¹². 𝘐𝘭 𝘭𝘶𝘱𝘰

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

Golden correva ormai da una decina di minuti. Il lupo lo tallonava da una distanza sempre minore. I polmoni gli bruciavano, ma ormai non poteva più fermarsi. Nella foga non era riuscito a schivare un ramo, e ora il labbro inferiore gli stava sanguinando a fiotti irregolari, seguendo l'altalenarsi delle sue lunghe falcate. L'adrenalina gli stava facendo scoppiare il cuore, e il fiato caldo dell'animale sembrava in procinto di azzannargli i polpacci da un momento all'altro.

Non sapeva come avesse fatto a trovarsi in quella situazione. Ricordava solo che stava ammirando una splendida distesa di foglie colorate, quando aveva sentito delle zampe posarsi leggere sugli aghi di pino in lontananza. Dopo aver incontrato gli occhi del lupo castano, aveva iniziato ad allontanarsi camminando all'indietro, senza distogliere lo sguardo. Ma non era servito a molto: l'animale aveva spalancato le fauci, iniziando a inseguirlo nell'istante stesso in cui lui si era mosso. E così Golden si era messo a correre.

Probabilmente dovrei provare a sopraffarlo, pensò, affondando il piede in una zolla di terra fangosa. Con un balzo si rimise in piedi, afferrando un ramo che gli sembrò abbastanza robusto, salvo poi ritrovarselo spezzato in mano.

Più avanti la foresta si apriva in uno spiazzo, digradando in un villaggio spoglio. Tutto sembrava tacere. Col fiato corto, Golden osservò per un momento le capanne, divincolandosi tra le stradine secondarie. Si arrampicò su un tetto di paglia, rischiando di sfondarlo, e si trovò dall'altro lato della costruzione, solo per scoprire che il lupo lo stava attendendo con la bocca spalancata.

Cercò di appigliarsi nuovamente al tetto, ma il fieno gli scivolò dalle mani e non riuscì più ad arrestare la caduta. Rotolò di lato evitando di provocarsi una frattura, come gli era stato insegnato diverso tempo prima.

Attorno a lui e all'animale si era creato un semicerchio di persone, probabilmente abitanti del villaggio, che li osservavano senza alzare un dito. Maledetti, pensò.

Le zanne del lupo ormai stringevano il pezzo di legno a un centimetro dalla sua faccia. L'alito dell'animale era umido e appiccicoso, e i suoi denti sporchi di sangue sembravano spilli affilati. Mentre lo aveva davanti, Golden si ritrovò a pensare a quanto fosse bello il colore della sua pelliccia: un marrone che sfumava in una sorta di arancione ramato.

Ok, è finita, si disse. – Basta, mi arrendo! – ripeté ad alta voce.

Golden mollò il ramo, esponendo fatalmente il collo all'animale.

Il lupo fece un'espressione soddisfatta e si allontanò da lui. Dalla sua gola iniziò a provenire un suono gutturale, che assomigliava a un intermezzo tra un ringhio e una risata. Si alzò sinuosamente su due zampe, trasformandosi in un ragazzo.

– Meno venti gettoni a te per non aver riconosciuto un Mutaforma – disse il ragazzo allegramente, mentre venti dobloni olografici si spostarono dalle mani di Golden per finire nelle sue. Gli abitanti del villaggio continuarono a guardare immobili la scena, come se non fosse accaduto assolutamente nulla.

– Ti dò un consiglio. La prossima volta che incontri un qualsiasi essere vivente, inquadralo per vedere se ha un nickname. Se ce l'ha, è un Mutaforma. Una volta un giocatore-albero mi ha tolto un centinaio di gettoni perché continuavo a inciampare sulle sue radici. –

Il ragazzo aveva dei capelli neri lunghi fino al collo e un viso appuntito. La sua figura sfarfallava leggermente, ma i contorni del suo viso erano tutto sommato ben definiti. Seppur la grafica di Wilderness IV fosse di tipo iperreale, non era ancora arrivata al livello dell'occhio umano.

Golden stese una mano di fronte al ragazzo-lupo per visualizzarne il nickname, che comparve in sovrimpressione alla sua fronte: "Semre73".

– Settantatré è il tuo anno di nascita? Fratello, mi hai fatto correre per un quarto d'ora – disse Golden, gettandosi a sedere sul terreno, stremato. Non si fidava particolarmente, ma provò a usare un'espressione confidenziale per tastare il terreno.

– Così rimani in forma – rispose il ragazzo-lupo. Indossava vestiti semplici: un jeans blu e una felpa nera. Stese anche lui la mano di fronte a Golden, visualizzando il suo nickname.

– "GoldenThorn73". Allora anche tu sei un LaBo. Fatti vedere. –

Golden disattivò la skin da elfo che aveva personalizzato, facendo tornare il proprio avatar alla versione base, che riproduceva le fattezze del giocatore. I suoi capelli biondi si sciolsero dalle fitte trecce che aveva programmato, e anche lui rimase in jeans e felpa.

– Ma tu sei Eddie. Ci siamo conosciuti ieri – disse il ragazzo-lupo, concitato. – Sono Rein! – esclamò indicandosi, come a voler sottolineare l'evidenza.

Eddie rimase seduto a osservarlo, dubbioso. – Ma non sei in forma base? –

– Ah, già – disse il ragazzo, premendo un tasto invisibile e cambiando nuovamente aspetto. I suoi capelli si fecero più corti e i suoi vestiti più eleganti, seppur trasandati.

– Avevo dimenticato di avere un'altra forma prima di quella base – rispose. – La uso per passare inosservato su Urban Hell. I capelli lunghi servono a darmi un'aria malfamata – aggiunse sottovoce.

– Grazie tante... – disse Eddie, massaggiandosi il polpaccio indolenzito. L'aver riconosciuto il ragazzo incontrato il giorno prima lo fece rilassare un po'. Spesso capitava che persone poco raccomandabili si aggirassero all'interno dei videogiochi, nascondendosi dietro nicknames da LaBo.

– Anche tu hai il giorno libero oggi? – gli chiese.

– Già. Da noi il giorno dopo l'Anniversario è sempre di ferie – disse Rein, alzando le spalle. – Piuttosto, non ti facevo un giocatore di Wilderness. Non fai il Mutaforma, e non ti ho visto in giro a compiere missioni... Come mai sei in questo gioco? –

Eddie guardò con sospetto le facce vuote che li circondavano. – Mi piace osservare la natura –, rispose.

– Capisco. – Rein sembrò notare il suo sguardo spostarsi da un viso all'altro degli abitanti del villaggio. – Non ti preoccupare di loro, sono tutti NPC, personaggi non giocanti. –

– Lo so cosa significa – rispose Eddie, iniziando a inquadrare con la mano destra i NPC a uno a uno. Su un anziano che se ne stava perfettamente fermo comparve la scritta "LoneWatcher".

– Ehi! – disse Eddie, muovendosi verso di lui.

L'uomo perse immediatamente il proprio immobilismo, alzando le mani in segno di resa. – Volevo solo vedere come sarebbe andata a finire! – disse.

– Ma tu guarda.... – sbuffò Eddie.

– Venti gettoni per non aver riconosciuto un Mutaforma – disse Rein all'anziano, tirando via le monete olografiche dalle sue mani secondo le regole del gioco.

– Maledizione, non avevo intenzione di rivelare Mutaforma, oggi. – L'uomo sembrava piuttosto risentito. – Questo è il mio villaggio, LaBo. Andate via. Sarebbe stato più divertente vedervi azzuffarvi. –

– Certo, certo, intanto i gettoni li prendo lo stesso. – Rein spinse Eddie con una pacca sulla schiena e lo diresse verso l'uscita, di nuovo nella foresta.

– Buona serata! – urlò per l'ultima volta al vecchio. Quest'ultimo li salutò con un gesto osceno, che li accompagnò sin fuori dal villaggio.

***

I due ragazzi camminavano fianco a fianco, oltrepassando boschi e piccoli villaggi abbandonati. Alcune case avevano ancora i comignoli accesi, che esalavano sinuose strisce di fumo. Ogni tanto Eddie vedeva sfrecciare un coniglio, forse un altro giocatore in modalità Metamorfosi.

Wilderness IV riproduceva boschi e paesaggi naturali, ma non in un modo che esistesse ancora. I gettoni per sbloccare i luoghi a pagamento si potevano guadagnare compiendo delle missioni o illudendo gli altri giocatori, assumendo una forma fisica differente. Molti utenti, tuttavia, usavano il gioco solo per compiere screzi contro il prossimo.

I videogiochi erano diventati una sorta di "zona franca", all'interno della quale non veniva perseguita la benevolenza sociale obbligatoria. In alcuni di essi era persino possibile compiere azioni che sarebbero state illegali nella realtà, come assumere droghe o uccidere gli animali. La Chiesa era giunta a tollerare il fenomeno, calcolando che in quel modo i cittadini avrebbero avuto una valvola di sfogo a costo zero, senza impattare sul tessuto sociale. Il fatto che per molti utenti il tempo passato a giocare dovesse essere poco, per via dei consumi di energia elettrica, andava anch'esso a vantaggio del Regime.

Il paesaggio di Wilderness IV era mozzafiato. Eddie rimaneva sempre strabiliato dalle forme e dai colori che vedeva nella simulazione, e ci giocava per tutto il tempo che gli era possibile, senza curarsi di guadagnare gettoni. Quando si sentiva particolarmente stressato, finiva sempre per indossare il visore e i guanti, mettendosi a camminare sul tappetino montato in camera sua, che gli permetteva di muoversi nel gioco senza andare da nessuna parte nella realtà. Lo spazio a disposizione non era molto, così ogni tanto gli capitava di toccare gli oggetti della sua stanza. Tuttavia, cercava sempre di non farci troppo caso.

Il tempo che aveva per giocare era limitato da un timer di due ore al giorno. Nonostante ciò, mentre camminava, Eddie non riuscì a iniziare alcuna conversazione.

Rein, d'altro canto, sembrava non curarsi del suo silenzio. Si percepiva chiaramente che volesse continuare il discorso del giorno prima, ed Eddie decise di assecondare quella volontà.

Da quando aveva lasciato i dormitori dell'Accademia gli era capitato una sola volta di trovarsi in presenza di un altro LaBo, al di fuori delle ore di lezione. Era successo con la ragazza della maratona, che aveva visto quando avevano quindici anni.

Lei aveva partecipato alla gara annuale di Malthesia con la pettorina numero 73, scelta appositamente per segnalare il proprio anno di nascita. Quando la sirena della partenza aveva squillato, l'aveva vista sfrecciare al primo posto, continuando a girarsi per osservare con sufficienza gli anziani che aveva lasciato indietro. Il suo sguardo sembrava affermare una scomoda verità: siete ridicoli. State morendo.

Eddie sapeva che quell'atteggiamento era del tutto antisociale. Nella sua mente si era affacciato uno degli innumerevoli motti che i professori, all'Accademia, gli avevano ripetuto più volte: "non ricordategli la distanza fra voi". In qualche modo significava "non ricordategli che voi siete giovani, e che loro stanno per morire".

Quella volta si era girato per riflesso anche lui, dando un'occhiata alla folla. Aveva visto una massa di uomini e donne segnati dal morbo di Met, che portavano abbracciati al collo InfanTech di nuova generazione e si coprivano macchie e cicatrici con chili di trucco.

Gli avevano fatto pena. Tuttavia, guardando la ragazza numero 73 librarsi fiera in aria, non aveva potuto fare a meno di ammirarla. Lei aveva avuto il coraggio di essere sé stessa: era giovane e non ci poteva fare niente, come tutti i LaBo.

Pensando a lei, Eddie realizzò che in tutta Malthesia c'erano almeno tre Last Borns: lui, Rein, la ragazza. Seppure fosse inusuale per quelli della Fratellanza incontrarsi, si pentì di non aver cercato Rein prima, e di non aver scambiato qualche parola con la ragazza. Nonostante la loro fosse una società estremamente aggregativa, sapeva bene che mantenere buoni rapporti con gli adulti era molto più utile alla sopravvivenza rispetto all'associarsi con i LaBo o i Pre, soprattutto perché questi ultimi non avrebbero voluto avere a che fare con lui.

Il cattivo sangue che correva tra i LaBo e i Pre – le dodici generazioni precedenti all'ultima – era di natura meramente fattuale. Dopo il Giorno dell'Espiazione si era deciso che solo l'ultima generazione avrebbe beneficiato delle Accademie, agglomerati di conoscenza e di tecnologie all'avanguardia che li avrebbero preparati a qualsiasi evenienza, una volta rimasti soli al mondo.

I fondi non erano abbastanza per poter fornire vitto e alloggio sia ai LaBo rimasti orfani (ovvero la maggior parte di loro) che ai Pre. E così, ogni volta che questi ultimi vedevano dei LaBo, venivano corrosi dall'invidia e si lanciavano in mille insulti, ricordando le opportunità che avevano perso.

Eddie, dal canto suo, pensava a come nascendo un paio di mesi prima avrebbe potuto evitare sia di portare su di sé il peso della conoscenza, che gli era stato accasciato sulle spalle, sia di essere insultato da persone più grandi di lui anche solo di poco.

Memore di quelle esperienze, si era sempre tenuto lontano da chi gli sembrasse anagraficamente vicino a lui. La persona che aveva accanto in quel momento non doveva essere da meno. Non avrebbe voluto dare troppa confidenza a Rein, eppure l'evento del Quadrante li aveva portati a cercarsi per le strade buie della città, legandoli come un filo di verità invisibile.

Mentre camminavano su un sentiero coperto da ciottoli, Eddie sentì Rein prendere un grosso respiro, e lo vide allungare un braccio per sbarrargli la strada.

– Che ne diresti di spostarci nella "realtà"? – disse.

– Come mai me lo chiedi? –

Rein sorrise nervosamente. – Perché direi che qui c'è qualche occhio di troppo. –

Indicò dietro di sé, ed Eddie vide quelli che erano apparentemente animali della foresta, che li avevano seguiti in silenzio sino a quel momento. Stese la mano davanti ad alcuni di loro, iniziando a leggere i nicknames fluttuanti che comparvero di fronte ai musi umidi e alle zampe pelose.

– Andatevene! – provò a urlare senza successo. Gli animali non si mossero. Riusciva a vedere tutta l'umanità maligna che si celava sotto i loro occhi neri, privi di pupilla. Per qualche motivo gli fecero tornare in mente lo sguardo della ragazza della maratona.

– Va bene – disse a Rein, rassegnandosi. – Dove ci troviamo? Dammi un indirizzo. –

– Nessun indirizzo, ci penso io a trovarti. Tu resta dove sei. –

Gli diede una pacca a mo' di saluto, poi scomparve in un turbinio di bolle cremisi. Eddie aspettò che le bolle sparissero, osservandogli animali accalcarsi per guardare. Si appuntò mentalmente di non giocare per un po' a Wilderness IV, poi tolse il visore nella vita reale e sparì dal gioco.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro