under the mistletoe

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Modern!AU

Dovevo pubblicarla in 25, appena dopo la mezzanotte? Si

Ho avuto tempo di concludere prima del 25? No

Anyway, mi spiace per il ritardo ma hei, almeno sono riuscita a scrivere qualcosa :)

Ben lavorava nel "Millennium Falcon", locale del padre Han e dello zio Chewbe, da ormai qualche anno: era cresciuto in quel posto, e aveva passato anni ad ammirare chiunque fosse dietro il bancone e, ogni tanto, dando una mano qua e là. Era stato un passaggio semplice e naturale, il suo: prima aiutava facendo un caffè ogni tanto, ripulendo i tavoli o prendendo le ordinazioni, se nessuno era libero; poi è stato assunto a tempo pieno, appena aveva avanzato l'idea dopo aver finito gli esami di Stato. Sua madre, la professoressa universitaria di lettere, Leia Organa, non era propriamente d'accordo: voleva continuasse con gli studi a tempo pieno: "L'università non è da prendere sottogamba, Ben", continuava a ripetergli.

Ma erano solo parole, e soprattutto Ben era sempre stato portato nelle lingue, e negli anni aveva sviluppato un'ottima organizzazione: si portava sempre gli appunti delle lezioni a lavoro, e riusciva a destreggiarsi agilmente fra i turni e i corsi serali. Certo, capitava di perdere qualche ora di sonno ogni tanto, ma quale studente non ha mai passato notti in bianco? Ma, nonostante tutto, gli piaceva fare i primi turni, di mattina: aveva l'opportunità di vedere una miriade di persone diverse.. potevano essere studenti, che sfruttando un attimo libero, si intrufolavano nel locare per un po' di caffè; potevano essere impiegati, che volevano iniziare la giornata senza prepararsi la colazione; turisti occasionali o, in alcuni casi, reduci di festini che duravano tutta la notte.

Durante la sua carriera si era trovato a preferire due periodi dell'anno, con netta superiorità rispetto al resto. Il primo era sicuramente quello delle vacanze, soprattutto quelle natalizie: aveva meno stress scolastico, quindi poteva passare più tempo dietro il bancone, e riusciva sempre a parlare con i turisti più disparati. Lo rendevano partecipe delle loro storie, a volte, e capitava anche che tornassero occasionalmente solo per parlare con lui.

Ben non si considerava la persona più espansiva al mondo, ma sapeva spaziare su diversi argomenti: "É tutta genetica" ripeteva suo padre "hai preso la parlantina di tua madre, e modestamente, tutto il mio carisma". "E sei anche un bel ragazzo, intelligente e disponibile: è ovvio che tu piaccia alla gente", ricordava sua madre, sorridendo. Probabilmente era anche colpa delle attenzioni che riservava ai clienti abituali, che faceva tornare le persone: poteva essere anche solo una domanda su un argomento di cui avevano blaterato l'ultima volta, una bustina di zucchero in più senza doverla chiedere, o un posto riservato in un angolo tranquillo. Era come se fiutasse di cosa la persona davanti a lui aveva bisogno, andava d'istinto, e questo piaceva.

Il secondo periodo favorito, non per importanza, era fra la fine di dicembre e la fine di febbraio: non aveva un motivo preciso, forse era il tepore del locale, o le espressioni contente che vedeva davanti a qualcosa di caldo, ma quelle mattine erano piacevoli. Soprattutto perchè non erano molto impegnative, quindi spesso e volentieri riusciva a studiare senza essere interrotto tante volte.

Una mattina di queste, una di dicembre, per essere più precisi, stava ripassando appoggiato al bancone un discorso da esporre al prossimo appello che più guardava e meno avevano senso, ma era quasi normale, prevedibile anzi: non aveva letto nulla del romanzo dato, e si era affidato alle recensioni di Internet e a traduzioni approssimative prese un po' qua e un po' là. "Hai composto in modo molto strano il discorso, sappi che quasi nessuno usa costruzioni simili nel parlato" disse Rey, sorridendogli.

Rey era una nuova "recluta": era stata assunta da poco, e solitamente aveva i turni pomeridiani, quindi era riuscito a conoscerla solo di vista. "Sei quasi in anticipo" le disse, con tono leggero, mentre l'altra si metteva il bistrot e lo raggiungeva dietro il bancone. "Prevedo una giornata fiacca", gli disse, iniziando a dare una passata con un canovaccio a dei bicchieri. Sospirando, Ben le rispose: "Lo so, è per questo che mi sono portato più appunti del solito: siamo in due, e non penso arriveranno in tanti.. in più, è mattina..". Lasciò la frase a metà, lasciando intendere che oltre alle poche persone che non hanno scadenze lavorative o scolastiche, non si sarebbe fatto vedere quasi nessuno.

Dopo essersi occupati di tutte le mansioni, e dopo aver aperto il locale, Ben si prese la libertà di sedersi ad un tavolino, riguardando per l'ennesima volta quei fogli molto più disordinati del solito. "Rey, mi potresti passare una penna?" chiese Ben, a mezza voce mentre cercava su Internet uno spunto per una costruzione diversa. L'altra gli si avvicinò, porgendogli una biro e sedendosi sulla sedia davanti a lui. "Se vuoi, ti posso dare una mano" propose tentennante, adocchiando il suo lavoro. Il ragazzo valutò velocemente la proposta, annuendo subito, sussurrando con tono divertito: "Sì, ti prego.. salvami".

Le passò metà del lavoro, mentre lui cercava di sistemare l'altra metà, anche se con scarsi risultati: scarsissimi, se guardava quanto lei aveva già riformulato. Ridacchiò, abbandonando penna e fogli sul tavolo, e concentrandosi sull'altra. "Come fai ad essere così brava? A quanto ne so, stai studiando ingegneria, non tedesco.. a meno che tu non stia facendo altri corsi: in quel caso, tanto di cappello per l'organizzazione". La risposta gli arrivò con tono tranquillo: "L'ho imparato quando vivevo con mio nonno, prima di evadere da quella gabbia di matti.. lui parlava solo e unicamente tedesco, quindi ho dovuto adattarmi.". Mormorò un "pazzesco", ma decise di non chiedere sul perchè avesse dovuto vivere con il nonno: non erano affari suoi, e al limite l'avrebbe saputo a tempo debito.

D'altra parte, Rey era sorpresa: solitamente, quando nominava il suo passato, si iniziava sempre un lunghissimo discorso, che la lasciava sempre con l'amaro in bocca. Non le dispiaceva parlare dei suoi genitori, malgrado fossero venuti a mancare anni prima, perchè raccontare i ricordi con loro era un modo per non perderli e per continuare ad averli affianco, era un continuo monito che era sola, se non si contava suo nonno, che non considerava davvero "famiglia".

Tornarono entrambi con la testa china sul lavoro, godendosi la quiete del locale, ancora per un po'. Questo silenzio venne interrotto da una manciata di ragazzi che entrarono, parlottando fra loro: il chiacchiericcio diminuì quando non videro nessuno dietro al bancone. Rey fu la prima ad accoglierli, solare: "Buongiorno ragazzi". Il gruppetto si accomodò in autonomia, lasciando leggermente confusa la ragazza: ovviamente non poteva saper che erano clienti abituali, che si facevano vedere sempre nella stessa fascia oraria mattiniera. Ben li conosceva visto che, essendo spesso i primi della giornata, aveva sempre un po' di tempo per parargli; infatti li salutò, andando verso il bancone. "Il solito, vero?" chiese, già alle prese con delle tazzine. Dei vaghi "sì" si levarono dal tavolo. "Rey, potresti passarmi il cacao?" le chiese Ben, preparando due cappuccini. Alzò appena lo sguardo quando vide il cacao vicino alle sue mani, incontrando l'espressione crucciata della collega. Si sbrigò a darle una risposta, a mezza voce: "Vedi il ragazzo, quello che ci dà le spalle? Ecco, lui chiede sempre il cacao, è per questo che ormai glielo metto senza nemmeno pensarci". L'altra annuì, prestando attenzione ad un altro cliente entrato in quel momento.

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Da quel giorno in poi, fare turni insieme diventò stranamente consueto: ogni tanto erano di mattina, a volte di pomeriggio.. a volte, se i turni non coincidevano, andavano reciprocamente a farsi visita. Tutti, fra clienti e altri dipendenti, potevano vedere l'ottima intesa nata fra i due: non era raro, infatti, che venisse chiesto se stavano insieme. Alla domanda, entrambi ridevano, scrollando le spalle, usando risposte vaghe.

"Siamo solo amici", dicevano, sviando i discorsi verso altri argomenti; argomenti che risultavano di meno, se venivano paragonati a quelli che trattavano fra loro: parlavano di tutto e di più, da come andavano i corsi, alla vita privata, e raramente della vita sentimentale. Toccare questo tema era strano, per entrambi: sentivano un principio di gelosia che bloccava la gola, mentre uno parlava di una relazione, attuale o passata, quindi difficilmente ne parlavano.

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Il 24 dicembre, mentre Ben stava servendo un tavolo, la sua attenzione venne richiamata da un allegro: "Ragazzo mio!". Guardò in direzione di chi l'aveva chiamato: sulla porta si trovavano i suoi genitori (di cui sua madre, che non aveva quasi riconosciuto, visto che era imbacuccata fino all'inverosimile) e uno degli amici più vecchi di suo padre, suo zio Lando. Sorrise a tutti e tre e li lasciò accomodare, tornando dietro il bancone per poggiare il vassoio che aveva in mano. Rey, curiosa, si sporse in direzione del gruppetto: "Sono i tuoi?". L'altro annuì, rispondendo con tono scherzoso:"Vuoi già conoscere i suoceri?", l'altra ridacchiò, mentre preparava un cappuccino. "Ovviamente, mio caro tesoro". Risero brevemente: ormai erano così abituati ad essere scambiati per fidanzati, che si erano adattati, e avevano deciso di usarlo come una loro battuta. "Prenderesti i loro ordini, che io mi occupo del tuo ordine?" le chiese. Annuì, avvicinandosi al loro tavolo con un sorriso amichevole:"Buongiorno, cosa posso portarvi?"chiese, salutando con un cenno Han, l'unico che effettivamente conosceva. Prese velocemente le ordinazioni, non stupita dal fatto che Leia avesse parlato per tutti: sapeva della sua attitudine al comando. Fece per andarsene, ma Lando iniziò a parlarle:"Sei un viso nuovo, vero? É da un po' che non vengo qui, ma non mi dimenticherei mai di un bel faccino come il tuo". "Sì, immagino di essere ancora un po' nuova in questo locale.." gli rispose, insicura su come comportarsi: doveva andarsene? Doveva stare al gioco, e rispondere a tono?

Leia, leggendo la situazione, diede una pacca sul braccio dell'amico, con uno sguardo di rimprovero:"Lando, non ci provare con la ragazza di Ben".

La ragazza voleva sprofondare:"Ma non siamo fidanzati..." mormorò appena. Nascose il viso dietro il blocchetto degli ordini, guardando furtivamente verso il bancone: decise di andarci, e anche rapidamente. Ci si appoggiò, sospirando. "Sì, quei tre possono fare questo effetto" ridacchiò Ben, dando un'occhiata all'ordine appena scritto, iniziando a prepararlo. "Meraviglioso.. mi dispiace per qualunque ragazza porterai a casa, allora" gli rispose, a mezza voce. "Riposa un attimo, ok? Ci penso io, per un po'" le sorrise benevolo, poggiandole una mano sulla spalla. Rey annuì appena, andando ad appoggiarsi vicino alla macchina del caffè.

Di tanto in tanto, incrociavano gli sguardi, ridacchiando.

"Sai, gli stiamo offrendo una scena d'oro, da vera coppietta" le confidò, guardandola negli occhi:"Mi tortureranno, da oggi in poi".

"É colpa tua, mio caro" gli rispose l'altra, con tono volutamente provocatorio, accarezzandogli un braccio. Le si piazzò davanti, con un sorrisetto:"E vuoi che smetta, tesoro?" le sussurrò, avvicinando il viso al suo. Scosse la testa, guardandolo dritto negli occhi. Rimasero così per un attimo, per poi iniziare a ridere piano, allontanandosi l'uno dall'altra lentamente, rimanendo con gli sguardi incatenati. "Su, va dai tuoi, o avranno ancora più gossip da fare" gli disse Rey, ancora ridacchiando. Ben annuì, sistemando tutto su un vassoio e andando verso il tavolo.

Arrivò l'orario di chiusura, e Rey stava iniziando a sistemare i tavoli, mentre Ben parlava sulla porta con il padre: non voleva origliare, ma tant'è. Si avvicinò, con nonchalance, continuando la sua mansione, tendendo l'orecchio verso i due uomini: stavano parlando di un qualche progetto, per una sera, e questo è stato il massimo che era riuscita a capire. Notò di essersi fermata per un po' troppo sul posto, quindi riprese.

Dopo un attimo, Ben iniziò ad ad aiutarla: lavorarono in silenzio, ma non in un silenzio imbarazzante, quanto uno rilassato. Silenzio che venne rotto da una musichetta natalizia, riprodotta dal telefono della ragazza, che lo stava guardando con un'occhiata fra il diabolico e il divertito. "Balla, bella signorina?" gli chiese, facendo un inchino davanti a lui, che la scostò ridendo.

Era questa, la missione di ogni giorno: farlo ridere. Aveva una risata meravigliosa, ma raramente la faceva sentire. Ma con lei, sembrava quasi più rilassato, più pronto alla risata, più leggero.. e anche lei era così, con lui e solo con lui.

Gli prese una mano, obbligandolo a ballare con lei: non aveva un senso, i movimenti erano scoordinati, ma a loro piaceva così, era il loro ballo.

Arrivarono davanti al bancone, ridendo, stretti uno all'altra, per poi tornare a riordinare il locale, sempre accompagnati da canzoni natalizie che occasionalmente canticchiavano.

"Ben, secondo te questa tazzina è pulita?" gli chiese Rey, tenendo la tazza in controluce. L'altro si abbassò appena, guardando anche lui. "Dove vedresti lo sporco?" "Qui, sul disegno" gli disse, indicando l'immagine del vischio. "Sul vischio?" "Si." "Sull'immagine del vischio, che stai tenendo sopra di noi?" "Precisamente, Ben" gli sorrise raggiante. L'altro tossicchiò, arrossendo sulle goti:"Sotto il vischio ci si bacia, Rey". "Lo so bene, e vorrei che mi baciassi, prima che mi atrofizzi il braccio". Ben spalancò gli occhi, incredulo:"Un bacio da me? voglio dire, mi piacerebbe terribilmente, ma non so se ti piacerebbe-"

"Parli troppo, dovresti baciarmi e basta" gli parlò sopra, interropendo il suo flusso di coscienza con un bacio.

Un bacio leggero, solo labbra premute, breve.

Si staccarono appena, guardandosi negli occhi, per tornare a baciarsi dopo un secondo. Un bacio sempre più intenso, più bisognoso, più umido. Si baciarono ancora, e ancora, e ancora, finchè le labbra di entrambi non arrivarono a ricordare delle ciliege mature.

Per senso del dovere, finirono di sistemare il locale, scambiandosi un bacio leggero di tanto in tanto. Filarono a chiudere il negozio, ridacchiando, non riuscendo comunque a tener le mani al loro posto: cercavano sempre un contatto, anche minimo. Non riuscirono a non cercare contatto anche quando Ben accompagnò Rey a casa, scambiandosi occasionalmente baci e frasi sdolcinate.

"Quindi?" le chiese, mentre lei stava aprendo il portone del suo condominio. "Quindi.. vuoi salire?" gli propose. "Sarebbe un buon modo per finire la serata, no? In più, non ho progetti per Natale, e mi farebbe piacere passarlo con te, a meno che tu non abbia altri piani, ovvio". L'altro sembrò pensarci un po', per poi rispondere:"Sì, mi piacerebbe.. in realtà, stasera volevo chiederti di uscire insieme a Natale, ma ora penso che potremmo vedere la mezzanotte insieme". Le sorrise, mentre veniva guidato verso l'appartamento di lei.

E dovevano ammetterlo,accogliere il Natale sulle labbra di chi hai amato segretamente non è niente male.

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