13.🖤

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Jungkook

Mio padre mi aveva fatto sentire così per anni, le poche volte in cui lo vedevo. Come se dovessi sempre cavarmela da solo e la sua presenza non costasse. Diceva che affrontare situazioni scomode fin da subito avrebbe aiutato in futuro, così mi portava con lui alle cene di lavoro, con l'unico scopo di farmi mangiare gratuitamente, e una volta pieno, se ne andava. Dopo qualche minuto di attesa la sua macchina scompariva dal parcheggio e puntualmente avrei dovuto arrangiarmi, chiacchierare con i suoi colleghi e sperare che uno di loro fosse così gentile da accompagnarmi a casa. Accadeva ogni santa volta, ed io ero costretto ad andarci perché a mia madre raccontava una versione dei fatti a cui lei credeva ciecamente.

"passare del tempo con tuo padre non può farti altro che bene. Viene qui per te e tua sorella e tu non ci vuoi stare?" mi rimproverava zittendomi, per poi chiudere la porta. Odiavo stare in mezzo a quella gente, suonare per impressionarli o forse li impietosivo soltanto, per uno stupido passaggio. Mi fingevo addirittura un loro figlio di qualcuno, così da permettere loro di vantarsi del mio talento. C'erano sempre dei tipo piuttosto strani, e furono loro a farmi mettere in pratica il "non fidarti di nessuno" che avevo sentito dalla bocca di mio padre. A tredici anni un uomo mi aveva offerto un bicchiere dal colorito giallastro, con aria innocente, e rifiutai.

"Non è alcolico, ti pare che offri qualcosa di forte a un ragazzino?" Ma il suo odore diceva il contrario, e poi lo avevo visto berne sei bicchieri pieni e non reggersi più in piedi, insieme a tutti i presenti, e la mia possibilità di tornare svanì nel nulla.

"Bevilo anche tu, magari ti toglierà questa faccia seria e ti lascerai andare un po'. Ti hanno mai detto che sei davvero carino?" Indietreggiai nel vedere due uomini e una donna avvicinarsi a me, chiusi gli occhi per un istante e poi corsi via il più lontano possibile da loro, scavalcando uno dei cancelli vicini. Era lì che avevo incontrato Yoongi per la prima volta fuori dal conservatorio, e da allora non ero più solo.

« È un piacere incontrarti, Jungkook. Ho avuto modo di ascoltare un paio di brani dalla tua playlist. Da quanto tempo componi? A proposito, serve che mi presenti? » decisamente no. Kim Namjoon, ventiquattro anni, primo ballerino dell'Accademia di danza classica e contemporanea, vincitore della coppia mondiale per due anni consecutivi, ora tra i professionisti e quasi insegnante. Difficile non conoscerlo: era spesso in prima pagina sul giornale ufficiale fin da quando era bambino e non si parlava d'altro. Accompagnato dai migliori musicisti, aveva sempre viaggiato molto, diffondendo la sua arte ovunque.

Ricordavo molte delle sue esibizioni, poiché le guardavo dalla televisione, mi piaceva tantissimo. Molti lo invidiavano, venerando come fosse stato inviato dal cielo per quanto fosse espressivo o preciso, ma io sapevo cosa c'era dietro quegli spettacoli. Non era solo talento, ma costanza, dedizione, disciplina, e soprattutto sacrificio, ore spese in una sala ad allenarsi piuttosto che uscire con gli amici, alimentazioni e sonno equilibrati, e molto altro.

Gli strinsi la mano imbarazzato, spostando lo sguardo da lui al Signor Kim e a suo figlio, col cuore che mi batteva impazzito. Ero davvero seduto allo stesso tavolo con loro tre? Namjoon dal vivo non cambiava affatto da come lo si vedeva sugli schermi: nessun filtro, a parte le luci sul palco. La clavicola sporgente, mascella ben definita, un sottile strato di barba attorno al mento e i capelli rasati color caffè con qualche riflesso violaceo che si notava a malapena, e l'orecchio abbellito da un piccolo orecchino a forma di mezza luna.

« Immagino non serva, la tua fama ti precede. In risposta alla tua domanda, non da molto, in realtà solo quando sono particolarmente ispirato e la maggior parte delle volte le tengo per me. Al conservatorio solo gli ultimi anni accettavano brani interamente prodotti dagli studenti » cercai di rimanere calmo. Il signor Kim mi stava guardando e la cosa mi muse sottopressione. Aveva l'espressione seria e severa, come se mi stesse analizzando, e non avevo ancora detto una parola.

« I vostri drink » Yoongi si avvicinò al nostro tavolo, con in mano due un vassoio e due tumbler alti di un verde acceso, che poggiò sulla superficie lucida, davanti a Jimin e Namjoon, per poi girarsi verso di me, con un'espressione preoccupata.

« Non volevo lasciarti da solo con loro, ma finire sotto la lente d'ingrandimento del padre della persona con cui mi sto 'frequentando' non era nei miei piani. Passo più tardi e resto nelle vicinanze, tranquillo » mi rassicurò, per poi sorridere cordialmente agli altri.

« Allora Jungkook, emozionato per la prima lezione lunedì? » volevo sparire da lì, prima di un esaurimento nervoso.

Benissimo, tanto da non vedere l'ora di perdermela, dato che mi mancava più del 60% della quota da versare.

« Il giusto. Tendo ad affrontare le situazioni quando mi si presentano, piuttosto che creare scenari mentali su come andrà » La mia voce tremava leggermente, ma cercai di tranquillizzarmi il più possibile.

« Non amo essere misterioso, per cui ammetto di aver passato un paio di ore a fare qualche ricerca su te, ed è anche il motivo per cui sono qui stasera. Ho un paio di curiosità, se per te non è un problema » le sue parole mi spiazzarono. Aveva fatto cosa? Ricerche su di ME? Lui? Probabilmente me lo stavo immaginando.

« Papà! » Il volto di Jimin assunse un'espressione severa e di rimprovero, ma che suo padre ignorò completamente. Era concentrato su di me.

« Nessun problema, credo » Mi sarei aspettato di tutto, ma non quella domanda e quelle affermazioni.

« Ho guardando un paio delle tue esibizioni dopo aver ascoltato il tuo brano al provino, e una in particolare ha attirato la mia attenzione. L'ho trovata nel profilo di un ragazzo, Dae-ho » deglutii. Era il mio ex fidanzato. Ci eravamo frequentati per tre mesi, anche se ci vedevamo raramente, e trascorso insieme tutta l'estate con altri amici, nel suo bungalow di famiglia. Una sera mi aveva chiesto di scrivere una canzone per lui, o in ogni caso che io cantassi, e dopo due settimane di lavoro l'avevo fatto. Pensavo avesse eliminato quel video, ma evidentemente era ancora in rete, se il signor Kim lo aveva visto.

« Suonavi e cantavi. Mi chiedevo se base e testo fossero tuoi » mi guardò con aria interessata, mentre Namjoon spinse il suo bicchiere verso di me.

« Ce lo dividiamo? » e inserii una seconda cannuccia nel liquido.

« Non bevo, grazie » e a quel punto ci fu il risvolto della serata. Il mezzo sorriso dell'uomo al mio fianco, accompagnato da una conversazione che sognavo di sostenere con qualcuno da quel giorno, ma ero certo sarebbe stato impossibile. Il testo era mio sì, ma la base l'avevo creata prendendo spunto da diversi brani di altri compositori ed era stata la cosa più difficile che avessi mai fatto, incastrare le note in modo da creare qualcosa di particolare e orecchiabile, che la mia voce non sovrastasse troppo.


Il signor Kim lo aveva notato e aveva addirittura indovinato qualche pezzo, per poi definire "Brillante" il mio lavoro e aggiungere che mia voce gli era piaciuta.

« Davvero promettente, dico sul serio. Quindi canti anche? » gli spiegai era stato solo un caso isolato e che non era nei miei piani, ma non ci credette. E poi iniziammo a parlare di storia, a scambiarci opinioni sui grandi classici e delle differenze con la musica moderna, e poi dell'Accademia, di come lui era entrato in quel mondo e del suo percorso prima di fondarla insieme ad altri membri della sua famiglia. Era la conversazione più piacevole e interessante che avessi mai avuto con qualcuno.

Mi ero innamorato del suo modo di parlare, della sua cultura, dei botta e risposta che davamo, e di tutte le cose di cui potevo parlare liberamente perché lui le conosceva perché parlavamo la stessa lingua. Tutto ciò di cui non potevo parlare con la mia famiglia quando tornavo a casan o chiunque altro a parte le ore di lezione in aula in cui altri intervenivano spesso e la mia voce sfumava tra tutte le altre. Era davvero troppo per me, sentirmi così a mio agio, come non lo ero mai stato prima, ed era così anche per lui. Non smettevamo di parlare, Jimin e Namjoon erano come scomparsi insieme all'atmosfera, alle persone intorno a noi e il tempo si era fermato.

« Hai davvero un'entusismo notevole e raro per essere in questa società e avere vent'anni, Jungkook. Se il tuo obiettivo di oggi era impressionarmi, ci sei riuscito in pieno. Che ne dici se rianimassimo questa serata? » non poteva essere reale. Lui mi trovava interessante e, mi stava per proporre qualcosa? Rianimare la serata. Plurale. Noi. Jimin ci guardò senza capire cosa stesse succedendo, proprio come me.

« Che ne dici se suoniamo a quattro mani? Un paio di anni fa composi un pezzo ma non ho mai avuto occasione di suonarlo con qualcuno » spalancai gli occhi per la sorpresa. Non mi sarei mai aspettato una richiesta del genere. Suonare con lui? Davanti a tutti? Rimasi senza parole, immobile davanti a lui, e non ebbi il tempo e la forza di rispondere o pensarci. Mi sorrise e si alzò in piedi, raggiungendo il bancone, ed io lanciai un'occhiata fugace a Jimin, poi a Yoongi, non troppo distante da noi e infine a Taehyung, che non si era mosso di un millimetro, mentre la ragazza si era posizionata più vicino al suo corpo, con l'espressione di chi a fine serata lo avrebbe portato in qualche camera da letto. Mi tolsi dalla mente quell'immagine.

« Era incluso nel vostro piano anche questo, Jimin? » dissi a bassa voce, alterandomi un po'.

« Ti giuro, non so cosa gli sia preso, davvero. Non è stata una mia idea » Lo lasciai spiegare, ma era tardi per discutere o altro. Non appena mi girai vidi tre uomini trasportare un pianoforte preso da chissà dove al centro della sala, gli invitati guardarsi intorno distratti.

"Che sta succedendo?"
"Da quando c'è musica dal vivo qui?"
"Il signor Kim suona stasera? Era previsto?"

E poi la musica venne spenta e fui al centro dell'attenzione, non solo per il vestito. Raggiunsi il pianoforte e mi sedetti davanti ad esso, con un groppo alla gola, mentre tutti ci fissavano e lui fece un discorso che neanche ascoltai, prima di affiancarmi, posizionando il suo cellulare al centro del pianoforte con dentro uno spartito.

"E quel ragazzo chi è?"
"Non l'ho mai visto prima d'ora"
"Sta per suonare con un suo studente? Da quando?"

Bisbiglii. Confusione. Impazienza. Li avvertii tutti insieme, e poi mi arrivò la sua voce nelle orecchie come fosse un pugno nel cuore.

« Scusa un secondo » Taehyung si alzò in piedi ed entrai nella sua visuale. Più serio che mai, avvolto nell'ombra, la carnagione chiara, le pupille dilatate, la camicia sbottonata sul collo e le mani in tasca.

« A te l'onore di lanciare la prima nota » le mie dita finirono sui tasti del piano e delicatamente iniziai a sfiorarli, scaricando tutta la tensione iniziale, mentre il silenzio si infittiva e centinaia di occhi erano puntati solo di noi. Il signor Kim aveva le dita più lunghe delle mie, una mano decisamente più curata, con qualche callo, e i suoi riflessi erano pronti e non aveva neanche bisogno di guardare in basso per individuare la nota. Sembrava conoscerle a memoria, tutte e ottantotto.

Era un pezzo piuttosto breve, a tratti scorrevole, privo di note troppo dolci e acute, una di quelle melodie che le emozioni le mischiava come fossero combinazioni di colori. Le mie mani si muovevano velocemente da una zona all'altra, in perfetta armonia con le sue, e fui sorpreso di come non avemmo nessun problema, la prima volta. Al termine del brano, seguirono parecchi applausi, sorrisi e incredulità da parte di tutti gli spettatori. E poi guardai Taehyung, mi sentii totalmente ispirato e mi venne voglia di suonare ancora, tanto da non riuscirmi ad alzare, a causa dell'imbarazzo. Respirai profondamente, cercando in tutti i modi di ignorarlo e mi rifugiai al piano di sotto, cercando di isolarmi da tutto quel fracasso e dal centro dell'attenzione.

Dio, erano quasi le due del mattino e i miei occhi iniziarono a chiudersi e sbadigliai. Ogni zona di quel locale era costituito da specchi, con i bordi circondati da led. Esaminare il mio viso stanco, i capelli umidicci che odoravano di fumo e la camicia sudata. Avevo dimenticato la giacca al tavolo, pensai. Mi lavai le mani e sentii il rumore dello sciaquone e un uomo alto, impostato, con un completo nero addosso e il braccio ricoperto da tatuaggi e gioielli uscì dalla porta, seguendo i miei movimenti.

« Ho avuto modo di ascoltarti prima, davvero bravo » commentò dal nulla, afferrando un'asciugamano di carta alla mia sinistra. Gli sorrisi cordialmente

« Che gentile, grazie. Ho ancora molto da imparare, ma me la cavo bene » lo vidi annuire e intento a conversare con me.

« Ti ho anche visto parlare molto con  Chang-Hee, prima. Purtroppo non me ne intendo di musica, Jungkook » marcò il mio nome con una voce alquanto graffiata e rauca, facendomi indietreggiare.

« Ma vorrei davvero sapere come avere la tua totale attenzione. È la prima volta che vieni qui? » non riuscivo a collegare le sue parole e lo guardai stranito.

« Non ho richieste particolari quando parlo con la gente, se le interessa davvero saperlo. Comunque sì, è la mia prima e ultima volta in questo locale. Ora mi scusi ma dovrei proprio tornare di sopra » cercai di dileguarmi, senza apparire scortese. Non mi piaceva trattare male la gente o rispondere con arroganza, quando si trattava di sconosciuti.

« Allora devo proprio approfittarne. Che ne dici se ti accompagno a casa o ancora meglio, se sali da me? Ho una villa non molto lontana da qui e tantissime camere da letto » non me lo stava proponendo davvero.

Temo proprio di sì, Jungkook. Non sembra neanche così tanto ubriaco.

Mi passava almeno quindici anni eppure la faceva sembrare una cosa normale.

« Devo proprio andare adesso » aprii la porta e alcuni ragazzi entrarono e la folla mi fece allontanare da lui per un paio di minuti, ma no feci in tempo a salire tutte le scale che me lo ritrovai dietro. Si passava la lingua fra i denti e il suo sguardo mi paralizzò tanto quanto le sue parole.

« Sono del tutto convinto che le tue dita sappiano fare ben altro che suonare un pianoforte. Duecentomila won ti bastano per un weekend insieme? » la mia bocca divenne secca, arida come un deserto, e pregai davvero che fosse uno scherzo, ma la sua mano finì sulla mia schiena ed io non riuscii a reagire.

Duecentomila won, per cosa?

« Tranquillo, sarà un divertimento, non una penitenza. Quei soldi possono esserti utili, no? Quando mi ricapiterà di rivederti, eh? Sei cresciuto bene, devo ammetterlo » il modo in cui cercava di convincermi mi faceva ribrezzo, e fu come se fossi stato catapultato in una delle case di quei colleghi di mio padre e..."Sei cresciuto bene" mi mise in allerta, fino a quando non mi confermò che fosse lo stesso uomo di sei anni fa, poichè aggiunse: "Ti hanno mai detto che sei davvero carino?"

Mi guardai intorno in cerca di Jimin, Yoongi, Hoseok, chiunque io conoscessi, ma era come se fossi da solo, in mezzi mezzo a tutte quelle persone che avrebbero solo peggiora la situazione attuale.

« Ho riconosciuto il vestito di tuo padre, e in più certi visi è difficile scordarli. Lui dov'è? Ho saputo che non ti ha più in carico. Evidentemente si era conto che aveva sbagliato a sposarsi una donna di basso rango. Tu vuoi elevarti, diventare uno studente della Kim, ed è per questo che la mia carità ti serve » mi lasciò dei baci umidi sul collo e mi scostai immediatamente, respirando a fatica, mentre elaboravo così tanti pensieri da non riuscirli a controllare.

« Levami le mani di dosso e sparisci dalla mia vista prima che faccia qualcosa di cui potrei pentirmi. Non ho bisogno della carità di nessuno, tantomeno la su- » lui non fermò, ma io non terminai la frase e corsi via come un fulmine non appena la vidi. Mia sorella, a pochi centrimentri da noi, ci stava osservando. La troppa gente non mi fece scorgere nessuno: Jimin, Yoongi o Hoseok, ma vidi Namjoon parlottare con un paio di ragazzi e lo fermai, col cuore in gola e il fiato cortissimo.

« Hai visto Jimin o il ragazzo che ti ha portato il cocktail prima? Ti prego, è urgente, erano insieme quando li ho visti » Ero visibilmente agitato e non riuscivo a scandire bene le parole.

« Stai bene? L'ultima volta che li ho visti erano vicino ai bagni, la seconda porta che vedi alla tua destra. C'è un po' di casino » mi informò rapidamente. Mi ci volle tanta concentrazione, ma alla fine individuai Yoongi e lo raggiunsi.

« Jungkook, ma dov'eri finito? Ti ho cercato ovunque e al telefono non rispondevi » la musica lo faceva urlare, e così feci anche io.

« Non ho tempo di spiegartelo, ma mia sorella è- »

« Qui » ecco, cosa stavo per dire.

Il tuo obiettivo ora è mantenere la calma, rilassarti e far finta che sia tutto normale, come al solito. Anche perché non è successo nulla davvero.

« Jang-Mi, ciao. Che cosa ci fai qui, è soprattutto, come sei entrata? » Yoongi cercò disperatamente di aiutarmi a gestirla.

« Dov'è finito il tuo NO categorico di stamattina, mh? Sei un bugiardo. Non volevi portarmi con te, e mi nascondi questo da settimane » Mi sbattè sul petto il foglio del pagamento dell'Accademia con così tanta violenza che non la riconobbi più. Guardai il suo vestito troppo scollato per una sedicenne, il trucco pesante e il tono duro con cui parlava.

« È solo una serata tra amici, non riesco a vedere quale sia il problema. Per il resto, non credo di doverti informare su tutto ciò che mi riguarda. È privacy, non hai il diritto di frugare tra le mie cose » fu come se avessi lanciato un'enorme bomba su di lei. Le vidi come un'aura addosso, cosparsa di fiamme e una rabbia così intensa che riuscì a passarla anche me.

« Privacy?! Hai detto alla mamma che era tutto apposto e che non ci dovevamo preoccupare di nulla! Hai idea di quanto fosse fiera e felice per te stamattina, quando ha visto la divisa?! NO CHE NON LO SAI, perché eri preoccupato ovviamente a pensare ad altro. Come recuperare tutti i soldi in una sera, ad esempio »

Tu non sei come lei, devi solo lasciar correre e non reagire alle provocazioni. Sei un locale, non a casa tua.

« Ci sono cose che se non le vivi non puoi capire. Parliamone a casa con calma, d'accordo? Non è il caso di discuterne ora. Ti racconto tutto se vuoi » nessuna delle mie parole l'avrebbe fermata, ormai. Era fuori di sè e non aveva il controllo di ciò che faceva o diceva.

« Non ho bisogno delle tue stronzate o storielle strappalacrime per capire come stanno le cose. Tu vuoi vivere oltre le tue possibilità, proprio come voleva fare nostra madre, e guarda che fine ha fatto. Hai raggiunto il primo tassello verso il successo, ma dimmi: in quanti letti dovrai passare in questi tre anni, eh? Sembra che tu debba cambiare mestiere, magari diventi anche più ricco » Sentii il mio cuore frantumarsi e lacrime amare insistevano per scendere sul mio viso mentre opponevo resistenza. Le aveva sputare dalla bocca come veleno, davanti a tutti presenti. Il silenzio mi mise i brividi e il sangue mi ribolliva nelle vene a tal punto di farmi esplodere.

Mi fissavano tutti con aria sconvolta, pronti ad etichettarmi. Jimin aveva sentito, suo padre, Namjoon, Yoongi e...Taehyung. Probabilmente anche quell'uomo, ora decisamente più propenso a non mollare. Come poteva davvero una sorella pensare certe cose? Io, che non avevo fatto altro che proteggerla da tutti, mostrandole solo il buono di nostro padre e non le avevo mai permesso di fare sacrifici troppo grandi per non traumatizzarla.

« Yoongi, ti prego portala a casa » la mia voce era spazzata e il mio viso bagnato. Dovevo uscire da quel posto immediatamente.

« Mi liquidi così, eh? Non hai neanche il coraggio di rispondermi? Adesso che fai, dormi a casa di quell'uomo e domani torni con in mano tutti i tuoi soldi? » Yoongi la trattenne dalle braccia, incammunandosi verso le scale, con lei che si dimenava. Respirai, mettendomi le mani tra i capelli. Avrei voluto strapparli e scomparire dalla faccia della Terra, ma improvvisamente non riuscii a fermare il mio istinto di rabbia, mi avvicinai al suo viso tirandole uno schiaffo in pieno viso, con tutta la forza che avevo nella mano.

Tutti rimasero senza fiato.

Se lo meritava, pensai. Aveva esagerato, e forse anch'io, ma era ciò che accadeva quando perdevo completamente la pazienza, e non era facile per uno come me, che sopportava tutto e chiudeva sempre di occhio per qualsiasi cosa.

« Ti passo a prendere subito, va bene? Magari dormi da me stanotte. Aspetta un mio messaggio » annuii alle parole di Yoongi e lo vidi uscire con mia sorella, la infilandola con forza in macchina e un vento gelido mi pervase il corpo, ma io non lo avvertii. Sentivo calore ovunque. Mi sedetti in un angolino del parcheggio isolandomi il più possibile dalla massa che aveva assistito a quella scena, e fu la prima volta dopo quattro anni, che mi misi a piangere.

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