Capitolo 27 - Pleione (Pleiadi)

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*PLEIADI*
Capitolo 27 - Pleione
(regina che naviga)

Me ne stavo lì, immobile, con le braccia incrociate e le gambe unite fra loro. Avevo gli occhi lucidi, i capelli incollati alla faccia dall'aria umida e le mani sudate. Guardavo la realtà come si guarda una nave che sta affondando, mentre tu sei già caduto in mare. E mi chiedevo per quale motivo quella che a me appariva come la fine del mondo, fosse un nulla per tutti gli altri. Le persone vanno avanti con la loro vita e se ne infischiano di te. Di quello che ti ha ferito. Neanche sanno fino a che punto puoi essere ferita, le persone, ignorano le cicatrici che hai scolpite nello sguardo senza vergogna.

Il ricordo fissa lo spazio e muta il tempo, portandomi a qualche anno fa. Quando venni qui per la prima volta, le lacrime mi offuscavano la vista ed ero tanto frastornata da tremare. Tremavo come tremo adesso, cinque anni dopo. Prendo un respiro profondo, stringendomi nelle spalle ed alzando lo sguardo. Davanti a me c'è una lapide di pietra bianca, sobria ed elegante, circondata dai fiori che vengono portati ogni giorno.

Anne Price
19/01/1950 - 11/06/1984

Sono passati quattro anni e questo luogo, questa tomba, mi fanno lo stesso effetto. C'è qualcosa che mi schiaccia il cuore, impedendomi di respirare, e che ovatta tutti i suoni della realtà. Mi chiudo in me stessa, alla ricerca di frammenti passati. C'era una stella, in particolare, che mia madre mi indicava nel cielo. Diceva che era la sua preferita, la prima che aveva imparato a riconoscere ed a cui si era affezionata. Il nome di quella stella è Sheratan, letteralmente "i due segni". Si tratta di una stella binaria visibile ad occhio nudo, mia madre l'aveva usata come punto di riferimento per riconoscere poi tutte le altre. Un giorno, quando avevo appena sei anni, mi portò all'Osservatorio e me la fece vedere al telescopio; ma mi accorsi immediatamente che c'erano due stelle molto vicine tra loro.

Quale delle due è Sheratan, mamma?

Anne Price aveva sorriso, scompigliandomi i capelli.

Entrambe, amore. Sheratan è una stella binaria, due nuclei vicinissimi che si influenzano a vicenda. Sono una nana bianca ed una nana gialla, ma servirebbero una serie di strumenti molto più eleborati di questo telescopio per distinguerle.

L'avevo guardata ammirata e lei si era abbassata alla mia altezza, con un sorriso dolce.

Vedila così, piccola Ellie, tu sei la nana gialla ed io sono quella bianca. Siamo vicinissime, tanto vicine da avere lo stesso nome e la stessa luce. Per sempre. Ti basterà guardare al tuo fianco, a pochi centimetri dal cuore, e mi troverai lì.

Ripensando alle parole di mia madre, sento gli occhi lucidi e non riesco a trattenere un singhiozzo. Mi stringo ancora nelle spalle, fissando le date indelebili e crudeli sulla lapide. Ma sono certa che mia madre non mentiva quella volta: anche se ora è lontana da me, mi è a pochi centimetri dal cuore. Lei è al mio fianco ed affronterà questa tempesta con me, sostenendomi. Ovunque sia.

A volte il tuo mondo si rovescia.
Ogni tua convinzione, ogni credo ed ogni desiderio. Tutto crolla come le fondamenta di un palazzo costruito negli anni. Ma è un terremoto che non puoi evitare. Ciascuno ha i propri terremoti. Ognuno di noi deve affrontare le proprie sfide. E, talvolta, perderle. La vittoria non ti insegna niente, ti dona semplicemente più fiducia in te stesso. Ma la sconfitta è una maestra severa, indulgente, ti tende la mano in silenzio. Una mano nera e appiccicosa.
Ma non devi lasciarti ingannare dalle apparenze. I terremoti non distruggono soltanto... aiutano a ricostruire meglio.

Ho scelto di farcela.
Di combattere.
E non mi arrenderò.

***

Gli addii non sono mai stati il mio forte. È per questo che, attenta a non lasciarmi fuggire nulla, ho continuato la mia vita di sempre. La voce che Ellison Moore, diciotto anni e statura di una bambina, fosse stata presa in un centro di ricerche in Germania si è sparsa velocemente. Ma io non mi sono fermata a leggere le liste dei punteggi e le graduatorie, né ne ho fatto parola con qualcuno. Ho accettato con un sorriso di cortesia tutti i complimenti, tutte le congratulazioni, senza accennare minimamente al fatto che avrei lasciato l'Inghilterra. Persino l'ultimo giorno di scuola, mi sono comportata come se l'anno seguente sarei stata ancora lì. Invece non tornerò più alla Sparrow. Mat, Rosie e Denny sì: loro devono ancora prendere il diploma, gli manca un anno. Alex invece, essendo più grande, lo prenderà quest'anno; poi, a quanto ha detto, ha intenzione di studiare scienze motorie.

Ed è così che sono arrivata all'ultimo giorno, quello della partenza, senza neanche rendermene conto. Tutti i miei bagagli sono all'ingresso, mio padre non vuole sciogliere l'abbraccio in cui mi ha intrappolata ed io fatico a respirare. Ma non è per la stretta di mio padre che il respiro sembra mancarmi, credo. È una specie di adrenalina mista a terrore, la costante indecisione tra fare un passo avanti o due indietro. Chiudo gli occhi, cercando di calmarmi. Ma basta un attimo, il tempo di sostituire la realtà con il buio, che un ricordo mi torna alla mente.

Non mi arrenderò.

Per quanto abbia cercato di cancellarle, nelle ultime settimane le parole di Mat non hanno fatto che tornarmi in mente. Cosa significa che non si arrenderà? Proverà ancora a fermarmi? Dal nostro incontro, quella sera, non l'ho più visto. O meglio, mi sono premurata di non incontrarlo ed ho provato ad evitarlo con tutte le mie forze. Mi sono comportata da stupida e da codarda, sono scappata. Ma dopo le cose terribili che gli avevo detto, non avrei saputo come comportarmi. Mio padre mi allontana da lui, mantenendomi però per le spalle.

-Sono orgoglioso di te.

Sorrido, posando la testa contro il petto di mio padre e respirando il suo profumo leggero. Mi mancherà. Lo abbraccio di nuovo, questa volta sono io a stritolarlo, mentre gli sussurro che gli voglio bene. Ad interromperci è il suono di un calckson, appartenenente ad un auto che ormai conosco molto bene. Mio padre sospira.

-I tuoi amici?

Annuisco.

-Prometti di chiamarmi tutte le sere.

-Lo prometto.

-E prometti di scrivermi.

-Ti racconterò tutto della Germania.- faccio una pausa, sorridendo con gli occhi lucidi -E ti convincerò a venirmi a trovare!

Il signor cuoco Moore ridacchia, dandomi un buffetto sulla guancia.

-Dai, ti aiuto a caricare i bagagli.

Mio padre ed io ci chiniamo per prendere le valigie, ma non facciamo in tempo a sollevarne neanche una. Qualcuno bussa alla porta e, un attimo dopo, Alex e Denny si sono già fatti carico di ogni cosa. Dietro di loro spunta Ros, autoritaria.

-Su, cosa aspettate?- esorta i due ragazzi -Portateli in macchina!

Mio padre sorride, abbracciandomi un'ultima volta. Ci sono molte cose che vorrei dirgli e che mi vengono in mente solo ora, ma non voglio fare la melodrammatica. Questo è solo un arrivederci, per quanto instabile, e mi preparo a questo momento da anni. Così saluto mio padre, gli dico che lo chiamerò non appena arrivata e gli scocco un bacio sulla guancia, come se stessi uscendo per andare a scuola una mattina qualunque.

Dieci minuti dopo sono in auto, seduta nel posto dietro accanto a Denny. Alex, una volta terminato di caricare i bagagli, monta al posto del guidatore e mi lancia un'occhiata complice attraverso lo specchietto.

-Pronta per partire?- chiede scherzosamente Ros, seduta accanto a lui.

-Ragazzi...- dico emozionata -Grazie di cuore. Sul serio. Per avermi sostenuta... ma anche per il passaggio, accidenti, vi avrò buttati giù dal letto e-

-Sì, in effetti.- mi interrompe Denny, con una smorfia imbronciata -Ci hai proprio buttati giù dal letto. Cavolo, le occhiaie potrebbero rovinare la mia bellezza!

Alex scoppia a ridere, mentre io assesto a Denny una gomitata e ridacchio a mia volta.

-Dennis Mason!- sbotta invece Ros, torcendosi sul sedile dell'auto solo per voltarsi indietro e guardare Denny negli occhi mentre lo riprende -Sei assolutamente incorreggibile, tu-

-Scusate per il ritardo.- viene interrotta da una voce piatta.

Una voce che non sentivo da tempo, ma di cui, me ne rendo conto in questo momento, sentivo la mancanza.

-Non ho sentito la sveglia.- sento dire dalla stessa voce, mentre la proprietaria apre la portiera e prende posto accanto a me -Così ho pensato di venire direttamente qui, per fortuna Adam mi ha dato un passaggio.

-Ciao, Pamela.- dice Ros, rivolgendole un sorriso cordiale.

Sono senza parole. Pamela, proprio Pamela, la mia amica che a stento trovava il tempo di considerarmi, è venuta a salutarmi. La guardo con gli occhi spalancati, ma con un leggero sorriso.

-Non potevo non venire.- si limita a dire lei, facendo spallucce -Dovevo salutarti.

E mentre Alex mette in moto, mentre percorriamo le stradine di Staithes con la musica di sottofondo, mentre chiacchieriamo animatamente o scoppiamo a ridere per le assurdità che dice Denny, persino mentre respiro, non posso fare a meno di pensare:

Persino Pamela è qui per me.
Mat no.

Il porto è più affollato di quanto mi aspettassi, e ad attendermi c'è già una nave dalle proporzioni gigantesche: dovremmo raggiungere la Germania in mezza giornata, se non ci saranno imprevisti. Scendo dalla macchina in uno stato di trance, muovendomi lentamente come nel desiderio di prolungare il tempo. Mi rendo conto, forse soltanto adesso, che questo posto mi mancherà. Staithes, con il suo silenzio e le sue stradine, con il mare e le piogge estive, è scolpita nel mio cuore. Qui ho sofferto, ho riso ed ho vissuto fino a questo momento. E continuare da un'altra parte, lasciarmi alle spalle tutte queste emozioni, mi spaventa. Alex mi passa i bagagli, ma non lo guardo neanche mentre lo ringrazio; il mio sguardo è fisso su un gruppetto di persone che si avvicina: è Flick con tre ragazzi, probabilmente gli altri selezionati oltre a me. I primi due non li ho mai visti prima, ma sembrano più grandi di me; la terza è... Olivia. Spalanchiamo tutti gli occhi nel vederla lì, con un trolley rosa ed i capelli rosso fuoco legati in una crocchia disordinata. Olivia... qui?! Non mi ha mai detto che le interessava la fisica celeste, né che avrebbe partecipato alle selezioni.

-Olivia?- Denny mi legge nel pensiero -Che ci fai tu qui?

Olivia sorride, facendoci un segno di saluto e restando in silenzio. Siamo tutti sbalorditi, io per prima. Non posso credere che Olivia, proprio Olivia, verrà con me in Germania; che è stata selezionata proprio come me, ha affrontato i miei stessi esami ed è riuscita a superarli... chissà, magari riuscirò a diventarle simpatica, durante il viaggio...

-Aspettavamo lei, signorina Moore.- Flick interrompe i miei pensieri con un sorriso bonario, porgendomi un biglietto.

-Arrivo subito.- rispondo -Vi raggiungo a bordo, il tempo di salutare i miei amici.

Il professor Flick annuisce e, senza lasciarmi il tempo di protestare, i due ragazzi che lo accompagnavano prendono i miei bagagli per portarli sulla nave. Il gruppetto si allontana velocemente, soltanto Olivia rimane indietro. Batte il cinque ad Alex e lancia uno sguardo infastidito a Denny e Ros, prima di avvicinarsi a me.

-Il principe azzurro è in ritardo?- chiede divertita.

Capisco immediatamente a chi si riferisca e mi mordo nervosamente le labbra.

-Il cavallo bianco avrà trovato traffico...- rispondo, sorridendo amaramente.

-Oppure ha incontrato un'altra principessa.- Olivia fa spallucce -Più vicina, il cui drago dell'orgoglio sputi meno fuoco.

Ecco.
Olivia ha sempre avuto un modo delicato di sbattermi in faccia le cose.

Comunque, si allontana prima che possa ribattere, lasciandomi frastornata e ferita per le sue ultime parole. Guardo l'orologio, riscuotendomi: mancano dieci minuti alla partenza. Così mi volto verso i miei amici, indecisa su come salutarli, non voglio sembrare esagerata, ma mi mancheranno tantissimo.

-Chi lo avrebbe mai detto...- butta lì Alex -Olivia qui.

-Avrai un'ottima compagnia...- dice Ros, imbronciata.

Ridacchio.

-Non sarà come avere voi al mio fianco.- dico sinceramente, facendo un passo avanti -Non sarei neanche qui, se non vi avessi incontrati. Avete reso questo anno bellissimo, mi avete cambiata.

Sorrido sinceramente, ma leggermente imbarazzata.

-Mi mancherete tutti tantissimo, voi siete i miei-

Denny non mi lascia finire la frase, si fionda tra le mie braccia e mi stringe forte. Restiamo così per un po', il tempo di godermi il suo profumo dolce (simile a quello di mio padre) ed il calore dell'amico migliore che io abbia mai avuto. Quando ci stacchiamo, Denny mi prende per le spalle.

-Sei una forza, Ellie.- dice piano -Sono fiero di te, e sono certo che lo sia anche Mat.

Scuoto la testa con decisione.

-Mat non è qui, Denny.

Sta per ribattere, ma veniamo interrotti dalla mano gentile di Alex che si posa sulla mia spalla. Mi volto, cercando di trattenere le lacrime, saltando al collo del capitano della squadra di basket della scuola. La stretta di Alex è gentile come la ricordavo, le sue labbra mi lasciano un bacio leggero contro la nuca ed il suo profumo mi avvolge dolcemente.

-Buona fortuna.- dice quando ci stacchiamo, con un sorriso gentile.

Ricambio il sorriso, annuendo e ringraziandolo. Poi mi avvicino a Pamela, che è rimasta in disparte per tutto il tempo; non so esattamente quale sia il modo giusto per salutarla, ma decido di essere impulsiva e la abbraccio.

-Grazie per essere venuta, Pam.- dico piano, in modo che solo lei possa sentirmi -Mi hai resa felice. Saluta Adam per me.

Lei si limita ad annuire, fredda come al solito, ma ricambia il mio abbraccio stringendomi forte.
Ora manca solo una persona all'appello dei presenti, l'addio più difficile e l'abbraccio migliore. Mi volto verso Rosie, la mia migliore amica, la ragazza che per prima mi ha invitata ad unirmi a quello strano gruppo di amici. Quella che ha riso con me, che mi ha capita e supportata, facendomi sorridere ed asciugandomi le lacrime. Tra noi non servono parole.

Ci abbracciamo strette, senza dire niente, salutandoci con due baci sulle guance. Solo quando ci separiamo mi accorgo che Ros ha gli occhi lucidi e, intenerita, sorrido.

-Ti chiamo tutti i giorni.

Lei sussulta, la vedo sbattere forte le palpebre e stringere le labbra; ma alla fine non resiste, le scappa un singhiozzo ed un attimo dopo è in lacrime, di nuovo tra le mie braccia.

-Chiamami tutti i minuti!- singhiozza -Mi mancherai troppo, scema.

Annuisco e trattengo le lacrime, stringendola forte. Non vorrei mai districarmi da questo abbraccio, ma devo farlo se non voglio che la nave salpi senza di me.

Sicura che non sia proprio quello che desideri?
Non potrò più tornare indietro, se parto adesso.

Mi volto, accertandomi di aver preso la borsa e di non aver dimenticato nulla. Guardo i miei amici uno ad uno, sorridendo a tutti ed alzando una mano per salutarli.

-Allora... ciao a tutti!- dico con un sorriso.

Lo dico a loro, a me stessa, ma non mi muovo. Sono come inchiodata a terra, immobile. Manca qualcosa. Manca qualcuno.

Non mi arrenderò.

Scuoto il capo con decisione, non devo lasciarmi ingannare da una stupida frase. Sono patetica. Mi allontano in direzione della nave, fermandomi di nuovo poco prima di salire a bordo. Mi volto, ma non cambia nulla. Alex e Denny si sbracciano nella mia direzione, facendo quasi a gara a chi saltella di più. Pamela ha un sorriso enigmatico, fredda e composta come al solito, mentre mi guarda salire sulla nave. Rosie mi saluta con entrambe le mani, agitandole poco, asciugandosi ogni tanto le lacrime: vorrei correre da lei ed abbracciarla di nuovo, ribadendole che potrà venirmi a trovare e che le scriverò due lettere alla settimana. Alzo la mano in segno di saluto e faccio per entrare e sparire dalla loro vista. Volto le spalle a Staithes. Ma rimango ferma, incapace di fare quel minuscolo, simbolico passo avanti. Non riesco a saltare il precipizio.

Non mi arrenderò.

Mi volto un'ultima volta, quasi di scatto, speranzosa di vedere un cambiamento. Ma lui non c'è. Perché non è qui? Si è davvero arreso con me? In un attimo di panico ed emozione al tempo stesso, me ne rendo conto: se Mat arrivasse adesso, di corsa, e mi urlasse di restare, non ci penserei due volte. Tornerei davvero indietro, per lui. Sceglierei davvero di rinunciare a tutto, anche all'ultimo momento. E mi scuserei per non avergli dato ascolto, per essere stata una stupida.

Non mi arrenderò.

Gli permetterei di dirmi che mi ama e gli risponderei che lo amo anche io. Paradossale. Sono arrivata fin qui, e l'unica cosa che cerco è un pretesto per tornare da lui. Ma Mat non è venuto neanche per dirmi addio. Ha fatto bene, in fondo, probabilmente se ci fosse stato tutto sarebbe stato ancora più difficile. Ed io devo salire su questa nave. Chiudo gli occhi, facendo un respiro profondo e salendo sulla nave.

Lui non è venuto.
Si è arreso.

***

Stringo forte tra le mani la ringhiera del passamano, come fosse un appiglio. Guardo sotto di me: solo mare, unicamente acqua salata nel cerchio che circonda questa nave.

Sto seguendo il sogno di una vita, ma perché allora mi sento come se stessi scappando da qualcosa?

Serro gli occhi, è come se la terra sotto i piedi mi mancasse, come se mi stessi lanciando da un aereo in volo senza paracadute. Nelle mie orecchie c'è solo il rumore delle onde, l'unico suono in grado di tranquillizzarmi fin da quando ero bambina; ma ora non funziona. Involontariamente, i miei pensieri vanno a Mat. Lui non avrebbe il coraggio di starsene qui, sulla poppa della nave con il vento a scompigliargli i capelli. Probabilmente si rifugerebbe in bagno, con una busta per il vomito in mano ed una bella scusa, perché non ammetterebbe mai di stare male per un po' di vento. Ha sempre sofferto il mare. Eppure, è anche la sua più grande passione dopo le stelle. Le barche a vela gli sono piaciute fin da bambino, gli piaceva l'idea di sfruttare il vento per spostarsi sul mare. Proprio quel vento e quel mare che gli mettevano sottosopra lo stomaco.

Come si fa ad amare tanto qualcosa che ci fa solo soffrire?

Credo che sia una legge sconosciuta della vita, questa, innamorarsi sempre, e perdutamente, delle cose che non potremo mai raggiungere. Forse poi non sono neanche così belle come le vediamo da lontano, ma il non poterle raggiungere ci impedirà di riconoscerle per quello che sono, di poterle vedere da vicino. Forse ho fatto così anche io, con me stessa e con il mio sogno. Essere qui, a bordo di questa nave, ad un passo da quello che ho sempre desiderato, mi fa sentire incredibilmente infelice. Non posso fare a meno di chiedermi cosa stia facendo Mat in questo momento, cosa abbia fatto tutta la giornata, e cosa stesse facendo al posto di venire a salutarmi.

Non so se è felice, magari per lui queste due settimane sono state più positive che per me, forse in questo momento avrà già avuto tutto quello che desiderava dalla vita, oppure no. Magari avrà una nuova ragazza, una che non lo faccia soffrire, o forse starà pensando ancora a me. Chissà se gli manco, se mi ha dimenticata come fossi solo un particolare. È di questo che ho paura. I punti fissi non si dimenticano. E, se lui è andato via, significa che io ero solo un particolare nella sua avventurosa e fantastica vita.

Vogliono trarci solo in inganno quando ci dicono che i particolari sono la cosa più importante e che, chi è in grado di notarli, ha capacità magnifiche e sorprendenti. Perché, alla fine, i particolari non li nota mai nessuno. Restano soli nella maggior parte dei casi, emarginati da un essenziale stereotipato.

Me ne rendo conto solo adesso, io ho paura di restare da sola.

-Signorina Moore!- la voce del professor Flick mi fa sobbalzare -Non ha freddo lì?

Mi volto, alle mie spalle c'è l'uomo che mi permetterà di realizzare il sogno più grande della mia vita. Diventerò una ricercatrice scientifica, studierò per tutta la vita la fisica e, magari, un giorno finirò su qualche libro sotto il nome di un importantissimo nuovo teorema. Guadagnerò un sacco di soldi, pezzo per pezzo mi costruirò una nuova vita. Spero solo di utilizzare le costruzioni giuste, questa volta.

-Ellison,- ora la voce di Flick è più vicina, una sua mano si posa sulla mia spalla e mi viene da sorridere -perché non vieni dentro?

Sorrido, a disagio, quest'uomo è sempre così gentile con me.

-Certo! La raggiungo subito.- dico, ma suona poco convincente persino a me.

Lui, per fortuna, mi sorride e scuote la testa in modo divertito. "Sei proprio un caso perso" sembrano volermi dire i suoi occhi, ed io mi sento esattamente così. Un calcolo sbagliato, che rovina tutta un'espressione, portando ad un risultato che non era quello giusto. Ma chi ha mai detto che le espressioni devono avere un solo risultato?

-Va bene.- la voce del professore sembra rassegnata -Ti aspetterò dentro, allora.

Non gli rispondo, non riesco neanche a sentire i suoi passi mentre si allontana. Mi sento in gabbia, una gabbia fatta di numeri, che diventerà la mia vita. Provo l'irrefrenabile istinto di buttarmi in mare e tornare a casa a nuoto, di trovare Mat e dirgli che aveva ragione, questa non è la mia strada. Ma così gliela darei vinta, la darei vinta a tutti quelli che pensano che non ce la farò. Ed invece io ho il dovere di andare avanti, di farcela, per dimostrare al mondo intero che avevo ragione. O, forse, per dimostrarlo a me stessa. Fatto sta che mi è stata data una grande occasione, che chiunque altro desidererebbe avere; e che, in più, ho a sostenermi persone che hanno sempre creduto in me: mio padre ed il professor Flick, anche se quest'ultimo sembra sempre osservarmi come fossi una formica in un nido di ragni.

Sbuffo, infastidita da questi pensieri tanto demoralizzanti. Insomma, già solo essere qui, su questa nave, diretta in Germania, dimostra quanto io sia stata forte e quanto, in realtà, abbia tutta la stoffa per tessere la mia ragnatela e vivere tranquillamente come un ragno, non come una formica. Se voglio andare avanti, devo imparare a dimenticare il passato. Mat è un ricordo, la scrittura e Staithes sono un ricordo. Io sono qui, ora, e devo imparare ad ignorare l'irrefrenabile e sbagliatissima voglia di tornare indietro.

Determinata, lascio la ringhiera e mi accorgo con sorpresa che le mie gambe sono perfettamente in grado di reggermi. Sorridente, entro nei locali interni della nave.

Il professor Flick è seduto su un divanetto, sta fumando un sigaro e, alla mia vista, si prodiga in un sorriso luminoso. Attorno a lui, Olivia, Carlo e Thomas sono impegnati in un'appassionante conversazioni sul principio di induzione e sulle sue applicazioni possibili o meno nella vita pratica. Mi fa strano sentire dei ragazzi della mia età parlare di matematica con tante versatilità e calma, di solito l'unico con cui potevo parlare di cose del genere era Mat.

Mat...
Basta! Accidenti, devo smetterla di pensare a lui!

Mi siedo con gli altri, ascoltando distrattamente le loro conversazioni ed intervenendo ogni tanto e con poca convinzione. Desidero solo arrivare a Berlino: sono sicura che, una volta lì, sentirò di nuovo di star facendo la cosa giusta.

Sono le persone, non i luoghi. Puoi anche scalare una montagna, ma non sarà mai come fare un solo passo con qualcuno che ti ami veramente. Devi credere che le cose non sempre sono come appaiono e che un giorno, quello che aspetti da tanto, tutto tornerà da te. Non devi correre via, non devi affrettare le cose. Certo, non sto dicendo che tu debba lasciarti ferire incondizionatamente. Combatti, so che puoi farlo, so che ne sarai in grado. Ma non permettere alle cicatrici di segnarti. Lascia cadere le croste del passato e permetti al presente di graffiarti, di versare il tuo sangue, senza scendere in profondità. Fa che le tue ferite siano superficiali. E, se queste ultime sono profonde, allora sta' ferma. Chiudi gli occhi. Brava, proprio così. Chiudi gli occhi e cerca, fuori dal tempo e dallo spazio, qualcosa che ti faccia stare bene. Trova qualcosa a cui aggrapparti e non lasciarla fino alla fine della tempesta... Ed anche dopo, perché un appiglio non si dimentica.
Trasforma ogni fine nell'inizio di una nuova storia.

(*)Non ricordo di averlo mai specificato, ma la storia si colloca cronologicamente dal 1996 in poi.

Spazio Autrice:
Ragazzi... io non riesco a crederci. Davvero. Non posso credere che la prima parte di On fire sia già finita, per me è durata un attimo. Un attimo bellissimo, una parentesi che mi ha regalato tantissime emozioni. Spero sia stato così anche per voi. Prima di tutto, vi chiedo cosa ne pensiate. Sapete quanto contino per me le vostre opinioni, soprattutto in questo caso, in vista del finale di questa prima metà della storia. Cosa ne pensate? E cosa vi aspettate accadrà nella seconda parte?
Io vi anticipo solamente che sarà moooolto più movimentata della prima...

E adesso, finalmente, passiamo alla parte che più mi sta a cuore...
(Mi scuso in anticipo per la lunghezza di questo spazio autrice xD)

Si è rivelato incredibile quanto le parole siano in grado di insegnarti la vita, quando le leggi, ma soprattutto quando le scrivi. Questa storia, come sapete, è molto importante per me; perché mi ha aiutata a riassumere in dei personaggi, attraverso dei semplici capitoli, qualcosa che avevo voglia di raccontare. Ma il vero desiderio realizzato è stato e sarà avere tutti voi qui, con me, in questo bellissimo viaggio. Vi ringrazio davvero di cuore per aver deciso di seguire una storia un po' diversa dalle altre, più tranquilla e senza troppi colpi di scena... avete realizzato il mio sogno.
Un grazie di cuore a tutti voi, a chi legge in silenzio, a chi stellina, a chi commenta ed a chi semplicemente ha ispirato questa storia. In particolare, prenderò un po' di spazio per citare i commentatori più assidui, che mi regalano sempre moltissime emozioni.

Un luminosissimo grazie soprattutto a voi: The_Jenkins  Simi2829 _Una_fangirl  Giuliettapersempre  katia_jackson __alee98 Viola_Mundel Fahereinheit451 always0317 crycry2004

Un grazie speciale anche alla carissima _Artemisya_, di cui attendo con trepidazione il ritorno. Ed alla fantastica (ma questo lo sapete tutti) Iron9208.

Spero di non aver dimenticato nessuno, ma ci saranno sicuramente molte altre occasioni per ringraziarvi! <3
Ancora grazie a tutti voi, ragazzi, che siete scolpiti nel mio cuore e mi sopportate sempre.
Ci vediamo presto... con la seconda parte di On fire! ❤️

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