²⁷. 𝘔𝘦𝘴𝘴𝘢𝘨𝘨𝘦𝘳𝘰

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Si trovavano tutti e tre nella sala di controllo, osservando silenziosamente l'interno della Stanza Bianca da oltre il vetro. Il dottor Jonas, Hermes e lei.

La dottoressa Saryu Kumar guardò di sottecchi i propri colleghi, spiando la stanchezza dei loro occhi. Erano da poco passate le due di notte, eppure la dottoressa Iris Svart gli aveva incredibilmente ordinato di riunirsi nella cabina di controllo. Saryu non era stata particolarmente entusiasta di quell'idea, e quel sentimento sembrava esalare anche dai corpi degli altri assieme a lei.

Quando la comunicazione l'aveva destata, nel suo studio, Saryu si era alzata di scatto, sentendo un groppo in gola. Non si era stupita di sé stessa per essersi addormentata con la testa sui suoi ologrammi; d'altronde era una cosa che, negli ultimi tempi, accadeva sempre più spesso. Conciliare le sue mansioni da psicoterapeuta all'ospedale civile a quelle da membro del Progetto stava diventando sempre più difficile.

Si era affrettata a domare la propria treccia di capelli grigi chiudendola con un elastico, precipitandosi ad attendere la dottoressa Svart.

Ormai la stavano aspettando da una buona mezz'ora. Neanche guardare all'interno della Stanza Bianca le poteva dare un po' di intrattenimento: Eve dormiva ormai da un bel po', con tutte le luci spente. Ai piedi del suo letto dalle lenzuola candide si trovavano una miriade di fogli sparsi, riempiti con figure grottesche, paesaggi e volti umani incredibilmente realistici.

Qualche giorno prima Saryu aveva trovato Hermes a fissare immobile uno di quei ritratti, nella sala di controllo. Doveva averlo raccolto dal pavimento della Stanza Bianca mentre Eve era stata portata a lavarsi. Gli aveva chiesto di spiegargli quali fossero le sue perplessità, ma lui l'aveva ignorata quasi senza udirla, continuando a scrutare il foglio che aveva tra le mani.

Saryu si fermò a osservare nuovamente quel tappeto cartaceo di pagine dai mille tratti e colori, sui quali luccicavano tenui i fili collegati agli elettrodi di Eve. Da quando avevano interrotto le Riforme Avanzate, due mesi prima, monitorare i suoi sogni era diventato importante quanto monitorare la sua veglia.

Aveva provato forti sentimenti contrastanti, quando si era trovata ad applicare le appendici notturne a Eve per la prima volta. La ragazza si era lamentata che non sarebbe riuscita a voltarsi mentre dormiva, e lei non aveva saputo cosa risponderle, se non un flebile "è per il tuo bene".

Da qualche tempo a quella parte, però, non ne era più tanto sicura. La fuga di Yae l'aveva fatta vacillare più del previsto. L'unica persona che, all'interno del Progetto, sembrava nutrire i suoi stessi dubbi era proprio Hermes. Essendo ancora giovane,il fatto che avesse iniziato a provare dei dubbi era del tutto plausibile. Tuttavia, da qualche settimana, il ragazzo sembrava essersi chiuso in un silenzio impenetrabile, e non le comunicava più i suoi turbamenti come faceva una volta. Jonas, al contrario, continuava a svolgere le proprie mansioni come di consueto, quasi come se la situazione non l'avesse scosso più di tanto.

I pensieri di Saryu furono interrotti dalla repentina entrata della dottoressa Iris all'interno della sala di controllo. Sentì i colleghi irrigidirsi accanto a lei, e le proprie membra fare inconsapevolmente la stessa cosa.

La donna indossava il camice da laboratorio anche quella notte, al contrario di loro, che erano in abiti civili. La cosa mise Saryu piuttosto a disagio. Iris sembrava perfettamente vigile, e per l'ennesima volta si chiese se fosse davvero un essere umano.

– Buonasera a tutti. Mi scuso per avervi fatti svegliare a quest'ora tarda – disse Iris, senza che un brandello di quelle scuse trasparisse realmente dalle sue parole.

– Sedetevi – ordinò. I tre colleghi si adagiarono attorno al tavolo grigio che occupava il centro della sala, di fronte al tabellone dei comandi.

– Come sicuramente vi sarà stato detto, ho ricevuto un'altra telefonata dal Presidente – continuò. Saryu scorse un lampo di fastidio nei suoi occhi: sapeva che la dottoressa Svart odiava quell'uomo.

– Abramizde non è più disposto ad aspettare. Dice che nonostante negli ultimi due mesi la situazione sembri essersi calmata, ha ricevuto varie segnalazioni di gruppi ribelli di Risveglisti e di Disallineati che tramano un qualche tipo di azione ai danni del Regime. Sono sparite diverse armi da un deposito di munizioni in una caserma dei Sorveglianti, e ci sono addirittura delle nascenti associazioni di LaBo. –

Iris fece una pausa, indurendo la mascella.

– È per questi motivi che mi ha chiesto di velocizzare il processo, e di avviare la fase successiva utilizzando "la ragazza così com'è" – riportò disgustata. Il suo disprezzo nei confronti del Presidente ormai era palese, e Saryu comprese come mai la donna avesse convocato solo loro, i membri iniziali del Progetto, senza fare una riunione generale dell'intero Laboratorio, che avrebbe compreso anche i due scienziati membri della Chiesa.

– Tutti voi sapete quanto sia importante che, prima di coinvolgere anche il Secondo Elemento, Eve sia in perfette condizioni psico-fisiche. E non è questo il caso. Negli ultimi due mesi abbiamo recuperato molto, ma non è ancora del tutto stabile. – Iris sospirò leggermente.

– Tuttavia, Abramizde mi ha dato un ultimatum, e l'alternativa sembrerebbe essere la completa cancellazione del Progetto e la nostra rimozione dalle sue dinamiche. E questo io non posso assolutamente permetterlo. Quindi non ci resta che accelerare. –

– Che significa? – chiese Hermes. A Saryu sembrò che la sua voce fosse leggermente stridula.

– Significa che abbiamo un paio di settimane prima della Fase Due. –

Tutti ammutolirono. Nella sala di controllo non si sentì altro che il suono dei loro cuori battere all'impazzata.

– Ho bisogno di più tempo – disse Hermes. Iris sembrò ignorarlo crudelmente.

Saryu cercò di dargli manforte. – È vero, serve più cautela. Evie non è ancora pronta. –

Persino Jonas protestò, aggiustandosi i sottili occhiali sul naso. – Iris, questa è una follia, e lo sai. –

La dottoressa Svart sembrò comprimere un lampo furente in fondo ai propri occhi scuri, ma si rivolse a tutti loro con estrema calma.

– O così, o abbiamo chiuso. Non dipende da me. Per quanto mi riguarda, se avessi tra le mani la spia che un paio di anni fa ha lasciato che il Regime scoprisse questo Laboratorio, la annienterei con le mie mani. Ma dal momento che ciò che è stato non si può cancellare, non possiamo far altro che adeguarci. Anche io vorrei avere più tempo a disposizione. Però sicuramente la situazione è migliorata rispetto a due mesi fa, nonostante a Eve siano state interrotte le Riforme Avanzate. –

Saryu notò che la donna aveva calcato l'accento sul nome della ragazza, e solo allora si accorse che quella frecciatina era rivolta proprio a lei, che ancora una volta l'aveva chiamata "Evie".

– Certo, va meglio rispetto a due mesi fa, ma non vuol dire che con un solo passo falso non si possa mandare tutto all'aria. E passare alla Fase Due prima del tempo mi sembra un enorme passo falso, Iris – disse Jonas. Saryu si stupì di quanto il collega le stesse sembrando ragionevole, per una volta.

– Sarà un passo falso che compiremo senza oscillare, allora. Non ho nient'altro da dirvi. Due settimane – concluse la dottoressa Svart, alzandosi in piedi.

Loro la imitarono. Sapevano che, nonostante si trovasse nella scomoda posizione di dover prendere ordini dal Presidente, le sue parole rimanevano legge, all'interno del Progetto.

– La seduta è conclusa. Domattina vi farò conoscere con precisione le prossime fasi da affrontare. E non è necessario che gli altri membri sappiano che quest'accelerata dipenda dal Presidente. –

Allora è così, pensò Saryu. A un tratto realizzò che la donna li aveva riuniti in privato perché non voleva che qualcun altro sapesse che non era riuscita a opporsi a lui. E allo stesso tempo, probabilmente, desiderava che almeno loro sapessero che non era lei l'artefice di quello scellerato balzo in avanti. Tutto calcolato come sempre, vero, Iris?

– Vi auguro una buona serata. – concluse la dottoressa, non prima di aver scoccato un'occhiata gelida verso Hermes. – Dov'è il tuo ultimo rapporto? – gli chiese.

– Sto finendo di scriverlo – rispose il ragazzo, tenendo testa al suo sguardo freddo, con le spalle irrigidite dalla rabbia. A Saryu sembrò incredibilmente alterato.

– Lo voglio sulla mia scrivania domattina – disse lei.

La donna non aggiunse altro e uscì a grandi passi dalla stanza, col camice bianco e i lunghi capelli neri che ondeggiarono un'ultima volta dietro di lei.

***

– È permesso? – chiese Saryu, bussando alla porta lievemente aperta della stanza di Hermes.

Lo vide scrutare un foglio che aveva in mano, fingendo di non accorgersi della sua presenza. Saryu non si fece gabbare da quell'atteggiamento, e si fece strada nella piccola camera.

Il pavimento era pieno di oggetti sparsi, come di consueto. Una pila di vestiti occupava una sedia in un angolo, e il letto sfatto da chissà quanti giorni era ingombrato da una fitta risma di fogli sbrindellati, con accanto penne, matite e supporti elettronici di ogni genere. Nella stanza c'era odore di chiuso, segno che Hermes vi passava sempre meno tempo. Saryu ricordò che era stato sistemato nell'unico dormitorio senza finestre, e, come sempre, ne fu rattristata e insieme stizzita. Le libertà che la dottoressa Svart si prendeva con lui sembravano essere infinite.

Si avvicinò alla scrivania dove stava seduto, mettendogli una mano sulle spalle. – Cosa guardi? – gli chiese.

Lui mise via la pagina senza sobbalzare al suo tocco, nonostante l'avesse ignorata quando era entrata nella stanza.

– Niente che possa interessarle, dottoressa Kumar –, le rispose.

Saryu sentì una stretta al cuore. – Perché non mi chiami per nome? –

– Perché la porta è ancora aperta, dottoressa Kumar. –

Lei fece un sospiro, leggermente sollevata. Si affrettò a serrare la porta che aveva lasciato socchiusa.

– Va bene, allora. Che stavi guardando, uno dei disegni di Eve? – riprese.

– No. Nulla di utile, davvero. Fra poco mi rimetto a scrivere il mio rapporto. –

Lei fissò le grosse occhiaie che gli scurivano la pelle diafana. – Secondo me dovresti riposare, invece. –

– Lei ha detto che lo vuole sulla sua scrivania domattina. –

Al diavolo quello che dice Iris – rispose Saryu, non senza una certa soddisfazione. Lo vide aprirsi in un flebile sorriso, che subito si spense sulle sue labbra. Ultimamente lo aveva visto più rilassato, anche se forse, dopo quella serata, i suoi sorrisi sarebbero tornati a essere rari ed evanescenti.

– Sarebbe meglio riposare adesso e poi alzarti presto, per finire di scrivere a mente fresca. Posso venire a svegliarti io – gli disse.

– Ti ringrazio, ma non credo sia molto opportuno. Come sai, lei non tollera i rapporti interpersonali che siano più stretti di un'occhiataccia. –

Questa volta fu Saryu a sorridere, suo malgrado. Era da tempo che non dicevano qualcosa di tagliente sulla dottoressa Svart, e quella confidenza le era mancata.

– Va bene, allora eviterò. Però riposa un po', te ne prego. Sembra che tu ti stia spegnendo. –

Lui mise su un'espressione seria, e la guardò come se una lieve fiamma gli ardesse in fondo agli occhi. – Tutt'altro – rispose.

Saryu non seppe come interpretare quella faccia. – Va tutto bene? – gli chiese piano.

Lo vide evitare di risponderle, e fece un tentativo d'incalzarlo. – Sai che puoi dirmi tutto. C'è qualcosa che ti preoccupa? –

Le sembrò che Hermes tremolasse leggermente, come il calore che esala da una bevanda calda. Saryu si avvicinò alla sua scrivania, poggiandosi a sedere nell'unico riquadro che trovò libero dal ciarpame.

Stette in silenzio, aspettando pazientemente una risposta. Tanto per distrarsi, prese in mano un'olografia che faceva capolino tra gli oggetti accumulati sul ripiano. La base dell'immagine era composta da una striscia di led, i quali rilasciavano la luce necessaria a comporre le figure. Nella foto vi erano ritratti Hermes e Yae intenti a giocare a scacchi.

Saryu ricordava quell'olografia, d'altronde l'aveva scattata proprio lei. Rammentò quel pomeriggio solitario di qualche mese prima, in cui erano riusciti a ritagliarsi un momento di pace. E poi Yae era scomparsa, causando quel putiferio senza alcuna spiegazione.

A un certo livello riusciva a capirla. Per anni aveva provato sentimenti discordanti riguardo ciò che facevano a Eve per portare avanti il Progetto. Yae, evidentemente, aveva avuto una soglia di intorpidimento morale più bassa rispetto a tutti loro. Saryu negli ultimi tempi si era ritrovata più volte ad ammirarla, nonostante ogni volta avesse cercato di celare a sé stessa quei pensieri pericolosi.

Ripose l'olografia sul ripiano, producendo un suono secco. – Non hai ottenuto informazioni sulla sua ubicazione? – chiese a Hermes, provando a cambiare discorso.

Lui alzò uno sguardo stanco su di lei, decidendo finalmente di darle corda. – Niente di niente. È svanita nel nulla. E io sono molto bravo a cercare. –

– Lo so – disse Saryu. – Il migliore. Il nostro Messaggero. –

Quel commento sembrò rincuorarlo, e lei ne fu felice. Decise che quel sorriso le sarebbe bastato, e che si era già fatto troppo tardi per provare a scavare ulteriormente nelle sue preoccupazioni.

Gli diede un leggero buffetto sulla spalla, salutandolo. – Allora vado. Vedi di riposarti, non ho idea di cosa possa attenderci domani. –

– Va bene – disse lui. –

Lei lo lasciò alle proprie spalle, mettendosi in moto per andarsene. Sentì una stanchezza immane crollarle addosso. Fece un sospiro leggero, posando le dita sulla maniglia della porta.

Una mano interruppe la sua fuga. Hermes si era alzato dalla sua sedia, e l'aveva raggiunta per trattenerla. I suoi occhi imploravano qualcosa, e lei ebbe come primo istinto quello di sottrarsi alla disperazione che le trasmise il suo sguardo. Non ricordava di averlo mai visto così tremendamente danneggiato.

– Saryu. Ti andrebbe di parlare un po'? – le chiese, con gli occhi che riflettevano l'asettica luce del corridoio.

Vide che in mano aveva lo stesso foglio che stava scrutando quando lei era entrata nella stanza. Il ragazzo dispiegò la pagina davanti al suo viso, mostrandogliene il contenuto.

Lei osservò prima il pezzo di carta e poi lui. Una bruciante consapevolezza le morse lo stomaco, rodendola dall'interno. Gli occhi di Hermes fecero capolino da dietro il pezzo di carta, più lucidi e arrossati di prima.

Ma certo, si disse. Sono stata così cieca.

Saryu prese delicatamente il foglio dalle sue mani, percorrendone la ruvida superficie con le dita. Poi rientrò nella stanza, chiudendosi la porta alle spalle.

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