La mia nemica immaginaria

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Giudici: JSElordi, cabynch, Sara_commenta, moonlight920, BelMa-Pattinson
Parole: 3487
Genere: umorismo nero, mystery, drammatico.

Cameron è un newyorkese di diciotto anni, figlio unico, e costantemente ancorato ad una dimensione della mente, che proietta dentro di sé emozioni, rappresentazioni, modelli comportamentali, di cui un individuo in realtà non ne è consapevole: l'inconscio.

È introverso, non ha amici, e preferisce chiudersi nel suo mondo. L'unico amico, di cui ne è anche il padrone, è un cane, che ha preso al canile tre anni fa, un pastore maremmano. Con lui riesce ad aprirsi e a sorridere, qualche volta, ad essere se stesso insomma.

Il suo insegnante privato, il Signor Hoffman, un uomo sulla cinquantina, con un pessimo senso dell'umorismo, costantemente di male umore, e un enorme neo sul naso, gli ha sempre inculcato l'idea che, in ogni essere umano esiste una parte inconscia, in cui gli uomini creano una sorta di vita parallela, nella quale si compiono azioni che nella vita reale non si sognerebbero neanche.

Inoltre, da che ne ha memoria, quindi da tre anni circa, la sua breve vita è una continua lotta contro un io interiore, una proiezione di un se stesso "cattivo", in versione femminile, che ha deciso di chiamare consapevolmente Diaz, per due motivi ben precisi: il primo è che, come Cameron, è bionda e ha gli occhi blu, da fare invidia anche alle più sexy donne holliwoodiane; il secondo, e oserei dire anche il più importante e scontato, è che è seriamente identica a Cameron Diaz, l'attrice americana.

Per una ragione ancora a lui sconosciuta, ha le sue stesse forme. Ironia della sorte, Cameron porta il suo stesso nome; quindi quale epiteto migliore, se non Diaz?

La cosa strana è che lei si diverte a giocare con la sua mente, buttandolo costantemente tra le braccia della morte.

Voi direte: cosa c'è di tanto strano? Bene, un po' di anni fa, Cameron ha fatto un grave incidente, nel quale è letteralmente morto, e del quale sinceramente non ricorda nulla.

Per uno strano scherzo del destino, si è svegliato nuovamente in un piccolo letto d'ospedale, in cui neanche entrava, date le sue gambe lunghe, e da quel momento ogni giorno della sua vita lo vive realmente come se fosse l'ultimo.

Da quel giorno, ogni volta che Cameron si estrania dalla realtà, spunta Diaz dalla parte più remota della sua mente. Una mente alquanto contorta a quanto pare, dal momento in cui non fa altro che fargli rivivere un dramma che neanche ricorda.

I genitori di Cameron, Alfred e Melissa Thompson gli ripetono continuamente la stessa storia: incidente stradale, in cui Cameron ha avuto un trauma così forte da rimuovere del tutto la sua vita da zero a quindici anni, fino al giorno dell'incidente.

Cameron non somiglia affatto ai suoi genitori: suo padre Alfred è alto, mingherlino, e con quattro peli sulla testa, di un colore indefinito. Sembra un uomo innocente, ma a volte sa essere estremamente cattivo; sua mamma Melissa è bassa, un po' obesa, a volte non riesce a camminare. I capelli biondo cenere le arrivano sulla spalla e ha gli occhi neri come la pece.

A volte, Melissa quando guarda negli occhi le persone, fa paura persino ad un ragazzo come Cameron, che ora come ora non gli spaventa neanche il sonno eterno.

Da chi avrà mai preso, non lo sa. È una domanda questa che gli ronza in testa da un po' di tempo. La sua convinzione è che ci sia un lontano parente tale e quale a lui, e questo pensiero gli fa placare un po' l'ansia di non somigliare per nulla ai genitori, sia fisicamente che caratterialmente.

Alfred e Melissa non mandano Cameron a scuola. Infatti, ha sempre studiato da casa, perché dicono che i ragazzi del quartiere lo considerano un tipo strano, che sta sulle sue, e che si estranea dalla realtà.

Probabilmente hanno ragione, ma elaborare una dimensione alternativa alla realtà non è stato affatto facile per Cameron. Di certo, non voleva che essa lo portasse ogni volta ad incontrare la morte. Quando però è subentrata Diaz, con tanto di mantello e cappuccio nero a rappresentare la morte stessa, ha riso così tanto, che la situazione non poteva essere più assurda.

Riuscite a pensare a Cameron Diaz, una donna estremamente affascinante e divertente, nei panni di angelo della morte, a rappresentare la pena, l'angoscia, e il tormento? Di certo la reazione di Cameron è stata più che giustificata, quando l'ha vista apparire nella sua mente, e le risate che si è fatto sono state tali da portarlo ad estraniarsi dalla realtà più spesso del dovuto.

«A cosa stai pensando, Cameron?» Domanda Diaz, impaziente di portare Cameron nel suo inferno personale. Una sola domanda, in realtà, frulla in testa a Cameron.

«Non vorrei sembrarti inopportuno, ma hai l'aspetto di Cameron Diaz, ma impersoni la morte, non ti sembra una cosa ridicola?» Detta così suona strano, ma sono anni che avrebbe voluto chiederglielo. L'occasione non c'era mai stata.

Cameron si è approfittato di questo breve momento di pausa, e ha colto la palla al balzo.

«Oh che sciocco! Quando sono passata a vita eterna, ho chiesto alla morte di farmi essere una ragazza bella.» Diaz avanza verso Cameron, atteggiandosi. «Se dovevo importunare qualcuno, almeno dovevo farlo per bene.» Gli fa l'occhiolino e lui è incredulo per ciò che sta ascoltando.

Sul serio, la morte in persona riesce a farti diventare ciò che vuoi? Cameron si poneva questa domanda in continuazione. Era persino arrivato al punto di pensare che gli sarebbe convenuto morire, dal momento in cui non viveva affatto una vita da ragazzo normale.

«So che muori dalla voglia di chiedermi come sono morta. Scusa il gioco di parole, ma è così divertente vederti sussultare ogni volta che la nomino. Dai, avanti, fallo.» Diaz lo incita, ma Cameron non riesce a credere di stare per chiederlo sul serio. Così, sbuffa, e si mette comodo a terra, con le gambe incrociate.

«E va bene, come sei morta?» Glielo chiede in realtà con un pizzico di paura. Non è di certo una domanda che poni quotidianamente, ma sembra che Diaz si diverta con questi discorsi.

Cameron non la capirà mai.

A volte non riesce a capacitarsi di come Diaz trovi alcuni discorsi esilaranti.

«Ora che me lo chiedi, ti accontento subito.» Con un ghigno malefico, si accomoda difronte a lui, e inizia a raccontare. «In vita ero una ragazza molto brutta, sempre a detta di mia mamma eh... È stata lei ad uccidermi, con una pugnalata dritta al cuore, eh boom...» Con un gesto veloce, Diaz posa il suo dito sottile sulla parte sinistra del petto di Cameron, facendolo sussultare.

Come può una mamma uccidere il proprio figlio? Come può un figlio parlarne così spontaneamente senza provare rabbia e rancore? Di certo, Cameron sarebbe talmente arrabbiato, da non nominarla neanche.

«Oh ma non temere, io sono felice sai? Finalmente mi sento libera da quella vita fatta di violenza. Non sorridevo mai, almeno ora ho sempre il sorriso stampato. Certo, non incontro tante persone, anzi adesso che ci penso conosco solo te. Ma chi se ne importa di avere tanti amici, quanto tu mi basti e mi avanzi? Posso prendermi gioco di te, senza che tu abbia una reazione esagerata, io sono felice.»

Cameron, non aveva mai replicato alle battute di Diaz, né mai si era opposto al suo modo bizzarro di tentare di farlo morire tante volte. Non sapeva neanche quale fosse lo scopo di volerlo far avvicinare così tanto al suo decesso.

Una volta, le ha chiesto per quale motivo Diaz si prendesse così tanto gioco di lui. L'unica risposta che ha ricevuto in cambio però è stato un rompicapo, al quale Cameron ancora non riesce a darsi una risposta: so qualcosa che tu non sai, ma solo se mi seguirai, tu lo saprai.

«Quando ho attraversato la famosa luce, dopo la morte, anziché andare in Paradiso, sono finita in una specie di Purgatorio. Lì ho incontrato la morte, che detto tra di noi non fa neanche così tanta paura come dicono.»

Diaz è così rilassata nel raccontargli tutto ciò, che quasi a Cameron gli fa avere paura e coraggio contemporaneamente, per l'espressione buffa che le è spuntata sul viso.

«Comunque, dicevo che quando ho incontrato la morte mi ha fatto una proposta che non avrei potuto rifiutare: entrare in Paradiso oppure essere come una sorta di spirito guida per qualcuno che avesse bisogno di scoprire nuove realtà ed essere spronato. E, secondo te cosa ho scelto?» Di nuovo, ride di gusto, mentre Cameron scuote la testa in segno di disapprovazione.

«Rompere le palle a me?» La sua è una domanda retorica ovviamente.

Cameron ritiene che soprannominare Diaz uno spirito guida è davvero un eufemismo. Questo perché, ogni volta che la sua mente la richiama, lei è pronta a prenderlo per mano, per accompagnarlo in un edificio a lui sconosciuto. Prontamente, lo fa salire fino all'ultimo scalino, per poi farlo precipitare nel vuoto, con tanto di risata maligna che riecheggia per tutta questa strana dimensione.

La casa che si presenta davanti a loro è enorme, molto antica, a giudicare dalle mura esterne, fatte di pietra. In ogni caso, un ampio giardino verde lo circonda e tanti alberi di ulivo. Visti dalla sua prospettiva, Cameron ha sempre pensato che fossero infiniti, e gli gira la testa solo a guardarli, tanto che gli sono sempre sembrati tutti uguali.

Anche l'interno è carino: ogni stanza è pitturata con un colore diverso. La cucina ha le mura di colore bianco e i mobili rossi e grigi; il soggiorno è beige, in tinta con il divano e il tavolo, mentre le sedie sono marroni, cosi come i tappeti e i finti quadri, che effettivamente non rappresentano nulla.

Il bagno è piccolo, normale, l'unica stanza apatica della casa.

Al secondo piano si arriva attraverso una scala composta da trenta gradini, e qui inizia a farsi sentire tutto l'affaticamento di Cameron, attraverso il respiro corto. Qui vi è un'unica stanza, la camera da letto, con le mura dipinte di un verde smeraldo, un letto a baldacchino, un armadio con ante scorrevoli, con tanto di vestiti maschili e femminili all'interno, e un enorme terrazzo che dà sul giardino.

Salendo altri trenta scalini, si raggiungono altre due stanze, che Cameron ha comunemente definito degli ospiti, giusto per dar loro un nome, che sono esattamente uguali a quella del piano di sotto.

Come sa tutti questi particolari? Dopo la decima volta che Diaz lo ha spinto a morire, Cameron si è soffermato dieci minuti a vedere la casa. A detta di Cameron, la casa non è niente male, e si vanta costantemente con Diaz del fatto che la sua fantasia viaggia che è una bellezza, perché una casa del genere nella realtà non potrebbe mai esistere.

Il vero motivo per il quale però si è fermato a visitare la casa è che quel giorno era talmente stanco, che non ce la faceva mica a salire altri trenta gradini, per arrivare al punto più alto della casa ed essere buttato nel vuoto come se nulla fosse.

Dopo tutto, riteneva davvero inutile la fatica che faceva, ma non pensava mica che Diaz si sarebbe arrabbiata se avesse ritardato la sua morte di qualche minuto. Invece, non gli ha parlato per giorni. Anzi, quando la sua mente la richiamava, sentiva persino il suo sbuffo.

Chi lo avrebbe mai detto che a Cameron sarebbe capitato un angelo della morte testarda? Per fortuna, ha ripreso a parlargli dopo che le ha portato una cioccolata calda, con tanto di marshmallow, tornando nemici/amici.

Riprendendo il discorso di prima, comunque ogni volta che Cameron viene catapultato nel vuoto, grazie alla furbizia che lo contraddistingue nella vita, prima di toccare il suolo, si sveglia dal suo stato di trance, se così possiamo chiamarlo, ritrovandosi ogni volta sul letto dei suoi genitori.

Prendersi beffa di Diaz è uno spasso, per poter dimostrare che se la morte non ha vinto una volta, di certo non vincerà una seconda, una terza, o una centesima volta.

Nel subconscio di Cameron però esiste la remota possibilità che, il vero motivo del suo "risveglio" è che forse ha paura della morte, e non vorrebbe trovarsi di fronte a lei, o lui, in nessun caso.

Un subconscio che, a sua volta, si prende gioco di lui alla grande. Tira fuori i sentimenti che arrivano dritti dai suoi desideri, quelle emozioni che Cameron si sforza di dimenticare, e che invece vengono fuori di botto, per ricordargli che probabilmente è umano anche lui.

«Cameron, ora che hai diciotto anni, devi sapere una cosa, ma non lasciarti turbare dalle mie parole, prometto solennemente sulle ossa del mio vecchio pupazzo Teddy che ti aiuterò sempre.» Diaz gli fa un sorriso enorme, per poi trasformarlo in una risata rimbombante, e ora Cameron ha davvero timore di ciò che sta per dirgli. «Alfred e Melissa in realtà non sono i tuoi veri genitori.» Sgrana gli occhi, non capendo realmente dove voglia andare a parare.

«Questo cosa significa? Poi, me lo dici così, senza prepararmi alla cosa? E tu come lo sai? Non puoi darmi notizie sconvolgenti in un modo per te buffo. Ci prendi davvero gusto a vedermi soffrire?» Domanda Cameron in preda al panico.

«Dai, ma li hai visti? Solo uno cieco non si renderebbe conto di quanto siano brutti in confronto a te. Cioè, volevo dire diversi... si diversi.» tossisce, come a schiarirsi la voce.

«Sono serio Diaz, cosa è questo dramma familiare? In quale grande bugia sto vivendo questa volta?» Cameron si alza di scatto, camminando nervosamente avanti e indietro.

Riusciva ad accettare tutto: un angelo della morte buffo, sexy e invidiabile, il fatto di ritrovarsi faccia a faccia con la morte costantemente, ma essere stato adottato? Era davvero un duro colpo per Cameron.

«Loro ti hanno adottato, dopo l'incidente, approfittandosi del fatto che tu non ricordassi nulla della tua vita passata. Per questo io sono qui, per aiutarti a capire molte cose.» Ora, Cameron capisce meno di prima.

Cosa c'entra adesso il fatto di essere stato adottato con l'incidente, e soprattutto con la morte? Queste domande attanagliavano la sua mente, ma avrebbe fatto di tutto per scoprire la verità.

Cameron prova un po' di sentimenti negativi e vorrebbe proprio dirgliene quattro a quelle due persone che si considerano i suoi genitori.

Ha sempre pensato che ci fosse qualcosa che non andasse, non somiglia a nessuno di loro effettivamente. Il sesto senso non fallisce mai.

«Ricorda però: so qualcosa che tu non sai, ma solo se mi seguirai, tu lo saprai.» Diaz, continuando a ripetere il suo famoso rompicapo, si alza di scatto, e con la solita faccia da morta, inizia a girare intorno a Cameron.

Si sta prendendo gioco di lui, ma se lui vuole scoprire di più, deve fidarsi.

«Se vuoi venire a capo di questa situazione non devi dire niente a quei nullafacenti. Ora che hai diciotto anni puoi affidarti a dei veri avvocati, ma dai tempo al tempo.» Affranto Cameron, ritorna nella realtà, dopo aver promesso a Diaz che sarebbe tornato lì dentro prima del previsto.

La cosa positiva è che Cameron ricorda tutto ciò che succede nella dimensione alternativa che si è creato. Può fidarsi di Diaz? Su ciò è ancora incerto, ma che possibilità ha di scoprire la verità se nella realtà è solo?

Con un enorme segreto, e messa da parte la rabbia, Cameron si sente chiamare dai suoi pseudo genitori, per ricevere un'ulteriore brutta notizia: devono categoricamente trasferirsi questo pomeriggio, in quanto la casa è stata pignorata.

Lui non fa domande, né sul perché né su qual è la loro futura destinazione, si limita ad acconsentire, a preparare i bagagli e mettersi comodamente in macchina, finché Alfred non accende il motore e parte.

Due ore dopo, durante le quali Cameron ha dormito, arrivano in un paesino sperduto di pochi abitanti. La macchina di Alfred si ferma difronte una casa antica, con giardino annesso, e Cameron sgrana gli occhi capendo immediatamente che si tratta della casa della sua realtà alternativa.

La situazione non potrebbe essere più assurda.

Si tira uno schiaffo in viso, per capire se stia sognando o meno, ma è tutto reale. Incredulo, ma in silenzio, si avvia verso l'entrata, trovando l'interno esattamente uguale alla dimora nella sua mente.

Pensa solo che Diaz si sarebbe fatta una bella risata, se avesse vissuto tutto ciò.

Quello che Cameron non sa è che Diaz può benissimo vedere e sentire le cose reali. Di conseguenza, sarà proprio lei a fargli aprire gli occhi su Alfred e Melissa e a fargli ricordare il suo incidente, anche con il suo modo bizzarro di fare le  cose.

Quella stessa sera, il signor Hoffman arriva nella nuova casa, chiamato da Alfred, per fare lezione a Cameron.

Alfred e Melissa lo avevano sempre lasciato da solo quando c'era il signor Hoffman, così loro facevano i loro sporchi affari, tra cui rubare.

Una volta arrivato il signor Hoffman, Alfred e Melissa escono in fretta e furia di casa, per dirigersi in città.

Il destino però, a volte, si mette dalla parte dei buoni. Di fatto, Hoffman all'improvviso riceve una telefonata, per cui immediatamente si reca a casa propria per problemi familiari.

Dopo aver chiamato mentalmente Diaz, aver vissuto tutto il rituale di quasi morte, che a Cameron ora sembrava divertirlo parecchio, il suo spirito guida gli suggerisce di frugare nella valigia di Alfred, per scoprire la verità sull'incidente.

Dopo due valige, finalmente Cameron trova una serie di documenti redatti dall'avvocato di famiglia, nei quali si attesta che Cameron, figlio di Russell e Anastasia Taylor, è stato adottato da Alfred e Melissa Thompson, data la morte dei genitori biologici.

Tutto ancora sembra strano per il giovane e coraggioso Cameron. Infatti, in altri documenti si legge chiaramente che tutta l'eredità dei Taylor, famiglia altolocata di New York, va nelle mani dei Thompson, con tanto di firma dell'avvocato.

Ora, milioni di pensieri affollano la mente di Cameron: primo fra tutti, non riesce a credere di essere ricco, ed essendo l'unico vero erede i soldi spettano a lui. Di conseguenza, si rende conto che il documento è stato falsificato, e che sia i Thompson che l'avvocato sono complici di una truffa vera e propria.

Con tanto di prove, Cameron chiama la polizia.

Al loro ritorno, Alfred e Melissa, trovano Cameron a casa in compagnia dei poliziotti e dell'avvocato, che nel frattempo è stato chiamato con una scusa.

Dopo ore di interrogatorio nella centrale di polizia, si scopre che Alfred e Melissa sono due truffatori. L'incidente di Cameron è stato causato da Alfred, il quale ha  manomesso i freni della macchina di Russell. I Thompson hanno colpito i Taylor per un'unica ragione: la loro grande ricchezza.

Quel giorno di tre anni prima, nell'incidente era morta l'intera famiglia Taylor.

Ciò che non è andato per il verso giusto è che Cameron si è svegliato poche ore dopo. I medici lo hanno definito un miracolo.

Ora, grazie a Diaz e al suo continuo buttarlo tra le braccia della morte, Cameron ricorda ogni cosa.

L'avvocato è stato coinvolto da Alfred, il quale gli ha offerto una enorme somma di denaro, per falsificare i documenti.

Difronte a queste prove schiaccianti, la polizia arresta i Thompson e l'avvocato, restituendo a Cameron la sua eredità.

La casa immaginaria uguale a quella reale, non è di certo messa lì a caso. Cameron ha anche scoperto, con una confessione dell'avvocato, che è sempre appartenuta ai defunti nonni paterni. Gli viene intestata anche quella.

Un mese dopo tutte queste rivelazioni, Cameron si ritrova ad essere un ragazzo ricco di diciotto anni, proprietario di una casa antica, nella quale vive con il suo pastore maremmano, ma talmente umile che trova lavoro come cameriere in un ristorante del paese.

Pensare di aver dimenticato i suoi veri genitori è la cosa che lo fa soffrire di più, ma davanti alla loro tomba, una piccola lacrima gli riga il viso e il tiepido vento d'estate gli carezza la guancia. Cameron immediatamente crede sia sua madre che vuole dargli un segno, probabilmente di gratitudine.

All'improvviso, gli viene in mente Diaz, che non richiama da giorni. Oramai non è più infastidito da lei, ha imparato persino a volergli un pizzico bene. Ha deciso però che è arrivato il momento di lasciarla andare, così per un'ultima volta entra nella sua dimensione alternativa.

«Devo ringraziarti, sai?» Con un'unica lacrima che riga il suo viso, Cameron si avvicina a Diaz.

«Oh, come mai?» Sorpresa dal suo gesto improvviso, di prendere la sua mano, che è fredda più del ghiaccio, Diaz non la ritira, anzi stringe ancor di più quella di Cameron.

«Ti ho sempre considerata la mia nemica immaginaria. Con il tuo modo innaturale di spingermi costantemente a morire, per riuscire a farmi capire cosa avessi provato il giorno dell'incidente, per farmi ricordare, e scoprire tutte le bugie che mi hanno raccontato, mi hai inizialmente spinto ad odiarti. Col tempo mi hai aperto gli occhi e fatto capire il perché di tutta la mia vita.»

«E' stato un piacere. Ti voglio bene Cameron.»

«Ti voglio bene Diaz.»

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