Capitolo 44 - Evase Da Terre Distanti

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Mi trovavo ormai solo in quella stanza, non c'era più nessuno a tenermi una qualsiasi forma di compagnia.

Il silenzio stava dominando su tutto. Le luci continuavano a spegnersi e riaccendersi continuamente, ed io mi ritrovavo seduto su quel letto ancora sporco leggermente di sangue.

Nicholas se n'era andato, dopo la particolare, misteriosa e toccante conversazione che avevamo avuto.

Io, invece, sentivo circolare nella mia mente sempre più domande, alle quali non riuscivo a trovare delle risposte.

Perché Nicholas, quando ci trovavamo ancora sul balconcino, era scoppiato tutt'a un tratto in lacrime in quella maniera assai strana e angosciante, dopo avere parlato brevemente della sua collana abbinata al ciondolo di quella farfalla azzurra?

Che quella sua azione molto anomala fosse causata... da alcuni ricordi del suo passato?

Per quale motivazione lui si trovava a Madrid? Da cosa era stata causata quella sua ferita sul braccio sinistro? E perché non aveva alcuna intenzione di rivelarmi l'identità di quella persona che stava per nominare tre anni fa a casa mia, il cui nome cominciava con quella fatidica lettera?

"S".

Le sue risposte erano tutte balle. Lo si comprendeva immediatamente, già dal suo sguardo per nulla convincente.

Le promesse che mi aveva chiesto di mantenere, invece? Voleva che gli promettessi di non soffrire, di non fare cazzate, di godermi la vita... e di non commettere il suo stesso sbaglio.

Ma di quale diamine di sbaglio stava parlando? Perché desiderava così tanto tenermi all'oscuro di tutto, lasciandomi con sempre più dilemmi all'apparenza irrisolvibili?

Non mi era possibile saperlo. Non ancora.

Come ancora non è possibile venire a conoscenza di tutto ciò a voi, miei cari ascoltatori.

Non è ancora il momento.
.iniciv ùip erpmes omais aM

Ben presto, però, il display del mio telefono si accese e fece volatizzare del tutto i miei pensieri su Nicholas Bell che giravano ancora per la mia testa, mostrandomi che si erano già fatte le 03:00 di notte e che Beatriz aveva mandato più di un messaggio, mentre ero impegnato a: essere quasi tenuto in ostaggio da un uomo misterioso che aveva una dannata pistola in mano, medicare delle ferite, una delle quali era abbastanza grave, e conversare con il padre del mio migliore amico d'infanzia ormai deceduto.

Wow... bella vacanza, Jacob. Bella vacanza, sì. Bella vacanza del cazzo.

{Beatriz Hernández}

Ehi, Jacob... sono sempre io, Beatriz. La tua amica pazza, quella di Madrid, in caso ti fossi già dimenticato di me. Qui, alla festa... procede tutto bene. Quel ragazzo con cui ho avuto quello "scontro"... si è levato presto dalle palle, fortunatamente. Tu come stai? Ti senti meglio? Sei riuscito ad aprire la porta della camera al primo tentativo? Sai com'è, conoscendo la tua sbadataggine... ahahah, ti adoro lo stesso. E comunque, avresti potuto mandarmi un messaggio nel momento in cui sei tornato in albergo. Sei già a conoscenza della mia eccessiva preoccupazione per te, causata dal mio troppo affetto nei tuoi confronti e che può essere guarita soltanto con un dolce e caloroso abbraccio. Attendo una tua risposta, scemo. <3
                                                       01:00

Quel messaggio risaliva all'01:00... ossia il momento in cui mi trovavo ancora nel corridoio del piano in cui si trovava la nostra camera, minacciato da quel misterioso uomo armato, la cui identità non ero riuscito a comprendere.

Ma non fu l'unico... ne seguirono altri.

{Beatriz Hernández}

Jacob, ma dove sei finito? È passata un'ora esatta dal mio ultimo messaggio, e non mi hai ancora risposto. Ho pensato che tu stessi dormendo, ma... non è da te. Ti conosco ormai fin troppo bene, tu passi tutte le notti insonne. Spero solo che tu non stia girando per le vie di Madrid a quest'ora senza di me, guarda che m'incazzo se scopro che mi hai mentito. Avevi detto che saresti tornato in albergo, ma perché non vuoi rispondere? Inoltre, ricorda che le chiavi della camera le hai tu, e quindi soltanto tu puoi aprire la porta. Non ti rischiare ad addormentarti, altrimenti ti ammazzo. E rispondimi. Ti prego, mi sto seriamente preoccupando. :(
                                                       02:00

In quel momento, invece, mi trovavo alla prese con le ferite mia e di Nicholas, tentando di non far deteriorare ancora di più la situazione generale e riuscendo miracolosamente a medicarle nella maniera migliore possibile, grazie alle bende fornitemi da lui.

E Beatriz sospettava seriamente che io me la stessi spassando per le vie di Madrid, non essendo di parola con lei. Umpf. Magari, Beatriz... magari.

Nell'esatto momento in cui mi stavo per dirigere in bagno, con l'intenzione di scoprire leggermente la ferita per esaminare le sue condizioni, il telefono vibrò nuovamente, indicandomi l'arrivo di un nuovo messaggio. Chi poteva essere, per ricevere un messaggio alle 03:00 di notte?

{Beatriz Hernández}

JACOB JOHNSON, MI STO SERIAMENTE INCAZZANDO. VUOI DIRMI DOVE SEI FINITO E CHE CAZZO DI FINE HAI FATTO? È PASSATA UN'ALTRA ORA, E TU CONTINUI A NON RISPONDERE. MA LO CAPISCI QUANDO LA GENTE SI PREOCCUPA PER TE, O È COSÌ TANTO DIFFICILE DA COMPRENDERE? ME NE STO ANDANDO DA QUESTA FESTA DI MERDA PROPRIO IN QUESTO MOMENTO E MI STO DIRIGENDO VERSO L'ALBERGO. SE NON TI TROVO LÌ, E DI CONSEGUENZA NON POTRÒ ENTRARE IN CAMERA... TU SEI FINITO. TI CONVIENE FARTI TROVARE LÌ DENTRO. CIAO.
                                                       03:00

Beh... sembrava essere Beatriz.

Già, era proprio lei.

Sembrava essere davvero allarmata e preoccupata per la mia assenza, ma anche davvero molto incazzata. Tuttavia, io non avevo colpe. Insomma, non me la stavo mica spassando ad una festa bevendo e ballando come invece stava facendo lei.

Mi trovavo con un maledetto braccio ferito, dal quale continuava ancora a scorrere del sangue, anche se molto più lentamente, grazie alle bende di cui avevo fatto uso.

Alzai leggermente la benda, e riuscii ad osservare attentamente la ferita. Fortunatamente, stava migliorando. Il sangue stava cominciando piano piano a smettere di fuoriuscire, così osservai la mia faccia soddisfatta allo specchio e riavvolsi la benda nel braccio destro.

Girai il rubinetto del lavandino e mi sciacquai velocemente la faccia, per cercare di nascondere la sua condizione schifosa. Avevo l'impressione di sentire qualcosa sbattere forte e tempestivamente dentro la mia testa, come se la stesse martellando ripetutamente.

Era un dolore davvero strano, e sembrava provenire proprio dalla precisa posizione in cui l'uomo armato mi aveva dato quella forte botta, facendomi svenire di conseguenza.

Una volta lavata la faccia e sistemati i miei scuri capelli, mi diressi velocemente verso il letto ancora leggermente sporco di sangue e tentai dunque di ripulirlo, ma dinanzi a me si presentò subito un problema. Non avevo a disposizione alcun oggetto per levare quelle macchie che sembravano essere quasi indelebili, e Beatriz sarebbe arrivata in camera da un momento all'altro.

Compii l'ennesimo giro della camera alla ricerca di qualcosa che sarebbe potuta tornarmi utile in quel momento, come una pezza, ma come al solito le mie competenze si rivelarono essere alquanto inesistenti. Non riuscii a trovare un bel niente, e caddi nuovamente vittima di una compulsiva agitazione.

Ma poi, tutt'a un tratto... qualcuno cominciò a bussare alla porta, urlando il mio nome.

- Jacob! JACOB JOHNSON!

Dopo essere sobbalzato in aria per quei colpi improvvisi dati alla porta, afferrai le chiavi che si trovavano sul comodino vicino al letto e mi recai immediatamente presso la porta.

- Ci sono, Beatriz, ci sono! - urlai per assicurare la mia presenza.

Mi avvicinai ad essa e, con molta paura per la reazione che avrebbe avuto Beatriz alla mia vista, girai la maniglia e la spalancai.

Dinanzi a me ritrovai una Beatriz incazzata come una iena, con le guance rosse per l'irritazione e gli occhi leggermente lucidi per qualche motivo di cui non ero ancora a conoscenza.

- Oh, allora sei vivo! - esclamò lei attaccando le mani ai suoi fianchi.

- Beatriz, ascoltami. Posso spiegare. - tentai di giustificarmi.

- Davvero? Allora dimmi, cos'hai fatto nelle ultime tre ore, di notte, senza rispondermi ai messaggi?! - chiese lei sempre più nervosa, estraendo dalla tasca dei jeans il suo telefono e mostrandomi la nostra chat.

- Io...

Riflettei attentamente se fosse necessario raccontarle la vicenda assurda che vivetti quella notte prima di ritrovarmi dentro la nostra camera, ma non volevo farla preoccupare troppo per me. In fondo... eravamo in vacanza, non c'era tempo per i problemi. Andavano messi in secondo piano... almeno in quel momento.

- Senti, lascia stare. Non è successo niente, mi sono solo sentito un po' stanco e mi sono coricato sul letto senza dare un'occhiata al telefono, tutto qui. - le dissi... mentendo.

La tua specialità è strabiliante, Jacob.
¿otnat ìsoc orevvad afsiddos iT .eritneM

Beatriz mi osservò profondamente negli occhi con uno sguardo che mi dava l'idea che lei fosse in quell'istante davvero inviperita e scocciata del mio comportamento, mettendomi così a forte disagio.

- Cosa c'è, perché mi guardi così? - ruppi il silenzio chiudendo la porta della camera.

- Pensi davvero che io ti creda? Pensi davvero che tu possa prendermi per il culo una persona come me, Jacob? - continuò lei ad urlare, dandomi uno spintone verso il muro.

- Ehi, ehi, ehi! Intanto vedi di calmarti, e poi... mi spieghi che cazzo ti prende?! - la fermai rapidamente, trattenendola per le spalle.

- Mi prende che sono stufa! Stufa di tutto questo, stufa della gente e stufa delle tue cazzate!

Beatriz, dopo essersi asciugata le lacrime che le scorrevano dagli occhi, si levò la giacca di dosso e la buttò sul letto, diede un forte pugno al tavolino sul quale erano posizionati i nostri zaini e si diresse in bagno per guardarsi allo specchio.

Non riuscivo a comprendere tutta quella irritazione che la stava dominando, e vedere una persona così dolce e solare come lei, che mi aveva insegnato a godermi ogni singolo giorno della mia vita con tanta felicità e serenità, nonostante il tormento causato dai ricordi del passato, ridotta in queste condizioni mi turbava parecchio. Così, a conoscenza dei rischi che avrei corso insistendo con lei, decisi di seguirla per avere chiara la situazione generale, la quale non sembrava essere proprio delle migliori.

- Beatriz, cos'è successo alla festa? - domandai guardando il suo riflesso nello specchio.

Lei mi lanciò subito uno sguardo minaccioso e strinse un pugno, sbattendolo poi sul lavandino ma riuscendo comunque a contenersi. Subito dopo, abbassò lo sguardo e aprì il rubinetto, facendo scorrere l'acqua e lasciandosi avvolgere dal suo soave e rilassante suono, mentre essa fluiva nel lavadino stesso.

- Lasciami in pace. - enunciò a bassa voce, socchiudendo gli occhi.

Alzai leggermente le braccia per darle un caloroso abbraccio, ma il suo cattivo umore riuscì a farmi cambiare idea, facendomi allontanare da lei e aprire la porta del bagno.

Ma una volta arrivato lì, mi rigirai verso Beatriz e, dopo averla vista continuare a far scorrere lacrime dai suoi profondi e teneri occhi color verde smeraldo... decisi di non dargliela vinta.

- Io non me ne vado da qui, finché la situazione non mi è chiara. - pronunciai con tono severo, facendole volgere il suo sguardo verso di me.

- Jacob. - ricominciò ad osservarmi con gli occhi rossi per la sofferenza che annebbiava la sua mente - Ti ho detto di...

- Non me ne frega un cazzo di ciò che mi hai detto, pretendo di sapere cosa diavolo è successo in quella festa durante la mia assenza! - le urlai contro, avvicinandomi sempre di più verso di lei.

- Io non ti dico un cazzo, finché tu non la finisci di mentire e non mi spieghi cos'è accaduto nelle ultime tre ore, mentre io cercavo di contattarti e tu te ne strafottevi di me! - controbatté lei con ferocia, spingendomi nuovamente verso la porta.

Restai sconvolto dalla sua violenta reazione nei miei confronti. Sembrava che ormai mi odiasse, e che tutto il bene che mi voleva fino a tre ore prima si fosse improvvisamente volatizzato, un po' come la mia felicità.

- Umpf, come pensavo... - disse lei a bassa voce, girandosi di nuovo verso lo specchio.

Continuai ancora a mantenere le distanze da lei per non far peggiorare la situazione, nella speranza che prima o poi si potesse dare una calmata, in mezzo a tutta quella inspiegabile a e assurda agitazione.

- Beatriz... - sussurrai, non ottenendo alcuna risposta.

Ormai stanco di dover sopportare ancora la sua aberrante irritazione, mi feci coraggio e mi diressi a passo deciso verso di lei, alzando il braccio destro e poggiando la mano sulla sua spalla destra.

Ma la sua reazione fu ancora più strana.

Nel momento in cui la toccai, lei si girò rapidamente di centottanta gradi, come se qualcosa l'avesse fatta rabbrividire e colta di sorpresa, e mi spinse indietro, urlandomi nuovamente contro.

- Non toccarmi, cazzo. Non toccarmi!

La sua risposta al mio gesto mi fece rimanere ancora più allibito. Tutto questo... non era da lei. Non sembrava più essere la Beatriz che io conoscevo, sempre gioiosa e mai sofferente.

In fondo, si sa...

Quando una persona si dimostra essere sempre felice, non vuol dire che quella stia vivendo una vita perfetta e senza sofferenze.

Dovevo aspettarmelo. L'era successo qualcosa, era ormai palese. Ma perché non aveva intenzione di rivelarmi cosa, dato che ormai sembrava essersi affezionata così tanto a me e passavamo ogni singolo giorno insieme?

- Beatriz, ascoltami. Stai calma, tranquilla. Respira profondamente, come mi hai insegnato tu...

- Non dirmi che cosa fare, e lasciami da sola. - rispose lei freddamente.

- Smettila, ti prego. - la esortai con le lacrime agli occhi - Vederti così mi fa soffrire molto, Beatriz. Non è da te questo atteggiamento, non è questa la Beatriz che io conosco.

Appena sentì le mie ultime parole, lei chiuse il rubinetto del lavandino, interrompendo il flusso di quell'acqua che sembrava quasi martellare le mie orecchie, e si staccò da esso, avvicinandosi e posizionandosi a pochi centimetri dal mio sofferente e amareggiato sguardo.

- Pensi che io invece non stia soffrendo, Jacob? - affermò fissandomi negli occhi.

"Pensi che io invece non stia soffrendo?".

Non vi è familiare questa frase?

L'ha detta qualcuno... poco prima di questo momento.

Oh, sì... adesso ricordo.

Quella frase l'aveva enunciata... l'uomo armato che, nel momento in cui ero ritornato in albergo, mi stava minacciando, convinto che io stessi facendo finta di non conoscerlo.

Ma guarda un po' tu che coincidenza.
¿osac nu otseuq ais ehC

- Beatriz, ascoltami...

- No, ascoltami tu, Jacob. - mi fermò immediatamente lei - Mi hai lasciata sola in quella festa, te ne sei andato senza un apparente motivo e ti ostini a non dirmi né cosa ti ha portato ad andartene via così bruscamente dalla casa di Carmen, né cosa ti è successo in queste ultime ore.

- Non eri sola. C'era Carmen lì con te, a meno che io me la sia semplicemente sognata. - precisai.

- Oh, ma davvero? Sai, se non me l'avessi detto tu non l'avrei mai saputo. - commentò lei provocandomi un forte fastidio - Carmen si trovava lì, sì... ma era ubriaca marcia.

Innervosito per la sua risposta alquanto scocciante e inopportuna, persi quel briciolo di pazienza che era rimasto dentro di me e l'afferai per il collo della maglietta, trasportandola davanti allo specchio insieme a me.

- Ascoltami bene, Beatriz. Questo tuo strano atteggiamento sta iniziando ad infastidirmi davvero tanto, ed è inutile che continui a farmi la tua ramanzina del cazzo, perché ne sono stufo. Quindi, cerca di finirla di fare la stupida con me e vedi di mettere un punto a questa situazione una volta per tutte. Sono stato abbastanza chiaro, Beatriz? Non provare mai più a fare la stronza con me, altrimenti...

Lei, giustamente furibonda per le parole che stavano uscendo dalla mia bocca, mi guardò con occhi altamente sconcertanti e, riuscendo a staccarsi da me facendomi levare la mano dalla sua maglietta, alzò il suo braccio sinistro e fece arrivare dritto nella mia guancia destra un potente e deciso schiaffone, frutto della rabbia che lei stava nutrendo in quel momento nei miei confronti.

- Non osare mai più chiamarmi così, dopo tutto quello che ho fatto per te sin da quando ci conosciamo. Sono stata abbastanza chiara, Jacob? - introdusse lei un profondo e inquietante silenzio, colmo di irritazione e delusione.

- Ah... okay. Va bene... va bene. - bisbigliai toccandomi la guancia colpita da lei - La metti così, Beatriz?

- Vedi di non incazzarti con me. - esclamò alzando l'indice della sua mano destra verso l'alto - Voglio sapere cosa diavolo hai fatto nel momento in cui io non ero presente, ora...

Dopo aver ormai perso la pazienza, nervoso per il continuo peggioramento della conversazione, alzai con la mano sinistra la manica destra della mia maglia e le feci notare la benda avvolta nel braccio ferito.

Lei la osservò attentamente e subito dopo rivolse nuovamente lo sguardo verso i miei occhi, facendomi intuire la sua confusione e la sua difficoltà nel comprendere cosa mi fosse successo quella notte.

Quella sera. Quella notte.
.aro non ...aro non ,oN

- Jacob... cosa... - parlò lei a singhiozzo, approssimandosi sempre di più verso di me - Non capisco.

Afferrai la benda e la strappai rapidamente, provocandomi così un forte bruciore, ma riuscendo così a giustificare la mia assenza che Beatriz non riusciva ad accettare.

- Adesso capisci? - riferii con tono riprovevole e triste allo stesso momento.

Fortunatamente dalla ferita sembrava non uscire più ulteriore sangue, anche se continuava ancora ad ustionare, creandomi quindi enormi difficoltà ad alzare il braccio destro.

- Jacob, io... merda, scusami tanto.

Beatriz si fiondò dritta verso di me e mi diede un affettuoso e caloroso abbraccio, durante il quale continuava a scusarsi per le inadeguate e irritanti parole che mi aveva riferito. Uno di quegli abbracci che ormai lei era solita darmi, e di cui in quel momento avevo davvero un grandissimo bisogno.

- Ho sparato davvero delle grandissime puttanate, ho perso il controllo. Sono un emerita stronza, perdonami, Jacob. Perdonami... - sussurrò lei al mio orecchio continuando ad abbracciarmi e a restare incollata a me, scoppiando anche in lacrime e macchiando la mia pelle di esse.

- Ehi, shh... va tutto bene, Beatriz. - le dissi accarezzandole i suoi lisci e rossi capelli - È tutto okay, non devi preoccuparti. Avanti, adesso siediti sul letto che ti racconto tutto. E stai tranquilla, la ferita è messa in buone condizioni.

Una volta riuscito finalmente a farla rilassare, mi coricai sul letto assieme a lei e le raccontai per filo e per segno la folle vicenda che avevo vissuto fino a qualche minuto prima che lei tornasse in camera.

Mentre raccontavo, Beatriz mi guardava in maniera incredula, quasi scioccata per ciò che stavano sentendo le sue orecchie e, appena terminai di narrare tutto quell'assurdo susseguirsi di eventi terrificanti, lei poggiò la sua testa sulla mia spalla sinistra, per conferirmi quella solidarietà di cui tanto stavo necessitando in quel momento e ricordandomi che lei avrebbe continuato ad essere presente lì per me, nonostante tutto.

- È davvero... strano, tutto questo. Un uomo armato che ti stava minacciando? E addirittura... Nicholas ferito, che bussa alla porta della nostra camera in cerca di aiuto. Quel Nicholas? Nicholas Bell, il padre del tuo vecchio migliore amico Henry? - continuò Beatriz a riflettere sul mio racconto.

- Sì, proprio quel Nicholas. Ha un non so che di misterioso, chissà cosa mi sta nascondendo... - dissi pensando alle particolari e misteriose parole che Nicholas aveva enunciato mentre si trovava ancora con me, e posando il telefono sopra il comodino.

- Già... quel Nicholas non ce la racconta giusto, Jacob. Non mi convince... pensa pure di conoscermi, ti ricordi? L'ha detto quando ci trovavamo al cimitero l'anno scorso, per celebrare la scomparsa di tua nonna Kate.

- Mi ricordo, Beatriz. Me lo ricordo perfettamente, quel momento. Comunque sia... è tardi, dovremmo già dormire. Domani si ritorna a Londra... peccato, è davvero durato troppo poco questo viaggio. - commentai rattristato.

- Beh, potrebbe essere stato breve... ma almeno è stato intenso. - affermò lei mettendosi a ridere e strisciando lentamente su di me.

- Sì, intenso... cazzo, direi anche troppo. - replicai scoppiando a ridere e posizionandomi sotto le coperte del letto.

Mi girai con molta lentezza e pigrizia verso l'orologio, notando che si erano fatte le 03:30 di notte. Si faceva sempre più tardi, e io non sarei riuscito a tenere ancora gli occhi spalancati, dopo tutto quel casino.

- Adesso ho proprio bisogno di una rilassante e sana dormita, sono distrutto. Quindi... buonanotte...

- Oh, ehm... devo dirti una cosa, Jacob. - esclamò Beatriz interrompendomi bruscamente.

- Sono sveglio, anche se penso che lo sarò ancora per poco. Dimmi tutto.

- Ecco... sai già che domani ritorniamo a Westminster, no? L'aereo parte alle 12:00...

- ... e? - tentai di farla giungere direttamente al punto.

- Spero non ti crei problemi, ma... Carmen viene con noi. - mi rivelò lei, lasciandomi stupito per la sua scelta.

Rimasi davvero colpito dalla notizia di Beatriz, ma anche molto frastornato. Come poteva Carmen lasciare la sua terra natale... e i suoi genitori? Inoltre, chi l'avrebbe ospitata a Londra?

- Beatriz, ascolta. Per me non è assolutamente un problema. Solo che... dove potrà convivere a Westminster? È una sua scelta, quella di lasciare Madrid? - le domandai dubbioso.

- La ospiterò io, vivrà a casa mia. Ho già chiamato i miei genitori, e mi hanno detto che per loro va benissimo, anzi, gli fa un sacco di piacere avere una persona in più in casa, specialmente se si tratta della mia vecchia migliore amica d'infanzia! Comunque... sì, è una sua scelta. È stata lei stessa a dirmi che non avrebbe accettato che l'abbandonassi di nuovo, così... vuole venire a Londra, solo per continuare a stare al mio fianco.

L'affetto che Beatriz provava per Carmen mi commosse davvero molto, così tanto che dai miei occhi cominciarono ad scendere delle lacrime di gioia, dovuti alla grandiosa bontà della persona che si trovava di fronte a me.

Il rapporto tra Beatriz e Carmen così forte e tenero, due persone che prima erano migliori amiche e che dovettero separarsi per motivi che in quel momento erano ancora a me ignoti... mi ricordò molto quello che c'era tra me e Henry.

Quanto mi mancano quei tempi... cazzo, le lacrime stanno scorrendo... di nuovo.

Anche se lui non c'è...
.eritnes euqnumoc af is azneserp aus al ...

- E va bene, Beatriz... mi hai convinto. Carmen verrà a Londra con noi. - l'accontentai mostrandole un enorme sorriso.

I suoi occhi cominciarono a diventare lucidi per la felicità, e per poco non si mise ad urlare per la soddisfazione che le avevo conferito grazie alla mia gradevole e tenera risposta.

- Grazie, Jacob. Grazie, grazie, grazie! - esclamò dandomi un ulteriore abbraccio e baciandomi sulla guancia destra.

Ricambiai con enorme piacere quell'abbraccio, e ne approfittai per assaporare nuovamente il soave odore che lei trasmetteva, colmo di gioia e beatitudine. Dopo esserci staccati l'uno dall'altra, entrambi ci guardammo profondamente negli occhi a vicenda e conferimmo ad ognuno di noi una dolce buonanotte, dopo la quale avremmo dovuto preparare velocemente le valigie per il nostro rientro a Londra.

- Buonanotte, Jacob. Grazie ancora. - sussurrò lei, chiudendo subito dopo gli occhi - E... siccome capisco che tu ci stai ancora pensando, non preoccuparti per la festa. Non mi è successo nulla di grave, e quel ragazzo stronzo con cui mi sono scontrata si è subito allontanato lasciandomi in pace. Stai pure sereno.

- Va bene... mi fido. Buonanotte, Beatriz. Non devi ringraziarmi... sono io a dover ringraziare te per la tua presenza. - risposi a bassa voce, accarezzandole la guancia sinistra e socchiudendo gli occhi anch'io dopo di lei, addormentandomi dopo circa due minuti, durante i quali pensai che tra poche ore avrei finalmente rivisto Amelie e gli altri, che già mi mancavano davvero tanto.

Fu giusta la mia decisione di credere alle parole di Beatriz?

Inoltre... chi diamine era quel ragazzo che sembrava provare un certo odio verso di lei, alla festa di Carmen?

Non potevo ancora avere le risposte che cercavo. Però, io ve l'ho detto... esse arriveranno prima o poi. Dovranno farlo per forza, come sono effettivamente arrivate a me in quei tempi duraturi, col semplice passare del tempo.

La mattina seguente, dopo aver passato le ore a riporre tutte le cose necessarie dentro i nostri zaini e all'interno delle valigie, attorno alle 11:30, passammo davanti casa di Carmen in modo tale da dirigerci all'aeroporto direttamente insieme a lei, anche per evitare qualsiasi tipo di ritardo e che l'aereo partisse senza di noi.

- Eccomi qui, ragazzi! Sono pronta per dirigermi a Londra e vivere lì, e non vedo assolutamente l'ora, cazzo! - esclamò Carmen nel momento in cui uscì dal cancello di casa sua, dando un abbraccio ad ognuno di noi due come forma di ringraziamento per ciò che stavamo facendo per lei.

Dopotutto...

Carmen Suárez era una ragazza simpaticissima, e devo ammettere che era anche davvero carina, con quei suoi lisci capelli castani e quei limpidi e glaciali occhi azzurri, capaci di ipotizzare chiunque passasse davanti a lei.

Già, Carmen aveva il suo particolare fascino. Beatriz, adesso hai un nuovo rivale.

Magari, nei giorni futuri avrei avuto la possibilità di conoscerla meglio e persino di creare un buon rapporto con lei. Era una ragazza anche un po' pazza, ma questa andava vista come una nota molto positiva, in quanto era anche in grado di spezzare un momento triste grazie al suo forte sarcasmo.

Dopo aver impiegato circa un quarto d'ora per arrivare a piedi all'aeroporto, attorno alle 11:45 riuscimmo ad arrivare a destinazione. Pagammo velocemente i biglietti per il viaggio "Madrid - Westminster" e ci infiltrammo per primi dentro all'aereo, riuscendo a trovare una fila di tre posti uniti, ideali per noi. Io mi posizionai al centro, Beatriz occupò il posto di destra, mentre Carmen si sedette alla mia sinistra.

Beatriz e Carmen sembravano essere davvero euforiche per ciò il futuro avrebbe riservato a tutti noi.

Entrambe davano l'aria di essere due fuggitive dalla loro stessa terra natale. Evase da terre distanti.

Mancavano ormai pochi minuti alla partenza, e, dopo aver dato una rapida occhiata al mio zaino, mi accertai che Carmen fosse sicura dell'ardua scelta che stava effettuando.

- Ehi, Carmen... ascolta. So che la serietà non è il tuo forte, ma... sei sicura di ciò che stai facendo? - le chiesi leggermente preoccupato.

- Che intendi dire, Jacob? Insomma... non sei felice che io venga a passare tutti i noiosi giorni della vostra vita in vostra compagnia, rendendoli magari un pelo più interessanti e vivaci? - disse lei dubbiosa.

- Assolutamente, a me fa un enorme piacere che tu stia venendo a Londra con noi, Carmen! - le feci assicurare - Fidati, te ne innamorerai. È solo che... mi preoccupo per i tuoi genitori.

- Argh, ma stai tranquillo, Jacob! A loro... non gliene frega un emerito cazzo di me, credimi. - rispose abbassando leggermente lo sguardo.

- Oh, capisco... - bisbigliai lanciando uno sguardo a Beatriz, la quale stava ascoltando la nostra conversazione.

- E poi... avete bisogno di un'amica così pazza come me che rallegri le vostre giornate di merda, no? Dico bene, Beatriz del mio cuore? - affermò lei, fissando dolcemente la sua cara amica.

- Sì, Carmen! - replicò Beatriz mettendosi a ridere e dandomi un colpo sulla spalla destra - Dici bene.

- Ben detto. È così che vi voglio, cazzo! Scommetto che tra dieci secondi sentiremo la solita comunicazione pronunciare: "Il servizio aereo del cazzo che avete scelto e che grazie ai vostri fogli di carta chiamati più comunemente 'soldi', di merda aggiungeremmo, non fallirà, sta per partire. L'aereo partirà tra..." - esclamò Carmen facendo finta di armeggiare un microfono in mano e mostrando a noi la sua continua ironia e simpatia contagiosa, facendoci ridere a crepapelle.

Come Carmen aveva previsto col suo intuito, la comunicazione non tardò affatto ad arrivare.

- Gentili passeggeri e passeggere, grazie per avere scelto la nostra compagnia. L'aereo partirà da Madrid, e la destinazione prevista è Westminster. L'aereo partirà tra... dieci... nove... otto... sette... sei... cinque... quattro... tre... due... uno...

Buon rientro, Jacob.
.ednetta it ehc òic id aedi iah noN

Come di consueto, l'aereo partì, e io, Beatriz e Carmen ci trovavamo ormai in volo, in mezzo a quel cielo azzurro, diretti verso Londra.

Il nostro rientro era ormai imminente.

Ma non ci eravamo ancora resi conto che... stavamo per andare incontro all'inizio del caos della nostra folle vita.

Spazio Autore

Hello lettori e lettrici, qui è il vostro carissimo e benevolo (per niente) Gabriele che vi parla!

Allora, cosa ne pensate di questo particolare capitolo?

È la prima volta che vediamo Beatriz in questa maniera così tanto... particolare. Sono curioso anche di sapere le vostre opinioni sul personaggio di Carmen, fino ad adesso (anche se è stata trattata poco, per ora)!

Lasciate qui nei commenti il vostro feedback e fatemi sapere cosa ne state pensando dei vari personaggi e degli eventi che stanno accadendo, e fate uscire pure tutte quelle teorie (se ce ne dovessero essero) che stanno circolando per la vostra testa.

Oh, e un'ultima cosa.

Preferite che la pubblicazione dei nuovi capitoli avvenga di pomeriggio o di sera?

Fatemelo sapere!🙈

Ci si vede al prossimo capitolo!

Gæb🍹

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