Prologo

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Fu come se tutte le luci si spegnessero nel preciso istante in cui la osservò entrare nel locale.

E quella chi diavolo è?

Non l'aveva mai vista da quelle parti, lui che invece frequentava quel posto da anni, da quando era alle superiori e aveva iniziato a picchiare sulla batteria.

Non riuscì a staccarle gli occhi di dosso.

Non era sola, ma per lui fu come se lo fosse.

Gli occhi ridevano con la bocca, i capelli scendevano leggeri come nuvole sulle spalle, la pelle risaltava traslucida.

I loro occhi s'incrociarono, e rimase lì, immobile come una statua di cera.

Vide un sorriso rivolto a lui, solo a lui, e per un attimo ebbe la tentazione di abbandonare le bacchette sul tavolo e precipitarsi verso quella ragazza, almeno per verificare che fosse reale e non stesse sognando tutto.

Non gli importava più nulla della jam session che l'aveva tirato fuori di casa, in barba alla tesi che avrebbe dovuto concludere quella notte.

La folla la inghiottì.

Eh, no.

Non poteva farsela scappare. Non gli sarebbe più capitata un'altra occasione come quella.

Seguì il suo istinto, alzandosi.

Aveva l'intelligenza necessaria per laurearsi a vent'anni, per quale motivo non avrebbe dovuto dare ascolto al cuore?

Per una volta nella vita.

Si tuffò fra le persone, facendosi spazio tra un permesso e qualche mi scusi buttati qua e là, per pura formalità. In realtà non gliene fregava niente, non gl'importava nulla di ciò che aveva attorno.

C'era solo lei, quella testa bionda, e il sangue che gli pompava nelle tempie, impazzito come non mai.

Che fosse appena stato vittima di un colpo di fulmine?

Nah, lui era un tipo controllato, uno col sangue freddo, sempre padrone della situazione.

Eppure...

«Cercavi me?»

Si voltò, ed eccola lì, proprio di fronte a lui. Sul viso il sorriso di chi aveva capito tutto.

«Sì», si girò col resto del corpo, «e non so il perché.»

La ragazza gli sembrò stupita, e non poté sentire la risata che emise per colpa della musica sparata nel locale.

Chissà che suono ha.

Lei tornò a guardarlo, facendo spallucce, «Beh, non mi dici come ti chiami?»

Il ragazzo inclinò la testa all'indietro, i capelli lunghi gli sfiorarono le spalle, le iridi nere sparirono tra le palpebre strizzate.

Che idiota.

«Giusto», disse, «mi chiamo Nereo.»

Le porse la mano, ma lei portò le mani dietro la schiena, sottraendosi.

«Sono Nadia, piacere!»

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