Trasloco

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Sono ancora viva :)
E sì, per farmi perdonare dell'assenza vi sono un capitolo bello lungo, enjoy
(non badate a me, che aggiorno in storia perché la profe non vuole rispiegare :/)
Modern!AU

L'indomani sarebbe stato il giorno in cui Ben sarebbe stato in quel piccolo appartamento: c'erano ancora tutte le foto ai muri, i vestiti nell'armadio, i libri sulla scrivania. Solo alcuni scatoloni erano chiusi, altri aspettavano di essere riempiti e altri ancora erano già stati spediti. Era uno spostamento breve, sì, solo qualche mese estivo a casa dei suoi, e io ragazzo lo sapeva bene, ma non voleva allontanarsi: gli si sarebbe spezzato il cuore a non vedere più i suoi coinquilini, e i ragazzi dell'appartamento affianco.
Erano tutti studenti presso lo  stesso enorme e imponente edificio, ma di facoltà diverse, e lui aveva discusso da poco la sua tesi, uscendo con 105 su 110, e ne era molto fiero. Avevano festeggiato tutti assieme, arrivando a fine serata davvero, davvero poco sobri, ma era contento. Contento di quello che aveva vissuto lì, dei ricordi che aveva archiviato, delle esperienze, delle persone che aveva
conosciuto.

Andarsene era una scelta sofferta, ma necessaria.

L'ultima serata passò tranquilla, una cena tutti insieme. Ben si prese un momento per osservare gli amici: i suoi coinquilini, Hux e Phasma, chiacchieravano fra loro tranquilli in russo (non che fossero studenti di lingue, ma entrambi avevano radici slave e francamente, non aveva bisogno di sentire le loro chiacchiere da innamorati); Finn e Poe (quelli dell'appartamento vicino) si lanciavano molliche di pane, giocando, mentre Rose cercava di farli smettere, ridendo. "Chissà come farà a viverci insieme", si ritrovò a pensare Ben, spostando lo sguardo su Rey, l'ultima sua coinquilina, che gli fece un piccolo sorriso. Lui ricambiò, e l'attenzione venne presa da Phasma, che alzò il bicchiere. "Propongo un brindisi, alle partenze, alle nuove esperienze e opportunità", disse, chiara: tutti alzarono il bicchiere, bevendo un sorso poi.
Parlarono ancora un po', allegri, ritirandosi pian piano che la sera si faceva tarda.
Quando fu sicuro che i coinquilini fossero a dormire, Ben si concentrò a riempire gli scatoloni, così domani avrebbe solo dovuto metterli sul camion. Rey lo guardò, silenziosa, appoggiata allo stipite della porta: non accettava il suo trasferimento, non ne concepiva l'idea.. o molto più semplicemente, non voleva che se ne andasse. Gli piaceva, e anche tanto, e non voleva nemmeno concedersi di pensare alla possibilità di perderlo: le era stato accanto, per anni, e lasciar andare via un'altra persona dalla sua vita le faceva male.

Chiudendo l'ultima scatola con un piccolo sospiro, Ben le fece cenno di seguirlo sul divano. Dopo un iniziale attimo di silenziosa staticità, il ragazzo la attirò in un abbraccio. Non avevano bisogno di parole, la stretta parlava per loro. L'unico suono era dato dalle poche auto che correvano per le strade, e dai vestiti che venivano strofinati mentre si mettevano entrambi in posizioni più comode. L'abbraccio era caldo, confortevole, sapeva di casa.

Casa.

Che parola bizzarra, poteva essere un luogo o una persona, e per Ben "casa" era dovunque fosse Rey. Una volta, l'aveva anche detto, ma probabilmente era andato perso fra quei shot di troppo che tutta la compagnia aveva bevuto. Però ne era convinto, allora come in quel momento. Sospirò, lento, guardando il viso di lei, addormentato e incorniciato dai suoi capelli sciolti. Ne scostò alcuni, dolcemente, sorridendo amaro: avrebbe voluto vedere i suoi occhi senza l'ombra del rimpianto, come invece sarebbe successo appena sarebbe partito. La portò a letto, con cautela per non svegliarla, e filò in camera sua per prendere un foglio. Lo nascose fra i libri della ragazza, fra le pagine di quello che affermava di preferire con tutto il cuore (ed ecco perché Ben le aveva regalato un'altra copia, tascabile stavolta, così che potesse leggerlo dovunque). Osservò quel sottile strato di carta che stringeva fra le mani, mandando al diavolo tutte le insicurezze, per poi inserirlo nel "capitolo prediletto" (quello per cui andava matta, e che continuava a rileggere).
Socchiuse la porta nell'uscire, preparandosi per una notte che sapeva avrebbe passato in bianco.
~~~~~~~~

"Una lettera?" Rise Rey, guardandola con un sopracciglio alzato. "Tu scrivi lettere?" gli chiese, guardandolo interessata. Lo aveva sempre trovato "d'altri tempi": sembrava uscito direttamente da un romanzo.. io suo aspetto, il comportamento, i modi di fare..
"Scrivo perché mi piace, e perché è più semplice comunicare le emozioni se le si mette su carta" rispose Ben, serio. Rey si appoggiò con la schiena alla sedia, incrociando le braccia al petto: "Non è da vigliacchi?", chiese. "Forse- alzò le spalle- ma è sempre meglio di non dire nulla" disse lui, con un leggero sorriso.
"È terapeutico? Ho visto molte serie in cui gli psicologi fanno scrivere lettere per lasciar uscire tutto.." chiese lei dopo un po'. La risposta fu solo un cenno positivo con la testa. Succedeva spesso con Ben: ad un certo punto, se trovava un discorso troppo noioso o superfluo, non parlava un granché: ma non lo faceva mai per cattiveria, solo odiava le chiacchiere inutili, e per fortuna Rey lo capiva questo.
Si godevano il loro silenzio, in pace, e anche lì si sentivano a casa.

~~~~~~~~

Stranamente, quella fatidica mattina Rey non era sveglia per prima, anzi: era sveglia, ma era rannicchiata sotto le coperte, come ad ignorare il Sole. Sentiva i passi dei coinquilini, il motore del camion per il trasloco, discorsi in russo (che comunque non capiva, ma sapeva riconoscere la parlata), gli uccelli fuori dalla finestra e gente che andava e veniva per le strade. Non disse nulla quando Hux, presumibilmente, bussò alla sua porta, e nemmeno quando entrò in camera. "Rey? Vuoi venire a fare colazione con noi? Siamo tutti di la..". "Tutta la compagnia?" chiese, da sotto le coperte. Il tono dell'uomo si addolcì un po', mentre si sedeva sul fondo del letto: "Sì, ci siamo tutti..- parlò piano- Ben sta dando delle lettere a tutti, sai com'è fatto.. ne ha una anche per te, e sembra più spessa di tutte le altre". Rey si tolse la coperta dalla testa, guardandolo: "Sicuro?" "да" le risorse, prima di toglierle le coperte con un gesto deciso. Lo guardò male, venendo ricambiata con un sorriso. "Dai, che ti stiamo aspettando", disse Hux uscendo dalla porta, chiudendola. Si diresse dopo poco in cucina, ancora in pigiama, salutando gli amici, adocchiando l'unica busta lasciata sul tavolo, supponendo fosse la sua. "Ben è andato a controllare di non aver dimenticato nulla" le disse Poe, predicendo la sua domanda dato il suo sguardo indagatore che vagava per la stanza.

Tutti leggevano le lettere e c'era un piccolo brusio dato da Finn che, nonostante tutto, non riusciva a leggere nella sua mente ma solo a bassa voce, ma tutti trovavano questa cosa di compagnia. Poe e Hux avevano gli occhi un po' lucidi, e Rose interrompeva regolarmente la lettura per asciugarsi le lacrime, con già due fazzoletti usati al suo fianco. Finn faceva commenti ad ogni riga, forse per non piangere, mentre Phasma, che era sempre stata quella che meno si commuoveva, leggeva con una mano sulla bocca che toglieva solo per stringere di tanto in tanto quella di Hux. Non parlava, sospirava solo per reprimere le emozioni.

Rey guardava tutto questo, chiedendosi se fosse stato meglio iniziare a leggere ora o posticipare, per stare da sola. Sì girò la busta fra le mani, notando una piccola scritta in un angolo: "So che non ti piace piangere in pubblico, quindi penso vorrai leggerla in privato". Dannato, pensò, mi conosci molto bene. Senza nemmeno essere lì, sapeva che si sarebbe fatta quella domanda. Dio, le sarebbe mancato da morire.
"Sono davvero così pessimo, con le parole?" chiese Ben, piano, guardando tutti. Rose si fiondò su di lui, stringendolo in un abbraccio spacca-costole, a cui si unirono tutti. Phasma e Hux gli furono dietro, con i visi appoggiati sulle sue spalle, Finn e Poe si affiancarono a Rose, e Rey si strinse su un suo lato. Il braccio di Ben le strinse la vita, sorridendo dolceamaro. "Mi mancherete, tutti" mormorò, quando l'abbraccio iniziava a sciogliersi.
Doveva andare, e lo sapevano tutti, ma lo salutarono come se stesse semplicemente uscendo a prendere una boccata d'aria.

La compagnia meno uno rimase in quell'appartamento, a parlare principalmente di ricordi passati, finché non arrivò la sera e tutti si ritirarono.

Rey, nella privacy della sua stanza, si mise sul letto a gambe incrociate e, con un sospiro aprì la busta. Dentro c'erano due fogli, scritto fittamente, una piccola busta e una foto.
La foto, una polaroid, risaliva al suo compleanno, quando si era ritrovata con della torta in faccia e della panna nei capelli. La girò, leggendo la data e le firme di tutto il gruppo: Poe aveva una scrittura spigolosa, Finn l'aveva più tondeggiante, Rose aveva fatto la "o" a forma di cuore, Hux aveva sbavato un po' la firma, visto che era mancino, Phasma tirava tutte le lettere verso l'alto, mentre Ben aveva una firma elegante, quasi ottocentesca. Sorrise, sfiorando il nome di quest'ultimo con un dito.
Accantonò la foto per il momento, concentrandosi sulla bustina: c'era scritto "apri a lettera letta". La poggiò sopra la foto, concentrandosi  sulla lettera, che aveva le prime due righe sbarrate.
"Cara Rey,
Mia Rey,
A Rey,
onestamente, non so che scriverò, ma non ti priverò degli errori, stendendo di nuovo questa lettera. È da più di un'ora che sono seduto alla scrivania, indeciso su che dirti. E non lo so, non ho ancora capito che devo dirti. Nelle lettere degli altri ho scritto, e qui ti faccio il riassunto a grandi righe, un ricordo che ho con loro e di quanto gli voglia bene, a tutti.. ma tu non meriti questo, meriti di più. Non ti racconterò un episodio, non starò qui a dirti in modo mielenso che non ti voglio lasciare (e sì, so che starai sbuffando, pensando che "non sono mielenso quando scrivo", ma fidati che ci sono andato pesante con lo zucchero.. forse troppo, ma non ne sono sicuro).
Dio, sto divagando, e di sicuro se ti avessi fatto leggere questa lettera come di solito faccio prima di archiviarle mi avresti detto di toglierla, ma non ti voglio levare nulla. Ad essere onesti, il lavoro di rilettura della stesura è una parte piacevole, ma volevo condividere del tempo con te, il più possibile. E poi, quelle lettere le sentivo così personali, erano il frutto di entrambi.
A proposito di lettere, ti ricordi quella volta, a quel tavolo dell'università, quando mi chiedesti dell'uso delle lettere dagli psicologi? E il fatto che non ti abbia risposto? Ok, so che comprendi i miei silenzi e che li accetti, e non ti dirò mai abbastanza grazie, ma sono stato zitto perché è da una seduta di terapia. Te l'avevo già detto, o accennato circa.. te la faccio breve: figlio di un divorzio, giovane età e bla bla bla. È come in quei film che ci guardavano ogni tanto: ti dicono di buttare su carta tutto, pensieri e emozioni, e dopo un po' ci prendi la mano. Bene, io l'ho trovato fantastico, ed eccoci qui, a parlare attraverso una lettera. Mi avevi anche detto che per te era da codardi affidare sentimenti alle lettere invece che dirli in faccia, e ti capisco: sei sempre così spontanea e senza peli sulla lingua, e un no non ti ferma mai, è praticamente impossibile abbatterti... Sei andata attraverso tante cose, Rey: adozioni, funerali, cambiamenti improvvisi.. e nonostante tutto, sei ancora una roccia.
Sono fiero di te. Di come ogni giorno trovi il coraggio di sorridere, di come affronti la vita a testa alta.
E ti sono grato, perché mi hai aiutato a crescere, a uscire dal guscio che mi ero fatto per difendermi da un nemico che non era vero. Perché mi hai aiutato a riprendere in mano la mia vita, perché sei stata al mio fianco sempre, perché riempivi i miei silenzi.
Ti dico un grandissimo grazie anche per quella volta in cui mi hai buttato giù dal letto (o ci hai provato, almeno) perché non volevi che perdessi l'opportunità di parlare con un editore, per pubblicare una raccolta delle mie poesie. E indovina? Grazie a te ora uscirà più o meno a breve "Di girasoli e aquilegia", ed è solo grazie a te che mi sono deciso ad accettare.

Mi sembra si vedere già la tua espressione crucciata (che, detto fra noi, la trovo adorabile) sulla parola "aquilegia". È un fiore, dai toni tendenzialmente viola/neri, che significa "stravaganza" e "amore nascosto".
Per tutta la mia vita sono stato una piccola aquilegia, ma solo a metà: un bimbo stravagante, che si diverte a scrivere e leggere invece che giocare a pallone con gli amici.. è stato quando ti ho conosciuto, che sono diventato completo, una aquilegia completa.
Perché sì, ti amo.
Ti amo, ti amo ti amo.
Non potrò mai smettere di dirtelo, sentendo quanta gioia mi può dare. Mi sento la testa leggera, e sono pienamente consapevole che anche solo pensare che queste parole verranno lette da te mi fa sorridere come uno scemo, ma non voglio cambiare nulla.
È un balsamo, poterlo dire: ti amo.
E so che è da vigliacchi dirtelo ora, quando ormai sono lontano (ma non irraggiungibile), e che è meschino da parte mia, ma non posso recidere il gambo del mio dolce girasole solo per vederlo appassire nel vaso, senza fargli vedere il Sole.
Voglio che questo girasole cresca, che guardi sempre il Sole.
Quindi, affido qui i miei "ti amo", E lo so, sembra sciocco affidate un "ti amo" a della carta e un po' di inchiostro, ma so di non poterlo dare in mani più sicure di queste. E queste mani daranno questo messaggio a te, Rey, perché tu lo custodisca nel tuo cuore. Non mi brucerà sapere che non ricambi, d'altronde un girasole non guarda mai una piccola aquilegia, ma basta che tu sappia che provo per te.
Guarda sempre il tuo Sole, Rey.
Ti amo, mio dolce girasole.
Ti ho amata dal principio;
Ti continuo ad amare;
Ti amerò per sempre.
Sempre tuo, Ben."

Con le lacrime che scivolavano lente sulle guance, Rey fissò un punto sul muro: la ama. Lui la ama.
Lei era il suo girasole, ma lui era il suo Sole.
Aprì velocemente la piccola busta, trovandoci dentro un piccolo ciondolo: a prima vista non era niente di troppo speciale, solo una strisciolina con dei numeri scritti sopra, ma non sembravano avere un effettivo significato. Ci avrebbe pensato al mattino.
Passò tutta la notte a rileggere la lettera, e a rimpiangere tutto il tempo sprecato, che sarebbe stato nullo se solo avesse fatto il primo passo un po' prima.

Un leggero bussare alla porta la riportò indietro dai suoi pensieri, e accennò un "avanti". Dalla porta fece capolino Phasma, con gli occhi stanchi: "Rey, tesoro, tutto bene? Ho visto la luce accesa, è notte fonda e non sei in periodo di esami, dovresti dormire.." le disse, con lo stesso tono di una madre che rimprovera la figlia per una marachella. Rey si raggomitolò, sposando lettera e contenuto sul comodino e facendole spazio: "Non riesco a dormire.. ho troppe cose per la testa.. ma tu hai degli esami da dare, fra poco, non voglio rubarti tempo.." le disse. "Non è tempo rubato, se è speso per fare del bene: ora dimmi, è per Ben?". L'altra annuì, piano, guardando il pavimento, e le racconterò a grandi linee il contenuto della lettera. Phasma si grattò il labbro, sinonimo che stava pensando, per poi dire: "Bhe, se ti ama e tu ricambi, perché non glielo dici? E poi, quei numeri per te hanno un significato? Sono fortunati, rappresentano una data o un evento?"
"Non lo so, ma sono troppi numeri perché sia una data.." lasciò cadere il discorso 'amore' volutamente, non avendo le forze per affrontarlo. "Hai ragione Rey.. magari ci possiamo pensare domani, tutti assieme no? È stata una giornata lunga, serve a tutti dormire". Aveva ragione, e tanta, ma non voleva dormire, non voleva risvegliarsi e scoprire che quella lettera fosse frutto della sua fantasia.
Sì coricò a letto, addormentandosi quasi subito appena aver toccato il cuscino. Phasma sospirò leggermente, tornando poi dal fidanzato che dormiva beato, solo per aver la soddisfazione di svegliarlo e condividere con lui ciò che Rey le aveva detto e cercare di trovare una soluzione a quelle cifre (ed in più intascare i soldi della scommessa fatta su quei due, e sul fatto che si amassero, perché dai, era palese).

Al tavolo della cucina, la mattina seguente, tutto il gruppo cercava una soluzione a quei numeri: potevano essere coordinate, come suggerito da Finn, ma che fosse riconducibile ad una strada spedita in un altro continente sembrava alquanto improbabile e strano; potevano essere versi della Bibbia, come proposto da Poe, ma entrò in conflitto con Hux, che sapeva che Ben non era un tipo religioso. Non erano numeri fortunati o preferiti da Rey, e nemmeno da Ben. "Forse l'idea di Poe non è sbagliata: solo che il libro potrebbe non essere la Bibbia.." disse Rose, pensierosa. "Potremmo prendere i vostri libri preferiti, e cercare di andare al capitolo, pagina e riga.. anzi, dimenticate, è stupido"
"Potrebbe effettivamente essere giusto, è una cosa molto da Ben" asserì Phasma.
Portarono sul tavolo quei due libri, e Hux cercò in entrambi pagina e riga corrispondenti: nel primo, quello preferito da lui, non trovò nulla; nell'altro, trovò un dialogo sottolineato. Lo lesse ad alta voce, per tutti. Questo recitava:
"Se il mio amore è abbastanza, vivremo di quello. Se è abbastanza, mangeremo di quello, respireremo per quello. Se il tuo amore è pari al mio, allora vivremo come Re e Regina. Solo un sì, questo è quello che mi serve."
Sulla pagina accanto, era appoggiato un foglio chiuso. Lo passò a Rey, e tutti la guardarono.
Era un suo schizzo, mentre si riposava sul divano, ed un haiku.

"Gli occhi verdi
Stregato orami son
Perso, pazzo, tuo."

Tutti lessero a turno quelle brevi rime, ma solo Poe notò un numero a bordo foglio. "Hei, ma ti ha lasciato il suo nuovo indirizzo?" disse, puntandolo con il dito. Un mormorio leggero si diffuse per la stanza. Rey prese velocemente il telefono, cercando in rubrica il numero di Ben, e lo chiamò subito. Non lo lascerò nemmeno dire 'pronto', che iniziò a parlare: "Tu ora ti muovi a venire al parco davanti all'università, e non voglio sentire ma." Hux la incitò con il labbiale. La risposta dall'altra parte della chiamata arrivò veloce: "Fra venti minuti sarò lì, sulla panchina davanti alla fontanella".
Chiusero lì la chiamata, e la ragazza sollevò gli occhi sugli altri. Finn e Poe la presero la portarono in camera sua e insistirono per conciarla per bene, mentre Rose le dava consigli su come comportarsi in vari scenari.
Phasma cacciò tutti fuori, dando all'altra un attimo di respiro. Uscì dopo poco, e Finn la accompagnò all'università in auto: "Mi raccomando- le disse- non fate cazzate"
"Sì babbo" le rispose, ironica, facendolo ridacchiare. "Chiama, se torni da noi stasera, e avvisaci nel caso starai con Ben". L'altra arrossì, annuendo ed uscendo.
Ben era già seduto, e si torturava le mani in preda all'ansia: quando la vide, il suo sguardo si illuminò. "Rey-" cercò di iniziare, ma la ragazza lo fermò:" No, ascolta tu: non mi interessa se sei un aqui.. aqua..- "aquilegia?" sì intromise- sì, quello. Non mi interessa: se io sono un girasole, tu sei il mio Sole. Punto. Non voglio altre discussioni."
Si guardarono negli occhi per un po', in silenzio, prendendo l'uno le mani dell'altra.

Ben si sporse leggermente verso di Rey, mentre lei, molto più impulsiva, si lanciò sulle sue labbra. Era un bacio dolce, ma bisognoso: dovevano sapere che l'altro c'era, che era lì e che non stavano sognando. Si separarono lentamente, gli sguardi incatenati. Sì baciarono ancora un'altra volta, questa volta Ben prende l'iniziativa.
E un'altra volta.
E un'altra ancora.
E un'altra.
E ancora, ancora e ancora.

Solo dopo svariati minuti, arrivò un messaggio sul gruppo dei coinquilini:
-Rey
Torno domani
Ed allegata c'era una foto di lei con Ben, nella sua auto, imbottigliati nel traffico.

~~~~~~~~

"A tutti quelle aquilegia, che credono di essere invisibili: sappiate che c'è un girasole che aspetta solo un vostro bacio, quindi andate a darlo. Perché quelle aquilegia sono il Sole personale di quei girasoli."

- estratto dell'introduzione de "Di girasoli e aquilegia"

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