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Settembre

Questi tre sono...

Gli occhi di Nereo non riuscivano a scollarsi dallo schermo del tablet, tanto da spaventarsi quando Nadia si affacciò dietro le sue spalle.

«Chi sono questi ragazzini?» domandò, «Come mai li stai guardando?»

«Sono quelli con cui ho fatto la prova», rispose senza nemmeno guardarla,«mi hanno messo in difficoltà.»

La ragazza sembrò interessarsi. Si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, piegò le labbra in una smorfia, «Perché quello è vestito da vampiro e urla?»

«Si chiama growl, amore.»

«Quello che ti pare, ma è strano. Quanti anni hanno?»

Lui sospirò, «Questo qui si chiama Jean, deve fare quindici anni. Quella che pare Samara e l'altra bionda hanno la nostra età.»

Nadia sgranò gli occhi, piantandoli di colpo su di lui, «Quindici anni? Non è un po'...»

«Sì, è un piccoletto, ma ti assicuro che ha personalità. Mi si è rigirato come un calzino, volevo tornare a casa, ma ho fatto la prova e me ne sono andato convinto che sarei entrato nel gruppo.»

Sapeva cosa stava per obiettare la sua ragazza, «Però sono passate due settimane, e ancora non li hai richiamati.»

Aveva ragione, Nereo era stato preso da un'indecisione che non faceva parte di lui. Non voleva lasciarla sola, avrebbe voluto starle vicino la sera, ma allo stesso tempo sentiva il desiderio di avere di nuovo a che fare con quei tizi così strani.

Avevano qualcosa di diverso rispetto alle persone con le quali si era trovato nel corso della sua vita.

Quel Jean era magnetico. Un ragazzino bello come il Sole, tanto sicuro di sé da sembrare un trentenne nei modi. Affabile, capace nel relazionarsi con gli altri, era certo che fosse lui a trainare quel trio.

I commenti su Instagram erano pochi, ma gli davano ragione: era lui a interagire con il pubblico, e lo faceva anche bene.

Com'è possibile che questo moccioso sappia stare in mezzo alla gente, e io no?

Le dita di Nadia s'infilarono tra i suoi capelli, «Perché non li chiami? Che aspetti?»

Nereo fece spallucce, «Non lo so.»

«Sei timido fino a questo punto?»

Non sono timido, sono insicuro.

Non lo disse. Posò il tablet e si alzò, allontanandosi per riflettere. E non si accorse che Nadia s'impossessò del dispositivo.

*

Un giretto a Ostia quella domenica non gliel'avrebbe tolto nessuno. Il caldo li aveva invogliati a uscire di casa e l'aria di mare sembrava avere la capacità di placare il tumulto interiore di Nereo, che gustava un gelato seduto su un muretto di cemento con gli occhi fissi sul tramonto.

«Perché non ci facciamo un weekend al mare? Fa ancora caldo.» Nadia tirò una leccata al suo cono, e Nereo sentì la voglia farsi strada in lui.

La soppresse, «Non ce lo possiamo permettere. Magari il prossimo anno.»

La vide abbassare lo sguardo, ma non ebbe il tempo di chiedere nulla: il suo telefono vibrò nei jeans.

Gettò lo sguardo sul dispositivo, e rimase sorpreso: Nadia glielo strappò dalle mani e si alzò accostandolo alla guancia.

Nereo la guardò esterrefatto e la seguì.

«Ma che fai?»

Lei portò un dito alle labbra, e tornò a rivolgersi al dispositivo, «Sì, siamo qui vicino alla capannina. Allora vi aspettiamo.»

Riattaccò e glielo rese, «Aspettiamo qui.»

«Aspettiamo, chi? Nadia, che stai combinando?»

Il sorriso che le rivolse spense qualsiasi moto di ribellione in lui.

«Una sorpresa.»

Non gli restò che sedersi e attendere, con la curiosità che gli faceva voltare la testa di qua e di là, senza la minima idea di chi dovevano aspettare. Finché non riconobbe le quattro figure che avanzavano verso di loro.

Ma quello è... Jean?

Nadia si alzò, sorridente, «Ciao!»

Il giovane ricambiò il sorriso, tirando fuori dalla tasca una mano. Quando fu abbastanza vicino, accostò le labbra a quella di Nadia, «Ciao a te.»

«Ehi!» esclamò Nereo.

«Avete scelto una bella location per concludere l'affare. Magari un po' lontano...» commentò il ragazzo con una mano tra i ricci castani. Nereo lo odiò per un breve attimo, finché quello non gli sfiorò un gomito, «Allora, hai preso una decisione?»

Capì solo in quel momento cosa era successo: Nadia si era messa in mezzo.

Lo faceva sempre: lui aveva paura? Lei gli sbloccava la situazione.

«Sono ancora un po' indec...»

«Ah, non rompere!» La sua ragazza lo sovrastò, «Sì che vuole entrare nel vostro gruppo, si vergogna e basta.»

Ashley e Cass si scambiarono uno sguardo enigmatico, Seth alzò appena gli occhi su di lui. Nereo vide Nadia catalizzare l'attenzione su di lei, e intuì che stesse per chiedere qualcosa.

«Sì, è vero», disse per interrompere eventuali domande della ragazza, «Non ho mai suonato in una band, ho solo fatto jam session nei momenti morti.»

«Beh, anche noi. Questa è la prima band che abbiamo», ribatté Jean, «Ma come ti ho detto già, è solo una scusa per starcene insieme in santa pace. A naso ci piaci, penso che potremmo andare d'accordo.»

«Sì», confermò Cass, «sembri abbastanza disadattato, ma bisognerà frequentarci per capire se sei davvero fuori di testa come noi.»

«Niente chimica, niente band», sentenziò Ashley, tirando fuori le sigarette dalla tasca posteriore della salopette.

...disadattato?

«Ok, ho preso un tavolo, ci facciamo una pizza e vediamo se ve la intendete, che dite?»

L'intraprendenza di Nadia di nuovo lo mise in secondo piano. Quasi la odiò.

Jean si voltò verso Seth, che abbassò il capo.

«Ok», rispose col sorriso di chi la sapeva lunga.

*

Quando Nereo mise piede in casa, il nodo all'interno dello sterno si sciolse, e ringraziò il cielo che quella serata fosse terminata. Ma doveva ancora scambiare due parole con Nadia.

«Come ti è venuto in mente?» le domandò una volta chiusa la porta a chiave, «hai esagerato, stavolta.»

«Senti», lei scosse il capo, «quelli ti avevano colpito, non era la prima volta che guardavi quel profilo. Ti conosco abbastanza.»

«Invece non hai capito niente!» Non voleva dargliela vinta.

La ragazza portò le mani sulla vita, «Ah no? Spiegami, allora. Come mai stavi fisso sul loro profilo da giorni?»

Già, come mai?

Nereo rifletté. Jean lo aveva incuriosito, e anche dopo quella serata non era ancora riuscito a inquadrarlo al meglio. Seth gli aveva fatto tenerezza, con la faccia sfregiata da quel taglio che nascondeva chissà quale passato. La freddezza di Ashley era in pieno contrasto con la rabbia di Cass, due personalità del tutto differenti a prima vista.

Erano particolari, certo. Molto.

Tre ragazze così taciturne non le aveva mai viste. Era stato abituato a osservare le tipe più grandi civettare coi ragazzi delle classi che aveva frequentato, oppure pigolare tra loro in allegria e leggerezza, e a volte aveva avuto il sospetto di essere l'oggetto delle loro stupide chiacchiere.

Ma attorno a quelle tre aleggiava una strana atmosfera. Oscura, pesante, quasi opprimente, bilanciata dall'apparenza conciliante di quel mago dei rapporti umani, che rispondeva al nome di Jean Michel.

Gli piaceva.

Si ritrovava in quell'atmosfera cupa, e nemmeno lui capiva il perché.

Sono più interessanti della gente normale. Sento che nascondono qualcosa, tutti e quattro.

Ma allora perché si sentiva tanto inquieto?

Alzò le mani a mezz'aria, «E va bene, hai vinto te. Tanto hai sempre ragione te.»

Un sorriso di trionfo prese corpo sul viso di Nadia, «Quindi lo farai? Ti unirai a loro?»

«Sì», Nereo era esasperato, «suonerò con loro, se mi vorranno. Sei contenta?»

«Sì. E sono pure incinta.»

Fu come sentir suonare un gong direttamente nel cervello. Nereo spalancò gli occhi, stordito. Forse aveva capito male.

«Che hai detto?»

«Hai capito benissimo. Sono incinta.»

Per un attimo fu come se il tempo si fermasse, e l'ansia prese subito possesso della mente del ragazzo. Iniziò a tremare, «Ma... com'è possibile?»

«Vuoi che ti spieghi la storia delle api e dei fiori?»

«No, no... volevo dire... cazzo, che casino!»

Strinse i capelli tra le dita, il torace stretto in una morsa che gli impediva di respirare, i tremolii aumentarono e il sudore gli imperlò la fronte.

Tutto prese a girargli intorno come se lui fosse l'occhio del ciclone, si sentì malfermo sulle gambe e lo stomaco si attorcigliò per uscirgli dalla bocca.

«Ehi», una mano di lei gli toccò la spalla, «non è la fine del mondo, dai.»

No? Cazzo, è incinta!

«Ma non capisci?» domandò lui, «Questo è il momento peggiore! Lavoro solo io, e... tu stai studiando!»

«Ma che dici, è proprio il momento migliore! Quando avrò finito di studiare, il bambino sarà grande e potrò lavorare senza problemi! Andrà già a scuola, avrei tutte le mattine libere, e il pomeriggio potrei lavorare da casa. Calmati due secondi e ascoltami!»

Nereo le piantò gli occhi addosso. Era terrorizzato.

Nadia gli accarezzò il viso, «Devi fare qualcosa per questa tua insicurezza, Nero. Non puoi mica prendere così male ogni minima cosa che...»

«Minima? Hai idea di cosa significhi?»

Lei ci pensò su, «Beh, no, ma è successo. Si vede che doveva succedere, punto. Conosco gente che ci prova per anni e non gli viene, invece a noi, tac!»

Il ragazzo si portò una mano alla fronte, «Che tragedia, cazzo.»

«Insomma, finiscila! Mi hai stancato con questa paura della vita!» Nadia esplose, «Non puoi andare avanti in questo modo, io non intendo vivere col freno a mano tirato, chiaro? Mi avevi detto di sognare una famiglia, e vorresti farlo così?»

Il ragazzo rimase di stucco: Nadia non si era mai arrabbiata a quel modo con lui.

Cercò d'immaginarsi da fuori, e ciò che figurò la sua mente non gli piacque.

Era un uomo che frignava come un bambino piccolo, impaurito da qualsiasi cosa. L'unica cosa per cui si era mosso era lei, quella notte nel locale, quando l'aveva vista per la prima volta.

Aveva sempre pensato di aver fatto la cosa giusta, e adesso?

Avrebbe rinnegato tutto perché lei era incinta?

Inspirò a fondo, il respiro tremò nella cassa toracica, «...hai ragione.»

Annuì con lo sguardo fisso nel vuoto.

Questa è l'occasione giusta per comportarmi da uomo e dimostrare che non sono bravo solo nel lavoro.

La vide sorridergli, «Non vedo l'ora», gli disse.

Annuì, «Sì, anche io.»

L'abbracciò.

Non vedo l'ora di dimostrarti che valgo qualcosa, almeno come padre.

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