¹¹. 𝘙𝘪𝘦𝘷𝘰𝘤𝘢𝘻𝘪𝘰𝘯𝘦

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

Una volta che furono all'interno della stanza, la Madama chiuse la porta a chiave e si rivolse a lui cambiando leggermente la propria espressione. Il suo sguardo si fece più torvo e indisponente, seppur stesse cercando di adoperare ancora dei toni formali.

- Mi mostri il materiale - disse bruscamente, facendo accomodare la ragazza minuta su una sedia al centro della stanza. - Per favore - aggiunse riluttante.

Florian capì che probabilmente la donna era entrata nell'Ordine non solo per evitare una RA per Disallineamento, ma anche per via del suo carattere socialmente manchevole.

Iniziò a frugare nella borsa e tirò fuori fotografie cartacee, olografie, una memoria di massa, dei nastri di registrazione fisici e persino un quaderno scritto a penna. Fece attenzione a non confondere i materiali delle due diverse persone che conservava.

La Madama prese in mano ciò che lui le porse senza curarsene troppo, posando alcune delle cose sulla piccola ragazza come fosse stata un mobile.

- Sua figlia? - chiese guardando con sufficienza la prima olografia che si trovò in mano. Il modo noncurante con cui lo domandò fece provare a Ian un forte fastidio. Odiò il fatto che a testimoniare la parte di sé più vulnerabile fosse proprio una persona con così poco tatto.

- Mia sorella - le rispose. Cercò di chiudere in un angolo della propria mente la voglia di mandare all'inferno tutto. - Si chiamava Nadine. -

Ian strinse il quaderno cartaceo che gli era rimasto in mano. "Nadine Herward", vi era scritto sulla copertina a lettere infantili, con un piccolo fiore disegnato sopra la "i".

- Questa non serve - disse la donna, quasi gettandogli in mano un'olografia finita per sbaglio tra quelle di Nadine.

Ian la prese tra le dita, e vide ritratto un sé stesso molto giovane e con un sorriso tutto denti, che stringeva a sé una ragazza dai capelli neri lunghi e lisci. Florian rimise l'immagine sua e di Amélie nella borsa assieme al quaderno, provando una matassa di sentimenti contrastanti.

- Bene, ho preso i documenti più importanti - disse la Madama, spostandosi verso uno dei macchinari per iniziare a elaborare la Rievocazione.

- Lei intanto può fare conoscenza con la mia novizia. Si chiama Elsinore. - La ragazza si alzò al suono del proprio nome e si avvicinò porgendo una mano tremolante a Florian.

- Se conosce il linguaggio dei segni, può parlarle. Altrimenti resta muta. -

Ian si sentì improvvisamente truffato. Avrebbe potuto dirmelo prima, pensò. Tuttavia ritenne che insistere su quel punto sarebbe stata una scortesia per la ragazza di nome Elsinore.

- Avevo portato le campionature della voce... - si sentì dire in un soffio, concedendosi almeno una piccola protesta.

Al suono di quelle parole la Madama contrasse le spalle, irritata.

- Mi dispiace, ma non abbiamo altre ragazze che siano in grado di passare per una bambina Conclusa di otto anni - disse tagliente. Ian represse ancora una volta l'istinto di andarsene.

Si girò a guardare Elsinore, per distrarsi. Sorpreso, notò che la ragazza lo stava già osservando a sua volta. Sembrava aver capito le sue intenzioni, e cercava di trattenerlo incollandogli addosso uno sguardo triste. Florian lasciò perdere definitivamente la Madama e si rivolse a lei.

- Piacere di conoscerti. Mi dispiace per il trambusto. Sei una LaBo? - le chiese in linguaggio dei segni. Fu grato di averlo appreso qualche anno prima grazie a un vecchissimo video-corso trovato in biblioteca.

Elsinore sembrò estremamente sorpresa di vederlo parlare nella propria lingua.

- No - si affrettò a mimare. Fece una "P" in aria e poi il numero dodici con le dita.

Pre-12, pensò Ian. Ha solo diciotto anni. Florian sapeva che il mutismo alla nascita era ormai curabile da tempo, grazie ai passi da gigante che erano stati fatti dalla medicina.

Per via dell'impennata di mortalità in seguito alla bomba Hades nel 2045, durante la Quarta Guerra Mondiale, si poteva dire che la medicina e la meccanica fossero due dei pochi saperi che ricevessero continuamente stimoli d'innovazione, al contrario della maggior parte delle altre scienze.

Riflettendo su come non potesse essere possibile che fosse muta dalla nascita, non resistette alla voglia di chiarire quel punto, arrivando a mettere da parte la paura di offenderla.

- Potrei domandarti perché non puoi parlare? - mimò.

Elsinore si voltò brevemente a controllare che la Madama stesse ancora armeggiando col macchinario, quindi abbassò i veli che le coprivano metà viso. Florian notò che aveva dei bei lineamenti e anche uno spruzzo di lentiggini, ma poi lei aprì le labbra e gli mostrò una lingua mozzata per metà, rovinando per un istante la visione del suo volto delicato.

Ian sentì un certo dolore in bocca. Gli occhi castani di lei sembrarono trasmettergli comprensione.

- Perché? - le chiese, dopo un attimo di pausa.

- Parlato / troppo - disse Elsinore. Florian notò di star avendo difficoltà a tradurre.

- Uomo / fatto / violenza / io / detto. -

Ian realizzò di stare traducendo con lentezza non perché fosse arrugginito nel linguaggio dei segni, ma perché temeva di sentire il resto di quella storia.

Elsinore iniziò a mimare delle lettere con le proprie dita, creando a mezz'aria delle figure inesistenti.

- A-B-R-A-M-I-Z-D-E -, scrisse.

Abramizde, si ripeté Florian. Karl Abramizde. Il Presidente.

Ian stentò a credere ai suoi occhi. Questa ragazza ha subito qualcosa dal Presidente della Chiesa del Giudizio. E le hanno tagliato la lingua. Si ritrovò a pensare quelle frasi, senza cercare di censurarsi come faceva di solito. Evitare di addentrarsi troppo nella sofferenza delle vite altrui era uno dei suoi meccanismi di difesa, eppure quella piccola ragazza gli aveva in un attimo addossato tutto quel peso, senza che lui avesse avuto il tempo di sollevare le proprie mura.

Ian si sentì quasi violato. Non era in grado di portare quel fardello, non quel giorno. Tuttavia, si disse, il fatto che lei si fosse esposta in quel modo doveva pur significare qualcosa.

Non fece in tempo a proseguire quel pensiero, che vide la Madama Levatrice avvicinarsi a grandi passi verso di loro, finendo per tirare un ceffone a Elsinore.

- Che stai dicendo?! - le urlò contro. Evidentemente doveva aver notato i loro ultimi scambi. Lo schiaffo che aveva stampato sul viso della ragazza era stato attutito un po' dai veli, per fortuna. Elsinore non le rispose, e abbassò lo sguardo.

- Elsinore ha scelto di servire nell'Ordine per evitare una RA per Disallineamento. Soffre di mitomania. È una bugiarda patologica - disse freneticamente la donna, continuando a fulminare la ragazza con lo sguardo.

Diede queste spiegazioni a Florian senza guardarlo, quasi come parlasse al vento. Lui capì che probabilmente si trattava di informazioni riservate che la donna era costretta a snocciolare per mettere una pezza alla situazione. Nonostante ciò, non riuscì a togliersi dalla testa l'idea che gli stesse mentendo.

- Sulla strada del Lethe ha ritrovato la via della luce, e ha deciso di privarsi della lingua malefica che le aveva fatto raccontare quelle menzogne - continuò la Madama.

Florian notò che gli occhi della ragazza si erano riempiti di lacrime, forse perché la donna le stava di nuovo stringendo troppo forte il braccio, o forse perché non si riconosceva in quelle parole ed era impossibilitata a ribattere.

Ebbe l'impressione che Elsinore fosse compressa in una piccola ampolla di vetro, e che ogni sua parola fosse assorbita dall'acqua densa e compatta che la circondava. Riflettendo, fu improvvisamente scosso da un dettaglio: quella ragazza sapeva dove fosse il Lethe, la culla di tutti i fuggitivi, un luogo introvabile al punto che i normali cittadini potevano giungere a dubitare della sua stessa esistenza. Sa dov'è, si ripeté ancora incredulo, turbato da quell'idea e chiedendosi se avesse udito bene le parole della Madama.

Quest'ultima, che ne aveva avuto abbastanza di quel preambolo, rigettò con noncuranza le carte di Florian tra le sue braccia. Lui a quel punto fu sicuro che, se non fosse stato pagante, sarebbe stato cacciato via già da un pezzo. Probabilmente la donna era anche estremamente seccata dal fatto che lui sapesse utilizzare il linguaggio dei segni. Prima di uscire disse qualcosa a Elsinore nell'orecchio, e rivolse a lui un'ultima occhiata di rimprovero.

- Vi ricordo che le sessioni di Rievocazione sono registrate. Vi auguro una buona cerimonia - disse acida, indicando un minuscolo punto nell'angolo della stanza, probabilmente una telecamera. Dopodiché, la donna uscì nervosamente dalla stanzetta in un turbinio di veli, lasciandoli definitivamente soli.

***

Una volta che la Madama fu uscita, Elsinore si mosse verso il macchinario per avviare la cerimonia, dal momento che il conto alla rovescia di venti minuti per l'intera prestazione era già partito. Probabilmente anche la registrazione era già stata avviata. I due non avrebbero più potuto chiarire le parole che si erano detti in precedenza, non senza essere osservati. Ian ne fu in qualche modo sollevato.

Elsinore si riavvicinò alla sua sedia e tolse lentamente i veli srotolandoli con delicatezza, svelando un caschetto di capelli castano chiaro con qualche ciuffo che le copriva i lati del viso. Sembrava ancora più giovane della sua età. Il colore dei suoi capelli si armonizzava con quello degli occhi, di qualche tonalità più chiari. Quell'accostamento ricordò a Florian i colori dell'autunno.

Chiuse gli occhi per un momento, e quando li riaprì un velo olografico aveva diviso la stanza in due, separandoli come un muro trasparente. Ian vide la finta parete diventare una griglia, e la sagoma di sua sorella stamparcisi sopra in 2D. L'effetto che gli dava quella visione era sempre abbastanza straniante.

Elsinore attraversò il muro olografico come immergendosi nel fiotto di una cascata. Quando lo ebbe valicato completamente non c'era più una ragazza dal caschetto castano nella stanza, ma una bambina di otto anni con lunghi capelli legati in due trecce. L'effetto sembrò a Ian infinitamente diverso rispetto alle false visioni che lo tormentavano da anni in biblioteca.

Le Rievocazioni prevedevano alcune regole per avere una riuscita perfetta, per esempio il non toccare con le mani i capelli programmati dalla macchina, se questi erano più lunghi o più corti di quelli dell'Ospitante. Florian sapeva che in quel modo si sarebbe persa la sensazione d'illusione. Nonostante ciò, per un momento pensò che quelle trecce così realistiche dovevano essere vere, e si trattenne dalla voglia di accarezzarle.

Elsinore sorrise, e Nadine sorrise davanti a lei. Le luci soffuse nella stanza erano perfettamente programmate per enfatizzare la sensazione di realismo, nascondendo eventuali difetti e dando alla cerimonia un'aura quasi eterea.

Florian si avvicinò all'immagine, e nonostante avesse testimoniato la Rievocazione di sua sorella almeno una decina di volte, sentì le ginocchia tremare e quasi farlo cadere a terra. Il fatto che quella volta le proporzioni dell'Ospitante fossero così simili a quelle di Nadine rese il tutto molto più straziante, nonostante negli anni precedenti avesse anche potuto ascoltare la voce campionata di sua sorella, che tuttavia aveva sempre considerato troppo artefatta.

Non avrebbe voluto iniziare a piangere così presto. La copia muta di sua sorella continuò a guardarlo e a sorridere. La bambina allungò lentamente una mano sul suo viso, e gli tirò un ciuffo di riccioli in maniera buffa.

L'immagine davanti a lui assumeva a ogni minuto che passava la forma di una lama d'acciaio nel petto. Florian non sapeva quanto tempo fosse rimasto prima che finisse la cerimonia, ma decise comunque di interromperla lì, stremato.

Il modo in cui potevano terminare le Rievocazioni variava a seconda del cliente: qualcuno preferiva finirle addormentandosi tra le braccia della persona amata, qualcun altro si diceva avesse persino provato a uccidere l'illusione. Florian, da anni, terminava le sue sessioni sempre allo stesso modo.

Calò le dita sulle palpebre di Nadine, accompagnandole dolcemente verso il basso.

- Buonanotte, stellina - le disse.

Si ascoltò tirare fuori una voce tenue e soffocata dal pianto, che gli sembrò sconosciuta. Per la prima volta da tanto tempo, ebbe pena per sé stesso.

Quando le luci bianche si riaccesero e l'ologramma svanì, Ian aveva ancora le dita posate lievemente sulle palpebre di Elsinore. Sotto i suoi occhi chiusi vide delle piccole lacrime. Si scostò velocemente, arrossendo dall'imbarazzo.

La ragazza aprì gli occhi, non più chiari ma castani. - Grazie - gli disse con i propri segni. - Per un momento mi sono sentita amata. -

Florian non sapeva cosa risponderle, quindi se ne stette in piedi spostando l'equilibrio da un piede all'altro. Elsinore gli strinse la mano e gli disse che poteva andare.

Lui raccolse tutte le sue cose e fece per uscire dalla stanza. Diede un ultimo sguardo al suo interno, e vide il viso della ragazza sparire di nuovo sotto ai veli.

***

La visita alle urne fu tutto sommata piuttosto breve. Florian aveva comprato dei fiori di carta a uno dei chioschi sparsi per Marwoleth, e li aveva posati davanti ai minuscoli scomparti che ospitavano le ceneri della ragazza e della bambina.

Si soffermò a rivolgere qualche pensiero anche ad Amélie. Nonostante fosse stata la sua fidanzata solo per un anno prima della sua morte, la sua mancanza gli provocava comunque un certo vuoto nel petto.

Dopo qualche minuto decise di averne avuto abbastanza per quella giornata. Si sentiva come un barattolo svuotato. Pensò che se nella vita ci fosse stato un quantitativo limitato di dolore da poter provare, lui ne aveva finito la scorta già da molto tempo.

Dopo aver riconsegnato il dispositivo di localizzazione si avviò verso i parcheggi delle bici, discendendo la collina attraverso uno dei viali alberati che si rivolgeva a valle. Il paesaggio attorno al cimitero-città era piuttosto deprimente. Gli ampi lotti di terreno arido erano occasionalmente punteggiati dalle serre trasparenti che riflettevano la luce del Sole, ormai alto nel cielo.

Osservando il circondario Florian pensò alle persone che, dopo aver perso il lavoro in seguito all'Espiazione, avevano scelto di vivere da contadini, nonostante il clima rendesse quasi impossibile quel mestiere.

Gli altri disoccupati erano invece stati riassorbiti come manovali nelle "Città", ovvero negli agglomerati urbani dalla tecnologia all'avanguardia dove tutti i LaBo e i Pre sarebbero andati una volta rimasti soli al mondo, allo scoccare di una certa cifra sul Quadrante. Si trattava di migliaia di insegnanti, pediatri, tate, scrittori, artisti e quant'altro. Il reimpiego della manodopera era stato immediato e totale. Florian però era dovuto rimanere a Malthesia per via del suo problema al ginocchio, e, dopo aver esercitato molti mestieri, l'Ufficio per il Collocamento era riuscito a trovargliene uno che gli calzasse.

Mentre discendeva il viale, Ian sentì pulsare lievemente il cuore per la fatica, e il dispositivo che aveva all'interno del polso animarsi di rimando. Ogni persona al mondo ne aveva uno, e per la maggior parte del tempo non dava alcun fastidio.

Si tastò l'interno del braccio cercando di percepire il pezzettino di metallo che si nascondeva al di sotto, come sempre senza successo. A lui, così come al resto della popolazione mondiale, quel microchip era stato impiantato nel periodo attorno al Giorno dell'Espiazione.

I piccoli cuori che battevano incessantemente andavano a nutrire il numero sui grandi Quadranti verdi, e ogni vita che si spegneva, per quanto significativa fosse stata, faceva sempre la stessa fine: una cifra in meno.

Il Quadrante. Si rese conto di non averci pensato nelle ultime ore, rapito dal pensiero di doversi recare a Marwoleth. Il ricordo del numero in più lo distrasse, e per poco non perse l'equilibrio. Esclusa la strana conversazione avuta con quell'uomo, non aveva sentito nessuno vociare del Quadrante per strada, o tra le tombe. Si sentì quasi deluso da quel silenzio, e in questo si chiese se non stesse iniziando a somigliare a Eddie.

Continuando a camminare, Florian sorpassò parecchi padiglioni bianchi utilizzati per le cerimonie delle Conclusioni. Ne aveva ormai superati almeno una decina privi di pubblico al loro interno. Tuttavia, percorrendo il viale, si ritrovò davanti a un padiglione gremito di persone.

L'interno era decorato con palloncini di pasta di mais, festoni di carta colorati e olografie che sfarfallavano tenui ai lati della folla. Le Conclusioni erano pubbliche, e svolgevano la doppia funzione di festa con discorso di commiato e di cremazione, seppure quest'ultima parte fosse celata al pubblico.

Florian aveva assistito solo alla cerimonia di suo padre, e sapeva che molto spesso la Chiesa aveva esortato i cittadini comuni a partecipare anche alle Conclusioni degli sconosciuti, in modo da fare numero e di mostrare alla persona che ne era protagonista di aver contato in società più di quanto lo avesse fatto realmente.

Si spostò dal vialetto e si fermò a osservare, perdendosi tra il pubblico, pensando che una cerimonia come quella lo avrebbe aiutato a sgombrare la testa dai propri pensieri.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro