²⁶. 𝘉𝘦𝘯𝘷𝘦𝘯𝘶𝘵𝘢

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– Svegliati. Sei convocata dal Leader – disse una voce poco lontana da lei.

Yae sentì quelle parole incunearsi tra i veli del proprio sogno. La ragazza che le aveva parlato posò una mano sulla sua spalla, e quella lieve pressione la aiutò a tornare alla realtà. Yae aprì gli occhi, trovandosi di fronte il viso color notte della sua coinquilina, e le sue strette treccine che si erano protese a solleticarle le guance.

Sgusciò fuori dalle coperte, cercando di non urtare alla rete del letto sopra al suo, come ormai aveva imparato a fare quasi per istinto.

– Grazie, Ann. Sarò pronta in cinque minuti – le rispose.

– Ne hai tre – disse la ragazza, uscendo dalla stanza con uno sguardo truce.

Yae si sollevò dal letto a castello, guardandosi attorno. Il vecchio orologio analogico inchiodato alla parete segnava le sette in punto.

Si avvicinò alla sedia dove stavano accasciati i vestiti che le erano stati prestati. Raccolse una felpa blu logora e un jeans più grande di qualche taglia, dispiegandoli sul materasso per togliere le grinze.

Nella stanza faceva abbastanza freddo, e Yae percepì un brivido accapponarle la pelle sulla schiena, non avrebbe saputo dire se per la temperatura o per il colloquio che avrebbe avuto da lì a poco.

Aveva parlato con il Leader solamente in occasione del proprio arrivo presso il Lethe, due mesi prima. L'ubicazione e la struttura del rifugio erano già bastate a lasciarla di stucco, ma mai sai sarebbe aspettata di incontrare immediatamente il leader del culto dei Risveglisti, Oliver Krassnerr.

Yae si era trovata completamente impreparata. Mikael, l'uomo che l'aveva accompagnata fino all'entrata del Lethe, non le era stato affatto d'aiuto. "Da qui in poi te la caverai da sola", le aveva detto. Un omone che, incredibilmente, non era più riuscita a ritrovare tra i cunicoli della roccaforte dei reietti.

Nonostante gli avesse anticipato che sarebbero state in due, Mikael non le aveva neanche chiesto come mai Eve non fosse con lei. Aveva semplicemente arraffato il proprio compenso ed era svanito nel nulla.

E così lei era stata affibbiata a un paio di donne, che l'avevano prontamente accompagnata dal Leader. A quanto pareva, Krassnerr era perfettamente consapevole di ogni cosa che accadeva sotto la propria giurisdizione, e ciò comprendeva anche i nuovi "arrivi".

Camminando verso quello che avevano definito l'"Ufficio", Yae aveva osservato attentamente le sue accompagnatrici. La più giovane, che si chiamava Ann, sembrava avere circa vent'anni e assolutamente nessuna voglia di aiutarla. Aveva continuato a rivolgerle sguardi ostili di sfuggita, credendo di non essere notata. La più anziana, Liese, le aveva invece riservato un sorriso gentile, iniziando a parlarle con confidenza.

– Devi scusare mia nipote. È sempre timida con le sconosciute, soprattutto se sono carine come te. –

– Nonna! – aveva risposto Ann, rivolgendo all'anziana uno sguardo risentito.

Liese aveva riso leggermente, mostrando una serie di rughe ai lati della bocca. Aveva una carnagione scura, come sua nipote, e una coltre di capelli grigi raccolti in grosse trecce disordinate.

Yae a un tratto aveva realizzato che sulla donna non sembravano esserci tracce del morbo di Met, nonostante paresse aver superato da tempo i settant'anni. Sapeva che alcuni dei fuoriusciti che si trovavano nel Lethe erano effettivamente anziani sui quali pendeva una condanna alla Conclusione, i quali si erano ribellati al Regime per non dover affrontare quell'"eutanasia dolce". Alcuni, evidentemente, preferivano divenire latitanti e morire per conto proprio, seppur deformati dal morbo. Ma per Yae il fatto che Liese non mostrasse alcun segno della malattia non aveva avuto alcun senso.

Quella volta, mentre stava procedendo a grandi falcate per tenere il passo delle sue accompagnatrici, era stata la donna stessa a intuire la domanda che lei aveva lasciato inespressa.

– Ti stai chiedendo come mai io non stia morendo, non è vero? –

Lei si era limitata ad annuire, vergognandosi dei propri interrogativi sin troppo palesi.

– Scoprirai che non tutto è come sembra –, aveva detto semplicemente Liese.

Yae non aveva avuto il coraggio di chiederle altro. L'ansia di dover parlare col Krassnerr da lì a poco l'aveva aiutata a tenersi i dubbi per sé.

Una volta arrivate di fronte all'uscio del Leader, Yae era stata lasciata sola. Aveva allungato una mano per bussare leggermente, salvo poi accorgersi che la porta fosse già aperta. Era sgattaiolata nell'Ufficio, rimanendo a fissare meravigliata l'interno della stanza.

Il pavimento era pieno sino al soffitto di vecchi giornali e libri impilati gli uni sugli altri, in torri dalla stabilità precaria che sembravano essere cristallizzate in quel modo da prima che lei nascesse. In fondo alla stanza aveva visto una grossa scrivania di mogano, con delle sedie vuote. Dietro di essa si stagliavano un centinaio di monitor vetusti collegati a svariate telecamere, che mostravano in tempo reale ogni dettaglio di ciò che stava accadendo fuori. Nell'angolo di uno schermo aveva scorto Liese e Ann allontanarsi lungo il corridoio che avevano appena percorso insieme.

L'aria in quella stanza sapeva di chiuso, e Yae si era accorta che non vi erano finestre che dessero verso l'esterno. Dopo un tempo che le era parso interminabile, aveva sentito qualcuno schiarirsi la voce. Si era girata di scatto: accanto all'entrata vi era un uomo con un grosso libro in mano, che con un sorriso cordiale aveva accompagnato la porta chiudendola dietro di sé. Yae si era chiesta inquietata da quanto la stesse osservando.

– Benvenuta. Accomodati pure – le aveva detto l'uomo, avviandosi verso la scrivania e sedendosi su una grossa poltrona marrone, che in alcuni punti mostrava il proprio interno di gommapiuma.

Il Leader sembrava avere non più di cinquant'anni. Una leggera barba gli punteggiava il viso, e degli occhi castani del colore dell'autunno la scrutavano con fare curioso. Dopo aver sentito parlare per anni del sovversivo Krassnerr, leader dei Risveglisti e pericoloso criminale, Yae si era stupita di quanto quell'uomo le fosse sembrato perfettamente normale.

Si era accasciata su una delle due sedie, comprimendo il proprio corpo fino a desiderare di sparire. Sapeva cosa il Leader le avrebbe chiesto, e aveva preparato da qualche tempo la propria menzogna, sperando che potesse risultare minimamente credibile.

– Allora. Yae Levin. È il tuo nome, vero? – le aveva domandato l'uomo.

Lei si era limitata ad annuire, senza stupirsi di come le informazioni su di lei gli fossero giunte con una rapidità disarmante.

– Come avrai intuito, io sono Oliver Krassnerr. Saprai che sono ampiamente ricercato dalla Chiesa del Giudizio, e che qui nel Lethe siamo per la maggior parte Risveglisti. –

Yae aveva annuito ancora, indovinando che non servisse una vera risposta.

– Bene. Come saprai, in questo posto chiunque non sia d'accordo col Regime è il benvenuto. Ci sono alcune persone che sono fuggite qui perché su di loro pendevano delle condanne, per reati veri o presunti. Ma ciò non deve spaventarti. Nonostante non vengano seguiti i dettami della Chiesa, qui non siamo dei selvaggi, o degli anarchici. Ogni persona ha un ruolo, e anche a te ne verrà assegnato uno. È l'unica condizione che imponiamo a chi viene qui, lo consideriamo un ringraziamento per l'accoglienza e la protezione. Non ci sono altre prescrizioni di tipo fisico, o ideologico. Nel caso in cui tu non volessi far parte del gruppo Risveglista nessuno ti dirà nulla. Posso garantirtelo personalmente. –

L'uomo aveva fatto una breve pausa, e lei aveva notato la sua espressione indurirsi leggermente.

– Hai conosciuto Liese e Ann, con le quali d'ora in poi condividerai la stanza. E poi Mikael, l'uomo che ti ha accompagnata qui. Su di te mi ha fornito informazioni frammentarie e incomplete. A questo proposito, vorrei correggere la mia affermazione di prima: c'è effettivamente qualcos'altro che imponiamo a chi si rifugia nel Lethe. Ed è la sincerità. –

Yae aveva sentito un brivido sul retro del collo, e si era stretta le mani in grembo. – Certo – era riuscita a rispondere, con un filo di voce.

– Bene. Allora te lo chiederò una sola volta. Perché sei qui? –

Krassnerr aveva preso a scrutarla con i suoi occhi color nocciola, spogliandola di ogni corazza. Lei aveva pensato di non essersi sentita tanto vulnerabile nemmeno quando era stata per la prima volta in presenza della dottoressa Iris Svart, o quando aveva dovuto tramortire il custode di Eve con il taser. Tutto ciò che indossava aveva raccontato una storia all'uomo, ancor prima che lei avesse potuto aprire bocca.

Aveva addosso un camice da laboratorio insanguinato fino ai gomiti. La sua guancia era colorata da un livido, che si era provocata cadendo per terra nella sua fuga rocambolesca verso l'esterno. La carta ID, con la quale aveva aperto il cancello in preda alla foga, le aveva scavato un solco nel palmo della mano tagliandoglielo in due. Nella tasca del camice conservava ancora il coltello col quale aveva provato a estrarre il dispositivo di rilevamento battito cardiaco dal braccio di Eve. Non aveva potuto disfarsi di nessuno di quei dettagli, che Krassnerr aveva già registrato di certo con estrema perizia.

Sentendolo farle quella radiografia, Yae aveva iniziato a parlare con una voce sommessa ma ferma.

– Sono fuggita via da un allevamento illegale. Si tratta di una struttura cofinanziata dal Regime, che fornisce carne animale per i pasti degli oligarchi vicini ad Abramizde. Io e la mia amica siamo state costrette a sopportare quell'orrore. Quando abbiamo espresso la volontà di abbandonare la produzione, i nostri capi ci hanno minacciate di Riforma Avanzata. E così abbiamo deciso di fuggire. Dopo molto tempo sono riuscita a contattare un fuoriuscito del Lethe, Mikael. Il giorno della fuga le guardie ci hanno ostacolate; io sono riuscita a divincolarmi, ma la mia amica è rimasta indietro. –

Yae aveva ripetuto ad alta voce le stesse parole che si era stampata nella mente, da quando le era stato comunicato che avrebbe parlato col Leader.

Krassnerr le era sembrato pensieroso, e lei si era sentita più rilassata dopo aver giustificato perlomeno tutto quel rosso che si ritrovava sul camice, spacciandolo per il sangue degli animali di un macello. In un certo senso il macello c'è stato, aveva pensato suo malgrado, ricordando le condizioni del braccio di Eve dopo che le aveva provocato quel taglio.

– Quindi sei qui per evitare una RA. Tu e la tua amica avreste potuto diventare Levatrici Spirituali. –

Yae aveva previsto anche quella frase, dunque si era affrettata a continuare a recitare il proprio copione.

– Noi non crediamo affatto al culto del Reset. Ci avrebbero scoperte e fatto comunque una RA. –

– Capisco. Neanche qui ci sono credenti – aveva risposto l'uomo, riflettendo in silenzio. – Però non ti farà piacere sapere che nel Lethe alleviamo animali da macello. –

Ecco, aveva pensato Yae, percependo una goccia di sudore freddo calcarle la fronte. Una variabile che non aveva previsto. A quelle parole aveva fatto uno sguardo sin troppo sconvolto, che per fortuna il Leader aveva interpretato come la conseguenza della paura di ritornare nel "mondo" dal quale era fuggita. Krassnerr, infatti, le aveva sorriso affabilmente, continuando a parlare.

– Ovviamente si tratta di pochissimi esemplari, tenuti nelle condizioni più umane possibili. Nessuno ti costringerà a occuparti di loro. Ho già un'altra mansione in mente per te. –

Yae si era rilassata un momento, rassicurata dal pensiero che nessuno l'avrebbe costretta a macellare un animale, scoprendo che non ne era assolutamente capace. Aveva visto solamente qualche video informativo durante le lezioni di Storia Ambientale finanziate dal Regime, ed era rimasta inorridita da come gli esseri umani potessero essersi spinti a tanto in passato.

Krassnerr si era poi lanciato a spiegarle qualcosa sulla struttura fisica del Lethe, sulla sua organizzazione produttiva, sulla composizione della sua popolazione e sul suo prossimo impiego.

"Sarai un soldato", le aveva detto, semplicemente. Come risposta al suo sguardo perplesso, lui si era limitato a dirle che avrebbe imparato tutto il necessario strada facendo.

Quando aveva posato le dita sulla maniglia della porta, dopo aver ricevuto una mappa olografica del Lethe, Yae lo aveva sentito porle un'ultima, tragica domanda.

– L'Incidente del Quadrante ha per caso qualcosa a che fare con la tua fuga? –

Era rimasta come pietrificata sullo stipite, girandosi leggermente verso di lui, il tempo di stirare la bocca in un sorriso fasullo. – Non ne so nulla. Sarà stata una coincidenza. –

Si era affrettata a chiudere la porta, lasciandosi quell'uomo alle spalle e chiedendosi se la stesse osservando ancora, usando una delle sue telecamere.

***

Yae si trovava di fronte alla stessa porta che aveva aperto due mesi prima. Aveva avuto l'occasione di vedere Krassnerr aggirarsi nella piazza principale del Lethe e nella zona del poligono, dove lei e gli altri ragazzi più giovani si allenavano a sparare per adempiere alla loro occupazione di soldati. In quelle settimane si era astenuta dal fare troppe domande, anche per seguire il consiglio di Liese. "Non fidarti di nessuno" le aveva detto la donna, e Yae si era chiesta se ciò includesse anche l'anziana stessa.

Tuttavia, aveva una miriade di interrogativi che la tormentavano, e che sentiva rimbombare nella gola a ogni minuto che passava. Perché ci state addestrando? Perché Liese e gli altri anziani non sono affetti dal morbo di Met? Perché qui c'è pieno di LaBo, e come avete fatto a sottrarli al Regime?

– Entra – sentì dire dall'interno della stanza. Yae si discostò dai propri pensieri, ed entrò senza farselo ripetere due volte.

Krassnerr era fresco e gioviale come sempre, e questa volta si fece trovare seduto alla scrivania. Yae recepì il suo segno che le indicava di accomodarsi, e si posò sulla sedia dell'ultima volta.

– Come procedono gli allenamenti? – le chiese l'uomo, sfogliando distrattamente un giornale pescato dalle pile infinite che riempivano la stanza.

– Non c'è male. Il capogruppo dice che sono un buon cecchino, e sto cercando di colmare le mie lacune nel corpo a corpo. –

– Ottimo, davvero ottimo. –

Stettero un po' in silenzio, e Yae fissò il proprio viso riflesso in uno degli schermi dietro alla schiena di Krassnerr. Notò che i suoi capelli tagliati a spazzola stavano crescendo, arrivando a lambirle la punta delle orecchie. Il suo sguardo sembrava più ferino del solito, e il mento si stava facendo più appuntito a causa della dieta proteica che il Leader aveva prescritto a tutti i cadetti.

– Ti ho convocata qui per farti un regalo – le disse l'uomo, a un tratto. – Ecco qua. –

Krassnerr tirò fuori da un cassetto della scrivania una carta ID le cui informazioni erano state raschiate, rendendola completamente illeggibile. Yae si chiese a chi fosse stata sottratta, anche se a un certo livello non avrebbe voluto scoprirlo.

– Mi è giunta voce che ti piacerebbe riuscire a contattare la tua amica rimasta all'allevamento. Così mi sono preso la libertà di procurarti una di queste. –

Yae pensò che l'unico a sapere che avrebbe voluto una carta ID per telefonare era Seth, il suo compagno di lotta corpo a corpo. "Non fidarti di nessuno", le risuonò in testa con la voce di Liese.

– Come ben sai, le ID sono nominative e collegate al dispositivo di rilevamento battito. Questa qui non ha più un possessore, ma può funzionare ancora sia come cellulare, che come sistema di pagamento. Consideralo un ringraziamento per l'aiuto che ci dai qui nel Rifugio. Ovviamente ti raccomando di uscire dall'area interna per effettuare qualsiasi tipo di comunicazione. –

Yae si affrettò ad annuire. – La ringrazio infinitamente – rispose, evitando di fargli notare come il desiderio di un cellulare fosse un qualcosa che non avrebbe dovuto giungere alle sue orecchie.

– Non c'è problema. E ora non ti rubo altro tempo, avrai sicuramente molto da fare. –

L'uomo le sorrise cordialmente e la accompagnò sino alla porta, aprendola per lei. Yae gli rivolse un'ultima occhiata, tenendo la sua nuova ID in mano. Se ne andò per la propria strada, ignara, senza riuscire a scorgere lo sguardo torvo che Oliver Krassnerr le stava incollando sulla schiena.

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