3.

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

Agosto

«Bentornato!»

La voce squillante di Nadia lo raggiunse sulla soglia, e lui sorrise.

«Bentrovata», rispose, «come va?»

Lasciò la valigetta all'ingresso e sfilò la giacca, sbottonando le maniche della camicia. Allentò la cravatta mentre si avvicinava a lei.

Da quando era andata a vivere con lui, quella casa aveva assunto un'aria diversa. Non gli pesava passare quel mese di agosto a casa, senza fare nemmeno un weekend di vacanza. La sua vacanza era lei, e questo gli bastava e gli avanzava.

Nereo amava destarsi al mattino e trovarla vicino, ancora addormentata. Amava essere lui a svegliarla, prenderla in giro per i capelli scompigliati e gli occhi gonfi, farci l'amore appena poteva.

Stava diventando una droga, ma la sua razionalità gli diceva che era normale. In fondo era la prima storia della sua vita.

La vide affaccendarsi tra i fornelli, e si preoccupò: l'ultima volta aveva rischiato di mandare a fuoco la cucina.

Forse è il caso di prendere quei cosi elettrici, al posto del gas.

Le baciò una spalla, «Hai studiato, oggi?»

«Sì, e non solo.»

«Che altro hai combinato?»

Nadia tentennò, «Beh... ho provato a fare il pollo con le patate, vedi il forno?»

Il ragazzo guardò la colonnina, dove in effetti l'elettrodomestico risultava acceso.

«Guarda che se accendi la ventola, vengono meglio.»

Gli occhi di lei lo fissarono con una nota di fastidio, «Grazie, adesso te ne vai e mi lasci fare?»

Il ragazzo sorrise, divertito. Prese il tablet dalla valigetta e si sistemò sul divano a due posti, aprendo il sito degli annunci.

«Non vai a suonare di sotto?» domandò Nadia.

«Non mi va, voglio dare un'occhiata alle case.»

Si era reso conto dopo appena due giorni dal trasferimento di lei che quella casa sarebbe stata troppo piccola per due persone. Senza contare il suo guardaroba infinito, che aveva quasi fagocitato tutto lo spazio nell'armadio.

La ragazza annuì, «Sì... fai bene.»

Nereo scosse il capo. Gli annunci non soddisfacevano le sue richieste. Avrebbe avuto bisogno di spazio per la batteria tenuta in garage, ma non poteva permettersi di spendere troppo. E poi preferiva una casa in campagna, isolata per poter suonare quanto gli pareva e piaceva anche di notte, senza rompere a nessuno.

Ovviamente doveva essere un trilocale, almeno, e magari con un piccolo portico, visto che Nadia passava tanto tempo sul balconcino ormai pieno di piante.

E poi avrebbe potuto stendere i panni fuori, senza inumidire le pareti di casa. Senza contare che...

Oh. E questo?

Si fece più attento nel leggere un annuncio diverso, tanto da modificare la sua postura sul divano.

«Trovato qualcosa?» La sua ragazza si avvicinò per sistemare i piatti sul tavolo. Doveva averlo capito dal suo sguardo.

«Dipende», rispose lui, «non è una casa, ma... sembra interessante.»

Lei rimase in attesa.

«C'è un tipo che cerca musicisti per una band, tra cui un batterista.»

«Oh», mormorò lei, «Beh, ti piace l'idea?»

Nereo esitò. Certo che gli piaceva l'idea, lui che prima di conoscerla usciva solo la sera in cerca di jam session per locali.

«No», rispose.

Lei sgranò gli occhi, «Perché?»

Il ragazzo scrollò le spalle, «Sto già via tutto il giorno per lavoro, non mi va di lasciarti sola anche la sera.»

«Senti», lo guardò negli occhi, «è una cosa che ti piace fare, non staresti via tutte le sere, no? E magari riesco a impossessarmi del divano e guardare un po' di trashate.»

«No, dai...»

«Posso venire con te, qualche volta.»

L'espressione di Nereo cambiò. Si sfilò la cravatta, alzandosi, «Ci penso.»

*

Questo palazzo avrebbe bisogno di una ripassata.

Marino era un paesino medievale dei Castelli romani, e Nereo l'aveva raggiunto in una decina di minuti. Niente traffico dopo cena, giusto un giro in più tra i sensi unici del posto per trovare l'edificio giusto.

Non si aspettava certo una costruzione come quella, coi muri scrostati e la porta d'ingresso in vetro e ferro battuto. Non c'era nemmeno un'insegna a segnalare la sala prove indicatagli da quello strano tipo con cui aveva parlato al telefono.

Aveva quella erre moscia che proprio non mi ha convinto. E poi... boh, sembrava un ragazzino.

Gli aveva garantito di avere tra le mani una batteria e delle bacchette, quindi non aveva portato nulla con sé. Aprì la porta, infilando la testa all'interno.

«Permesso?»

Una melodia infernale lo colpì come un pugno dritto in faccia, stupendolo. Sorrise d'istinto quando la riconobbe, tanto da farsi coraggio ed entrare del tutto, chiudendosi la porta alle sue spalle. Una rampa di scale scendeva verso il basso, e dal corridoio sottostante si affacciò quella che sembrava una ragazza in abiti scuri.

Non fece in tempo a dire nulla che quella rientrò in una saletta sulla destra.

«Jean! Jean! C'è qualcuno!» la sentì dire a voce alta.

Nereo rimase immobile, in attesa che qualcuno si affacciasse, e la sua pazienza venne premiata: uno strano individuo si fece avanti e salì le scale.

«Ah, parfait!» Si avvicinò, e Nereo notò qualcosa di particolare, a partire dalla camicia bianca che sembrava quella di un vampiro. Gli occhi verdi sembravano brillare, i capelli ricci incorniciavano un viso perfetto, quasi femmineo.

Ma questo qui... quanti anni ha?

Nonostante l'altezza, sembrava giovane. Troppo giovane.

«Tu sei Nereo? Giusto?» domandò.

La erre moscia non lasciò più dubbi a Nereo, che ora era certo di aver parlato al telefono con quella mezza specie di efebo.

«Sì», rispose, «tu sei...»

«Jean Michel, ma Jean andrà benissimo.» Gli strinse la mano in una presa vigorosa. Nereo non avrebbe mai scommesso sulla forza di quel giovane, che si voltò verso il fondo delle scale indicando la ragazza, «Lei è Seth, una mia amica. Vieni di sotto, ti presento le altre.»

Lo seguì con la voglia di andare via già nella testa. Aveva tutta l'impressione che quei due fossero minorenni, e lui, che aveva sempre studiato con gente più grande, si sarebbe trovato in grossa difficoltà con dei ragazzini.

Ma quando entrò nella stanza, rimase colpito dalle ragazze al suo interno. Seduta su una cassa Marshall se ne stava una bionda coi capelli fino alle spalle e una sigaretta spenta in bocca, abbigliata in una salopette di jeans e scarponcini Lumberjack ai piedi. Sotto l'indumento, una semplice fascia bianca a livello del petto.

L'altra gli piantò addosso occhi pieni d'odio, i capelli neri lunghi e per nulla curati la facevano somigliare in maniera inquietante alla Samara di The ring. Il maglione sformato non dava nessuna idea sulla sua fisicità.

«Chi è questo?» domandò in malo modo.

«Lui è Nereo, deve fare l'audizione per il posto di batterista», disse Jean, «Lascia che ti presenti queste due disadattate. La bionda è Ashley, la nostra chitarrista. Questa bestia, invece, è Cassandra. Simpatica come un gatto attaccato ai coglioni, ma dopo un po' si scioglie.»

All'improvviso Nereo si sentì a disagio: quattro paia di occhi lo fissavano curiosi e indiscreti.

«Vuoi iniziare subito, o scambiamo prima quattro chiacchiere?» domandò Jean, prendendo posto su un divano dalla tappezzeria patchwork.

Gli indicò la seduta, e Nereo non se lo fece ripetere due volte. Le altre due ripresero a farsi i fatti loro, la bionda arpeggiando la chitarra, e la bestia su una tastiera più grande di lei, alla quale abbassò i volumi.

Seth prese posto dietro la schiena di Jean, mantenendo una postura molto strana. Sembrava quasi nascondersi, ma Nereo non vi fece molto caso.

«Prima, quando sono entrato... ho sentito i Dimmu Borgir. Stavate suonando?» domandò, incuriosito. Nel suo ambiente non aveva mai avuto molte occasioni per parlare di musica, e apprezzava i generi estremi.

Jean annuì, «Eravamo in pausa, ma piacciono un po' a tutti. Pensavamo di portare qualche cover, così, per cercare un sound che ci possa definire al massimo.»

Nereo inarcò le sopracciglia, «Volete fare un genere così estremo? In Italia?»

Seth gli puntò gli occhi sgranati addosso, silenziosa come un gatto.

«Beh, sì. La band è un pretesto, ci piace passare molto tempo insieme.» Jean era del tutto a proprio agio.

«Andate tutti a scuola insieme?» chiese Nereo.

«Cielo, no», rispose Ashley, «Io e Cass abbiamo vent'anni, lavoriamo.»

Jean sorrise, «Devo farne quindici a ottobre. Seth li ha già compiuti. Credo.»

...credo?

La ragazza abbassò lo sguardo.

Cassandra gli puntò gli occhi addosso, «Beh, ci fai sentire qualcosa, o sei venuto solo a farci perdere tempo?»

«Cass...» richiamò la bionda.

Jean scosse il capo, «Non farci caso, è un po' misandrica, ma poi le passa.»

Nereo inspirò a fondo, «No, ha ragione.»

Si alzò, dirigendosi verso la batteria. Era piazzata su una pedana, e la guardò bene. Le pelli sembravano consumate, forse qualcuna addirittura da cambiare, e le parti in metallo erano un po' annerite.

«Questa è fissa? L'avete trovata già qui?»

Ashley annuì in silenzio, e il ragazzo prese posto. Batté una volta su ogni tamburo, per saggiarne il suono, e poi partì.

Jean gettò uno sguardo ad Ashley, che ricambiò. Guardò poi Cass, che sembrava studiare Nereo a braccia conserte, strette in una morsa.

Seth rimase a fissarlo estasiata, ma Nereo se ne rese conto solo quando terminò.

Gli pesava quel silenzio.

«Ok», Jean avanzò, «vogliamo provare qualcosa insieme? Così, per vedere se ce la intendiamo.»

Nereo sarebbe andato via anche subito, lontano da quei tipi strambi, ma l'idea di suonare lo allettava. Ormai si era scaldato, una piccola jam poteva anche permettersela. Poi non li avrebbe mai più rivisti.

Scrollò le spalle, «Cosa volete fare?»

Seth alzò la mano, «Scelgo io, scelgo io!»

«Ti dispiace se facciamo divertire la pupa?» Jean lo chiese con un sorriso così ammaliante che Nereo non poté rifiutare.

«Bene, bene», la ragazza batté le mani una volta, «Domination

«La conosci?» domandò Ashley.

Cass si staccò dalla tastiera, prendendo posto vicino a Seth.

«Certo», Nereo aggrottò le sopracciglia.

«Dacci il tempo.»

Batté le bacchette in aria quattro volte, e alla quinta partirono. Quasi perse un tempo quando Jean iniziò a intonare il pezzo, e si sentì trascinare in un vortice come mai gli era successo prima di quel momento.

La voce di questo ragazzino, è... pazzesca.

Voltò gli occhi verso Ashley, che plettrava fredda sulla chitarra, come se stesse eseguendo un semplice solfeggio. Steccò solo una volta.

Non arrivarono nemmeno al solo, e rimase incatenato agli occhi di Jean quando questi si voltò a guardarlo.

«Dite un po'», disse poggiandosi al rullante, «suonate questa roba qui?»

«Dipende dal pezzo, ci adattiamo», rispose la bionda, piegandosi sulla pedaliera.

«E avete già scritto roba vostra?»

«Ci trovi su Instagram», Jean sorrise, sicuro di sé. Era sicuro di aver fatto una buona impressione, gli si leggeva in faccia.

Nereo ricambiò il sorriso, e gettò uno sguardo all'orologio.

«Cazzo, devo rientrare.»

Tutti lo scrutarono, «Così di corsa?»

I suoi occhi volarono su Seth, e notò solo in quel momento l'anomalia del suo volto. Una profonda cicatrice le sfregiava la parte sinistra del viso, proseguendo dall'angolo della bocca fino allo zigomo. Sulla pelle ustionata, i segni dei punti di sutura. Gli ricordò il Joker.

«Sì, domani devo lavorare», rispose.

Si avviò alla porta.

«Ehi», si bloccò al richiamo di Jean, «cerca Bloodshed su Instagram. Ci trovi lì.»

Li guardò uno a uno, e annuì. Nemmeno li salutò mentre si avviava per le scale.

Era certo che li avrebbe rivisti molto presto.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro