Capitolo 13 - Castor

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Capitolo 13 – Castor
(Apollo)

Alla fine abbiamo finito per pranzare insieme, passare fuori la scuola e fermarci a rievocare vecchi ricordi in giro per la città. Non mi aspettavo che la presenza di Adam fosse così... tranquilla, ma si è rivelata una piacevole sorpresa. La giornata è volata e, per chiudere in bellezza, verso sera abbiamo deciso di andare a bere qualcosa insieme. Adam sorseggia pigramente la sua birra, la quarta, e sembra essersi totalmente dimenticato della mia presenza. Mi schiarisco la gola, stringendo nervosamente la tazza calda tra le mani. Adam mi lancia un'occhiata divertita.

-Sono colpito, Moore. Davvero.- dice, prendendomi in giro –Soltanto tu potevi ordinare un cappuccino in un locale, il sabato sera, alle nove in punto.

Gli lancio un'occhiataccia.

-Io amo il cappuccino.

Adam alza gli occhi al cielo, ma ha il buon senso di non commentare. Passano alcuni minuti prima che sia di nuovo lui a rompere il silenzio.

-E comunque lo pago io, quel cappuccino.

-Non se ne parla, Adam.- rispondo immediatamente –Non è mica un appuntamento.

Capisco di aver toccato un tasto dolente quando lo vedo distogliere lo sguardo e passarsi nervosamente le mani tra i soffici capelli, che hanno lo stesso colore di quattro anni fa: ambra illuminata dal sole.

-Ne ho avuti tanti negli ultimi mesi.

-Tanti appuntamenti?

-Di tutti i tipi.- annuisce –Non ero più abituato ad uscire con una ragazza in quel senso.

-Una ragazza che non fosse Pamela, vorrai dire.

Adam sussulta, finendo la birra in due sorsi pieni ed ordinandone un'altra. Gli lancio uno sguardo preoccupato e cerco di incrociare i suoi occhi contornati da occhiaie violacee.

-Adam.- dico –Che è successo con Pamela?

I suoi occhi acquistano un colore lieve, più chiaro del solito, mentre mi sorride. È una sfumatura nuova, qualcosa di particolare. Ha lo sguardo di chi sta combattendo contro un nemico particolarmente forte, ma non ha ancora perso la speranza.

-Abbiamo rotto.- dice seccamente –Mi pare di avertelo già fatto presente.

-Ma perché?!- insisto –Voi eravate così... non posso credere che sia davvero finita. Che è successo, Adam?

Lo vedo stringere i pugni e per un attimo sembra sul punto di alzarsi ed abbandonarmi qui da sola, poi sospira.

-Suo padre.- dice piano –Ho parlato con suo padre.

-Tu hai conosciuto il padre di Pamela?

Sembra assurdo, ma nonostante stessero insieme da anni Adam e Pamela non avevano mai voluto coinvolgere le loro famiglie. I genitori di Adam erano troppo ricchi ed impegnati, soprattutto dopo l'incidente del padre ed il processo contro i Rivers, per queste cose. Mentre il padre di Pamela di sicuro non avrebbe approvato, poiché era un prete protestante che detestava più di qualsiasi altra cosa le famiglie come i Jackson.

Adam distoglie lo sguardo e sorride stancamente.

-Sapevamo che non sarebbe stato facile.- dice, lanciandomi uno sguardo eloquente –Mi avrebbe odiato. E io già odiavo lui prima di parlargli.

-Ma è stato più difficile di quanto pensaste, vero?

Non mi risponde direttamente, ma continua a raccontare.

-Sembrava che fosse disposto a tollerarmi, ad accettare che ci fidanzassimo ufficialmente...- serra la mascella –Poi si è presentato a casa mia.

Spalanco gli occhi, preoccupata.

-Pamela vuole studiare musica, si sta impegnando al punto da fare la cameriera in un disgustoso ristorante della periferia.- continua Adam –Vuole andare a Londra per fuggire da qui, da suo padre.

Annuisco, ricordando le parole di Ros del giorno prima, e lancio ad Adam uno sguardo apprensivo.

-Immagino che suo padre non sia d'accordo.

-Mi ha detto di lasciarla in pace.- dice, prendendosi la testa tra le mani –Non ero adatto a lei, i miei erano dei criminali e l'avrei rovinata... se non l'avessi lasciata, lui le avrebbe impedito di andare.

-Adam...

-Ho pensato che fosse più giusto, capisci?- mormora, tormentato –Fare qualcosa per lei, essere io a salvarla, almeno per una volta. Ma...

-Ti ha ricattato!- sbotto ad alta voce –Adam, quell'uomo è stato meschino! Io non posso credere che Pamela ti abbia permesso di allontanarla, è adulta, può fare quello che vuole...

Lui serra la mascella.

-Le ho mentito.- dice –Sono stato credibile, persino per lei. Crede che stia con Laila.

-Laila, Laila Jones della squadra di basket?

-Laila Jones giornalista dell'Evening.- mi aggiorna lui –Alla quale, per inciso, la cosa non dispiace. Ha sempre detestato Pamela e baciarmi davanti a lei non è stato un problema.

Mi sembra sul serio che in quattro anni il mondo si sia rovesciato qui a Staithes, ribaltando ogni posizione.

-Mio Dio...- mormoro, massaggiandomi le tempie –Adam...

Lui mi blocca con un cenno, sorridendo stancamente.

-Troppe informazioni? Chiedo scusa.- si alza, barcollando leggermente per via delle troppe birre bevute –Ora devo proprio andare a lavoro.

-Che lavoro... a quest'ora? Qual è il tuo lavoro?

Adam evita il mio sguardo, sorride come per schernire se stesso.

-Faccio il buttafuori.

Si ficca una mano in tasca e lascia alcuni spiccioli sul tavolo, accanto a me, che serviranno a pagare il nostro aperitivo. Vorrei ribadire che pago io, ma la sua espressione mi fa desistere: sembra stare peggio di prima, e con quella faccia mi meraviglio che si regga ancora in piedi. Adam si avvia all'uscita del locale, ma all'ultimo momento si volta indietro e mi rivolge uno dei suoi sorrisi furbi e divertiti.

-A proposito, piccola Ellie...- borbotta, un po' brillo –C'è una cosa che voglio dirti da quando ti ho rivista.

Mi acciglio.

-Il tuo prezioso Osservatorio, quello vicino casa tua...- fa una pausa, studiando la mia reazione.

Il mio cuore impazzisce ed io lo fisso con gli occhi spalancati, chiedendomi cosa voglia dirmi. Da quando sono tornata a Staithes, due giorni appena, non sono ancora andata lì, all'Osservatorio: l'ultima volta ci sono stata con Mat ed ho quasi paura dell'ascendente che quel luogo ha su di me.

-Cosa?- chiedo, poiché Adam non si decide a parlare.

Lui continua a sorridere.

-Dovevano demolirlo.- dice –Era diventato un rudere e volevano buttarlo giù, così l' ho comprato con le azioni di mio padre. Prima che finissimo in rovina, intendo.

Il cuore accelera sempre di più e senza neanche rendermene conto trattengo il fiato.

-Non so cosa avessi per la testa... dovevo aver bevuto.- borbotta –Investire su quella catapecchia non conveniva un accidenti, è così inutile...

Dove vuole arrivare?

-L'ho rivenduto.- dice infine –Ad un altro acquirente.

Mi alzo in piedi.

-Chi.- gli chiedo –Di chi si tratta?

Cosa sarà del mio locus amoenus? In cosa trasformeranno il mio amato Osservatorio?

Adam sorride, lanciandomi un ultimo sguardo divertito.

-Buona giornata, piccola Ellie.

***

La nostra vita è un treno in corsa da qualche parte nel mondo, pieno zeppo di passeggeri e posti liberi o occupati. C'è chi si siede e chi rimane in piedi, chi scende alla prima fermata e chi non si muoverà da lì fino a che il treno continuerà a camminare. Le fermate sono tante, infinite, ed il nostro è un viaggio verso l'ignoto. Il treno si ferma, lascia scendere delle persone ed attende che ne salgano altre per ripartire nuovamente. Chiunque può salire e chiunque può scendere. Tranne noi. Perché noi siamo gli autisti del nostro treno e, se scendessimo, quello finirebbe per schiantarsi. Non possiamo abbandonare il volante, o mettere l'autopilota. Non importa se siamo rimasti da soli o se abbiamo sulle nostre spalle la responsabilità di milioni di passeggeri, anche i treni vuoti devono arrivare a destinazione. Il nostro compito è continuare a guidare, districarci tra milioni di tunnel ed arrivare da qualche parte.
Dove arriveremo, poi, è un'altra storia.

Io sono arrivata qui, o forse sarebbe meglio dire che ci sono tornata. Staithes è sempre stato il mio posto nel mondo, ma non me ne sono mai resa conto, perché ero troppo occupata a pensare a come fuggire dai miei demoni. Ciascuno ha i propri demoni, ma la differenza sta nel modo in cui li affrontiamo, senza scappare da loro.
Ed io sono scappata dall'Osservatorio per troppo tempo, ne sono consapevole. Ho deciso di andarci, di dire addio a quel posto che diventerà chissà che cosa, ora che è stato acquistato. Continuo a camminare e mi fermo accanto ad una chiesa, un edificio gotico piuttosto alto nel quale non ho mai messo piede, in attesa dell'autobus. Alzo distrattamente lo sguardo e noto alcuni manifesti funebri, che annunciano i funerali che si terranno nei prossimi giorni. Lo faccio distrattamente, guardandomi intorno come si guarderebbe intorno una persona qualunque aspettando l'autobus. Ma il cuore mi si ferma.

Amélie Dumont
Venuta a mancare il 14 settembre 2001.

Sotto è scritta la data del funerale, dopodomani, ma non c'è nessuno che la annunci.

Trattengo il respiro.

Tre giorni fa. Mentre ero in viaggio, per tornare a casa, la mia professoressa del liceo è morta. La Dumont, che tanto aveva insistito perché mi mettessi a scrivere e non partissi per la Germania. La donna a cui avevo pensato oggi, passando per scuola con Adam, e che avevo pensato di andare a trovare in queste settimane. Il cuore mi si spezza al pensiero di quella donna terribilmente sola, che viveva la vita attraverso le parole e che in questo modo era riuscita a trovare la sua felicità. Una facciata severa dietro cui si nascondeva un grande cuore. Mi tornano in mente le sue parole, velate dagli anni e contagiate dal sorriso della professoressa.

Ciò che crediamo di desiderare a volte non è quello che vogliamo davvero; così come non prestiamo attenzione alle cose che abbiamo, che sembrano perseguitarci ovunque e che ci stanno con il fiato sul collo. Non cercherai mai qualcosa che credi di poter trovare. Siamo fatti per inseguire sogni impossibili, che non potremo mai realizzare. I sogni sono inconsistenti come le nuvole, vorrei che tu lo ricordassi.

Chiudo gli occhi e lascio cadere qualche lacrima, sorprendendomi di quanto questa donna mi stesse a cuore. Non ci siamo conosciute benissimo, in fondo, ma le ho lasciato il mio racconto e lei mi ha mostrato un pezzetto della sua vita, offrendomi una possibilità. Sento il suono di un clacson e mi volto di scatto, rendendomi conto che l'autobus è arrivato e che l'autista mi sta guardando spazientito. Mi affretto a salire, senza distogliere lo sguardo da quella data, da quel nome, da una possibilità che ha preso per sempre il volo.

Un passeggero che il mio treno si è lasciato indietro.

***

Mi fiondo dentro casa, già speranzosa di buttarmi sul letto e dormire un po' per metabolizzare tutte le brutte cose che sono successe oggi. O prima di oggi, senza che lo sapessi o potessi fare qualcosa. Mi avvio verso le scale per andare in camera mia, ma sento la voce di mio padre chiamarmi dal salotto. Lo raggiungo, sorpresa di vedere che non è al ristorante.

-Papà.- dico, notando l'uomo in smoking seduto sul divano accanto a lui –Che succede?

Mio padre sembra triste e mi lancia uno sguardo dispiaciuto; mentre l'altro uomo si alza, venendomi incontro e porgendomi la mano.

-Mi chiamo Tom, Tom Woodless.- si presenta –Cercavo lei, signorina Moore.

-Me?- chiedo, ritirando la mano con leggera diffidenza.

-Proprio così.- Il signor Woodless annuisce –Sono il legale di Amelié Dumont.

Sobbalzo, barcollando indietro. Mio padre si alza a sua volta, affiancando il legale.

-Tom dice che la signora Dumont era una tua insegnante, è vero?

Annuisco piano, ma non distolgo gli occhi da quelli nero pece dell'uomo che mi sta di fronte. Lui sospira.

-Non c'è nulla da temere.- dice con un sorriso di circostanza, forse offeso dalla mia reazione –Devo solo consegnarle una lettera, avevo disposizione di darla solo ed unicamente a lei.

-Una... lettera?

-A quanto pare, signorina Moore,- dice il signor Woodless, studiandomi –Amelié Dumont l'ha inserita nel suo testamento.

Spazio Autrice:
Capitolo super, super breve! Non linciatemi, ma questo ed il prossimo capitolo sarebbero dovuti andare a braccetto, prima di recentissime modifiche! Spero comunque che sia stato leggero e che vi sia piaciuto, poiché dal prossimo in poi cominceremo a chiudere tutti i cerchi che abbiamo aperto!
Cosa avrà lasciato la Dumont ad Ellie? Le cose tra Adam e Pam si risolveranno mai? Ma, soprattutto, come finirà la storia?
Io posso solo anticiparvi che il prossimo capitolo è una Pleiade, la penultima della storia, e che la canzone per il capitolo è una delle mie preferite in assoluto... riuscite ad immaginare quale delle due Pleiadi rimaste presterà nome al capitolo, se Taygeta o Merope?

Sperando di non scrivere un poema (ci provo ad ogni spazio autrice, ma fallisco sempre xD), concludo con un grande, immenso GRAZIE a tutti voi. Ragazzi, On fire è tra le Perle degli Shadow Awards, e per me è stata una grande sorpresa. Nel giro di venti giorni questa storia, e noi dentro le sue pagine, è stata selezionata da tre concorsi: prima i Wattys, poi gli Advisor ed ora anche gli Shadow Awards. Io davvero, davvero non me lo sarei mai aspettata, e provare queste emozioni proprio con On fire mi ha resa più felice che mai. Presto capirete perché... in attesa, ancora grazie di cuore. <3
Un bacio, a prestissimo!

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