Capitolo XI

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Capitolo XI

ՑՑՑ


           Padre Richard saluta i suoi compagni di avventura, stringendo loro la mano e congratulandosi per l'ottima campagna appena affrontata e, con il libro del master di Dungeons & Dragons sotto al braccio, li saluta dando loro appuntamento alla settimana prossima. I ragazzini gli saltellano intorno, pregandolo di svelare loro qualche dettaglio in più sulla trama che li aspetta ma lui, serio, poggia la mano sulla spalla di quello che sembra essere il più grande di loro, e scuote la testa, sorridendo.

   «Non se ne parla. Niente spoiler, è la prima regola.»

   «La prima regola non è divertirsi?», risponde un ragazzino biondissimo con un sacco di lentiggini in faccia.

   «Mettiamola così: sono due regole che coesistono sullo stesso piano. Ora però toglietevi dai piedi o le vostre madri mi accuseranno delle vostre bocciature. Non voglio i vostri brutti voti sulla coscienza!», esclama padre Richard e quelli, raccattando velocemente le loro cose, dileguano ridacchiando, chiaramente impazienti di tornare lì, a giocare col prete.

   Joshua ha osservato quella scena con le braccia lungo i fianchi, annichilito, totalmente incapace di elaborare un pensiero coerente. Ne ha viste tante, in vita sua, ma un prete che fa il master di un gioco di ruolo gli mancava; di certo un'esperienza da annoverare tra le più inusuali mai accadute.

   Robin gli dà una gomitata sul braccio, per attirare la sua attenzione e Joshua, scuotendo la testa risvegliato come da un sogno, si fa trascinare verso il prete che, nel frattempo, ha preso posto su una poltrona imbottita e ha appena aperto il libro del master, sfogliandolo con lo stesso interesse che, probabilmente, dedicherebbe alla Bibbia.

   «Ehi, padre», lo chiama Robin, e quello alza gli occhi dal manuale e aggrotta le sopracciglia. Poi sorride.

   «Robin e... Batman?», chiede, spostando lo sguardo su Joshua che, in un altro momento, non avrebbe trattenuto un sospiro rassegnato di fronte a una battuta tanto triste ma che, nello stato attuale in cui si trova, resta completamente immobile in attesa di capire che accidenti sta succedendo e perché si trovano lì, sul retro del Forbidden Planet, dove le pareti sono ricoperte di poster su D&D, Magic e altri giochi famosi. Sul soffitto, appeso al centro, c'è un lampadario a forma di veliero. Sopra alla testa di padre Richard, invece, c'è una mensola che sembra in procinto di crollare da un momento all'altro: regge alcuni modellini di supereroi e un brucomela in miniatura, con la vernice scolorita sulla faccia, che lo rende decisamente inquietante. Accanto alla poltrona c'è un tavolino comprato nel più economico dei mercatini dell'usato, che si regge su due zampe traballanti, che porta sopra di sé, con una certa resistenza, una lampada a forma di luna piena e qualche carta da gioco rovinata, forse di poco valore.

   A Joshua sembra di trovarsi in un posto completamente distaccato dalla realtà. Non si è sentito così confuso nemmeno quando sono entrati nella biblioteca di Janine.

   «Bella battuta», risponde Robin, atono, poi sospira e si volta verso di lui. «La fa ogni volta che ho qualcuno vicino.»

   «Il che succede di rado», puntualizza padre Richard, con un sorriso machiavellico e Robin lo guarda corrucciato, con le mani ai fianchi, palesemente offeso.

   Joshua continua a non capire.

   «Salve», dice solo, nel tentativo di non fare scena muta. «Io sono Joshua, piacere di conoscerla.»

   «Oh, tu sei Joshua!», esclama il prete e si alza in piedi. È altissimo, sarà almeno un metro e novanta, forse anche qualcosa di più. Ha i capelli scuri, un po' lunghi sotto le orecchie, sopracciglia folte e occhi nerissimi, illuminati da una luce giovanile che Joshua ha visto di rado negli sguardi degli adulti con cui si è interfacciato nel corso della vita.

   Distoglie lo sguardo, per paura di ritrovare la figura che abita i suoi riflessi, in quegli occhi in verità così puri.

   «Mi conosce?», chiede, ma non è sorpreso più di tanto, per quello scocca un'occhiata a Robin e lo vede arricciare le labbra, come fosse mortificato per non avergli detto prima che ha già parlato di lui con padre Richard.

   L'uomo gli mostra la mano e lui gliela stringe. «Certo, almeno per sentito dire. Io e Robin abbiamo parlato molto di te e del tuo piccolo bug di sistema.» Joshua alza le sopracciglia. Quell'uomo è un continuo tentativo di dimostrarsi più giovane di quello che è. Avrà su per giù una quarantacinquina d'anni, forse nemmeno, e vederlo adottare un linguaggio così pratico – soprattutto trattandosi di un prete, lo destabilizza.

   «Be', mi pare di capire che ci crede», gli viene da dire e lui alza le spalle, poi poggia le mani ai fianchi.

   «Non dovrei?»

   «Da quello che so la Bibbia nega che possano esistere spiriti dei defunti che perseguitano i vivi sulla stessa terra dove hanno abitato. Mi corregga se sbaglio.»

   «No, non sbagli, ma ci sono molte cose che la Bibbia dice e di cui ognuno fa una libera interpretazione», risponde padre Richard e Joshua vorrebbe replicare che no, non è così che dovrebbe parlare un prete, ma quello continua e lo costringe a chiudere la bocca. «Dio dà libero arbitrio, anche sul pensiero personale. Non c'è nessuna dittatura che impone al messaggero del signore di seguire alla lettera la sua parola o di essere d'accordo per forza. Ovviamente sta tutto nel buon senso, ed è ovvio che debba essere mantenuta una certa coerenza, soprattutto da parte di un prete, ma lo spirito... oh, che cosa affascinante, no? L'uomo muore una volta sola, ma solo nel corpo e un giorno viene chiamato per affiancare il padre, ma siamo così tanti e ci sono infinite possibilità diverse, e chi dice che debba essere per tutti così?»

   «Mi piacerebbe avere il suo stesso entusiasmo sull'argomento», ammette Joshua e Robin, accanto a lui, tossisce imbarazzato.

   Joshua si rende conto che è già partito all'attacco. Dio e tutte le sue fandonie sono sempre motivo di scontro, per lui e odia con tutto se stesso il fatto che non riesca a trattenersi nel dover per forza mettere in dubbio quello che, chi crede, afferma. Vorrebbe tacere e rispettare il loro pensiero, perché dopotutto non c'è niente di male a vedere le cose diversamente, ma Joshua sa benissimo perché ce l'ha tanto con Dio e padre Richard parla di morti – anime, con il sorriso sulle labbra, solo perché non può vederli. Solo perché il suo ruolo è quello di farle ascendere al cielo e restituirle al suo Dio, ma di fatto non le vede. Non può, non potrà mai e, dunque, non ha la capacità di capire.

   «Dunque siete qui per un dibattito teologico, oppure dovete dirmi qualcosa? Perché io non ho alcuna intenzione di far cambiare idea a nessuno, sulla propria fede», dice padre Richard, ma non sembra arrabbiato, per quanto Joshua si è reso conto di aver subito preso il coltello dalla parte del manico per difendere le sue idee, come se davvero l'uomo gli volesse fare il lavaggio del cervello.

   Guarda in basso per un secondo, deglutisce e conta mentalmente fino a dieci. Non c'è motivo di tirare su lo scudo, nessuno lo sta attaccando. Nessuno lo sta ferendo. Nessuno gli vuole vendere la salvezza.

   «Siamo venuti a chiederti una mano, a dire il vero.»

   «Bene, e in cosa posso esservi d'aiuto, giovani chierici?» Padre Richard sta cercando di alleggerire l'atmosfera, e Joshua lo sa. Sente i suoi occhi puntati addosso, ma non gli restituisce lo sguardo, piuttosto guarda Robin e gli dà il permesso di raccontare all'uomo quello che è successo.

   «Ti ricordi della bibliotecaria di cui ti ho parlato? Della missione che mia madre ha dato a Joshua?»

   Padre Richard annuisce, incrociando le braccia al petto, e Joshua reprime tra le labbra serrate un sospiro. Gli ha davvero raccontato ogni cosa?

   «Siamo andati ad incontrarla e, be', è andata bene. Meglio di quanto potessimo sperare, diciamo.»

   «Nessuna scenata? Nessun attacco di panico?», chiede padre Richard e sembra conoscere profondamente le paure che albergano l'anima di Robin che, prontamente, schiocca la lingua, e risponde che no, nessuno è andato nel panico.

   Joshua reprime un sorriso perché, dopotutto, l'urlo di Robin lo ricorda molto bene.

   «Piuttosto abbiamo un problema da risolvere e ho pensato che tu potessi aiutarci. La ragazza non ricorda nulla del proprio passato, a parte il nome. Da parte nostra abbiamo un disegno che mia madre, al tempo, ha usato come identikit per scoprire qualcosa, chiedendo in giro informazioni su di lei, ma non è riuscita a cavarne un ragno dal buco.»

   «Nulla?»

   «Nulla», risponde Joshua, «L'idea di base sarebbe quella di usare i social network per diffondere l'immagine e magari vederci chiaro.»

   «Un'idea niente male, ma internet è un posto insidioso e pieno di troll!», commenta padre Richard. Lo ha fatto di nuovo: ha di nuovo usato una terminologia giovanile, che però non si sentiva da un po'. «Usatelo con parsimonia.»

   Robin annuisce, come se volesse rassicurarlo e, a Joshua, sembra quasi di vedere un ragazzino che promette al proprio padre che si comporterà bene. Non ha idea di cosa significhi avere quella figura genitoriale, e forse non lo sa bene nemmeno Robin, ma ci ha visto questo, nel loro rapporto e non sente di voler giudicare quel fatto.

   Si chiede come si siano conosciuti, ma forse la verità si trova proprio in quella stanza. Vorrebbe chiedere a Robin come è successo, ma forse è presto. Forse non lo conosce abbastanza per potersi permettere di andare così a fondo in quello che concerne la sua vita privata. Però è curioso, non può nasconderlo.

   «Dunque non sappiamo niente della bibliotecaria e, l'altra idea, era quella di portarla con noi e sperare che qualche luogo potesse rievocarle dei ricordi.»

   «Mi pare un'idea buona. È qui con voi? Ora? Spirito, sei qui? Mi senti?»

   Joshua reprime con tutto se stesso la voglia di infilare la porta e andarsene via, così decide di ignorare quella messa in scena e di rispondere lui.

   «No, non è qui. È intrappolata nella biblioteca, qualcosa la tiene prigioniera lì dentro e non le permette di uscire fuori. Robin pensa che lei possa darci una mano a capire perché. Già trovare una soluzione a questo disagio potrebbe aiutarci ad arrivare allo step successivo.»

   Padre Richard alza gli occhi al cielo, pensieroso. Si tamburella l'indice sul mento, poi fa cenno loro di seguirlo ad un tavolo, dove si siedono.

   «Joshua, prima hai detto che nella Bibbia non esiste alcuna traccia degli spiriti dei defunti o, almeno, non se ne parla mai come fantasmi visibili all'occhio umano, giusto?»

   «Che io sappia, è così. Non le nascondo che le mie continue contestazioni nei riguardi delle sacre scritture non vengono dal caso. Prima di parlar male di qualcosa mi documento a dovere.» Sorride leggermente, un po' compiaciuto, anche se non vorrebbe provare quella sorta di soddisfazione, di fronte a qualcuno che sta cercando di aiutarli.

   Padre Richard arriccia le labbra. «Un sì sarebbe bastato», commenta e Robin sbuffa via una risata, che sembra quasi una pernacchia. Il prete si mette più comodo sulla sedia. «Quando Gesù risorge, si fa riferimento al terrore dei discepoli che pensano, in verità, di vedere un fantasma. È lui a smentire quel fatto, spiegando loro che la sua resurrezione non ha motivo di turbare i loro cuori e che il dubbio è legittimo, ma un fantasma non ha né carne, né ossa. Lui sì.»

   «Dunque...»

   «Dunque non è nella Bibbia che dobbiamo trovare le nostre risposte. Non ancora, almeno», sostiene padre Richard e, piazzando sul tavolo il libro del master di D&D, lo apre e lo sfoglia frenetico. A Joshua dà l'impressione che sappia esattamente quale pagina andare a cercare, come se conoscesse quel libro meglio di qualunque altra cosa.

   Non sa che fare, non sa cosa pensare, non sa come reagire. Un prete che mette da parte la Bibbia, il libro delle risposte, per consultare il manuale del master di un gioco di ruolo dal vivo. «Eccolo qua!»

   Robin e Joshua si chinano sulla pagina che il prete ha appena aperto e lui, indicando un punto, ride soddisfatto.

   Anima divina.

   «Cosa stiamo guardando, padre?», chiede Robin, e dà voce ai pensieri di Joshua che, a differenza sua, ha un tono meno curioso e più confuso.

   «Anima Divina. Il capitolo dedicato agli stregoni di D&D! Proprio qualche settimana fa ho fatto fare ai ragazzi una missione in una vecchia villa abbandonata. La proprietaria era una vecchia signora, il cui spirito infestava le mura domestiche, esortando i visitatori ad abbandonare la casa. I ragazzi hanno dovuto cercare un modo per sconfiggerla o non avrebbero potuto proseguire. Ci hanno messo un po' a capirlo, ma poi ci sono arrivati.»

   «Arrivati dove?», chiede ancora Robin.

   «Alla soluzione. L'anziana donna era in verità una strega che aveva intrappolato la propria anima in un ricettacolo: un'antica sfera di materia oscura che le permetteva di gironzolare liberamente come spirito maligno ma che aveva il limite delle mura architettoniche. In sostanza, non poteva uscire.»

   Joshua sussulta sulle spalle e, tirandosi leggermente indietro, lo guarda con gli occhi sbarrati. Robin alza lo sguardo su di lui, probabilmente preso alla sprovvista da quella reazione.

   «Sta cercando di dirci che l'anima di Janine potrebbe essere rinchiusa in un oggetto nascosto nella libreria?»

   Padre Richard lo indica con un dito e sorride trionfante, palesemente soddisfatto che la sua spiegazione sia stata captata immediatamente.

   «Esattamente!»

   «Quindi, secondo te, se troviamo l'oggetto, saremo in grado di farla andare oltre?», chiede Robin.

   «Purtroppo non possiamo saperlo. Non sappiamo nemmeno se esista un modo di rompere l'incantesimo

   «E non sappiamo nemmeno come sia successo. Perché Janine avrebbe dovuto incatenare la propria anima ad un oggetto? Non è detto che questa sia la realtà dei fatti, magari c'è un'altra spiegazione.» Ribatte Joshua, sospirando. Si accascia sulla sedia e, tutta quella situazione, gli sembra solo un'enorme assurdità. Un prete che dà loro una soluzione plausibile usando un manuale di gioco, Janine che si incatena ad un oggetto per restare sulla terra, ma non ricorda nulla del proprio passato, Robin che sembra già convinto di aver trovato la soluzione, quando la verità è ancora lontana.

   Gli sembra, improvvisamente, di aver perso tutte le forze. Niente ha uno straccio di senso eppure, allo stesso tempo, l'idea di padre Richard non è nemmeno così stupida come sembra solo a sentirgliela proferire.

   Rimangono in silenzio, pensierosi, poi il prete incrocia le braccia al petto e li guarda entrambi.

   «Un conto in sospeso?»

   «Padre, tutti gli spiriti che non lasciano la terra hanno dei conti in sospeso.»

   «Questo è indubbio ma se invece lei lo avesse scelto preventivamente?»

   Joshua tamburella le dita sul tavolo. «Intende che sapeva di dover morire e ha deciso di incatenare la sua anima in un oggetto?»

   «Intendo che è un'ipotesi non così improbabile.»

   Robin sospira, poi scuote la testa, e gli rivolge uno sguardo risoluto. «Non ha senso restare qui a pensare alle possibilità più disparate. Quella del ricettacolo è una buona idea. Potremmo farle qualche domanda a riguardo e vedere come reagisce, no?», chiede, e quando Joshua gli restituisce lo sguardo, non troppo convinto di voler fare quel tentativo, l'altro si morde le labbra, speranzoso.

   Joshua sente ancora lo sguardo di padre Richard addosso e spera con tutto se stesso che sia lui a dire qualcosa. Spera che dica loro qual è la miglior cosa da fare, senza lasciargli quella responsabilità ma, dopotutto, quel compito è stato assegnato a lui ed è lui che decide. Lo hanno stabilito lui e Robin, tacitamente, dal momento in cui hanno deciso di collaborare.

   «E sia. Andiamo a cercare questa sfera di materia oscura

Fine Capitolo XI


(Questo capitolo partecipa al COWT12 (M3) indetto da Lande di Fandom con i prompt  "brucomela, luna piena, dubbio, poltrona imbottita")

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