FALL 9 - Le stelle con successo si allineeranno

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

Identica.

La stanza era identica a quella che avevano lasciato al mattino. Stesse le misure, stessa la disposizione, uguali le decorazioni delle pareti. Ai loro piedi si delineava il rombo inscritto nel quadrato, l'unica differenza era il cerchio disegnato in corrispondenza del tunnel dal quale si erano calati. Era una circonferenza perfetta, come quella che delimitava l'ingresso del pozzo, con una stella a sei punte al suo interno. Al centro vi era incastonata una larga pietra nera, leggermente in rilievo rispetto al pavimento. A una prima occhiata sembrava ruvida come lava solidificata.

Raven si chinò a studiarla, poi provò a passarvi la mano sopra. Sotto il tocco cauto delle sue dita, la pietra sembrava viva. Il ragazzo ebbe persino la fuggevole sensazione che sottili nervature rossastre guizzassero tra le linee profonde di quella roccia antica.

Si ritrasse. Forse era stata solo un'impressione. Lasciò perdere la pietra e si mise a studiare le pareti, così come aveva fatto con la sala superiore, mentre Phoenix si liberava dell'imbracatura e cominciava a sistemare in un angolo l'attrezzatura che si erano portati dietro.

⸩ↂ⸨

Quel bacio aveva sciolto tutto il ghiaccio che la circondava e del quale Swan ebbe percezione e consapevolezza solo nel momento in cui scomparve.

Quel bacio aveva spezzato qualcosa nella sua mente, aprendo di colpo la porta a una valanga di ricordi. Tutti i momenti, piccoli e grandi, trascorsi con Eagle in quegli anni. E i discorsi condivisi nel buio di una stanza, quando entrambi pensavano che la notte avrebbe protetto i loro segreti. E i gesti, e le attenzioni che lui le aveva sempre riservato. 

Le immagini si sovrapponevano una sull'altra, come un vecchio album di ricordi sfogliato in fretta, e ne andavano ricostruendo una più grande, integra e perfetta. Eagle stava rivivendo in lei con tutta la sua dolcezza, recuperando infine la sua visibilità. Una visibilità tangibile che lei gli aveva sempre negato.

Mentre affondava tra le sue labbra, tra le sue mani, Swan aveva l'impressione di vedere, finalmente. Di vedere e giudicare ogni istante con una chiarezza sorprendente. Riusciva a distinguere tutti i fili che Raven le aveva tessuto addosso, intrecciandoli alla perfezione con quelli dei suoi desideri. Comprendeva quanto fosse stato bravo e calcolato, pronto ad accontentarla in tutto, agguantarla quando si allontanava, distrarla amabilmente ogni volta che il suo pensiero correva a Eagle. E vedeva con altrettanta lucidità come lei glielo aveva facilmente permesso, e quale fosse la terribile impalcatura sulla quale aveva costruito il suo mondo.

Perché l'aveva fatto? Perché aveva ingannato se stessa fino a quel punto? Sì, lo sapeva.

Era come aveva detto prima Eagle: lei aveva sempre avuto bisogno di trasformare tutto in un gioco. Dal giorno in cui l'avevano portata a Fulham non aveva fatto altro che costruire il suo mondo, aveva scelto di non vedere altro. Per sopravvivere al distacco, per sopravvivere alla ferita. 

Allo stesso modo, a un certo punto della sua esistenza aveva iniziato a respingere Eagle. Perché tutto ciò che veniva da lui era prepotentemente vivo e reale. Tutto il suo amore, lei lo aveva già percepito e non era riuscita a gestirlo, perché quel sentimento tanto sincero, serio, caldo, le aveva fatto paura, come tutto ciò che non si conosce. O come ciò che un tempo si è conosciuto, ma poi si è perso all'improvviso, con quel dolore violento che Swan non voleva più riprovare. Raven, al contrario, le era sempre sembrato molto più alla sua portata. Le offriva ogni volta, su un piatto d'argento, l'esatta proiezione delle sue fantasie, e non c'era molto altro di cui preoccuparsi. Anzi, non c'era altro e basta.

Con un sospiro lievissimo, si staccò da Eagle, senza però sottrarsi all'abbraccio che ancora l'ancorava al suo corpo. Gli occhi dorati risplendevano di una vibrante emozione mentre la guardavano, felici, increduli e ansiosi insieme.

"Quanto tempo ho passato a convincermi di non amarti", mormorò lui, con una strana gioia trattenuta in gola, mescolata a una punta di rammarico.

Swan gli passò una mano sul viso, sorridendo.

"Immagino sia lo stesso che ho passato io a convincermi di non guardarti".

"Fallo adesso".

Con quelle parole, la liberò dal suo abbraccio e le prese la mano, conducendola verso la coperta ancora distesa sul pavimento dopo il loro improvvisato picnic. Quel movimento, quella stretta trasmisero a Swan una strana inquietudine, l'impressione di qualcosa che avrebbe dovuto sapere, ma che non ricordava. Si bloccò, come se avesse sentito che era fondamentale recuperare quel pensiero. 

Lui si voltò, sentendo che si era fermata, e le interrogò lo sguardo in cerca di una risposta a quell'esitazione. Fu in quel momento che l'immagine di Eagle che le si stava disegnando in testa fu completa in ogni sua parte.

"Eri tu, non Raven...", mormorò, come se si fosse svegliata da un sogno.

"Ero io cosa?", domandò il ragazzo confuso dalle sue parole.

"Sei stato tu ad accompagnarmi nella mia stanza, la notte che sono arrivata a Fulham".

Eagle sorrise lievemente imbarazzato, senza comprendere il senso di quel discorso, né lo stupore di Swan.

"Sono sempre stato io", rispose. "Me lo ricordo perfettamente, è stato Phoenix a suggerirmi di farlo, perché tu sembravi così spaventata e non facevi che piangere. Ma perché ci stai pensando adesso?".

"Perché... non so perché, ma per tutto questo tempo ero convinta che fosse stato Raven".

Eagle non sembrò per nulla contrariato da quell'affermazione. Swan pensava che si sarebbe arrabbiato, invece fece un passo verso di lei e le prese il viso tra le mani, sollevandoglielo appena per poterla guardare. La sua espressione, in quel momento, era lieve come una carezza.

"Te lo ricordi il mio nome?", chiese. "Te l'ho detto una volta sola, proprio quella sera".

Lei lo scrutò perplessa e triste, poi scosse il capo con un gesto dolente. Una piccola lacrima le scintillò sull'orlo dell'occhio, e quella volta Eagle si chinò e l'asciugò con un bacio. Discese lentamente lungo la sua guancia, le sfiorò l'angolo della bocca e infine si fermò di nuovo sulle sue labbra, delicato, attento e senza fretta.

⸩ↂ⸨

"Torniamo su?".

Non avevano idea di quanto tempo fosse passato. Raven si era completamente scordato di guardare l'orologio, preso com'era dalla sua ossessiva ricerca di un senso. Phoenix, dopo aver analizzato la lastra di roccia e aver confermato che si riscaldava davvero ogni volta che la sfioravano, aveva gironzolato lungo le pareti fino a farsi girare la testa e si era disteso per terra, con uno zaino come cuscino. Stava giocherellando da un pezzo con un coltellino svizzero e aveva già esaurito la fantasia quando ripeté nuovamente il suo invito.

"Allora? Torniamo?".

Raven sbuffò come se ne avesse avuto abbastanza della sua insistenza.

"Adesso non rompermi le palle! Non ho fatto una discesa di due chilometri per tornare indietro senza avere avuto una risposta", sbottò infastidito, rinunciando per una volta al suo insopportabile aplomb.

Phoenix sorrise sornione come se gli avesse appena rivolto un complimento.

"Sai, Pigeon... ho sempre sospettato che tu fossi vagamente bipolare".

"Che diavolo stai dicendo?", replicò l'altro senza nemmeno girarsi a guardarlo.

"Sei l'essere più inquadrato e fissato con le regole che io conosca, e sei anche quello che ne infrange di più, e senza neanche mostrare un briciolo di rimorso per la sua anarchia".

"I sistemi hanno bisogno di regole per sopravvivere", ribatté Raven monocorde, continuando a scandagliare i segni sul muro, "perché gli uomini hanno bisogno di schemi da seguire. Le regole, a loro volta, sono necessarie per sovvertire i sistemi. Gli schemi si distruggono dall'interno".

Phoenix si tirò su e si puntellò su un gomito, come se quella affermazione lo avesse incuriosito al punto di spingerlo a osservarlo meglio.

"Cosa ti rende così sicuro delle tue teorie, Raven?".

Solo a quel punto, il ragazzo si girò a incrociare il suo sguardo.

"Il fatto che mi hai appena chiamato Raven", concluse con il solito sorrisetto ironico e trionfante.

Per la prima volta da che si conoscevano, l'irlandese rimase a fissarlo quasi a bocca aperta, senza trovare nulla da replicare. Raven si godette quella piccola vittoria per qualche minuto, poi sollevò un dito puntando la parte superiore della stanza.

"Le stelle sono diverse", esclamò con una punta di autocompiacimento.

Phoenix scattò in piedi come una molla.

"Quali stelle?".

"Le costellazioni sopra gli uccelli", spiegò il ragazzo. "Sono disposte in modo diverso. Guarda Hamal e Sheratan, e Aldebaran ed Elnath".

Gli indicò in successione le due stelle dell'Ariete e quelle del Toro sulle due pareti contigue che rappresentavano la Fenice e il Corvo. Phoenix le scrutò con un'espressione perplessa e non disse nulla. Non aveva la più pallida idea di ciò di cui l'altro stava parlando, ma non fece domande inutili. Tanto Raven gli avrebbe fornito la spiegazione comunque, non vedeva l'ora di farlo. 

"Sono ruotate rispetto alla loro posizione classica e puntano verso il centro. Direi che potrebbe valere la pena fare una prova".

"Che genere di prova?".

"Proviamo a concentrarci su quella pietra. Insieme. E vediamo cosa accade".

⸩ↂ⸨

Erano distesi su una coperta e un paio di cuscini dentro una stanza spoglia e semibuia, calda e affondata a chissà quanti metri dalla superficie, eppure non avrebbero rinunciato a quel momento per nulla al mondo. 

Erano stretti l'uno all'altra, e tutto il resto era distante, lontano anni luce dal loro cuore. Erano abbracciati come se non fosse rimasto loro altro da fare che fondere insieme le dita, le mani, le labbra. Non la smettevano di cercarsi, come se si fossero ritrovati dopo mille anni. Eagle tracciava i contorni di Swan con un dito, tra un bacio e l'altro, con meraviglia, come se fosse stata un tesoro inaspettato. E lei si lasciava esplorare, memorizzando quel tocco nuovo e sconosciuto, sorprendendosi attimo dopo attimo di quanto lo sentisse familiare, di quanto lo percepisse come suo, come se ogni singola cellula del suo corpo lo riconoscesse e lo salutasse. Persa in quell'armonia di sensazioni chiuse gli occhi, nel momento in cui un'impalpabile pioggia dorata sembrava essere scesa su di loro, quasi a benedire quell'abbraccio.

Sentì la mano di Eagle che le carezzava il viso, poi non sentì più nulla. La perdita di quel contatto le fece sentire freddo e spalancare gli occhi. Lui era ancora disteso sul suo corpo, ma si era sollevato appena e si fissava le dita. Le stava sfregando tra loro, osservandole con aria perplessa.

"Che c'è?", domandò lei, preoccupata dalla sua espressione.

Eagle le passò nuovamente un dito sulla guancia, poi sollevò la mano di fronte ai suoi occhi.

"Guarda", mormorò.

Qualche granello dorato scintillò al suo tocco. Swan lo seguì ammirata, poi la sua sorpresa mutò di segno. Fissò il soffitto sopra di sé e si lasciò sfuggire un gemito strozzato. Eagle si sollevò, liberandola dal suo peso, ed entrambi presero a osservare la stanza con espressione sgomenta. Dai lati e dal soffitto la polvere rotolava giù come sabbia. Una parte della camera sembrava sul punto di sgretolarsi, sconvolta da un impercettibile terremoto sotterraneo, di cui soltanto loro riuscivano a riconoscere la reale violenza. Lentamente due delle pareti iniziavano a perdere i contorni delle decorazioni che avevano tanto faticosamente portato alla luce, e il Corvo e la Fenice diventarono due macchie di colore sul fondo di mattoni. La superficie continuò a cedere e i due uccelli crollarono al suolo, assieme agli stucchi che si sbriciolavano sempre più in fretta. La polvere si sollevò dal pavimento e per qualche istante l'aria divenne irrespirabile. Eagle tirò su Swan e la strinse contro il suo petto, per proteggerla. Lei si aggrappò al suo maglione e serrò le palpebre.

"Oddio, Eagle...", mormorò terrorizzata. "È successo qualcosa a Raven e Phoenix".

Il ragazzo non disse niente. Il pensiero lo aveva sfiorato e lui stava combattendo per ricacciarlo indietro. Non voleva neanche ipotizzarlo, non poteva essere vero, ma i muri che aveva di fronte continuavano a crollare senza dargli speranza.

"Andiamo via", le disse piano, prendendole la mano.

Lui sarebbe tornato indietro, perché il suo posto era lì, fino alla fine, ma non voleva che lei restasse neanche un minuto di più. Come sempre, stava pensando a come avrebbe potuto salvarla, anche se sapeva che quella volta non era possibile farlo.

Swan scosse il capo.

"No, voglio restare".

Eagle si lasciò sfuggire un moto di nervosismo, di agitazione che cercò di trasformare in dolcezza.

"È la fine del mondo, Swan", la implorò, chinandosi verso di lei e sollevandole il mento con un dito.

Lei gli ricambiò lo sguardo con tutta l'intensità di cui era capace.

"Non mi importa", ribatté testarda, come se volesse sfidarlo.

"Swan, smettila! Non è un gioco, questo".

Per tutta risposta, lei gli sorrise come non aveva mai fatto prima

"Non mi importa, Damian", ribadì.

In quell'istante, Eagle dimenticò ogni cosa: la stanza, il terremoto e perfino la morte.

"Ti sei ricordata il mio nome", sussurrò quasi commosso.

Swan annuì decisa, senza smettere di guardarlo.

"Avevi ragione tu: non si può dimenticare ciò che si ama".

"E io non ti dimenticherò mai, Rebecca".

La polvere antica continuava a piovere dall'alto come oro, ma nessuno dei due si mosse. Le labbra di Eagle erano su quelle di Swan, ancora e ancora, come una canzone ininterrotta che suonava solo per loro, trasportandoli lontano dalla paura e dall'orrore che li circondava.

"È la fine del mondo, questa", ripeté Eagle sulla sua bocca.

"Sono pronta", fu il sussurro che gli arrivò in risposta.

__________________

SOUNDTRACK:

Perfect, by Ed Sheeran ❤️

"I found a love for me
Oh darling, just dive right in and follow my lead
Well, I found a girl, beautiful and sweet
Oh, I never knew you were the someone waiting for me

'Cause we were just kids when we fell in love
Not knowing what it was
I will not give you up this time
But darling, just kiss me slow, your heart is all I own
And in your eyes, you're holding mine

Baby, I'm dancing in the dark, with you between my arms
Barefoot on the grass, listening to our favorite song
When I saw you in that dress, looking so beautiful
I don't deserve this, darling, you look perfect tonight

Well, I found a woman, stronger than anyone I know
She shares my dreams, I hope that someday I'll share her home
I found a love, to carry more than just my secrets
To carry love, to carry children of our own

We are still kids, but we're so in love
Fighting against all odds
I know we'll be alright this time
Darling, just hold my hand
Be my girl, I'll be your man
I see my future in your eyes

Baby, I'm dancing in the dark, with you between my arms
Barefoot on the grass, listening to our favorite song
When I saw you in that dress, looking so beautiful
I don't deserve this, darling, you look perfect tonight

Baby, I'm dancing in the dark, with you between my arms
Barefoot on the grass, listening to our favorite song
I have faith in what I see
Now I know I have met an angel in person
And she looks perfect
I don't deserve this
You look perfect tonight"

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro