Capitolo 19 - Colei Che Porta La Beatitudine

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Dopo aver passato quel breve, ma intenso, momento del pomeriggio al centro commerciale con Beatriz, mi ricordai dell'incarico affidatomi da mia madre e la chiamai al telefono.

- Madre, mi senti?
- Jacob! Sì, ti sento.
- Ho comprato tutto quello che mi hai chiesto...
- Anche le medicine per papà? E anche quelle per...
- Sì, certo. Non dire altro, per favore.
- Perfetto. Okay, okay. Adesso cosa farai, andrai direttamente a casa?
- Penso di sì... perché me lo chiedi? - dissi curioso.
- Beh, mi ha chiamato poco fa Amelie chiedendomi dove tu fossi finito. Le ho detto che sei andato al centro commerciale per prendere alcune cose...

Avere passato quel momento sereno con Beatriz mi aveva addirittura fatto dimenticare del tutto del conflitto avuto con mia sorella.

- Oh, va bene. - le risposi.
- Magari ti sta aspettando...
- Sì, forse... o forse no...
- Jacob, vacci. - insistette lei con tono minaccioso.
- Ecco, in realtà ci stavo ripensando... devo per forza?
- Sì, devi. Magari lei stessa vuole che tu ci vada. Dopotutto, anche se è arrabbiata, quando mi ha chiesto dov'eri finito sembrava pure piuttosto preoccupata...
- Ah... quindi sai del...
- Sì, Jacob. So del discorso che avete avuto mentre eravate a casa da soli. Adesso vai da lei, per favore.
- Shit. Okay, vado... a dopo, madre.

Subito dopo aver chiuso la chiamata con mia madre, ecco che mi chiamò Amelie. Mi feci quindi coraggio e risposi alla sua temibile chiamata.

- Oddio... A-Amelie, pronto?
- Jacob. So che sei stato al centro commerciale. Stai venendo, suppongo... giusto?
- Sì, sì. Sto arrivando.
- Ok.

Dopo avermi detto quell'"ok" freddo, Amelie chiuse immediatamente la chiamata. Alla mamma sembrava preoccupata... a me pareva invece la solita stronza di poco prima.

Sorella...
...ies evoD
¿iuq ieS
O mi sto sbagliando?

Arrivai davanti casa mia e, dopo aver fatto un profondo respiro, entrai dentro. Amelie era seduta vicino al tavolo e mi guardava restando in silenzio.

- Ciao. - disse Amelie rompendo il silenzio.
- Ciao... - le risposi seccato.
- Hai preso tutto?
- Sì. Aspetta, prendo il sacchetto.

Poggiai il sacchetto con le cose comprate sul tavolo e Amelie fece un rapido controllo per vedere se avevo preso tutto.

- Ok, a posto. C'è tutto. Aspetta... ma perché hai preso delle penne rosse? - chiese con sospetto prendendone una in mano.

In quel momento non sapevo proprio che cazzo dirle. Erano le penne che avevo preso quando cominciai ad innervosirmi al centro commerciale dopo aver visto Beatriz che si trovava vicino a me.

- Ehm... le ho prese... così, tanto per. Non si sa mai, no? Qualche penna in più non fa male, dopotutto...
- Queste stronzate dille a qualcun'altra, Jacob. Sono tua sorella, cazzo. Pensi davvero di potere prendermi per il culo in questa maniera?
- Sei ancora nervosa, vedo...
- Pensavi non lo fossi? - esclamò sbattendo un pugno sul tavolo.
- Umpf... ho incontrato Beatriz...
- Non me ne frega un cazzo di chi hai incontrato. Aspetta, chi hai detto di aver incontrato?!
- Hai appena detto che non te ne frega un cazzo, o sbaglio? Quindi...
- Cazzo, quanto ti odio... hai incontrato la ragazza nuova, vero?
- Bho, forse sì, forse no...

Amelie era sempre più nervosa e da lì a poco avrebbe cominciato ad urlare. Fortunatamente, qualcuno aprì la porta di casa e Amelie venne fermata.

- Eccomi, figlioli.
- Oh, eccoti, madre. - esclamò Amelie.
- Ah, Jacob! Sei già qui...
- Sì. Se mi vedi, vuol dire che sono qui.
- Finiscila. Di fare. Lo stronzo! - bisbigliò Amelie, rimproverandomi.
- Oh, senti chi parla...
- Basta, finitela. - urlò la mamma - Riuscite a non litigare per un giorno?!
- Scusa, madre... - disse Amelie.

Io restai in silenzio e andai in camera. Non vedevo l'ora che arrivasse l'indomani. Perché? Beh... semplice. Per rivedere quella gioiosa e maestosa ragazza rossa.
Il suo nome non era casuale, e dava una spiegazione della sua persona.

Beatriz. Colei che porta la beatitudine.
Un nome a dir poco straordinario. Scommetto che i suoi genitori non lo scelsero completamente a caso.

Quella notte mi coricai a letto come un sacco di patate e il mio pensiero andò subito a lei. Pensandola, riuscii pure ad addormentarmi serenamente. Anche questo non succedeva da molto tempo, in quanto prima di quel giorno ero abituato a dormire veramente male e, anche se mi addormentavo, il sonno durava davvero per pochissimo tempo.

Il nuovo giorno era finalmente arrivato. Era la prima volta che andavo a scuola felice.
Beh, oddio, "felice" è un parolone. Però... ero più sereno del solito, questo è sicuro.

Io e Amelie entrammo dentro la scuola e vedemmo qualcuno correre verso di noi. Beh, in realtà, più precisamente verso di me.

- Jacob. Ma quella che sta correndo verso di te... è la ragazza nuova?
- Amelie, la "ragazza nuova" si chiama Beatriz. Beatriz! Non farmi fare figuracce.
- Come se tu non ne stessi facendo fare a me, eh Jacob?
- Ehm... - sussurrai fischiettando.

Beatriz arrivò da me correndo alla velocità della luce.

- Jacob! È da tipo quindici minuti che sto girando la scuola per cercarti! Oh, ciao Amelie! Tu sei la sorella di Jacob, giusto?
- Sì, sono sua sorella! Scusa se ieri non sono riuscita a parlarti, ma... diciamo che ho avuto una piccola discussione con mio fratello. - rispose Amelie guardandomi male.
- Ah! Ieri io e Jacob ci siamo incontrati al centro commerciale e siamo stati un po' insieme, ma non mi ha detto che è successo qualcosa tra voi due.
- Beh, pensavo non ti facesse piacere sapere una cosa del genere... - risposi a Beatriz.
- Jacob... oh, ragazzi! Sta per iniziare la lezione. Direi di cominciare a dirigerci in aula.
- Sì, andiamo. - disse Amelie.

Ci recammo nell'aula da noi interessata e Beatriz mi bisbigliò qualcosa.

- Ehi, Jacob... se stai avendo dei problemi con tua sorella Amelie... se vuoi, dopo possiamo parlarne. Magari riuscirai a sfogarti in questa maniera.
- Sì... grazie, Beatriz. - le risposi fissando i suoi graziosi occhi color verde smeraldo.
- Non ringraziarmi. Oh, e ricorda che mi hai promesso il tour della scuola! - mi rimembrò.
- Ah, vero... e va bene! Manterrò la promessa, tranquilla.
- Sapevo che l'avresti fatto... ti adoro!
- Eh, addirittura... - le risposi sbalordito.
- Sì... addirittura, Jacob! - replicò lei facendomi l'occhiolino e afferrandomi la mano, portandomi nella nostro banco.

Quanto era adorabile quella ragazza... era impossibile dire di no a una sua richiesta.

Durante la lezione cominciai a sentirmi... strano. Era come se qualcosa mi stesse dando fastidio, ma non capivo cosa potesse essere. Cominciai a non capire più niente e non sentivo più nessuno. Le orecchie cominciarono a fischiarmi. Cominciai a vedere tutto sfuocato.

Beatriz, che era come al solito seduta accanto a me, capì dalla mia faccia che c'era qualcosa che non andava.

- Jacob. - mi sussurrò, dandomi una leggera spinta sul braccio.

Ero talmente rincoglionito che non riuscivo neanche a sentirla.

- Jacob. Jacob!

Vedendo che non davo risposte, mi diede uno schiaffo sulla faccia per farmi riprendere.

- Oh, Beatriz! Scusa, è che... mi sento strano...
- In che senso, Jacob? Ti senti male? Vuoi andare in bagno?
- Non lo so...

Cominciai a sentire una risata fastidiosissima. Ma... non capivo da dove proveniva quella voce misteriosa.

- Se vuoi, chiedo io se puoi andare in bagno alla professoressa per te.
- Ma... chi sei...? Cazzo, che fastidio...

Io no. Io...
...iam òrecsal it noN

- Jacob, stai parlando da solo... Professoressa, Jacob si sente male! Può andare in bagno?
- Certo, Beatriz. Jacob, sentiti libero di andarci se ti senti davvero male.
- Grazie professoressa, allora...

Ma suonò la campanella. La lezione si era ormai conclusa.

- Oh, ragazzi! Fine della lezione. Mi raccomando, a casa fate i compiti che vi ho assegnato.

Uscii velocemente dalla classe e Amelie, insieme a Beatriz, mi rincorse.

- Jacob, aspetta! Ma che ti prende? - domandò preoccupata Amelie.
- Niente, lascia stare...
- Jacob. Ti prego, almeno a me dì la verità. Che ti senti? - mi chiese Beatriz.

Non sapevo se dire o meno a Beatriz della sensazione strana che sentivo dentro di me, ma non volevo che lei, anzi, che loro si preoccupassero troppo per me.

- Beatriz... stai tranquilla, non è niente. Passerà subito.
- Jacob... ricorda che io ci sono sempre se hai bisogno di aiuto.

Beatriz mi accarezzò la guancia destra e riuscì a tranquillizzarmi leggermente.

Non riuscivo a comprendere cosa mi stesse succedendo in quel momento. Avevo il cuore che mi batteva a mille, ma non ne capivo la ragione. E questo mi rendeva davvero tanto nervoso, come se già non lo fossi abbastanza...

- Jacob, ascolta... io vado da Zach. Beatriz, resti tu con lui? - disse Amelie.
- Certo, Amelie. Resto io a prendermi cura di lui. Vai pure, tu.
- Ok, grazie Beatriz. Brother, se hai bisogno di aiuto... chiamami, e arriverò.
- Va bene, sister... Grazie. E grazie anche a te, Beatriz.

Beatriz mi mostrò uno dei suoi stupendi sorrisi per farmi stare più tranquillo e riuscì pienamente nel suo intento. Finalmente mi sentivo meglio. Peccato solo che... non durò per molto.

- Allora... mio caballero, mi vuol guidare in questo tour della scuola? - mi chiese Beatriz con la sua solita cortesia, chiamandomi con quello strano nome.
- Adesso sono anche il tuo cavaliere, ma in spagnolo? Le stranezze non hanno mai fine..
- Oh, non ti va di esserlo? Non pensavo potesse darti fastidio... - replicò Beatriz rimanendo un po' delusa dalla mia risposta.
- No, no, no! Non mi da fastidio per niente, anzi... mia dama, vuole cominciare adesso?
- Ma guarda un po', quindi sono la tua dama... adesso sì che ci siamo! Certo, possiamo cominciare anche adesso, sir! - esclamò Beatriz mettendosi a ridere.
- Perfetto. Se mi permettete, prima di cominciare il nostro giro, vado un attimo in bagno a sciacquarmi la faccia, mia cara señorita.
- Certamente, faccia pure con comodo. - disse lei incrociando le braccia sul petto, restando lì ad aspettarmi.

Era straordinaria e tenera la maniera in cui Beatriz si stava comportando con me per farmi sentire nuovamente bene e felice. Voleva dimostrarmi che ci teneva davvero a me, nonostante ci conoscessimo ancora da poco tempo.

Mi diressi dunque verso il bagno della scuola e lì accadde qualcosa di veramente strano.

Davanti il bagno c'era... un... un... bambino...

No, ci risiamo... Jacob, stai tremando... Jacob, stai calmo. Jacob, cazzo, mantieni la calma!
Posa quel cazzo di...
Posalo. Sì, è a terra.
Distruggilo. No, è impossibile.

Davanti il bagno c'era un bambino. Decisi dunque di... provare a chiamarlo.

- Ehi, bimbo! Ma che ci fai qui? Ti sei perso, per caso?

Dopo che gli urlai, quel bambino entrò con passo lento dentro il bagno.

- Cazzo... mi sento di nuovo come prima... non mi sento bene...

Cominciai a sentire di nuovo quella strana sensazione che Beatriz era riuscita a rimuovere da me poco fa.
Non l'aveva rimossa, in realtà.
L'aveva solo spenta... e si era appena riaccesa.

Mi feci coraggio affrontando il dolore che era dentro di me ed entrai dentro quel bagno.
Il bambino non c'era. Ispezionai l'intero bagno, ma niente. Non c'era nessuno.

Capii che c'era qualcosa che non andava e mi diressi presso il lavandino. Cominciai a guardare attentamente la mia faccia allo specchio, ma non sapevo neanche io perché lo stavo facendo. Ma che mi stava prendendo?

Aprii il rubinetto del lavandino e mi lavai la faccia. Mentre mi stavo lavando la faccia, ricominciai a sentire quella fastidiosa risata. Ma da dove cazzo proveniva, se il bagno era vuoto?

Dopo aver finito di pulire per bene la faccia, chiusi il rubinetto. Una volta fatto ciò, cominciai improvvisamente a vedere tutto sfuocato e il mio cuore cominciò a battere all'impazzata. Alzai lo sguardo e guardai nuovamente lo specchio.
Quel bambino era ricomparso, ed era proprio dietro di me.

Inizialmente non riuscivo a capire chi potesse essere, in quanto non vedevo bene. Ma poi, la vista divenne lentamente sempre più chiara.

Fu allora che capii chi era davvero quel bambino che mi stava osservando da dietro.

Era lui... non so come fosse possibile, ma lui... era tornato.

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