«non ne voglio avere a che fare» "george russell"

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Ho scritto questa os giusto per rilassarmi, utilizzando Elisa, il personaggio che ho creato per la Instagram di Sara_world02. Gliel'ho fatta leggere e mi ha detto che potevo pubblicarla. Quindi eccomi qui :))
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Elisa Sanchez Cremonini è una tipa molto particolare e difficile da capire:
è italo-messicana, ha passato la sua vita a Miami e adesso, come nei suoi sogni più remoti, si trova a Londra. È admin dei canali social Mercedes da almeno tre anni. È una ex-cheerleader che ama ancora volare. Tra poco la potremmo considerare un'icona queer mondiale. Ama suonare la batteria. Sa risolvere il cubo di Rubik in una decina di secondi. E ultima cosa, ma non meno importante, è innamorata pazza di un inglese di nostra conoscenza.

Anche George William Russell non scherza con la stranezza. Ha sempre avuto le idee chiare fin da piccolo: sarebbe dovuto diventare campione del mondo di Formula 1. E avrebbe dovuto farlo con Mercedes. Ama guardare serie TV dalla etica che non ha per niente a che fare con quella del bianco-etero-cis che al mondo tanto piace. Ama la pioggia, ma ancora di più i temporali. Non ha ancora capito la sua sessualità, tranne che per il fatto che sicuramente non è etero. Ama abbracciare e far ridere le persone. E ultimo, ma non per importanza, è innamorato di Lissa, forse più di quanto lo sia lei di lui (se possibile).

E adesso si trovano lì, in un giorno soleggiato, molto strano per ciò che solitamente ci riserva una Londra di metà settembre, nell'appartamento di Elisa a guardare Heartstopper nella TV enorme della ragazza e mangiando le schifezze del McDonald's che avevano ordinato per pranzo. Lei nel mentre cercava di organizzare le pubblicazioni di quel giorno nei vari social del team di Stoccarda.

«saresti sicuramente Darcy, comunque» disse il ragazzo, gustandosi le sue patatine. La Sanchez alzò un attimo lo sguardo dal suo tablet e poi lo abbassò di nuovo. «per gli standard di questa serie TV sicuramente si, io sono più schietta però» «tu sei più schietta di chiunque persona su questa terra, piccola»

Lei lanciò addosso all'inglese uno dei tanti cuscini che aveva sul divano, non dimenticandosi di arrossire per il nomignolo utilizzato spesso dal pilota.

«Liz, ti squilla il telefono» il suo iPhone appoggiato sul tavolino in mezzo al loro cibo si era illuminato e ha svelato il nome della Verstappen. George lanciò poi lo smartphone alla ragazza che, prendendolo al volo, rispose poi alla chiamata.

Non ebbe neanche il tempo di rispondere che la voce squillante dell'attrice le stava dando la notizia. «Ale è incinta» «COSA?!»

«ma è sicura?» «ah, da come era disperata penso proprio di sì» La messicana si alzò dal divano e iniziò a muoversi per il salotto.

«e Seb?» «non glielo vuole dire, è disperata, dice cose senza un filo logico e tu assolutamente non devi rivolgerle la parola»

È così che succede di solito: nessuno fa mai contribuire la Sanchez alla risoluzione di problemi del genere, perché sicuramente li peggiorerà. Poi alla fine, quando le chiederanno il suo aiuto (nel 55% dei casi, cioè quando altre soluzioni non sono bastate), capiranno alla fine che ciò che uno non vorrebbe mai sentirsi dire, detta in faccia il quel modo, sarebbe stato lo schiarire delle idee più utile.

«vuole abortire» «ma che faccia quello stracazzo che le pare, Gwen. Sai cosa ne penso di questa cosa»

Aveva visto sua madre avere un aborto spontaneo più volte, prima di concepire i suoi due fratellini e anche dopo, quindi questo argomento, ma soprattutto preso così tanto alla leggera, la faceva andare su tutte le furie.

«si, Liz, ma devi capirla...» «Gwen, cosa non ho capito di questa situazione? Lei ha fatto sesso con Vettel, senza preoccuparsi delle protezioni (o almeno credo), non vuole far sapere al tedesco di questa cosa perché è SICURA di rovinargli tutti e di rovinarsi la vita, non si convince che ci siamo noi ad aiutarla e non capisce che il suo corpo non ne verrà fuori bene da un aborto. Adesso dimmi cosa non ho capito» ci fu silenzio per un paio di secondi.

«se a vent'anni si deve comportare da bambina, io non ne voglio sapere niente» «Dai Liz, è nostra amica» «Gwen, può anche essere mia madre, ma, per quanto mi riguarda, se si comporta così non ne voglio sapere nulla»

«detto questo Gwen, mi auguro che stia bene nonostante tutto e mi auguro anche che non faccia altre cavolate, di cui io però preferirei non essere informata» «sappi che ti tartasserò comunque» «non essere sicura di una mia risposta. Ti voglio bene, buone riprese e, presumo, buonanotte» «grazie, buonanotte e ti voglio bene anche io» e chiuse la chiamata, appoggiando il telefono sul bancone della cucina, spegnendolo, prima di ricevere altre chiamate o messaggi.

George non aveva staccato gli occhi di dosso dalla ragazza. Sapeva infatti che in quel momento stava per crollare psicologicamente. Succedeva sempre che continuava a mettersi i capelli dietro l'orecchio, iniziava a guardarsi in giro in modo perso e cominciava a tossire.

Il ragazzo infatti si alzò e la abbracciò forte a sé, come per salvarla dalle grinfie di un mostro.

A lei sembrava di essere cattiva con tutti e di non meritarsi l'amicizia di nessuno per il suo carattere, ma George, stringendola, le faceva capire il contrario.

«tranquilla Liz, io ci sono, sfogati» e lei iniziò a piangere dallo stress. E Russell stava male a vederla così, ma sapeva che era meglio che lei stesse così e si sfogasse per stare meglio dopo.

Poi si sdraiarono sul divano e lei, accoccolata al petto del ragazzo che la stringeva a sé, si addormentò.

George continuò ad accarezzarle i capelli e a stringerla a sé per un tempo indefinito, ore in effetti.

Il vibro del suo telefono sul tavolino lo distrò. «Charles, che c'è?» «Gwen mi ha detto di chiamarti per chiederti di Liz.» «puoi dirle che adesso sta bene e che non risponde perché ha spento il telefono» «è con te, quindi?» «si si, è con me. Puoi dirle anche questo» «okay, ti lascio» «ciao amico»

«chi era?» mormorò una vocina. «Charles. Gwen e le altre erano preoccupate per te» e poi il ragazzo guardò i messaggi nella chat dei piloti. «e secondo me sta succedendo altro alla Drugovich» «mh»

«so che non vuoi averne a che fare, ma fallo per il tuo teddy bear» I due fecero una sfida di sguardi, persa successivamente dalla Sanchez, che si alzò e andò a prendere il suo telefono.

Lo riaccese e vide i messaggi. «che cazzo sta succedendo?» mormorò lei. Compose il numero di Gwen e si andò a infilare di nuovo tra le braccia dell'inglese.

«Liz...» «come ho già detto non ne voglio sapere niente, ma chiamate Seb che lui sicuramente sa dov'è Ale» «perché ne sei così sicura?» «perché si. Io adesso, come ho già fatto in precedenza, spegnerò il telefono e non utilizzare quello a cui dovresti aver il coraggio di dire qualcosa per rintracciarmi. Ciao» «ciao» e spense il cellulare.

Appoggiò il telefono sul tavolino e si accoccolò meglio tra le braccia di Russell, ascoltando il silenzio rilassante che si era creato in quella situazione.

Poi George prese coraggio e iniziò a dirle le parole che avrebbero cambiato la loro vita almeno per i giorni, le settimane, gli anni (si spera) che venivano dopo.

«sai perché mi sono innamorato di te?» il cuore di Elisa saltò un battito, voltando la testa per guardare negli occhi il ragazzo. «non me l'hai mai detto»

«perché non smetti mai di essere te stessa e non diventi qualcun altro pur di piacere agli altri. Se dici una cosa, la fai e ne sei convinta. Ti amo perché non vuoi seguire gli altri e staresti meglio da sola e non con mille persone attorno ma a cui non importa nulla di te. Ti amo soprattutto da quando non riuscivi a guardarmi negli occhi quando ti passavo di fianco. Da quando tu mi hai chiesto di uscire anche se hai subito specificato che era "solo come amici", perché a te questo bastava. Da quando hai iniziato a dirmi una curiosità al giorno, che mi hanno fatto capire molte più cose di te, di quante tu me ne volessi veramente dire. Ti amo da quando, senza sapere veramente perché, siamo finiti a capirci ancora prima di guardarci negli occhi. Perché si, se tu non l'avessi capito con questo mio monologo strappalacrime, io ti amo Elisa Sanchez-Cremonini e non penso che smetterò mai di farlo»

Elisa era completamente bloccata e non sapeva esattamente come tirare fuori delle parole in quel momento. Il suo cervello pensava e pensava sempre di più, ma non riusciva a elaborare niente che potesse essere all'altezza di ciò che aveva appena detto il ragazzo.

Ma in fondo, doveva anche capire che lui, anche se non avesse detto le parole giuste, avrebbe comunque continuato ad amarla.

«George William Russell, dopo le parole che ho sentito, mi sento molto piccolina. Dato il mio enorme egocentrismo credo fermamente che le parole appena dette da te siano la pura verità. La cosa però che mi spiazza è che tu le hai pronunciate e la me del 2019, quella che ti ha incontrato per la prima volta, non avrebbe mai immaginato che prima o poi le avrebbe sentite da te queste parole. È lei la prima che ci ha creduto quel poco che è bastato per provare a parlarti e chiederti di prendere un caffè insieme. George, io per riassumerti ciò che provo per te, dovrei utilizzare un monologo di una lunghezza che forse Avengers Endgame risulta più corto. Credo però che tu ti sia accorto più volte di come i miei occhi si illuminino guardandoti. Io ti amo, anche se penso che queste parole non descrivino neanche una briciola di ciò che veramente tu significhi per me...e ti prego, non mi lasciare»

«non lo farò mai, te lo prometto»

Elisa si mise a cavalcioni su di lui e gli prese il viso tra le mani. I due si guardarono per un paio di secondi prima che George appoggiasse le sue labbra su quelle di colei che oramai poteva considerare la sua ragazza.

Quando si staccarono il primo a parlare fu lui «cazzo, non sai da quanto io volevo farlo» «e puoi farlo di nuovo, quante volte vuoi» e Russell non se lo fece ripetere due volte.

Elisa, dopo quella che nella realtà era quasi un'ora, ma che a lei non erano sembrati più di cinque minuti, si accoccolò all'ormai suo ragazzo e guardò il suo iPhone appoggiato sul tavolino.

Tutti i giovani della sua generazione avrebbero preso il telefono e commemorato con una foto, poi postata sui social, quel momento. Lei però non ne sentiva il bisogno.

I social erano la sua vita, il suo lavoro, il motivo per cui effettivamente era riuscita a raggiungere il suo sogno, ma in quel momento per lei erano la cosa più inutile di quel momento.

Sui social metti una piccola parte di ciò che sei e della tua vita. E non sai mai quell'altra parte cosa mai potrebbe essere.

Ma se non ne condividi neanche una minima parte, nessuno saprà mai che cosa ti renda felice in quel momento e sarai tu a doverlo raccontare. Perché una foto non si avvicinava neanche a contenere tutto quello che sentiva.

Neanche le parole in verità, ma lei sa che sono la cosa che si avvicina di più a poterlo fare.

Lui le diede un bacio sul naso, il gesto che si troverà ad amare di più dell'inglese. «sei sovrappensiero. A cosa stai pensando?»

Lei ridacchiò «sto pensando al fatto che non voglio dire a tutti di questo...è meglio aspettare»

«sai, mi aspettavo queste parole» «sono così prevedibile?» «per uno che ti osserva bene come me si, ma solo io ti osservo come me stesso»

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