22.2

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Domenica mattina, sono ancora distesa nel letto con indosso il mio comodo pigiamino ed il telefono incastrato nell'orecchio.

«Vuoi uscire a fare un giro oggi?»

Ben e la sua voce sexy-assonnata mi parla dall'altro lato della cornetta.

Ci stiamo riprovando, ma la strada da percorrere è ancora lunga.

«Faccio colazione e ti aspetto?» Chiedo.

«Mi preparo ed esco di casa, ho una cosa importante da dirti.» Mi avverte con fare imbronciato.

«Ok, a più tardi.» Dico terminando la telefonata, rassegnata al suo umore.

Stacco il telefono dall'orecchio e decido di scendere giù in cucina per avvertire i miei genitori.

«Mamma!» Esclamo una volta raggiunta la cucina.

«Figlia.» ricambia il mio saluto.

«Buongiorno Riley.» Dice mio padre, facendomi avvertire la sua di presenza.

«Buongiorno anche a te, papi.» ricambio il saluto, schioccandogli un piccolo bacio sulle guance.

«Seth?» Chiedo.

«Sta ancora dormendo.» Replica mia madre.

Siedo con loro al tavolo in cucina e cominciamo a gustare la nostra colazione.

«Appena finisco di mangiare, credo che uscirò a fare un giro.» Li avverto distrattamente.

«Da sola?» Domanda curioso mio padre.

«No, non voglio mentirti papà, ma ho iniziato a vedermi di nuovo con Ben.» Confesso nervosa.

«Di nuovo!» Esclama con voce atona.

«Io non ti capisco, sul serio Riley! Fai un pò come ti pare mia cara, da oggi in poi non sprecherò più fiato. Posso sapere almeno dove andrete, o chiedo troppo?» Si lamenta, storcendo il naso.

«Non abbiamo programmi in mente, credo che faremo un giro in scooter, sicuramente.» Rispondo.

«Indossate il casco e guida tu lo scooter dato che il signorino non ha ancora il patentino per guidarlo.» Mi sgrida con tono severo.

«Ok papà, ho tutto sotto controllo.» Scappo su, via dal suo interrogatorio, decidendo di prepararmi, in modo da non lasciare Ben solo in compagnia di mio padre, quando suonerà alla porta.

Mezz'ora più tardi sento suonare il campanello, stringendo in una mano la borsa e in un'altra il giubbotto, mi fiondo giù per le scale pronta ad accoglierlo.

«Salve Signore.» Lo sento salutare mio padre che gli ha garbatamente aperto la porta.

«Sono pronta!» Urlo mentre li raggiungo.

«Va bene, noi usciamo. Ciao papà.» Lo saluto velocemente, prendendo Ben per un braccio e spingendolo con forza fuori casa.

«Arrivederci.» Lo sento dire garbatamente verso mio padre, mentre raccolgo le chiavi del mio scooter arancione da dentro la borsetta.

«Guido io, dai sali!» Esclamo, invitandolo a muovere dei piccoli passi verso la mia direzione.

«Te lo puoi anche scordare, sei una schiappa alla guida.» Mi guarda sorridendomi.

«Muoviti scemo, che mio padre ci sta ancora guardando.» lo spavento, ottenendo la reazione che speravo.

«Destinazione?» Chiedo una volta acceso il motore ed esserci incamminati in strada.

«Paradiso.» Lo sento scherzare, facendo scorrere le sue maliziose mani sulle mie gambe, prendendosi gioco di me.

«Dico sul serio, scemo.» Sussurro imbarazzata spostando il mio sguardo sullo specchietto retrovisore per guardarlo.

«La vecchia villa del signor Roger?» Propone continuando a percorrere le mie gambe con le sue dita.

Ed io ci provo a rimanere concentrata sulla strada, mentre le sue dita si intrufulano furtive all'interno dei miei leggins.

Sfiora la mia intimità attraverso il tessuto delle mutandine, ed il mio corpo ha un fremito.

Sposta il leggero cotone, e finalmente giunge a destinazionne.

<<Non distrarti Riley!>> sussurra monello al mio orecchio, quando nota i miei occhi socchiudersi dallo specchietto retrovisore.

Ansimo lievemente quando le sue lunghe dita si bagnano della mia eccitazione, e siamo quasi arrivati a destinazione quando prende a farle danzare dentro di me, dentro e fuori.

<<Oddio!>> sussurro su di giri, fermando lo scooter, provocando un suo ghigno soddisfatto.

<< Siamo arrivati dolcezza!>> si prende goco di me, staccando le mani dal suo assalto, scendendo giù dallo scooter con un balzo.

Siedo sui vecchi sedili impolverati di un auto abbandonata, mentre osservo Ben camminare nervosamente sulla stradina sterrata all'esterno del casolare.

«Cosa dovevi dirmi?» Alzo il tono di voce per farmi sentire.

«Ho litigato con mio padre.» Confessa, mentre mi perdo ad osservare le grandi travi in legno che compongo il tetto di questa villa abbandonata.

«Che è successo? Racconta.» Chiedo dolcemente quando prende posto al mio fianco.

«Devo trasferirmi. Capisci che vuol dire? Vuol dire che non potrò più essere il ragazzo che abita in fondo alla strada, che non posso più farti le improvvisate e venire a bussare alla tua porta alle due di notte soltanto per vederti. Significa che se prima potevo controllare qualsiasi cosa tu stessi facendo, come il fottuto paranoico che sono, adesso dovrò stare ore ad aspettare un maledetto autobus per poterti vedere, invece che partirmi a piedi da casa mia e raggiungerti, perché tanto sei sempre stata dietro l'angolo.

Capisci che vuol dire questo cambiamento per me?

Non posso sopportarlo.» straparla.

«Ma dove andrete a stare? È già tutto confermato?» Chiedo sorpresa.

«Ci trasferiremo in centro città Riley, a circa tredici chilometri da qui.» Dice, mentre si sofferma un attimo a pensare...

«Il bastardo confessa soltanto adesso, che ha già trovato un acquirente per la nostra casa, ma ti rendi conto? Senza nemmeno consultare me o i miei fratelli.» Alza il tono di voce.

«Tesoro dai, non fare il melodrammatico. Starai a soli venti minuti da qui. Ci vedremo ugualmente tutti i giorni, quando non potrai venire tu, ti raggiungo io. Ci sentiremo costantemente e tutto andrà per il meglio.» sorrido provando a confortarlo.

«Io lo so già che impazzirò, mi conosco bene, devo sempre avere tutto sotto controllo...

Eh, impazzirò sicuramente.» Continua a straparlare, guardando al di fuori del casolare.

«Ti amo patato.» Confesso, ordinandogli con un semplice gesto della mano di avvicinarsi.

Lo vedo sorridere tristemente, inginocchiarsi e le sue mani come calamite si soffermano dolcemente al mio volto.

Fa scontrare i nostri nasi, e sfiorando le mie labbra con le sue sussurra, chiudendo i suoi occhi tormentati, un romantico «Ti Amo» .

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