stavano davvero insieme, ma mi sembravano davvero in sintonia. Dopo meno di quindici minuti il locale era pienissimo e la festa era iniziata ufficialmente. Musica pop ad altissimo volume che staccava staccava timpani, la pista occupata e camerieri troppo indaffarati anche solo per poter salutare. Mi estraniai dalla conversazione, completamente a disagio. Non avevo nulla da dire e iniziavo a pensare che venire in quel posto fosse stata una pessima idea. Inoltre , faceva anche un caldo da morire e fui costretto a togliermi la giacca, mentre fuori si congelava dal freddo e probabilmente aveva anche iniziato a piovere.

Lo rividi un'altra volta, seduto a un divanetto non troppo distante dal nostro tavolo, ma abbastanza da far in modo che lui non mi vedesse. Mi spostai lentamente verso Yoongi, per avere una visuale completa del suo tavolo. Circondato da quella stessa ragazza e un'altra stavano bevendo tranquillamente i loro miscugli colorati, come chiunque altro lì dentro. Mi chiesi se fosse la sua ragazza o un altro passatempo come lo ero stato io, mentre per la prima volta, potevo intravedere qualche dettaglio del suo corpo.

Sembrava che ogni indumento fosse stato preso su misura per lui. Gli calzava tutto a pennello: i pantaloni a sigaretta, una maglia bianca quasi del tutto impercettibile e un blazer addosso fasciava perfettamente le sue spalle e la braccia, ma avrei voluto che se lo sfilasse, a causa del tessuto troppo spesso.

« Tutto bene? Sembri assente » la voce di Jimin mi salvò da una marea di pensieri negativi.

« Sì, è che non amo particolarmente questo tipo di feste, ma è carino » Perfino la musica mi faceva salire la voglia di andarmene.

« Mi dispiace, dico davvero. Spero tu non ti sia sentito costretto, noi... » indicò Yoongi, che sorrise debolmente.

« Volevamo solo che passassi una buona serata. Tra un'oretta ti sentirai meglio, fidati di me. Ti facciamo suonare e avrai l'onore di intrattenere i clienti. Abbi solo un po' di pazienza, d'accordo? » sussultai. Suonare? Pensavo che fosse uno scherzo, insomma...io, suonare lì, davanti a tutta quella gente brilla e ubriaca, signori d'alta società? Davanti a Taehyung?

« Cosa?! » Quasi lo urlai, diventando lo stesso colore della giacca.

« Ci fidiamo si te, e ho parlato col proprietario. Lo conosco da tutta la vita ed è davvero lieto di poter sentire della musica dal vivo. Organizziamo pochissimo feste qui e Seokjin non c'è mai, come vedi. Chiamare una persona a caso non ci sembra dell'Accademia non ci ha mai ispirato così tanto, ma poi Yoongi mi ha detto che ti servivano dei soldi e che sei davvero bravo, ed io mi fido della sua parola. Potreste suonare insieme la prossima volta! » glielo aveva proposto Yoongi? Avrei dovuto anche suonare da solo? Sentii il mio corpo abbandonarsi all'agitazione non appena Yoongi mi spiegò insieme a Hoseok che avevano fatto ascoltare i miei brani al Signor Kim e a Namjoon, e che questi stessero per venire qui.

« Siete forse impazziti? » Perché l'avevano fatto? La mia musica, al signor Kim. La mia fottuta musica, santo cielo. Solo in quel frangente notai, guardando bene Jimin, che nemmeno lui aveva il timbro sul braccio, e la cosa mi incuriosì, ma non ebbi il tempo di elaborare alcun pensiero al riguardo, insulti verso i miei amici, poiché il figlio maggiore si alzò in piedi e salutò suo padre, che si sedette al nostro fianco insieme a Namjoon.

Yoongi e Hoseok sparirono come fantasmi e improvvisamente avevo nove anni e mio padre mi aveva abbandonato nel mezzo di una cena di lavoro con i suoi clienti, uscendo con la scusa di fumarsi una sigaretta, ma la verità era che non sarebbe più tornato il prendermi.

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