Capitolo 10 - Elnath

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Capitolo 10 - Elnath
(il corno che cozza)

Sono appena uscita dalla classe di storia ed ho la prossima lezione tra, esattamente, dieci minuti. Mi maledico mentalmente per i troppi corsi che ho scelto, anche quest'anno, senza riuscire a trattenermi. Affretto il passo, finendo per sbaglio addosso ad una ragazza; la quale mi urla dietro di stare attenta. In effetti, non sono mai stata troppo aggraziata nei miei movimenti.

Quando finalmente raggiungo il mio armadietto prendo i libri che mi serviranno per il resto della giornata alla velocità della luce, chiudendolo poi di scatto ed affrettandomi nuovamente lungo i corridoi. Mi sento chiamare, ma chiunque sia può aspettare un'oretta. Tutta la mia concentrazione è ormai consacrata all'obiettivo di non tardare per l'ennesima volta.

-Ellison!- stavolta la voce è più vicina, sembra emozionata –Ehi! Ti vuoi fermare?!

Mi blocco di scatto.
Tutto può aspettare, ma questo è Mat.

Decido, maledicendo i miei piedi, che ora sembrano essersi incollati al pavimento, di concedergli solo qualche minuto. Intanto lui mi ha raggiunta, ma deve piegarsi sulle ginocchia e respirare forte per riprendere fiato.

-Si può sapere dove correvi?- mi chiede, ancora annaspando.

-A lezione.- rispondo trafelata –E dovrei continuare a correre, quindi ti prego di fare in fretta.

Mat alza le sopracciglia, pensieroso. Poi, senza preavviso, mi prende la mano e comincia a trascinarmi nel senso opposto a dove stavo andando prima. Tento di protestare, ma i corridoi sono pieni di studenti e le mie urla si sovrappongono a quelle generali dell'ora immediatamente prima quella del pranzo. Pianto i piedi per terra, senza risultati.

-Sono in ritardo!- brontolo, tentando inutilmente di fermarlo.

Mat si volta appena, cercando di sovrastare il caos generale.

-Come sempre, insomma.

Scherza, ed io vorrei tanto urlargli contro cose per niente carine. Eppure, ormai la mia innata curiosità ha avuto la meglio. Mi chiedo cosa debba mostrarmi di tanto importante, a cosa sia dovuta tutta quell'emozione nei suoi occhi. Improvvisamente l'orario scolastico mi sembra lontano, le scale che stiamo percorrendo mi sembrano lontane. Ed io mi chiedo quale altro segreto questo strambo ragazzo stia per rivelarmi. Tuttavia, ci fermiamo dove apparentemente non c'è nulla. Nulla, a parte un corridoio stranamente deserto e silenzioso. Nulla, a parte una porta chiusa.

Mat si poggia allo stipite della porta, ficca le mani nelle tasche e mi rivolge un sorrisetto complice. Non capisco cosa stiamo aspettando e vorrei tanto chiederglielo, quando la porta davanti a noi si apre.

Ne esce una donna che mi pare di aver incrociato solo rare volte per i corridoi, ma che mi pento di non aver mai osservato attentamente. Sembra una persona curiosa. Porta i capelli, di una tonalità che va dal grigio al nero, legati in un'elegante crocchia dietro la testa. I suoi occhi azzurri registrano distrattamente la presenza di Mat, per poi indugiare su di me. Mi sento improvvisamente a disagio, oltre che confusa. Questa donna ha la capacità di imbarazzare le persone soltanto guardandole, è molto alta, spaventosamente magra, ed ha un portamento aristocratico. Si toglie gli spessi occhiali, scrutandomi ancora più attentamente.

Lancio un'occhiata tesa a Mat, che è ancora appoggiato alla porta. Lui mi rivolge appena un sorrisetto, godendosi il mio imbarazzo, prima di avvicinarsi a noi.

-Lei è Ellison.- dice, rivolgendosi alla professoressa –La ragazza di cui le avevo parlato.

Spalanco gli occhi, mentre un campanello di allarme suona nella mia testa. Forse dovrei dire qualcosa, presentarmi meglio, ma mi si è formato un nodo in gola e rimango paralizzata dal terrore che Mat abbia fatto quello che penso che abbia fatto.

-Accomodatevi.- si limita a dire la donna, entrando e prendendo posto dietro la cattedra di quella che presumo essere la sua aula.

Mat si appresta a seguirla, ma gli afferro un polso e lo tiro indietro.

-Che hai fatto?- gli chiedo allarmata.

Forse posso apparire eccessiva, ma non mi importa.

-Lei è la professoressa Dumont.- mi dice solamente.

Ho appena il tempo di registrare che si tratta di un cognome francese, poi accade tutto troppo velocemente. La sua mano scivola sulla mia, lasciandomi una carezza leggera che mi induce ad allentare la presa sul suo polso. La mia mano perde contatto, confusa dall'emozione che mi travolge, ma viene riafferrata in tempo e stretta dalla sua. Ha una stretta incredibilmente delicata, me ne rendo conto solo ora. Un attimo dopo, sono seduta di fronte alla professoressa Dumont ed accanto a Mat.

-Signorina...?

-Moore.- rispondo meccanicamente.

-Signorina Moore, è davvero ambizioso credere di potersi aggiungere alla mia classe alla fine del primo semestre.- comincia la Dumont, facendomi spalancare gli occhi dalla sorpresa.

Non so cosa mi spinga a rimanere in silenzio, senza tirare un pugno a Mat.

-Tuttavia...- sembra divertita -...ho dato un'occhiata a questi.

Così dicendo, prende dei fogli di carta terribilmente familiari e me li mette davanti. La confusione si dirada come nebbia. Ora capisco perfettamente cosa ha in mente Mat, cos'ha combinato. Ha portato il mio racconto alla Dumont, dicendole di leggerlo, per farmi prendere al corso avanzato di scrittura creativa. Non so neanche perché la cosa non mi sorprenda affatto.

-Deve esserci stato un errore.- dico, rivolgendomi alla donna con tono riverente –Deve scusarmi, le sembrerà assurdo, ma io non sapevo-

-Uno stile particolarmente pulito.- continua lei, non curandosi minimamente del mio intervento –Una caratterizzazione efficace, una fluidità dei pensieri e delle parole.

Mi mordo la lingua, le mani prendono a sudarmi e con la coda dell'occhio scorgo il sorriso trionfante che Mat si è stampato sulla faccia.

-Vorrei sapere come termina.- dice la donna, rivolgendomi un sorriso altezzoso.

-Prego?- sono decisamente confusa.

Lei si riscuote, fa una smorfia e mi guarda come se le avessi fatto la domanda più stupida esistente.

-Il racconto.- precisa –Intenderei leggerne il finale. Vorrei sapere se Roger alla fine ritrova suo fratello, se Bella riacquista la memoria e se hai in mente un lieto fine, oppure no.

-Oh.- sembro una stupida –Be', sì, suppongo che-

-No.- mi blocca immediatamente –Voglio che tu lo scriva, mi piacerebbe leggerlo.

Mi sembra di essere finita in un universo parallelo. Mat continua a starsene in silenzio, la Dumont non si cura minimamente di lui. Tutta la sua attenzione è concentrata su di me, che mi stringo nelle spalle a disagio e cerco le parole giuste per spiegare che non ho alcuna intenzione di iscrivermi a questo corso. A dire il vero, sono anni che la cosa mi frulla per la testa, ma la ho sempre accantonata. Ho troppe cose da fare, cose concerete, che hanno a che fare con il mio futuro, per dedicarmi a questo. Ed un ennesimo impegno metterebbe davvero alla prova la mia salute mentale.

-Non ho mai fatto eccezioni.- dice ancora la professoressa, scrutandomi attentamente –Le regole sono per me fondamentali.

Si agita sulla sedia, ritrovando presto la sua compostezza.

-Ma non amo gli sprechi.- si toglie gli occhiali, li poggia sulla cattedra e congiunge lentamente le mani –Ed impedirti di seguire i miei corsi sarebbe certamente uno spreco.

Per la prima volta da quando siamo entrati, guarda Mat. Credo che abbia intercettato gli sguardi che gli ho lanciato per tutto il tempo e stia cercando di capire l'entità del nostro rapporto.

Be', meglio che lo faccia adesso, comunque, poiché tra pochi minuti avrà a disposizione soltanto il suo cadavere!

-Le mie lezioni si tengono di martedì e di sabato, dalla quarta alla sesta ora.

Prendo un respiro profondo, facendomi forza. Devo a tutti i costi affrontare questa situazione, prima che diventi insostenibile.

-La ringrazio davvero, professoressa Dumont.- dico, percependo chiaramente il sussulto di Mat –Sono certa che le sue lezioni siano fantastiche, e che mi aiuterebbero molto.

Sono sicura di quello che sto per dire? Forse potrei concedermi un'opportunità, scoprendo che alla fine mi diverte. Accantono subito questa possibilità, ho degli obiettivi da raggiungere e questo mi distrarrebbe.

-Ma non ho intenzione di iscrivermi al suo corso.- gli occhi della donna mandano dardi di fuoco –Non ne ho mai avuta l'intenzione, il mio amico ha agito senza alcun consenso e sento di dovermi scusare anche da parte sua.

La professoressa Dumont aggrotta appena le sopracciglia, scoccandomi uno sguardo severo. Mi sento piccola ed insignificante al cospetto di questa donna, la sua sola presenza, i suoi atteggiamenti regali ed il suo sguardo sottile metterebbero in soggezione chiunque.

-Come hai detto?- sembra divertita dal mio discorso, credo che l'abbia presa come una sfida personale.

Mi alzo, trascinando Mat in piedi con me. L'arroganza di questa donna comincia ad irritarmi.

-Ho detto che non parteciperò alle sue lezioni.- dico cordialmente –Che mi dispiace davvero molto e che la ringrazio di cuore per l'opportunità che sarebbe stata pronta a darmi.

Mat sembra impietrito, la Dumont è balzata in piedi, oltraggiata. Sono pronta a scommettere che nessuno l'abbia mai sfidata in modo così aperto, rifiutando quella che lei nella sua testa definisce certamente un'occasione da cogliere al volo. Ma mi autoconvinco che, per me, la scrittura sarebbe solo un peso.

-Ci scusiamo per il tempo prezioso che le abbiamo fatto perdere.

Detto questo, mi apro in un sorriso di sincere scuse; raccolgo il mio zaino, afferro un paralizzato Mat per la manica della camicia e mi avvicino a grandi passi alla porta. Dimenticando le buone maniere, spingo Mat in corridoio con troppa forza, ma sembra che lui non si sia ancora ripreso dallo shock di poco prima. Mi accingo a raggiungerlo, quando qualcosa mi torna in mente: rientro in classe.

La professoressa Dumont è immobile, fissa un punto indefinito della parete rosa pastello della classe e sembra piuttosto arrabbiata. Non mi lascio scoraggiare dalla sua figura austera, né dall'imbarazzo che brucia in me.

-Roger ritrova suo fratello dopo molti anni,- dico con semplicità –per dimostrare che niente è mai veramente perduto, se non si smette di cercarlo. E perché mi piace la speranza.

Faccio una pausa. Ora lo sguardo della Dumont è puntato su di me, mi sta dedicando tutta la sua attenzione e questo mi esalta.

-E Bella si ricorderà di Flinn, tornerà da lui.- mi mordo il labbro -Perché mi piace pensare che il vero amore sia più forte degli attriti, delle forze di repulsione che la vita tenta di metterci contro. Del tempo, della distanza e, forse, persino di noi stessi.

La Dumont non accenna a parlare, così decido di confidarle un piccolo segreto. Mi chiedo perché sia ancora qui, se questa proposta non mi interessa, se ho scelto un altro futuro ed ho colto altre opportunità. Ma ogni storia deve avere un finale, ed ogni lettore deve conoscerlo. Se non avessi detto alla Dumont tutto questo, mi sarei sentita una ladra. Una ladra di parole.

-Non amo le cose semplici.- non so neanche cosa mi spinga a continuare, forse mi sto rendendo ridicola –Ma, dopo una catastrofica serie di peripezie, i miei personaggi riescono sempre a trovare ciò che stavano cercando. Non metto mai il punto, senza aver scritto un lieto fine. Forse perché credo che sia questo a distinguere i libri dalla realtà, a renderli particolari mezzi di trasporto verso un mondo fatto interamente di ciò che desideriamo. I libri devono essere una via di fuga felice.

Quando termino di parlare mi vergogno terribilmente, arrossisco fino alla punta dei capelli e mi precipito fuori dalla classe senza neanche attendere la reazione della professoressa. Mat è in corridoio, ma da come mi guarda sono certa che abbia ascoltato tutto. Guardandolo, non posso fare a meno di riversare su di lui la colpa di tutto. Non solo della pessima figura che sono stata costretta a fare, della possibilità che ho dovuto accantonare con dolore. Ma perché, a causa sua, ho capito che avrei voluto accettare. E mi sconvolge.

Lo afferro nuovamente per la camicia e lo trascino in cortile. È quasi ora di pranzo, così è difficile trovare un punto abbastanza isolato, o forse sono troppo arrabbiata anche solo per cercarlo. Lascio andare Mat con uno strattone e comincio a sbraitargli contro ancor prima di accorgermi che sta cercando di parlarmi a sua volta.

-Cosa diavolo ti è saltato in mente?!- urlo –Cosa credevi di fare? Che diavolo credevi che avrei fatto io?

Non respiro neanche.

-Mi hai... hai provato a mettermi con le spalle al muro, non ci posso credere!- il cuore mi batte all'impazzata –Io mi sono fidata di te... ti ho fatto leggere una cosa mia, una cosa personale! E tu cos'hai fatto?! Sei andato a consegnarlo alla Dumont senza il minimo rimorso, raccontandole chissà quali frottole!

Mi avvicino a lui, lo spintono.

-Hai idea di quanto mi sia sentita stupida?!- chiudo per un attimo gli occhi, tentando inutilmente di calmarmi –Sapevi... sai cosa penso in proposito! Non posso credere che tu-

-Non te ne rendi conto?- mi interrompe furioso, sembra che finalmente sia riuscita a fargli perdere le staffe.

-Le è piaciuto!- dice, ma controlla la voce per non farsi sentire dagli altri –Non le piace mai niente, è brutale ogni volta. Ma, Cristo, tu le sei piaciuta! Mi ha fatto così tante domande su di te che-

-Non mi interessa!- urlo –Vuoi capirlo?! Non mi interessa e basta!

-Se non ti importasse non reagiresti così!

-Hai tradito la mia fiducia!

Mi sento come se qualcuno avesse ridotto il mio cuore in tanti pezzettini, per poi provare a rimetterli insieme senza riuscirci. Così adesso ho nel petto un ammasso di colla e caos che mi fa girare la testa e venir voglia di vomitare. Forse sto esagerando, ma la scrittura è sempre stata il mio segreto, la mia risorsa, il mio rifugio; e soltanto adesso mi rendo conto che condividere tutto questo con Mat è stato stupido, avventato ed imperdonabile.

Lui resta in silenzio, respirando pesantemente. Sembra che il mio sguardo ostile lo abbia ferito più delle parole che gli ho praticamente urlato contro. Quando finalmente si decide a parlare, distoglie lo sguardo da me.

-Non mi scuserò per questo.- dice –Non lo farò perché tu sai benissimo cosa ti fa sentire così. Nascondi tutto quello che vorresti e potresti essere, perché vuoi necessariamente piacere agli altri. Cristo, Ellison, sei tu l'originale! Non la te che tutti credono di conoscere.

-Ah sì?- ribatto -E saresti tu a conoscermi?!

-Io lo so!- dice -Mi basta guardarti per saperlo!

I pezzettini del mio cuore strisciano al posto giusto, qualche ingranaggio comincia a funzionare, perché il cuore batte furioso adesso.

-Ho letto quelle pagine così tante volte che...- sospira –Ho ripensato alle tue parole, allo sguardo che avevi mentre mi dicevi che ti fidi di me, e non ho potuto fare a meno di provarci. Provarci al posto tuo, perché tu sembri non averne il coraggio.

Torna a guardarmi, ma sembra fare un grande sforzo per non abbassare lo sguardo. Mi chiedo cosa ci sia di così doloroso in me.

-Sei così ostinata.- mormora –Sei ossesionata da questa cosa... perché?

Fa cautamente un passo verso di me, ma io mi allontano, in un misto di rabbia e spavento.

-Come ti permetti?!- gli chiedo, con voce improvvisamente flebile -Come puoi parlarmi così, come puoi giudicarmi?

Il suo sguardo si vela, Mat aggrotta le sopracciglia e prova ancora ad avvicinarsi a me.

-Io non sono nessuno per te, non è vero?- le parole mi scivolano fuori dalle labbra e lo raggiungono prima che possa rimangiarmele -Che ti importa allora?

Mat continua a guardarmi, ma resta in silenzio. Schiude le labbra, sbarrando gli occhi nello stesso istante in cui una lacrima mi scivola sulla guancia. Quando me ne rendo conto, me l'asciugo velocemente e gli lancio uno sguardo di sfida.

-Perché non rispondi?

-Non sono... è complicato.

-Anche questo è complicato.- ribatto immediatamente.

Non riesco più a sopportarlo, non sono neanche più in grado di sostenere il suo sguardo. Continuo a pensare alla scrittura come a qualcosa da cui ho passato la vita a fuggire, certa che per me non sarebbe stata altro che un ostacolo in più . Perché avevo promesso a mia madre che ce l'avrei messa tutta, che non mi sarei lasciata distrarre da niente e da nessuno.
Io devo coronare il suo sogno. Il nostro sogno.

Faccio per voltarmi, pronta ad andarmene, ma non faccio neanche pochi passi. Mat mi ha afferrato il polso. Ha le mani fredde, come al solito. Eppure è come se la mia pelle stesse andando a fuoco. Mi volto verso di lui, cercando di strattonarmi senza successo. I suoi occhi cercano i miei e, questa volta, riescono a trovarli.

-Non mi importa se mi odi.- esita –Il tuo futuro non dipende da una sciocchezza del genere, ti sto solo supplicando di provare a-

-Questi due anni saranno fondamentali per la nostra formazione, ci è stato raccomandato di essere particolarmente selettivi.- ho parlato freddamente, con lo sguardo fisso nel suo ed un tono deciso.

-Ma è quello che desideri?- il suo sguardo è pericolosamente luminoso –Non credi che questo potrebbe aiutarti a capire quello che vuoi veramente?

-So perfettamente cosa voglio.- ribatto, strattonandomi e voltandogli finalmente le spalle.

Devo fare forza su me stessa per non scoppiare a piangere, per non tornare indietro e scusarmi con lui. Ma riesco ad allontanarmi. Un piede dopo l'altro, con coraggio. Anche se, inspiegabilmente, mi sento una codarda.

Comincio a correre solo quando sono abbastanza lontana, ringraziando mentalmente che sia ora di pranzo e che nessuno verrà mai qui in cortile, soprattutto perché siamo quasi a Natale e fa un freddo cane.

Mi accuccio su una panchina, protetta dai tronchi massicci di due alberi che, mi fu spiegato il primo giorno, sono stati piantati qui più di trent'anni fa. Mi sento protetta, dagli anni e dal tempo che passa. Lascio scivolare le lacrime e, allo stesso tempo, mi do della stupida per il motivo sciocco per cui sto piangendo. Da un lato c'è quello che ho sempre voluto, dall'altro quello che voglio adesso. Ed il confine è talmente labile da confondermi.
Mi chiedo quando finalmente riuscirò a reagire. Le parole di Mat continuano a ronzarmi in testa ed io non so che fare per scacciarle, per sentirmi meno insicura e riprendere in mano la situazione. Sicuramente, visto il comportamento che ho avuto, la Dumont non mi vorrà più nella sua classe. Ma la rabbia ha avuto la meglio e non ho potuto fare a meno di scattare. Forse ho esagerato, soprattutto con Mat, ma finalmente mi sono sfogata ed ora mi sento più leggera. Vuota. Un guscio vuoto che gronda lacrime di disperazione. Ho sempre accantonato questa parte di me, quella debole ed incerta. Quella a cui è sempre e solo bastata una penna, per salvarsi. E, improvvisamente, il mondo si capovolge e mi trovo a testa in giù sulla Terra. La gravità è andata a farsi benedire, ma io ho ancora ossigeno nei polmoni e mi viene voglia di gridare. Un leone mi ruggisce nel petto, i ricordi mi assalgono e le parole mi danno la forza di rimettermi in piedi. Mi asciugo le lacrime con un gesto deciso; mi passo una mano tra i capelli, smuovendo un po' le morbide onde castane, che mi finiscono sul viso ancora umido. Mi metto dritta e faccio un respiro profondo. 

È il momento di sistemare le cose.

Spazio Autrice:
Eccoci qui! L'ennesimo capitolo sul quale sono incerta, ma i cui avvenimenti devono introdurre le vicende successive. Preparatevi, dal prossimo capitolo in poi, al caos più totale! Finalmente, dopo un relativo periodo di pace e premesse, giungiamo al vero intrecciarsi di tutti i rami che abbiamo introdotto fino ad adesso. E, soprattutto, scopriremo cosa lega tanto profondamente Adam e Mat!

Vi lascio un piccolo indizio, ansiosa di vedere se qualcuno riuscirà a capirlo in anticipo: sono l'uno contro l'altro, ma hanno anche qualcosa in comune...

Questa è una storia semplice, senza pretese e che non credo possa raggiungere grandi risultati. Ma avere qualuno che la legga e la commenti è davvero una cosa meravigliosa, per me. Le visualizzazioni e le stelline sono in continuo aumento, ed io non posso fare altro che ringraziarvi con tutto il cuore.
Un abbraccio forte.

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