SUMMER 4 - Dove Eagle prende una decisione

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Non puoi che amare lei.

Di cosa diavolo stava parlando Phoenix?

Swan aveva aperto la porta e quelle parole le erano balzate all'orecchio. Si trovò davanti i due ragazzi con i bicchieri di champagne in mano e si bloccò di fronte a quella scena, esattamente come avevano fatto loro vedendo la sua sagoma sulla soglia.

"Ah, siete qua", mormorò, mentre i suoi occhi si fermavano sul viso cereo di Eagle e sulle sue labbra pallide. "Phoenix, non starai di nuovo facendo bere Eagle fino a farlo stare male?".

Quello tirò fuori una risata rilassata.

"Stai tranquilla, Swan. Stavamo solo facendo un brindisi tra maschietti, alla salute di Eagle e Daisy".

Lei non replicò. Allora era proprio di Daisy che stavano parlando.

Già, ha senso: Eagle non può che amarla, una ragazza così carina e dolce.

Di certo era questo che stava dicendo Phoenix perché, a voler essere onesti, sembrava davvero adatta a lui sotto ogni punto di vista.

"Resta qui, Swan", continuò il ragazzo. "Vado a prendere da bere anche per te".

Phoenix requisì il bicchiere dell'amico e aprì la porta. Il brusio e le luci della sala si riversarono su Eagle e Swan come un acquazzone improvviso e un attimo dopo furono risucchiati indietro, appena l'uscio si richiuse.

Il silenzio che riempì lo spazio che li separava sembrò quasi innaturale. Gli occhi dorati di Eagle si posarono su quelli chiari di Swan. Per un istante il tempo sembrò fermarsi e tornare sui suoi passi, indietreggiando in punta di piedi verso il ricordo passato di tutte quelle volte in cui quello sguardo l'aveva capita, accolta, consolata. Era un bagaglio di memorie troppo pesante da sopportare e lei girò il capo, interrompendo quel contatto con violenza.

"Tutto bene, Swan?".

La voce di Eagle la richiamò prepotentemente a sé.

"S-sì...", rispose insicura. "Certo, è stato tutto un po' improvviso. Cioè, pensavo che magari avresti potuto dirmelo prima, ma... va tutto bene, davvero".

Il ragazzo la fissò a lungo con una punta di dispiacere, ma Swan non riuscì a leggere altro sul suo viso e quel pensiero le parve terribile, dopo tutti gli anni che avevano trascorso insieme.

"Scusa", mormorò Eagle infine.

Quella parola fu come un terremoto.

Scusa.

C'era racchiuso un mondo, in quelle due sillabe. C'era il rancore e la carezza, la rabbia e la dolcezza, il passato e il presente, il sangue della sconfitta e il gusto aspro della vittoria. Eagle l'aveva disarmata, impedendole di attaccare ma anche di ritirarsi. Era un punto alla fine di una frase, che obbligava ad andare a capo e ricominciare. Swan annuì in silenzio.

"Sei felice, Eagle?", domandò dopo un attimo di esitazione.

Lui sorrise lievemente.

"Sì", disse piano. "E tu?".

Swan annuì ancora, senza riuscire a guardarlo negli occhi.

"Sì", rispose in un soffio.

Se solo avesse levato lo sguardo da terra, avrebbe visto quello di lui accendersi di una luce che le avrebbe tolto il fiato. Quella luce che rendeva speciale Eagle, calda come il sole al mattino, come un abbraccio prima di andare a dormire, come i regali il giorno di Natale, come l'ultimo bacio prima di partire.

"Ci siamo persi solo per un attimo, Swan".

Lei si decise a sollevare le ciglia, stupita da quella frase che mai avrebbe pensato di udire. Era quello di sempre, quello che lei conosceva. Autentico. Semplice. Eagle, insomma. Incapace di portare rancore a lungo. Incapace di odiare davvero.

"Siamo come le dita di una mano, come aquiloni legati allo stesso filo, ricordi? Comunque vada, sarà sempre così per noi, te lo prometto".

A Swan non restò altro da fare che assentire nuovamente con il capo.

Avrebbe voluto dire qualcosa di altrettanto bello e profondo, per far eco a quelle parole. Avrebbe voluto dirgli che credeva in lui e che credeva in loro. Che l'affetto, tutto il loro affetto sarebbe bastato. Ma non ci riusciva. Un nodo stretto in gola teneva legate quelle considerazioni mentre, in fondo all'anima, la coscienza le diceva che erano false. Sarebbe stata anche capace di pronunciarle, questo sì, perché lei sapeva di potergli mentire e sapeva anche di poterlo ferire. Il punto, però, era un altro: per la prima volta da che lo conosceva, aveva compreso che fargli male sarebbe stato del tutto inutile. Non gli avrebbe preso e non gli avrebbe tolto niente. Non aveva più alcun potere su di lui. 

Quel pensiero, che in un primo momento avrebbe dovuto farla precipitare e disperare, le trasmise solo un inspiegabile vuoto. Improvvisamente Swan si tese verso di lui, gli lasciò un bacio umido sulla guancia e si ritrasse.

"Tanti auguri, Eagle", biascicò in fretta, come un auspicio e una maledizione insieme, un attimo prima di scappare via.

Il ragazzo la guardò sparire oltre la porta, senza far nulla per fermarla. Restò a fissarsi le mani aperte per qualche istante, con espressione perplessa, rigirandole un paio di volte. L'aria attorno alle sue dita, che prima era gelida, era tornata tiepida e affettuosa nel momento stesso in cui lei era andata via. Lo aveva sentito anche lui, distintamente, quel rumore che era schioccato nel suo orecchio assieme al bacio di Swan. Era il suono di un ramo che si spezza, di un bicchiere che si infrange, del legno che scoppietta nel camino un attimo prima di prendere fuoco e diventare cenere. Era il suono di una fine, e non aveva ritorno.

⸩ↂ⸨

Swan attraversò la sala con tutta la rapidità che le consentivano i suoi tacchi alti. Sfilò accanto a decine di volti, incurante delle loro espressioni sorprese. Un fiore le scivolò via dai capelli, liberando una ciocca ribelle che atterrò vicino alla sua bocca.

Dov'era Raven? Lo cercò con lo sguardo come un viaggiatore cerca l'acqua nel deserto. Non riuscire a trovarlo le causava sempre una strana ansia. Quella sera, però, il battito del suo cuore era amplificato da un'altra emozione. Era la fine di un mondo, quella che aveva sperimentato qualche minuto prima. La casa di bambola, come diceva Phoenix, era andata in pezzi e il passato dorato le era sembrato di colpo sbiadito e lontano. Il tempo dell'infanzia si era concluso, i giochi leggeri dell'adolescenza erano stati rimpiazzati da una nuova consapevolezza, e lei poteva solo scegliere se rintanarsi nella memoria dolciastra e malinconica di un'epoca perduta, o se aprirsi finalmente a qualcosa di nuovo e sconosciuto, che era paura e attrazione allo stesso tempo. 

Dov'era Raven? Il sangue le pulsava nelle vene come il rintocco accelerato di un metronomo che ripeteva che i minuti stavano volando via veloci, che non aveva più tempo. Raven era il terreno sul quale planare dopo quella caduta, era la certezza rimasta sotto le macerie, il piano sul quale ricostruire. 

Come se l'intero universo avesse obbedito alla sua richiesta, se lo vide venire incontro, con il suo sorriso seducente e le braccia tese verso di lei. Swan si arrestò di colpo e il vestito le si attorcigliò attorno alle gambe come i petali di alcuni fiori durante la notte. Raven la raggiunse, le prese le braccia tra le sue mani calde e la guardò confuso dalla sua espressione.

"Swan", la chiamò con dolce sorpresa. "Che succede?".

Senza dargli il tempo di chiedere oltre, la ragazza gli gettò le braccia al collo e si strinse a lui.

"Che succede?", domandò di nuovo, la voce più tesa mentre con la coda dell'occhio spiava gli sguardi attorno a loro, che lei sembrava ignorare del tutto.

"Tienimi con te, stasera", gli sussurrò lei all'orecchio, quasi con urgenza. "Tienimi con te tutta la notte".

Raven prese le mani di Swan e le fece scivolare delicatamente dal collo, poi le riunì davanti a sé, ristabilendo la giusta distanza tra loro. Non sembrava stupito e non sembrava arrabbiato per il suo bizzarro comportamento. Si limitò a guardarla con il solito sorriso indecifrabile, che oscillava perennemente tra ironia e amabilità.

"Sembra che, a questo punto, sarà piuttosto difficile non ufficializzare la nostra storia".

Swan si guardò timidamente attorno, come se solo a quel punto si fosse resa conto che non erano soli, ma al centro di una sala piena di gente. Arrossì lievemente per l'imbarazzo, ma gli occhi di Raven catturarono di nuovo i suoi e le trasmisero una calma irragionevole. Annuì mentre le sue labbra si distendevano in un sorriso.

"Sembra di sì".

Raven prese la ciocca di capelli che era sfuggita e gliela sistemò dietro l'orecchio, poi disegnò rapidamente la curva della sua mascella con un dito.

"Vieni con me", disse soltanto.

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SOUNDTRACK:

Hero, Family of the Year:

"So let me go
I don't wanna be your hero
I don't wanna be your big man
I just wanna fight with everyone else

You're a masquerade
I don't wanna be a part of your parade
Everyone deserves a chance to
Walk with everyone else"

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