29. You're beautiful!

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Presente
Per fortuna Blake si era risistemato, coprendo di nuovo quel tatuaggio.

Faticavo a credere al fatto che avesse davvero fatto una cosa del genere.

Il nostro odio sembrava essere scemato per qualche istante ma, non appena me n'ero accorta, avevo subito rialzato tutte le mie barriere: non volevo che mi leggesse dentro, che carpisse una qualsiasi informazione da me.

«Perché hai fatto una cosa del genere?» domandò, allungando una mano verso i miei capelli; non appena si accorse del gesto si ritrasse immediatamente e io indietreggiai, fino a scontrarmi contro il muro.

«L'hai fatto per piacere a me?»

Assottigliai gli occhi, «Te l'ha detto Victor?»

Lui rispose affermativamente e mi sentii una totale idiota.

Volevo smettere di sentirmi sbagliata e avere un momento di libertà. Volevo essere diversa da mia madre per far sì che papà potesse odiarmi un po' di meno.

Perché tutto doveva essere ricondotto a Blake Davis?

Volevo solo smettere di sentirmi così vincolata ad un fantasma. Amavo somigliarle, ma stava diventando una situazione insostenibile.

«No, non l'ho fatto per somigliare ad una delle tue ragazze.»

Blake indietreggiò, ponendo altra distanza tra noi.

Ma, nonostante ciò, i nostri occhi rimasero intrecciati in un contatto che mi fece riempire la schiena di brividi.

«Che fate?» irruppe la voce di Vincent, che si avvicinò al frigo per prendere una Diet Coke.

«Stavo salutando Blue, vado da Cindy.»

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Il lunedì sera successivo ero china sul libro di storia a ripassare. Il giorno dopo avrei avuto un test molto importante ed ero decisa a non farmi distrarre e a prendere un ottimo voto.

Ovviamente senza brillare troppo.

Avevo perso molto tempo il giorno prima, in quanto avevo dovuto ricopiare gli appunti per i miei fratelli e spiegare loro tutto ciò che non avevano capito, quindi la maggior parte delle cose.

Qualcuno bussò alla mia porta.

Victor e Vincent avevano mangiato di sotto, mentre io ero rimasta rintanata in casa mia nell'attesa che uscissero. Quella sera avrebbero giocato la seconda partita del campionato contro i Tigers e l'ansia era alle stelle: eravamo due squadre alla pari, quindi sarebbe stato uno scontro faticoso.

«Ciao amica, come stai?» Caroline varcò la soglia, stupendomi per la sua presenza.

Indossava la maglia di Victor e quello mi stupii ulteriormente.

«Che fai ancora lì? Vestiti!» Mi porse la mano senza toccarmi con prepotenza.

«Per fare cosa?» chiesi, nonostante fosse ovvio dove stesse andando la mia amica; «Alla partita! Alla seconda della stagione le prescelte della sfilata devono indossare la divisa!»

Sbuffai.

Per giorni avevo cercato di scordare quella stupida tradizione che tanto detestavo. Sapevo anche che non erano finite: la mattina dopo, sarei dovuta stare a braccetto con Blake vestita abbinata a lui.

«Protestare servirebbe a qualcosa?»
«Mio cugino mi ha chiesto almeno venti volte se ci sarai... dovremo entrare in campo con loro!»

Sapevo di aver dimenticato qualcosa. «Siamo in ritardo Blue, dai.»

Si mise a frugare nell'armadio, alla ricerca della maglietta di Blake che avevo nascosto in un angolo, nella speranza di non sentire più il suo buonissimo profumo.

Infatti, quando l'avevo lasciata in bella vista, mi ero ritrovata più volte impalata ad inspirare quell'odore e sapevo che non potevo permettermi che succedesse di nuovo una cosa simile.

«Puoi voltarti?» chiesi a Caroline, mentre accennavo a spogliarmi.

«Blue...» mormorò, «Tu sei bellissima, mi vergogno a farmi vedere da te» le spiegai con le guance rosse.

Fu allora che Caroline mi si avvicinò e sollevò la mia maglia fino a toglierla.

Indossavo un semplice reggiseno in cotone nero. Caroline, che avevo notato più volte essere solita usare intimo in pizzo, non mi guardò con aria di giudizio. Mi sorrise e tirò l'orlo dei pantaloni, invitandomi a togliere anche quelli.

«Io sono bella a modo mio, Blue, ma pagherei oro per avere le tue cosce e il tuo culo! Tu sei bellissima!» esclamò ridacchiando, tirandomi in faccia la maglietta di Blake.

«Non pensare mai più di non essere abbastanza. Siamo amiche, non vergognarti davanti a me.»

Riuscii a sorriderle mentre infilavo la maglia sopra dei jeans a zampa.

Sciolsi i capelli e mi guardai allo specchio.

L'unico trucco che avevo era sul collo, dove ancora dovevo coprire i lividi che mi aveva causato mio fratello due giorni prima; così, decisi di truccarmi un po' anche il viso, giusto per non far notare la differenza nell'incarnato.

La mia amica mi costrinse ad applicare un sottile velo di mascara che, nonostante fosse quasi invisibile, mi fece sentire più bella e audace. E pronta a camminare accanto a Blake Davis.

I ragazzi ci aspettavano di sotto e, per mia immensa sfortuna, Blake era con loro.

Mi sorrise leggermente, come se tra noi non esistesse tutto quell'odio, e allungò una mano verso di me, nello stesso gesto compiuto da Victor verso Caroline.

Deglutii rumorosamente e socchiusi gli occhi, nel frattempo gli altri tre uscirono di casa. Io ero ancora impalata sull'ultimo gradino, con Blake davanti a me.

«Non voglio farti del male» mi rassicurò. «Se mi tocchi non ti farò del male

I suoi occhi mi penetrarono, lessero ogni mia fragilità e la sgretolarono in mille pezzi.

Afferrai la sua mano.

Era calda e la sua stretta decisa ma al contempo dolce. Non temetti che potesse voltarsi e darmi uno schiaffo, non temetti che potesse davvero essere come Victor o come mio padre.

I ragazzi si erano già sistemati sull'auto di Blake, lasciandomi il posto sul sedile anteriore. Ripensai all'ultima volta in cui ero salita lì, quando Blake aveva deciso di farmi un bello scherzetto e lasciarmi a piedi nel bel mezzo della notte.

Ma cercai di scacciarlo, perché, come quella sera, Blake mi aprì la portiera e il suo gesto galante, ancora una volta, mi destabilizzò.

Salito a sua volta, mi passò una fascetta bianca.

«Devi indossarla, è la fascetta del capitano» disse, mostrando che in tasca ne aveva una uguale, che probabilmente avrebbe indossato lui.

Capii che l'attenzione sarebbe stata su di noi in particolar modo: avremmo aperto la fila e ci saremmo messi al centro della palestra, due passi avanti rispetto agli altri.

Sarebbe stata la tortura più grande della mia vita.

Il supplizio iniziò non appena scendemmo dall'auto. Tutti gli occhi erano puntati su di me e desiderai ardentemente di sparire, tanto che mi bloccai accanto alla macchina senza alcuna intenzione di muovermi.

Fu Caroline a prendermi delicatamente a braccetto, rivolgendomi un sorriso di incoraggiamento grazie al quale mi decisi a camminare.

Ci fecero entrare nello spogliatoio con i ragazzi e ci sorbimmo il discorso pre-partita del coach Dawson.

I ragazzi cominciarono a cambiarsi e io mantenni lo sguardo fisso sulla punta delle mie scarpe, pur di non incappare nell'ira dei miei fratelli.

Le altre dieci ragazze oltre a me e Caroline sembravano a loro agio, ridacchiando e guardandosi intorno.

Blake si inginocchiò davanti a me, fin quando il suo viso non entrò nel mio campo visivo. «Stai bene?» domandò, stringendomi leggermente il ginocchio.

«Devo vomitare» sussurrai.

Mi porse la mano e mi portò nei bagni dello spogliatoio, dove ci trovammo soli.

Nonostante l'imbarazzo, vomitai veramente davanti a Blake Davis, che non si limitò a stare fermo a guardarmi, ma mi tenne i capelli e la testa, accarezzandomi dolcemente mentre gli spasmi mi distruggevano lo stomaco.

«Ti riporto a casa» propose, quando fui sicura di aver finito. «La partita inizia tra poco... sei il capitano, non puoi mancare all'entrata» mormorai. «Se faccio in fretta riesco... al massimo ritardiamo.»

Mi aiutò a sollevarmi; «Faresti una figuraccia a non essere accompagnato... chiedi a Cindy se può sostituirmi e io vi aspetto sugli spalti.»

Scosse il capo. «Ho dato la maglia a te. Se non mi accompagni tu entro da solo.»

Mi sciacquai le mani e presi un respiro profondo, provando in tutti i modi a calmarmi.

Blake mi passò un chewing-gum, presa dalla tasca dei jeans; «Vai a cambiarti, arrivo.»

Eseguì l'ordine e mi ritrovai sola.

Non potevo farcela. Non ero abbastanza forte per affrontare tutti quegli occhi addosso.

Le ragazze nello spogliatoio erano tutte bellissime e io, la più bruttina tra loro, avrei dovuto accompagnare il capitano, facendolo sfigurare.

Blake tornò con indosso una maglietta uguale alla mia insieme ai pantaloncini verdi.

Mi avvolse un braccio attorno alla vita, concedendomi di lasciar andare il mio peso su di lui; era un gesto intimo, forse troppo, ma ci godemmo per un po' quel contatto. D'altronde, le nostre pelli non si stavano toccando, quindi penso che ad entrambi sembrasse un'azione giustificabile.

Ci stavamo toccando, sì, ma non ci stavamo toccando.

Il piccolo specchio macchiato davanti a noi mi rimandò il nostro riflesso. Avevo le guance arrossate e gli occhi lucidi, incrociati a quelli di Blake. I suoi capelli scuri erano spettinati e gli davano un'aria sbarazzina. Mi venne voglia di voltarmi e passarci le dita in mezzo... ma mi trattenni.

La mano di Blake risalì, ben attenta a non sfiorarmi il seno, e mi accarezzò il collo. Sussultai leggermente: sentivo ancora dolore e speravo che Blake non lo notasse, che credesse che ero solo agitata per il suo tocco.

«Hai un livido qui, non l'hai coperto bene» sussurrò al mio orecchio, passando il dito sopra il punto cui stava alludendo.

Abbassai lo sguardo.

«Chi è stato?»

Non risposi. Non potevo.

«Ti sei scopata Sullivan? Ti piace il sesso violento?»

Chiusi gli occhi per un secondo, in modo da reprimere le lacrime. Poi annuii.

Era una bugia, una delle tante... ma dare la colpa a Victor non era tra le opzioni.

«Dovevo picchiarlo più forte al ballo. Renderlo impotente» sibilò, stringendomi un po' troppo il fianco.

Mi dimenai per sfuggire dalla sua presa.

«Non sei nessuno, smettila. Io non faccio questi discorsi riguardo alle ragazze con cui stai.»

Blake sollevò gli occhi al cielo.

«Vediamo se Victor sarà d'accordo.»

Ma io fui più veloce. Uscii per prima e tornai nello spogliatoio. I ragazzi erano tutti vestiti e Victor era impegnato a chiacchierare con Caroline.

Lo presi per il braccio, trascinandolo fuori sotto lo sguardo incazzato di Blake.

Mio fratello attese in silenzio che parlassi.

«Blake ha visto un segno sul collo» soffiai leggermente; «Gli ho detto che ho fatto sesso con George Sullivan e che è stato lui.»

Victor mi guardò inespressivo. «Vuole venire a spifferarti il fatto... incazzati, fingi che sia vero... Ma ti prego, non fare del male a quel ragazzo, sappiamo entrambi che ho detto una bugia.»

Victor non rispose, tornò dentro lo spogliatoio e, quando lo seguii, non lo trovai intento a confabulare con Blake, come mi aspettavo.

Blake si avvicinò a me e mi mise la fascia del capitano, poi mi sistemò una ciocca di capelli a coprire il collo, probabilmente per non mostrare quel piccolo livido al pubblico.

«Sei pronta?»

I nostri sguardi rimasero incatenati, i suoi compagni di squadra e le rispettive accompagnatrici scomparvero.

Era la nostra bolla. La bolla di quando eravamo solo due bambini innocenti e felici.

Ma sapevamo entrambi che era solo una mera illusione.

Buongiorno a tutti!
Dopo la settimana di pausa eccoci tornati con questo nuovo capitolo.
Cosa ne pensate?
In questi giorni sta iniziando la scuola, come sta andando?
Vi auguro un buon weekend e ci risentiamo la prossima settimana!

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