⁶¹. 𝘚𝘦𝘳𝘱𝘦

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Da quando aveva visto il vetro tornare opaco, Eddie aveva cominciato a chiamare Iris a gran voce, accostandosi alla porta color panna per battervi i pugni. A un certo livello urlare al vuoto lo faceva sentire ridicolo, ma se voleva ottenere un'udienza non poteva fare altrimenti. Riusciva quasi a sentire le venature aguzze della vernice conficcarglisi nelle nocche, ma per fortuna non passò molto prima che un breve rumore statico gli annunciasse l'accensione dell'interfono.

– Cosa c'è? – chiese la dottoressa Svart, piuttosto seccata. – Non c'è bisogno di urlare. Se devi usare i servizi ti basta chiamare Xander col pulsante, te l'ho già detto.

– Non devo andare al bagno – le rispose, guardando un punto in alto. – Ho bisogno di parlare con te. Di persona.

Dall'altro capo ci fu un profondo silenzio, che durò qualche istante. – Adesso sono impegnata. Puoi parlare con Saryu.

– Allora aspetterò.

La donna sembrò ancora più irritata. – Avrò molto da fare, nei prossimi giorni.

Eddie strinse i pugni, sentendo le vene pulsare. Impedirsi di urlarle contro stava diventando sempre più difficile.

– Perché non vuoi vedermi? – le chiese. – Hai paura che possa farti del male?

Iris si fece sfuggire uno sbuffo divertito, che si riverberò sordo nel microfono. – No, affatto. Non faresti del male a una mosca.

Per un attimo la immaginò prendere in mano i report di Rein, che di certo si soffermavano in lungo e in largo sulla sua profonda incapacità di ferire. Eppure, tutto quello che aveva subito in quei giorni gli aveva cucito addosso una rabbia bruciante, che avrebbe volentieri tradotto in azione. Un sentimento che ricordava di non aver provato neanche dopo l'Incidente del Quadrante, quando la Chiesa del Giudizio aveva mostrato il suo vero volto. Probabilmente, pensò Eddie, la dottoressa Svart invece considerava gli esseri umani come delle macchine, bloccate dalle fredde leggi della coerenza, e proprio per quel motivo non riusciva a immaginarlo rivoltarsi contro di lei. Ma le persone non sono algoritmi.

– So chi sei – decise di dirle, tagliando corto. – E so chi è Eve.

Nella stanza calò un silenzio assordante, ancor più denso di quello che aveva sentito premergli addosso, la prima volta in cui era stato accasciato lì. Eddie percepì l'ansia soffocarlo, andando ad annullare il barlume di spavalderia che aveva provato proferendo quelle parole. Dalla risposta di Iris sembrò passare un'eternità.

– Sarò da te fra dieci minuti.

***

La dottoressa Svart stava oltre il tavolo, nella stessa stanza in cui aveva incontrato Abramizde. Eddie aveva dovuto nuovamente essere trasportato da Xander, con suo grande disappunto. Anche mentre era seduto lì, sulla sedia di ferro, poteva sentire le vertigini giocare con la sua percezione; non avrebbe saputo dire se per via dei danni al cervelletto, o per la presenza della donna davanti a sé.

Iris Svart appariva tremendamente simile alle fotografie che aveva visto all'interno della stanza di Florian. I suoi occhi, neri e affilati, avevano la stessa forma di quelli di Amélie, e la freddezza che esalava da essi lo congelava sul posto ogni volta che si arrischiava a sfiorarli. Il pensiero di chi fosse, così come quello delle sue azioni, lo aveva rinchiuso in un mutismo forzato, costringendolo a tacere ognuna delle cose che si era ripromesso di dirle.

Fu Iris a prendere la parola per prima. La sua voce conservava quella cadenza particolare, che adesso riusciva a riconoscere, suo malgrado, come un lieve accento francese.

– Da cosa l'hai capito? – gli chiese.

– Gli occhi – rispose Eddie, sentendo il proprio tono esalare un certo timore. – Sono identici a quelli di Florian.

Iris lo osservò con attenzione. Come Saryu, indossava un camice da laboratorio, che le fasciava le braccia esili. – Solo questo?

– Anche i capelli – le disse, irritato. – Ha importanza?

La dottoressa sospirò, stirando le mani verso l'esterno. Nei suoi gesti c'era una calma indolente che rischiava di fargli perdere il senno. Solo la presenza di Xander, rimasto in un angolo a sorvegliare il colloquio, lo convinse a desistere dal compiere gesti avventati. Eppure, Eddie poteva sentire comunque l'odio accrescersi a ogni nuova frase che aggiungeva al proprio monologo interiore, una sequenza di realizzazioni che ormai lo tormentava come una cantilena crudele. Lei è la persona che ha rapito Nadine. È la persona che le ha rovinato la vita, e che l'ha rovinata a Florian. A Rein. A me.

– Come hai fatto? – le chiese, stringendo i pugni. Li compresse abbastanza da avere la certezza che, una volta rilassate le dita, avrebbe trovato del sangue ad attenderlo.

– A fare cosa? – disse Iris.

– A fingere le vostre morti. A sparire dal mondo per diciassette anni.

La donna prese a picchiettare sul tavolo con l'indice, provocando un rumore sordo. Eddie la vide esitare, prima di riprendere la parola. – Ho usato due cadaveri dell'obitorio. Poi ho riempito l'auto di benzina, e l'ho mandata a schiantarsi con la guida automatica. Suppongo che tu conosca il resto.

Lui fece passare qualche momento, assorbendo quelle informazioni. Cadaveri. Una bruciante rabbia gli invase il petto, ridestandolo dal proprio torpore. – E tu? Lo conosci il resto?

Iris lo scrutò con interesse, aggrottando la fronte. I suoi occhi neri, identici a quelli di Rein, sembrarono scurirsi assieme alla sua espressione. – Di che parli?

– Parlo di Florian. Lo sai, vero, che quel giorno si gettò tra le fiamme per cercare di salvarvi? Riportò delle ustioni di terzo grado, e stette in ospedale per un mese. Gli fecero degli innesti cutanei per le cicatrici sul volto, ma servì a ben poco. Per non parlare delle altre cicatrici. Lui crede che io non lo sappia, ma le ho intraviste molte volte. È da diciassette anni che copre le braccia, anche con temperature improponibili. Così come è da diciassette anni che ogni anno, nell'anniversario della vostra morte, va a piangervi al cimitero e paga delle Rievocazioni. Ma tu questo non lo puoi sapere, anzi, non lo vuoi sapere.

La donna non disse nulla. Tuttavia, notò che il suo sguardo si era leggermente incrinato. Quella piccola apertura lo convinse a continuare, sentendo la bile accumularsi e poi disciogliersi.

– E Rein. Hai detto di averlo prelevato al mio posto, quando era ancora un neonato. Perché lo hai tenuto con te? Perché non lo hai portato in un orfanotrofio? Lo hai trattato solo come uno strumento. Hai voluto farne una spia, e non gli hai mai dato un minimo di affetto.

Iris cercò di incunearsi in mezzo a quelle parole, scocciata. – Hai finito?

– Ed Eve. O dovrei forse chiamarla Nadine? Non saprei nemmeno da dove cominciare.

– Allora non farlo. Perché non hai idea di cosa io abbia passato.

– Tu non hai idea di cosa abbiano passato loro. – La sua voce ormai si era ridotta a un sussurro privo di intonazione, come se stesse proferendo una preghiera destinata a rimanere inudita. Eddie parlò tra i denti, stillando odio. – Come ci si sente a essere un mostro, Amélie?

La dottoressa Svart batté un pugno sul tavolo, ed Eddie sentì il rumore delle sue ossa cozzare contro il ferro. Quel suono lo riportò alla realtà, interrompendo il flusso di parole che aveva vomitato sino a quel momento.

– Credi che non lo sappia?! Credi che non ci abbia ripensato ogni dannato giorno, per diciassette anni?

Il suo sguardo era fiammeggiante, ed Eddie percepì anche una certa inquietudine provenire dalla figura di Xander, che si mosse su se stesso a qualche metro da loro.

– Sarei tornata indietro mille volte – continuò lei, aggiustandosi una ciocca di capelli neri dietro all'orecchio. Per un attimo gli sembrò essere tornata alla se stessa ragazzina, giovane quanto lo era nelle foto di Florian. Una ragazzina ventenne, poco più grande di lui, che aveva compiuto azioni inenarrabili. La vide muoversi al rallentatore, lottando per riacquisire la calma. Eddie ripensò alle proprie reazioni di fronte ad Abramizde, e fu turbato da quanto lui e quella donna gestissero la rabbia in maniera simile.

Iris riprese a parlare in tono grave, passandosi una mano sul viso. Le luci nella stanza le davano un'aria ultraterrena, sbiancando ulteriormente la sua pelle di porcellana.

– Quando la Chiesa impose l'obbligo di sterilizzazione, sentii il mondo crollarmi addosso. Non mi aspetto che tu comprenda l'angoscia esistenziale di sapere che la tua intera specie finirà nel dimenticatoio. Né che tu comprenda come l'egoismo e l'altruismo possano confondersi sino a saldarsi.

Eddie sgranò gli occhi. – Quindi è questa la tua motivazione? L'altruismo?

– Come ho appena detto, non mi aspetto che tu comprenda. Non subito, almeno. – Iris sospirò, incrociando le braccia al petto. – Di solito per cercare di capire l'idea di qualcun altro, ciò che serve è uno sforzo di immedesimazione. Quindi vorrei chiederti: se tu fossi stato al mio posto, cosa avresti fatto?

La donna lo fissò, in attesa. Eddie iniziò a torcersi le mani, a disagio. – Perché pensi che la fine dell'umanità sia un male? – rispose infine.

Iris ghignò, puntandogli un dito contro. – Un'altra domanda non è una risposta.

Lui cercò di chiudere in un angolo della propria mente il ricordo di Rein che gli diceva la stessa cosa, provando a concentrarsi su cosa dire. – Non lo so cosa avrei fatto. Ma di certo non quello che hai fatto tu.

Lei sollevò un sopracciglio, soppesando quelle parole. – È già qualcosa. Per quanto riguarda la tua domanda di prima, è normale che la pensi in questo modo. Tu e gli altri LaBo siete stati indottrinati per dieci anni nelle Accademie, e per quanto possiate essere brillanti e indipendenti, rimanete sempre dei figli del Regime. Per voi pensare che la specie umana non meriti altro che l'estinzione è più che scontato.

La dottoressa Svart continuò, approfittando del suo mutismo. – Ti ho sentito parlare con Karl, prima. Anch'io rimasi interdetta, a suo tempo, quando mi rivelò che è la Chiesa a sintetizzare il morbo di Met. Eppure, non potei fare a meno di essere affascinata dalla sua visione, come lui lo fu dalla mia. Abramizde ha deciso di sporcarsi le mani, come me. Ha tradotto il pensiero in azione, facendosi carico delle conseguenze. E io ammiro chi ne è in grado, per quanto elevarsi a volte significhi farlo su una pila di cadaveri.

Eddie continuò a guardarla in silenzio, mentre gesticolava a scatti con le sue lunghe dita.

– Prima mi hai chiesto se considerassi il movente delle mie azioni l'altruismo. In parte avevi ragione, ma non è abbastanza. – Iris si sporse leggermente, posando i gomiti sulla superficie del tavolo. – È l'amore, Edin. È stato l'amore per la specie umana a risvegliarmi. Quando vidi i Sorveglianti cercare di togliere la fertilità a una bambina, cercare di sottrarle la possibilità di scegliere, mi sembrò visceralmente sbagliato.

Eddie si compresse sulla sedia, ritraendosi dai carboni che ardevano in fondo agli occhi di lei. – Ma anche tu le hai impedito di scegliere. L'hai forzata a questo tipo di vita.

Iris rispose prontamente, scacciando le sue parole con una mano. – Sono sicura che un giorno mi ringrazierà. Dopotutto, l'ho resa la persona più importante sulla Terra. Ma sì, di base le ho sottratto il diritto di fare una scelta, anche se ciò ha significato poterne fornire una al resto dell'umanità. Gli esseri umani hanno sempre dato molto valore al sacrificio, tenendo in conto una certa quantità di vite sprecate, sin dal primo sbarco sulla Luna. E poi, ancora, provando i cosmetici sugli animali, macellando la carne, impiegando bambini nelle fabbriche e nelle miniere, mandando soldati a morire per tracciare delle linee di confine più nette. Il sacrificio volto al profitto è insito nella nostra mentalità. Ma, anche se ciò dovesse rendermi un mostro, io sarò l'ultimo essere umano ad averne sacrificato un altro.

Eddie notò la donna scoccare un'occhiata infastidita verso Xander, forse desiderosa che lui non fosse lì ad ascoltare. Quel breve cenno gli fece comprendere di colpo un'amara verità: non sta mentendo. Pensa davvero queste cose.

– Vedi, la Terra non merita di accogliere certo marciume su di sé. È troppo pura, troppo perfetta. D'altronde anche tu ami la natura che la permea, col verde dei suoi prati e l'azzurro dei suoi mari. La sottopopolazione e le politiche ecologiste degli ultimi cinquant'anni hanno già contribuito a fare del bene al pianeta... È così sbagliato cercare di fare del bene anche agli esseri umani che lo abitano? Non è amore, questo?

Lui stette in silenzio, attendendo che continuasse. Tuttavia, la donna lo osservò senza muovere un muscolo, bisognosa di una risposta.

– Fare del bene non è sbagliato – le disse, stupendosi della pericolosità di quelle parole. – Ma non mi convincerai che quello che fai tu sia amore.

Iris mise su un ghigno beffardo. – Io non voglio convincerti, voglio mostrarti. Ti mostrerò il modo in cui abbiamo educato Eve, e avrai chiara la profonda purezza del suo essere. Una purezza che trasmetterà ai vostri discendenti. Sfruttamento, violenza, intolleranza: questi sentimenti spariranno assieme alla vecchia umanità. Ciò che sopravviverà sarà solo la parte buona degli esseri umani, quella moralmente più giusta.

Eddie sentì il disappunto tuonargli nel petto, accompagnando le sue parole. – Ma non esiste qualcosa di universalmente giusto. Non è così scontato. – Suo malgrado, ripensò agli orrori visti in seguito alle sommosse. – La Chiesa ci ha dato la Legge, ma anche quella può sbagliare. Ognuno di noi deve capire cosa sia giusto e cosa sia sbagliato, e agire di conseguenza. Come puoi aver deciso a priori cosa fosse giusto insegnare a Eve?

Iris si attorcigliò una ciocca di capelli, inspirando. – Lo diceva, lui, che eri intelligente. Sì, è così: la morale dipende dal contesto. È proprio per questo che ho eliminato il concetto stesso di "contesto", facendo crescere Eve in una Stanza Bianca. Una volta isolata, non ho potuto far altro che darle idee preconfezionate e scelte da me, per quanto arrogante potesse essere. Queste idee presentano il medesimo concetto alla base: "vivi ferendo il minor numero possibile di esseri viventi". Se in futuro ci saranno conflitti tra i discendenti, saranno loro stessi ad agire sulla base di questi insegnamenti, perché non conosceranno altre possibili opzioni.

Eddie sentì quelle parole immobilizzarlo sulla sedia, crudeli nella loro irruenza.

– Come ti ha già detto Karl, lasciare agli esseri umani la libertà di scegliere porta alla rovina. Le nostre visioni si sono intersecate anche in questo caso: se è vero che lui ha stabilito il controllo dei corpi, in futuro io avrò stabilito il controllo delle menti.

Lui percepì la testa girargli, trascinata dal caos che sembrava pervadere ogni centimetro della donna di fronte a sé. – Ma non puoi saperlo adesso. Non puoi prevedere il futuro. Un giorno verrà al mondo qualcuno che deciderà di spaccare la testa a qualcun altro con un sasso, e sarà inevitabile. Il dolore è sempre inevitabile. – Gli umani non sono algoritmi, pensò ancora una volta, senza dirlo.

– No, ti sbagli. Il dolore fisico è inevitabile, come può esserlo quello di una malattia, o quello dei semplici dolori mestruali di Eve.

Iris fece una pausa, lasciandogli incamerare quelle informazioni. – Lei sa riconoscere quel tipo di sofferenza, e le abbiamo insegnato ad associarla al naturale essere umani. Ma il dolore provocato da un essere umano su un altro, quello si può evitare. O almeno, io ho posto delle condizioni iniziali. Il resto è solo un calcolo di probabilità.

La donna aprì le labbra in un debole sorriso, concludendo il proprio discorso. – Questa è la mia scommessa, Edin. Come avrai già capito, il tuo ruolo sarà abbastanza limitato, perché non sei cresciuto puro come Eve. Ma puoi decidere se scommettere con me di tua volontà, o se farlo forzatamente.

Il suo petto vibrò sotto il peso di quella minaccia, e quasi non si accorse delle braccia forti di Xander, tornato a raccoglierlo come un vecchio cencio, per portarlo di nuovo nella sua prigione bianca.

Poco prima che la porta si chiudesse, Iris gli si avvicinò. A occhi chiusi, la percepì fermarsi accanto a sé, sullo stipite. Gli posò una mano sulla spalla, ed Eddie si sentì quasi bruciare in quel punto. La donna parlò con un tono basso e suadente, che si insinuò prepotentemente nei suoi timpani.

– Ti chiedo solo di rifletterci a fondo, capostipite.

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