17. The match

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Quando il lunedì successivo andai a scuola, i miei occhi erano ancora arrossati dal sapone e il netturbino aveva ufficialmente portato via la mia copia de Il ritratto di Dorian Gray.

Ormai non mi dispiaceva quasi più.

Sapevo che era solo un libro, ma non avevo tanti soldi a disposizione per me, se non i resti della spesa: mio padre mi concedeva denaro solo quando ne avevo strettamente bisogno, quindi di rado.

Per quel motivo, ero solita girovagare per i mercatini dell'usato, dove compravo libri di seconda mano che leggevo e rileggevo un milione di volte. E, nonostante non valessero molto, ci tenevo tantissimo.

«Ciao!» Caroline sbucò alle mie spalle, facendomi sobbalzare.

Nel momento in cui mi voltai, Blake le passò dietro.

Mi stava vicino solo per richiesta di Vincent e Victor. Aveva distrutto il mio libro.

In generale era uno stronzo di prima categoria a cui sarei a tutti i costi stata lontana.

Mi chiedevo come facessero Caroline e Blake ad essere imparentati, e per un istante desiderai profondamente che tutto cambiasse, che lei non avesse alcun legame con lui.

«Vieni alla partita di basket stasera?»

I miei occhi erano ancora puntati su suo cugino, che indossava la giacca della squadra, dicendomi che no, non sarei andata alla partita a tifare per lui.

«Non mi va» risposi, prendendo il libro di spagnolo.

«Ti prego, ti prego, ti prego!» mi supplicò. «Potresti parlare con George.» Rabbrividì al pensiero.

George mi piaceva davvero, ma sapevo che frequentarlo era rischioso, soprattutto se eravamo più che amici.

Vincent ci aveva visti una volta e l'aveva visto toccarmi e, più di tutto, aveva visto me spaventata a causa di ciò.

Non potevo permettermi di farmi vedere in giro con lui un'altra volta.

«Credo che non mi vada di fare neanche questo» ammisi richiudendo l'armadietto e incamminandomi verso la classe.

Alla lezione successiva avrei avuto Blake, Victor e Vincent, il tutto senza Caroline. Sapevo di voler scomparire seduta stante.

«Andiamo, Blue!» insistette ancora, «Non credo che ai miei fratelli farebbe piacere.»

Caroline mi afferrò per il braccio, trascinandomi fino all'aula di spagnolo.

Vincent e Victor erano già intenti a dormire con la testa posata sul banco e non sembravano per nulla intenzionati ad ascoltare la lezione che si sarebbe tenuta di lì a poco.

Caroline sbatté i suoi libri sul banco del gemello che aveva una cotta per lei, il quale si alzò di scatto con gli occhi sgranati. «Ma che cazzo!» sbraitò.

La sua espressione si addolcì non appena scorse la porzione di pancia che il top bianco che indossava la mia amica lasciava scoperto, dunque si concentrò eccessivamente sul cerchietto che le ornava l'ombelico.

«Stasera c'è la partita» asserì lei. «Vuoi venire all'after-party con me? Non c'è problema piccola.» Caroline esibì un'espressione a dir poco disgustata. «No. Voglio che Blue venga alla partita.»

Victor mi lanciò un'occhiata divertita, «Blue ha da fare stasera» rispose lui. «E che cosa?»

Lei si posò la mano sul fianco, mentre mio fratello allungò le gambe sotto il banco e sospirò; nel frattempo Vincent si era alzato a sua volta e guardava confuso Caroline.

«Studiare, aiutare nostro padre... le solite cose» borbottò. «Blue viene alla partita» insistette Caroline.

La situazione iniziava a non piacermi. Sapevo che se avesse continuato Victor si sarebbe arrabbiato e ne avrei subito le conseguenze: mi avrebbe detto di far tacere la mia amica e mi avrebbe assegnato tanti di quei lavori che non avrei finito più.

Mi strinsi i libri al petto tremante.

«Blue non verrà alla partita, non decidi tu» si intromise Vincent sbuffando.

«Mia cugina non vi lascerà in pace. Blue verrà alla partita e io la riporterò a casa subito dopo, prima di venire alla festa.»

La sua voce mi gelò. Non mi voltai a guardarlo, ma sentivo la lingua ardere: volevo dirgliene quattro.

«E io cosa ci ottengo?» sorrise malizioso Victor.

I suoi occhi scorsero la figura longilinea della mia amica e il modo in cui i jeans le fasciavano i fianchi.

«Caroline ti accompagnerà alla festa.» Sua cugina si girò sconcertata verso di lui. «Fatti gli affari tuoi per una buona volta.»

Blake le sorrise divertito, prima di puntare i suoi occhi verdi su di me, che nel frattempo mi ero voltata.

«Blue sarà al sicuro con me... non avete di che preoccuparvi. D'altronde, me l'avete affidata voi.»

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La sera stessa Caroline mi raggiunse a casa per portarmi a scuola. Entrambe indossavamo la felpa verde con lo stemma dell'istituto che m fu lei si era premurata di procurare quella mattina.

Era euforica, mentre io avevo vomitato l'insalata mangiata per cena a causa dell'ansia.

Vincent e Victor erano usciti ore prima e la cosa mi aveva permesso di stare in santa pace per un po' a vivermi la mia paura.

Per fortuna, mio padre sarebbe rincasato tardi, come suo solito: infatti, dopo la lunga giornata in ufficio, di rado mangiava a casa e si rintanava in un bar con alcuni amici e colleghi, per poi tornare a casa ubriaco a tarda notte.

In ogni caso, Vincent si era assicurato di riferirmi che aveva sistemato lui le cose, ma che sarei di certo tornata prima di nostro padre.

Però, se ci fossero stati imprevisti, la bugia rifilata era stata che avrei dato ripetizioni a Joy e a loro due a casa della ragazza.

Era una scusa plausibile, visto che i tre non avevano voti alti come i miei e mio padre voleva che aiutassi i miei fratelli per farli notare.

La nausea mi assalì nuovamente quando Caroline posteggiò l'auto in mezzo alla miriade di gente che affollava il parcheggio e prese uno specchietto portatile per applicarsi il lucida labbra.

«Sono per Vincent post partita, ora sono libera» ridacchiò leggermente. Mi porse il flaconcino, che guardai forse con troppa intensità: dalle labbra di Caroline vedevo che era di un rosso ciliegia lievemente perlato.

Avrei voluto metterlo. Avrei voluto essere bella come lei.

Ma quel rosso mi ricordava il sangue versato poco tempo prima a causa di quello che mi sembrava un innocente burro cacao.

Quello non era un innocente lucida labbra. Era il lucida labbra del peccato.

Non farai come quella lurida cagna di tua madre.

Sentii il dolore dei colpi che mi sarebbero stati inferti se solo avessi osato trasgredire.

Scossi la testa con titubanza, ma Caroline non sembrò farci troppo caso.

Scese dalla macchina con un sorriso smagliante sul viso e, non appena mi raggiunse, mi prese a braccetto per sederci vicine sugli spalti a tifare per la squadra della scuola.

Non ero mai stata ad un evento sportivo al liceo, era la prima volta e mi sarei diplomata in pochi mesi.

Sin dal primo anno Vincent e Victor erano stati nella squadra, due tori, come amava definirli il coach, che funzionavano solo insieme.

Probabilmente puntavano sul fatto di confondere gli avversari, poiché erano talmente identici che spesso sbagliavano obiettivo.

Ma, da quel che si diceva nei corridoi, erano davvero bravi... Quella sera l'avrei scoperto da me.

«Ciao Blue!» Joy scosse i suoi pom-pom verdi e bianchi per salutarmi.

Sprizzava energia da tutti i pori e mi resi conto che, con l'acconciatura ben fatta, il trucco sistemato e i glitter spalmati su tutto il corpo, risultava ancora più bella avvolta nella divisa.

Quasi mi venne da sbuffare: volevo essere lei perché era bella, intelligente, rispettata, felice... aveva tutto ciò che io desideravo. Non era esclusa e non aveva Victor e Vincent come fratelli.

Ricambiai timidamente il suo saluto prima di sedermi vicino a Caroline, che si guardava meravigliata attorno.

Presi un respiro profondo, non volevo che l'ansia mi attanagliasse violentemente. Ero fuori per la prima volta e volevo godermela.

«Sai, non ero mai stata a un evento così» ammisi alla mia nuova amica, che mi sorrise di rimando. «Nemmeno io!» Mi porse i pop corn appena acquistati e mi sentii improvvisamente a mio agio.

Caroline era una brava persona capace di non farmi sentire un pesce fuor d'acqua.

Strinsi l'orlo della felpa tra le dita quando i giocatori entrarono in capo: verde contro giallo, Gators contro Hornets.

E noi, ovviamente, eravamo i Gators, i coccodrilli: feroci predatori che non si arrendevano mai.

Blake capeggiava la fila. Caroline quella mattina mi aveva raccontato che suo cugino era riuscito a rubare la fascia di capitano a Phelps, che manteneva il titolo da due anni.

Gli era bastato poco, poiché era nato con il basket nel sangue, o almeno così mi aveva raccontato lei.

Ricordavo che da bambino amava esercitarsi a tirare al canestro che avevamo appeso in giardino insieme ai miei fratelli che, puntualmente, venivano battuti senza ritegno.

Sorrisi al bel ricordo.

Sapevo poco del basket, ma se sapevo tirare una palla e fare canestro era solo merito di Blake Davis, che da bambino si era sforzato di farmi imparare per poter giocare insieme, condividere qualcosa.

Caroline si unì al boato che fece tremare il pavimento della palestra.

Blake si guardò intorno e mi intercettò: i nostri occhi si incrociarono e rimasero incollati come due calamite.

Mi fece l'occhiolino e io non potei fare a meno di arrossire.

«Oddio! Davis mi ha fatto l'occhiolino!» Mi voltai di scatto e mi accorsi che alle mie spalle c'era Paula, che ridacchiava con le sue amiche e saltellava contenta.

Era al secondo anno e diverse volte l'avevo vista sbavare davanti a Blake. Era mora.

Come avevo anche solo potuto pensare che fosse indirizzato a me?

Anche Victor mi guardò, uno sguardo minaccioso che mi raggelò e mi ricordò che non dovevo osare fare cazzate.

Fu proprio per quel motivo che guardai la partita senza entusiasmo, seguendo la palla come un'ossessa anche se non riuscivo a capire molto.

Vincemmo, e bastò quello.

Sapevo che, dunque, sarebbe stato Blake a portarmi a casa.

Per tutta la durata della partita avevo sperato che gli avversari avessero la meglio, ciò avrebbe significato che l'after-party sarebbe saltato.

Ma ciò non accadde e io mi ritrovai fuori dallo spogliatoio ad attendere che Blake terminasse di lavarsi.

Sapevo che sarebbe stato il viaggio in macchina più lungo della mia vita.

Buongiorno a tutti, come state?
Come ogni sabato, ecco Blue e Blake a farci sognare.
Blue, grazie a Caroline, ha avuto l'occasione di partecipare alla prima partita della stagione, e vi dico solo una cosa: dovreste avere un po' di ansia.
Spero tanto che il capitolo vi sia piaciuto. Se vi va di sostenermi e/o farmi sapere la vostra opinione, lasciate una stellina e un commento, oppure, per i più timidi, potete trovarmi su Instagram come giuliascrive4 e giuliacattii.
Ne approfitto per ricordarvi che il mio romanzo (dark romance), "L'amore è complicato", è disponibile su Amazon, sugli store online delle librerie tradizionali e sul sito della PAV Edizioni (trovate i link in bio).
Detto questo, vi auguro una buona giornata a una buona settimana. Vi voglio bene!🩵

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