Capitolo 41 - Garbuglio Nelle Tenebre

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È lui? È lui.

No, stai fermo. Forse ci stiamo sbagliando.

Aspetta... no, non è lui.

Basta... basta. Smettetela di fare baccano nella mia testa, e ricordate che non è ancora il momento giusto. Quello che state pensando voi è un altro punto di vista. Avete capito? E adesso... tacete, e lasciateci in pace.

Ecco, adesso loro sono confusi. Si stanno chiedendo, giustamente, cosa diamine sta succendo. Siete soddisfatte, ora?

Vi siete divertite?!

Argh... cazzo.

... silenzio assordante.

Brave.

Silenzio... ah, quanto è piacevole questa soave quiete.

Voi che mi state ascoltando... fate finta di non aver nè sentito nè visto niente, va bene? Non vorrete mica rovinarvi la sorpresa, giusto?

Esatto. Adesso sedetevi, rilassatevi e continuiamo da dove ci eravamo fermati precedentemente.

Mi trovavo vicino alle scale, che avevo appena salito, e in fondo al corridoio c'era ancora quella figura misteriosa avvolta leggermente dalla luce emessa dalla luna, la quale entrava da una piccola finestra che si trovava in quel piano dell'albergo.

Provai ad identificarlo per bene, ma non mi era possibile. Le luci dell'albergo erano completamente andate a farsi benedire, di conseguenza c'era il buio più totale e la luna stava illuminando tutto il corpo di quella persona occulta, eccetto la sua faccia, non permettendomi così di comprendere la sua identità.

Da quel poco che si vedeva, sembrava essere un uomo adulto ma non troppo, sulla trentina circa, e continuava ancora a fissarmi. Non aveva alcuna intenzione di allontanarsi o di staccare lo sguardo da me.

- Ehilà! Si può sapere chi sei?! - gli urlai contro.

Quella persona si guardò attorno per un attimo, ma subito dopo il suo sguardo ritornò a mirare i miei occhi.

- Avvicinati. - bisbigliò lui.

Dalla voce abbastanza cupa, sembrava proprio essere un uomo. Anzi, ne ero ormai sicuro. Ma che cosa voleva da me? Inoltre... non era neanche spagnolo, in quanto parlava la mia lingua e riusciva quindi a capirmi, come io riuscivo a comprendere ciò che lui diceva.

- Perché dovrei farlo? - cercai di fare di tutto pur di non avvicinarmi a lui.

- Perché altrimenti ti ammazzo, e tu lo sai bene che io sono capace di fare una cosa simile. Soprattutto con te.

Quelle sue ultime parole mi fecero gelare il sangue e, ormai preso dal terrore e dalla preoccupazione, mi avvicinai lentamente alla porta della mia stanza, con la speranza che prima o poi lui si potesse allontanare dalla mia vista.

Ma mentre avanzavo a passo lento nel corridoio, pensai nuovamente alla sua frase. Perché avrebbe dovuto ammazzarmi? Perché io dovrei essere a conoscenza delle sue capacità? E perché... soprattutto con me?

Fa tutto parte del piano, Jacob.
.onimmac out li atelpmoc e ,aznavA

Nel momento in cui cominciai a dirigermi verso di lui, fuori cominciò a piovere. Le gocce della pioggia facevano da sottofondo, insieme alle tempeste, a quel momento di puro terrore e oscurità.

- Qualcuno ti ha per caso tolto le energie? - ritornò lui a parlare dopo alcuni attimi di silenzio.

- Fottiti. - ribattei freddamente.

- Sei rimasto lo stesso stronzo di prima, vedo.

- Ascolta, io non ho idea di chi tu sia...

- Stai zitto e accelera il passo, pezzo di merda! - ordinò lui schiacciando fortemente col piede destro a terra, nel tentativo di intimorirmi.

Sobbalzando leggermente in aria e senza pronunciare un'altra singola parola, annuii immediatamente e cercai di accelerare il passo, seppur di poco, a causa della paura per l'ignoto che continuava a tormentare il mio animo.

Mancavano più o meno altri dieci passi per giungere alla mia camera, ma improvvisamente la luna scomparve e quel poco spiraglio di luce che illuminava quel corridoio ormai non c'era più.

Non riuscivo più a vedere quella figura, e inoltre lui non stava nemmeno enunciando alcuna parola. Avevo l'impressione di trovarmi ormai da solo, così, decisi di fare una scelta azzardata e iniziai a correre in fretta e furia verso la porta della stanza mia e di Beatriz.

Ero quasi arrivato alla stanza, ma un potentissimo temporale mi fece immobilizzare per lo spavento e mi concesse una breve illuminazione del corridoio.

L'uomo misterioso si trovava ancora lì, nella medesima posizione di prima, e continuava a centrarmi con lo sguardo. Tuttavia, appena notò che stavo per aprire la porta della mia camera per nascondermi al suo interno, mi fermò mandando un ultimo richiamo.

- Ehi, ehi, ehi! Rischiati soltanto ad aprire quella porta e io ti faccio saltare quel merdoso cervello che ti ritrovi dentro quella cazzo di testa. - esclamò sbattendo un forte pugno alla parete che si trovava alla mia destra.

Fu mia convenienza fermarmi nuovamente, altrimenti avrei dovuto pagare la mia rischiosa azione con la vita. Ed io alla pelle ci tenevo ancora.

- Perfetto... vedo che sono stato abbastanza chiaro. - disse lui con tono soddisfatto, eseguendo una silenziosa risata.

- Che cosa vuoi da me? - cercai di ottenere delle risposte.

- Tu lo sai che cosa voglio. Non fare il finto tonto.

- Io non sono un finto tonto. - risposi, percependo l'irritazione che stava aumentando dentro di me.

- No, sei tonto e basta. - ribattè lui.

- Dillo un'altra volta e giuro che...

- Tappati quella cazzo di bocca, o giuro che ti ammazzo! - urlò ferocemente estraendo una pistola dalla tasca della sua giacca, riuscendo a paralizzarmi a poca distanza da lui - E poi, sai cosa farò? Vuoi davvero saperlo, eh? Getterò ogni singola parte del tuo insignificante corpo tra le onde del mare, e le osserverò vacillare con molta soddisfazione, magari in compagnia di una beata e rilassante sigaretta intrappolata tra le mie labbra... fino a quando esse non sprofonderanno nell'abisso marino. Sempre se quest'ultimo accetterà la loro disgustosa presenza.

Quell'uomo... era addirittura armato. Avrebbe potuto spararmi e porre fine alla mia vita da un momento all'altro, e le sue parole... contribuirono ad incutermi sempre più terrore.

Sentii battermi il cuore in gola per l'enorme terrore che mi stava sopraffacendo, e, come se già non bastasse, il forte dolore alla testa di prima ricominciò a farsi sentire.

Lui notò subito il mio dolore fisico e non esitò a fare aumentare la mia pressione, lanciandomi qualche inaudita e fastidiosa presa per il culo.

- Oh, ma guardalo. Adesso si sente pure male... povero ragazzo, povero!

- Vaffanculo... - risposi infastidito.

- Che cazzo hai detto? Vigliacco di merda, rispondimi se ne hai davvero il coraggio.

Stavo quasi per mandare a lui un potente e feroce urlo, accompagnato da qualche insulto, ma ricordai che io non avevo alcun modo per difendermi da un suo probabile attacco, così... dovetti esitare.

- Porca troia, guarda che faccia! - affermò scoppiando a ridere a crepapelle, trasferendo l'arma da fuoco nella sua altra mano e appoggiandosi alla parete del corridoio dell'albergo in cui ci trovavamo - Non ti aspettavi proprio di incontrarmi qui, proprio a Madrid, vero?

- Io mi aspetto di tutto, ormai. Anche di imbattermi in tali stronzi come te. - risposi fissandolo nei suoi occulti occhi, tentando disperatamente di comprendere la sua identità.

- Ti ricordi di me? - bisbigliò lui, mentre sembrava che si stesse leggermente calmando.

Avevo molta paura di rispondergli, in quanto sembrava non avere alcuna intenzione di credere alle mie parole. Così, decisi di tacere e di farlo continuare a parlare, senza creare ulteriori casini.

- Sì... ti ricordi di me. - continuò lui a sussurrare, sistemando il cappotto scuro che teneva addosso.

Giunto a quel momento, dato che quell'uomo non mi permetteva di fornire lui alcuna spiegazione, persi definitivamente il controllo e ricominciai ad insistere per fargli capire che le sue idee su di me erano completamente sbagliate e confuse.

- Io non mi ricordo di te, va bene? Non ho la minima idea di chi cazzo tu possa essere, quindi diamo fine a questa sceneggiata una volta per tutte, e...

- E tu pensi davvero che io stia credendo al tuo giochetto del cazzo? - riprese a minacciarmi puntandomi la pistola in faccia, riattivando il tono serio della sua voce.

Dominato subito dal terrore, tentai di fermarlo e di fargli capire che non avevo alcuna intenzione di aggirarlo.

- Ehi, stai calmo. Io non ti sto prendendo in giro, sto soffrendo davvero, e non sto assolutamente giocando. Non avrei il motivo di farlo.

- Pensi che io non lo stia facendo, invece? Pensi che io non stia ancora soffrendo, dopo tutto quello che è successo?! - mi sgridò lui continuando a mirarmi alla testa con quella dannata pistola - Dopo... dopo che hai premuto quel pulsante.

Più lui farneticava, più io non capivo nulla di ciò che lui voleva riferirmi. Per cosa stava soffrendo? Perché era così convinto che io sapessi già cosa lui stesse vivendo in quel momento, quando in realtà non avevo la minima idea di chi egli potesse essere?

E poi... di quale pulsante stava parlando?

- Ascoltami. Io non so chi sei, non so di quale cazzo di pulsante tu stia parlando, e sono pure sicuro che tu ti stia facendo un'idea sbagliata di chi io possa essere. Ti stai confondendo... - cercai di convincerlo.

- Io non mi sto confondendo affatto. - mi fermò immediatamente facendo un passo in avanti - Tu, maledetto essere spregevole. Tu mi hai privato dell'unica ragione per cui ritenevo valesse ancora la pena continuare a vivere. Tu...

Tutt'a un tratto, lui interruppe il discorso che mi stava riferendo in maniera minacciosa e abbassò la pistola, smettendo quindi di mirare alla mia testa. Si guardò intorno e subito dopo girò lo sguardo dietro di sé, come se ci fosse qualcun altro lì insieme a noi.

Effettuai un rumoroso passo in avanti per provare a capire cosa stesse succedendo, ma lui si accorse subito del mio movimento e mi lanciò il suo ennesimo avviso.

- No! - esclamò rialzando la pistola e mirandola verso il mio petto - Stai fermo.

- Posso almeno sapere cosa sta...

- Non. Un altro. Cazzo. Di passo. - ordinò aumentando sempre di più il tono della sua voce.

Acconsentii senza indugiare e aspettai la sua prossima reazione.

- Dannazione... perché proprio adesso? - bisbigliò guardandosi nuovamente le spalle.

Notai che lui stava leggermente indietreggiando, fino a quando non si girò del tutto per andare a dare un'occhiata all'uscita d'emergenza che si trovava al nostro piano.

Una volta che lui si trovava ormai lontano da me, decisi di fare l'azzardo.

Mi diressi a passo veloce verso la porta della camera, dalla quale quell'uomo misterioso si era ormai scansato, ed estrassi dalla tasca della giacca la chiave della stanza, cercando di essere il più silenzioso possibile.

Tuttavia, appena arrivai lì davanti, per la troppa fretta e agitazione, sbattei intensamente il gomito destro contro la porta facendo un forte baccano.

Di conseguenza, l'uomo occulto riuscì ad accorgersi della mia rischiosa quanto fatale azione e si avvicinò nuovamente a me con passo pesante.

- Che cosa cazzo ti avevo ordinato di fare? - mi ammonì estraendo ancora una volta la pistola, che aveva rinfoderato poco prima - Eh, allora?!

- Dannazione, stupido idiota. - mi biasimai da solo a bassa voce.

- Rispondimi, ora. Quale cazzo era il tuo dannato compito?! - urlò lui con voce squillante.

Per evitare un totale deterioramento della situazione, che era già di per sé abbastanza drastica, lo accontentai sottomettendomi a lui.

- ... non dovevo fare un altro passo. - replicai.

- Incompleta. - commentò lui.

- Maledizione... non dovevo fare un altro cazzo di passo. - gli diedi la risposta precisa che tanto lui desiderava.

- Ora ci siamo. E allora, dato che hai capito perfettamente le mie parole... adesso, spiegami perché hai deciso di muovere quei tuoi luridi piedi di merda.

Stavo per andare nel panico più totale, dato che lui non faceva altro che avvicinarsi sempre di più verso di me con la pistola stretta tra le sue mani, ma, di punto in bianco, si voltò nuovamente indietro, incazzandosi come una iena e lanciando altre urla contro... qualcuno.

- Adesso basta, cazzo! Ti ho detto che è lui, e se ti dico che è lui...

Calò il silenzio più totale. Lui ricominciò ad indietreggiare e a parlare con qualcuno che sembrava essere lì presente insieme a noi due, mentre io non riuscivo a capire.

Cercai di alzare leggermente lo sguardo, ma non riuscivo comunque a vedere nessun'altra figura, oltre all'uomo sconosciuto che mi stava minacciando già da prima.

Dato che ormai lui si trovava abbastanza lontano da me e sembrava non darmi più importanza, mi avvicinai alla porta della camera, che avevo quasi accanto, senza dare nell'occhio e senza fare alcun rumore.

Ero finalmente arrivato, forse stavo per uscire definitivamente da quell'orrendo incubo vivente. Estrassi così la chiave della stanza e la infilai dentro la serratura della porta, in maniera tale da entrare e chiudermi lì dentro, fino a quando quella terrificante persona non si sarebbe allontanata.

Ma proprio nell'istante in cui stavo per sbloccare la porta, il mio telefono cominciò a squillare, creando un enorme baccano e attirando l'attenzione dell'uomo misterioso.

Non riuscii a vedere chi mi stava chiamando per il mio sgomento e, come prevedibile, quell'uomo si diresse ancora una volta verso di me, stavolta più adirato che mai.

- Ehi, ehi, ehi. Butta a terra quelle chiavi, codardo! - esclamò lui mirando con la pistola alla mia testa, avanzando verso di me a passo sempre più accelerato.

Sentivo il cuore battere all'impazzata per il panico che si stava attenuando in me e, nonostante fossi intimorito dalla sua arma che mirava a me, tentai tremolante di riuscire ad aprire la porta con tutte le mie forze e nel minor tempo possibile.

Tuttavia, quando sembrava che fossi finalmente riuscito ad aprire quella dannata porta, ricevetti una forte botta in testa da qualcuno, che mi stese completamente a terra.

Udivo delle voci sovrapporsi una sopra l'altra, ma non riuscivo comunque a comprenderle, per quanto ero stato stordito.

- Per... ra... lui...

- Non... ere... lui...

- Guard... è... ione...

- Vaff... nzo...

Riuscivo soltanto a vedere due figure sfuocate, che sembravano discutere e litigare violentemente tra di loro. Provai a rialzarmi, ma, dopo neanche un istante, subii un violento calcio allo stomaco.

Quell'ultima batosta mi fece chiudere definitivamente gli occhi e svenire sul colpo.

Non riuscivo più a percepire niente.
Vedevo soltanto il buio più totale.

Riesci a capire, Jacob?
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In un solo istante, tutto ebbe fine.

Silenzio totale.

Occhi serrati.

Bocca cucita.

Dopo un certo intervallo di tempo, che ovviamente non potevo comprendere in quel momento, riuscii finalmente a riaprire gli occhi e mi ritrovai disteso su un letto a me molto familiare.

Cercai di mettere a fuoco le immagini che si trovavano dinnanzi a me, ma percepivo una così forte e strana stanchezza tale che m'impediva di spalancare interamente i miei occhi. Provai anche a rialzarmi dal letto, ma era tutto inutile.

Mi sentivo completamente sfinito, quasi come se avessi appena scalato un'alta e ripida montagna, quando in realtà non avevo messo neanche un singolo muscolo del mio corpo.

Mi girai attorno e, nonostante, la scarsa vista, notai che il luogo in cui mi trovavo... era la camera d'albergo mia e di Beatriz.

Provai a fare mente locale e a ricordare precisamente tutto ciò che era successo prima che svenissi, in maniera tale da comprendere come avevo fatto a finire lì dentro, dato che poco prima di risvegliarmi mi trovavo davanti la porta della stanza, buttato a terra da quel tenebroso quanto violento uomo.

Riuscii subito a ricordare tutto l'accaduto e tentai di formulare nella mia mente alcune possibili ipotesi per cui mi ritrovavo di punto in bianco dentro quella camera.

Riflettei attentamente e creai nella mia testa diverse supposizioni, ma l'unica che sembrava essere effettivamente corretta, e forse anche l'unica davvero sensata, era quella secondo cui quell'uomo aveva pensato di liberarsi del mio corpo che si trovava in mezzo al corridoio rubando le chiavi della stanza che mi erano cadute a terra poco prima di svenire e buttandomi ancora collassato nel letto, in modo tale da non dare nell'occhio a nessuno e, probabilmente, anche per uscire dalla scena senza fare creare alcun tipo di sospetto su di lui da parte di altre persone che avrebbero potuto scoprire la sua presenza col mio corpo vicino a lui.

D'altronde, notai che vicino a me, sempre sopra il letto, si trovavano proprio le chiavi della stanza, vicino alle quali c'era anche il mio telefono e la mia giacca nera con tutte le tasche aperte.

Alla vista di ciò, ricollegai tutto alla mia teoria e... sì.

Sì... tutto aveva senso.

La mia ipotesi era corretta, doveva essere per forza così.

O almeno... così pensavo.

Riuscendo finalmente ad alzare le braccia, provai a rialzarmi del tutto ma, una volta che ero riuscito finalmente a sollevarmi, anche se con molta difficoltà, persi bruscamente l'equilibrio e cascai verso il lato destro del letto, raggiungendo la sporgenza e cadendo ancora, stavolta a terra, emanando un forte schiamazzo e sbattendo intensamente il braccio destro sul pavimento.

Riuscii a percepire l'inizio di un potentissimo dolore provenire proprio da quel braccio, così abbassai, dopo essermi alzato lievemente da terra, abbassai lo sguardo e lo esaminai per bene.

Ciò che notai mi fece rimanere ancora più perplesso di prima.

Sul mio braccio destro era presente una ferita, fortunatamente non troppo profonda, dalla quale continuava a fuoriuscire molto sangue e proveniva un'insopportabile bruciore.

Sembrava essere una ferita causata da una lama, e il taglio sembrava anche essere abbastanza recente.

Che fosse stato quel dannato uomo misterioso di prima a causarmi quel male? Ma... perché avrebbe mai dovuto farlo? E perché sembrava che mi volesse morto?

Però, alla fine... non mi aveva ucciso.

Per quale motivo, allora, continuava a minacciarmi in quella strana maniera?

Davvero tante, tante incognite.
.etsopsir ehcop ,ehcop orevvaD

Prima di dare un'occhiata al telefono, ritenni opportuno recarmi nel bagno della camera d'albergo, nella speranza di trovare qualche cura medica per la ferita.

Una volta arrivato davanti allo specchio, mi osservai attentamente e sistemai i miei capelli mossi e scuri, i quali erano leggermente scombinati per il caos che era avvenuto poco prima.

Ma a proposito di questo... quanto tempo era passato dal mio svenimento?

Mi affacciai dalla porta del bagno per controllare l'orologio e riuscii ad individuarlo, notando l'orario preciso.

01:30

Erano l'01:30 di notte.

Quando avevo abbandonato la festa di Carmen era mezzanotte, mentre quand'ero ritornato in albergo erano le 00:15 circa.

Era quindi passata poco più di un'ora dal garbuglio nelle tenebre di prima, generato da quella persona arcana e squilibrata.

Eppure, in tutto questo... Beatriz che fine aveva fatto? Che la festa organizzata da Carmen non fosse ancora finita?

D'altronde, era davvero una festa in grande. Avrei dovuto aspettarmi una sua conclusione in tarda serata.

Tornai a mettere piede nel bagno per cercare delle cure, delle bende, o quel cazzo che mi sarebbe servito per far passare quel dannato dolore.

Ma proprio nel momento in cui ispezionai più attentamente la ferita nel braccio destro, sentii qualcuno battere con molta forza alcuni pugni sulla porta della nostra camera.

Sentivo una voce abbastanza tirata lamentarsi provenire dall'esterno, ed era anche molto terrorizzante. Sembrava essere una persona vittima di un certo dolore, proprio come me.

Mi avvicinai alla porta, per udire meglio ciò che diceva.

- Aiu... to... per... favo... re... apri... la... por... ta... - farneticava quella strana e sofferente voce.

In quel preciso istante, mi ricordai dello scherzo che Beatriz mi aveva fatto proprio quella giornata, così cercai di capire se si stesse trattando di un altro dei suoi giochetti del cazzo.

- Beatriz, giuro che... dannazione, che male... - mi lamentavo, divorato dal forte bruciore della ferita - Respira, Jacob. Sì... okay, respira. Ancora, di nuovo. Beatriz, giuro che se sei tu, io ti...

La persona che si trovava fuori dalla camera lanciò un forte grido di disperazione, continuando ancora a sbattere altri pugni contro la porta.

- Ti prego, cazzo... apri... questa... dannata... porta...

No, quella non era Beatriz.

Non poteva decisamente essere lei.

Sembrava essere un uomo adulto, lo si percepiva chiaramente dalla voce.

Preoccupato per la condizione di quello strano signore, ma anche abbastanza intimorito per ciò che avrei potuto vedere, decisi infine di aprire la porta.

La figura che si prostrò davanti ai miei occhi mi fece rimanere sconvolto e paralizzato, spaventato e preoccupato.

Quella persona era... lui.

Lui si trovava lì, di fronte a me.

Lui... era davvero ancora qui.

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