23. LE COSTELLAZIONI

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Il locale era piccolo e molto grazioso. I colori che dominavano l'ambiente era un azzurro splendente e un delicato color panna. Notai che c'erano vari tavolini e che solo uno era occupato da un ragazzino che stava ascoltando della musica dalle cuffie, muovendo avanti e indietro la testa ritmicamente. Ethan andò direttamente al bancone dietro cui stava una ragazza dai capelli corti e i grandi occhiali da vista.

-Ethan, bentornato!-

-Ciao- disse lui –per me il solito- poi si voltò verso di me –cosa desideri?-

-Cioccolata al latte-

-Bevete qua o sono da asporto?- chiese la giovane, scrutandomi con attenzione. Uno sguardo che non mi piacque. Mi chiesi se tra lei ed Ethan ci fosse qualcosa, poi mi costrinsi a scacciare questa idea.

-Da asporto- si affrettò a dire Ethan.

Lo fissai sorpreso e lui mi strizzò l'occhio, come se fossimo due complici in qualche gioco. Sorrisi. Non mi dispiaceva essere sua complice.

Dieci minuti dopo stavamo uscendo dal bar con i bicchieri da asporto in mano.

-Sono proprio curiosa di sapere dove mi vuoi portare- gli dissi, bevendo un sorso della mia cioccolata. Il sapore delicato mi accarezzò il palato, provocandomi un leggero brivido di dolce piacere. Era davvero buonissima. Non ricordavo di aver bevuto nulla di simile negli ultimi tempi.

-Ti piace?- mi chiese Ethan.

Annuii. –Molto... però non hai ancora risposto alla mia domanda-

-Piccola dolce fanciulla insistente- esclamò lui –ti voglio portare nel mio rifugio, nel luogo dove vado quando... mi sento un po'... quando voglio stare solo- si corresse.

-Sono proprio curiosa di vederlo allora- gli risposi, rendendomi conto dell'importanza di quelle parole. Il ragazzo che mi piace da sempre sta per portarmi nel suo luogo speciale. Vuole condividere qualcosa con me. E io non gli avevo detto il mio segreto, la mia malattia. Deglutii e cercai di non sentirmi in colpa. In fondo il giorno dopo sarei partita per il college, probabilmente non avrei mai più rivisto Ethan.

-Spero che ti piaccia- mormorò, portandosi il suo bicchiere alla labbra. Ne bevve un lungo sorso e potei vedere il suo pomo d'Adamo che si muoveva mentre deglutiva.

-Com'è?- gli chiesi.

-Perfetto come sempre- si voltò verso di me –lo vuoi provare?-

Mi chiesi se era il caso. E poi mi dissi che sì, se volevo farlo, perché trattenermi? Il tempo dell'indugio era finito. Ora dovevo solamente osare.

-Allora?- m'incalzò Ethan.

-Dai qua- presi il suo bicchiere e ne bevvi un sorso. La prima cosa che sentii fu il dolce sapore della cioccolata... e poi il bruciore. Feci una smorfia ed Ethan si affrettò a prendere in mano il suo bicchiere. Un sorriso divertito sulle labbra. Fu in quel momento, mentre la mia bocca andava a fuoco che compresi. –Peperoncino!-

-Cioccolata al peperoncino-

Mi affrettai a bere un lungo sorso della mia cioccolata. –Perché non me l'hai detto!- mi lamentai.

-Volevo farti uno scherzo- replicò lui, ridacchiando.

-Sei tremendo, ti dovrei svuotare la mia cioccolata in testa- replicai, ma la rabbia era già scomparsa e stavo ridendo anch'io. Non mi ero mai sentita così bene, così viva.

-Mi farò perdonare portandoti nel luogo migliore del mondo-

-Lo spero per te-

Cosa posso dire? Aveva ragione Ethan. Non appena vidi la città che brillava nel buio non potei che dargli ragione, quel luogo era davvero fantastico. Si trovava poco fuori città, su una piccola collina. Alti e maestosi alberi si ergevano intorno a noi.

-Che te ne pare?- mi chiese Ethan.

-Meraviglioso- sussurrai.

-Vieni- posò con delicatezza la mano al centro della mia schiena nuda, provocandomi un leggero brivido. La sua pelle era calda e leggermente ruvida. Mi ritrovai a pensare che era piacevole farsi toccare da lui. Un pensiero che mi fece avvampare. Sì, mi sentivo viva e in quel momento non riuscivo proprio a credere che qualcosa avrebbe potuto farmi male. Lasciai che Ethan mi spingesse dolcemente fino a una panchina di pietra, dove ci sedemmo. Dovetti fare attenzione che l'abito non si sollevasse troppo. Ethan tolse la sua mano dalla mia schiena, provocandomi una sensazione di freddo. Mi sforzai d'ignorarla e mi concentrai su ciò che c'era davanti a me.

-Sembra un secondo cielo stellato- mormorai, indicando la città illuminata.

-In un certo senso lo è- concordò Ethan, spalancando le braccia e appoggiandole allo schienale della panchina. Sentii la sua mano sfiorare i miei capelli. Provai un brivido. –Però nulla è all'altezza del cielo vero e proprio-

Sollevai lo sguardo, il cuore che mi martellava nel petto, consapevole più che mai della calda presenza di Ethan accanto a me. Le stelle brillavano perfette su quel manto scuro. Qualcuna pareva anche ammiccare, come se fosse contenta del fatto che finalmente anch'io frequentavo un ragazzo.

-Il cielo notturno è una delle cose più meravigliose che ci sia al mondo- commentai con un filo di voce –a volte mi chiedo cos'ha pensato il primo uomo che ha alzato la testa e lo ha osservato veramente, chiedendosi cosa fosse-

-Sarà rimasto incantato- mormorò Ethan –conosci le costellazioni?-

Mi ritrovai a scuotere la testa. –Le ho lette sui libri, ma non saprei riconoscerle- ammisi.

-Quella per esempio è Cassiopea- mi disse, indicando un punto –è facile da riconoscere, perché è una M capovolta-

Annuii, scrutando il cielo. –Cassiopea, la madre di Andromeda?- chiesi. Conoscevo molto bene gli antichi miti.

-Esatto, secondo gli antichi fu condannata a restare legata al proprio trono a causa delle sua vanità, Cassiopea è eternamente intenta a giocherellare con i capelli- si fermò un attimo e mi sorrise. Solo in quel momento mi resi conto che anch'io stavo giocherellando con i capelli.

-Sarò sua parente- gli risposi, stringendomi nelle spalle.

-Possibile, era certamente bellissima- ignorò il fatto  che fossi avvampata e proseguì -inoltre è costretta a girare eternamente intorno al polo celeste, a volte addirittura capovolta-

-Una posizione infelice-

-Poco dignitosa, questo è parte della punizione- aggiunse –la costellazione è visibile tutto l'anno, ma preferibilmente nelle notti autunnali-

-Beh, è quasi autunno-

Ethan ridacchiò. –Sì, ed è attraversata dalla Via Lattea-

-E dove si trova Andromeda?- chiesi, curiosa.

-Là- spostò il dito –più a sud rispetto alla madre, ha la forma della lettera A-

-La principessa che fu salvata dal mostro grazie all'intervento di Perseo- ridacchiai.

-Cosa ci trovi di così divertente?- mi chiese Ethan, curioso.

-Nulla... non so se lo troveresti divertente- ammisi.

-Mettimi alla prova- fece ricadere il braccio lungo il fianco –sono curioso-

-Beh, magari Andromeda non voleva farsi salvare da Perseo, forse le andava bene stare con il mostro- mi sentii sciocca mentre lo dicevo. Non era il caso di condividere quei folli pensieri.

Inaspettatamente Ethan annuì. –Potrebbe essere, gli eroi sono sempre un po' esagerati, non tengono mai conto dei pensieri degli altri-

-Pensa se Andromeda si fosse innamorata del mostro- esclamai, felice di poter condividere con qualcuno i miei assurdi pensieri. Beh, a mia discolpa avevo passato gli ultimi tempi quasi sempre da sola.

-Sarebbe stato divertente-

-Povero Perseo!-

-Ne avrebbero riso perfino le stelle-

Lo fissai sorpresa.

-Era una cosa che diceva sempre mia madre: perfino le stelle ridono di noi esseri umani- spiegò Ethan. Sua madre. Ripensai alla lapide con i due nomi sopra. I suoi genitori probabilmente.

-Io oserei dire che perfino le stelle fanno l'occhiolino- replicai, vedendole sfarfallare.

-Proprio così, sono nostre complici- e restiamo così, lo sguardo verso il cielo, a osservare le stelle.


NOTE DELL'AUTRICE:

Ciao!

Cosa ne pensate di questo appartamento?

A presto

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