Capitolo 45 - Un Rientro Straordinario

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Eccola qui.

La farfalla è arrivata... ed è pronta sbattere orgogliosamente le sue tanto splendide quanto fatali ali.

Finalmente, il momento tanto atteso è giunto.

Il momento di cui sto parlando, è proprio questo.

Ma è soltanto il primo momento, semplicemente uno dei tanti che ancora ci aspettano.

È da qui, che inizia tutto.

Ed è da qui, che comincerete a capire la realtà dei fatti.

D'ora in poi... verrete davvero a conoscenza della mia storia.

Adesso... capirete la follia dalla quale è stata stravolta la mia vita.

Già... avete capito bene.

Tutto quello di cui vi ho parlato fino ad ora... è stato soltanto l'inizio della mia folle vita.

Posso garantirvi che voi, in questo momento... non sapete niente di me.

Certo, sapete già chi sono.

Io sono Jacob Johnson.

Ma non sapete ancora cosa si cela realmente dietro la mia storia.

Come io, durante quei tempi lontani, non sapevo ancora cosa avrebbe riservato il futuro a tutti noi, dopo essere rientrati a Londra.

Adesso, ho una raccomandazione fondamentale da conferirvi.

Vi prego di ricordare le mie parole e di attribuire a loro la giusta importanza.

Non fatevi ingannare dalle apparenze.

Non abbiate mai dei pregiudizi, su nessuno. Assolutamente nessuno.

E...

Dubitate di tutto.

Persino di me... ma anche di voi stessi.

Ascoltatemi.

Ascoltatemi, cazzo.

Ascoltatemi... e non commettete il mio stesso sbaglio.

Sapete già cosa è questa.

Questa è la mia storia.

La storia della vita di Jacob Johnson.

Ma sappiate che, qualora dimenticherete tutte queste mie parole, e dunque non darete loro alcun valore... accadrà nuovamente lo stravolgimento.

Cosa potrà mai comportare esso?

Beh, semplicemente che...

Questa non sarà più la mia storia.

Questa diventerà la vostra storia.

E se ciò dovesse accadere...

Questa sarà la nostra fine.

Ma il suo battito di ali... è comunque inevitabile.

Vi sto donando nuovamente la mia fiducia, come spero voi stiate conferendo la vostra devozione a me... esattamente come ho affermato all'inizio del nostro viaggio.

Ricordate bene?

Ricordate bene.

Siete pronti?

Stavolta la farfalla ci sta donando ancora altro tempo per prepararci a ciò a cui stiamo andando incontro.

Sì... adesso siete pronti.

Siamo tutti pronti.

Pronti... a vivere davvero.

È il momento di cominciare a sapere cosa si nasconde davvero dietro alla storia della mia vita.

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Stravolgimento.otnemiglovartS
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.azzeretni aus allen asse noc erizzapmi id e ,aillof allad eraffarpos icraf id otnemom li È

Il viaggio sull'aereo, partito da Madrid verso Westminster, passò molto in fretta, sopratutto grazie alla compagnia di Carmen che, come ormai avrete capito, era una di quelle ragazze con le quali non ti può non scappare una risata e dalle quali ti viene quasi difficile, o addirittura impossibile, allontanarti.

Anche se ci conoscevamo da davvero pochissimo tempo, ossia un giorno contato, io e Carmen riuscimmo a legare rapidamente e a creare un buon rapporto di amicizia.

Dirò la verità. Avevo una leggera paura che Beatriz se la prendesse con me, per la mia forte vicinanza alla sua migliore amica d'infanzia... ma fortunatamente non fu così.

Beatriz non mi diede alcune limitazioni e non sembrava mostrare gelosia, anche se spesso lei, mentre io aprivo un discorso con Carmen, si avvicinava sempre di più a me, facendomi percepire il suo contatto fisico, che mi faceva sempre uno strano effetto, nonostante io non provassi niente di particolare per lei.

Non l'amavo. O almeno, non pensavo di amarla. La vedevo semplicemente come un'amica, ma non una normale amica. Un'amica speciale, con la quale riesci sempre e comunque a stare bene, qualunque siano i problemi presenti nella tua vita in quel momento.

Un'amica speciale.

Beatriz.

Chi, oltre lei, la fu pure nella mia vita?

Sarah.

Beatriz, Sarah...
...zirtaeB ,haraS

Quante convergenze. Che tutto questo sia un caso?
.acigol anu ah ottuT .elausac è alluN

Non... è... arocna... ottut...

Esci... icse... esci dalla mia atset.

Illuso. odradoC.

Vigliacco. odraiguB.

Mancavano ormai circa trenta minuti al nostro rientro a Londra, ma, improvvisamente, mentre Beatriz stava parlando con Carmen di ciò che era successo negli ultimi tre anni in cui loro due non si erano viste, i miei occhi cominciarono a sentirsi stanchi faticarono ad aprirsi, come se dovessi essere io a doverli tenerli spalancati con le mie stesse dita delle mani.

Sembrava quasi che ci fosse una specie di lucchetto che impediva loro di aprirsi, negandomi una buona vista e vedendo tutte le immagini sfuocate... proprio com'era accaduto a casa di Carmen la sera prima e negli anni precedenti.

Poi... ritornarono loro. Le voci.

- Jacob. Ehi... Jacob.

- Jacob. Come prosegue il viaggio?

- Jacob. Hai fatto nuove conoscenze?

Tentai di parlare e di pregare loro di tacere, ma mi accorsi che la mia bocca non si apriva. Anch'essa era ormai bloccata, proprio come lo stavano per essere interamente come i miei occhi.

- Perché non parli, Jacob?

- Sei arrabbiato con noi?

- Ti abbiamo fatto qualcosa?

- Oh, no... te la sei davvero presa con noi per quella faticosa salita di scale di ieri sera a casa della tua nuova amica spagnola?

Le voci non fecero altro che interrompere la felicità che finalmente si stava scorgendo nel mio animo in quel preciso istante, e, di conseguenza, permisero il ritorno dell'odio e del rancore.

Provai a fare di tutto pur di rispondere, ma notai un'ulteriore cosa. Non erano soltanto i miei occhi e la mia bocca ad essere bloccati... bensì il mio intero corpo.

Cominciai a percepire una fastidiosa e sofferente mancanza di respiro, ma in tutto questo Beatriz e Carmen continuavano a parlare tra di loro, come se io non fossi lì presente... o come se loro non riuscissero a vedermi.

Tu ci sei...
.ies ic non otnemom ossets olla am ...

Provai ad alzare le braccia per chiedere aiuto, quasi come se stessi annegando in un profondo e oscuro mare, ma non ottenni alcun aiuto.

Nessuno venne a soccorermi. Ero destinato ad annegare, come lo aveva già fatto la mia vita.

I rumori cessarono. Gli occhi si chiusero completamente. La bocca rimase cucita. I muscoli non rispondevano ai comandi.

Fu così che, subito dopo aver sentito una mastodontica e soffocante stanchezza, caddi in un sonno profondo, dal quale cominciai a temere di non potere più uscire.

Non sentivo più di trovarmi su quell'aereo. Non ero più seduto sul mio posto. E... non c'era nessuno con me.

Mi trovavo solo.

Aprii gli occhi, e... mi ritrovai in uno spazio oscuro e vuoto, nel quale io stavo gravitando senza alcuna difficoltà. Mi girai continuamente intorno, ma non vedevo nulla. Anzi... non c'era nulla.

- Ehi! C'è... c'è qualcuno? - urlai, verificando se fossi effettivamente solo in quel posto.

Nessuna risposta. Non si sentiva alcun rumore, ma almeno riuscivo a muovere finalmente tutte le parti del mio corpo, sebbene stessi gravitando nell'aria.

- Beatriz! Carmen! Mi sentite?

Ancora zero risposte. Cominciai a sudare per la paura di quello strano momento, e iniziai a pregare che quel sogno finisse il prima possibile, in maniera tale da risentire finalmente le voci di Beatriz e Carmen.

- Perché sono qui, se non posso sentire loro? Che ci faccio qui? Che cosa vuol dire tutto questo?

Passavano i minuti, ma le risposte non arrivavano. Così, mi arresi e non potevo fare altro che aspettare, affinché quell'anomalo sogno, o potremmo anche definire incubo, avesse avuto termine.

Ma, all'improvviso... il silenzio assordante che tanto stava caratterizzando quel luogo oscuro venne bruscamente frantumato da una particolare voce.

- Non pensavo di rivederti qui, Jacob Johnson.

- Cosa...? - sussurrai guardandomi nuovamente intorno.

Quella voce... non era come le altre. Ogni secondo in cui la udivo, sentivo il sangue gelare nelle mie vene e riuscivo a percepire una sorta di vento gelido che accarezzava il mio corpo, ma che allo stesso tempo lo torturava facendolo rabbrividire e causando al suo interno uno strano dolore, che sembrava provenire dritto dal cuore.

- Sono contento di rivederti, Jacob.

Essa non era una delle solite voci che tormentavano in continuazione la mia mente e suscitavano in me una crisi isterica. Sembrava non avesse intenzione di farmi alcun male, ma allo stesso momento riusciva a farmi sentire disorientato, frastornato... senza via d'uscita.

- Io... non so dove mi trovo. Io... - balbettai, girovagando e gravitando in quell'area spaziosa e vuota.

- So cosa stai pensando. Riesco a percepire... le domande che girano per la tua testa. Non sai perché ti trovi qui. Non sai chi sono... ma allo stesso momento, sai chi sono.

Non so cosa volevano dire quelle sue parole enigmatiche, ma una cosa era per me certa: quella voce l'avevo già sentita.

Ne ero maledettamente sicuro. Ma la questione era più strana del previsto.

Quella voce mi era molto familiare... ma allo stesso tempo, non riuscivo ad abbinarla a nessuna delle persone che incontrai durante la mia folle vita... fino a quel momento.

- Sì... hai ragione. So chi sei... ma non so chi sei. - risposi con gli occhi spalancati fissando il vuoto, come se quella misteriosa voce fosse in grado di ipnotizzarmi.

- Ci siamo visti di recente. Non ti ricordi di me? Oh, giusto... sai chi sono, ma non sai chi sono. L'avevo quasi dimenticato...

- Io... io ti conosco... ma non ti conosco. - dissi a bassa voce, continuando ancora a fluttuare in quel soave e riflessivo vuoto totale.

- Non mi aspettavo di incontrarti di nuovo... proprio qui, in questo anomalo ed esotico luogo. Dimmi... per quale motivazione ritieni che tu ti trovi qui?

- Perché... è stato il destino a portarmi qui. - affermai, distogliendo finalmente lo sguardo dal vuoto e sentendo il cuore battere ad una velocità pazzesca, come se volesse fuggire da me stesso.

Quello strano sogno si faceva sempre più strano. Le sue domande erano assai misteriose... ma lo erano ancora di più le mie risposte. Mentre parlavo... io non avevo il controllo di me stesso. Mi sentivo quasi un burattino, come se qualcuno si fosse impadronito della mia anima e del mio intero corpo.

Come se qualcuno stesse tenendo i fili dall'alto, dando vita ad un folle spettacolo.

- Pensi che i tuoi amici siano veri? Pensi che ti vogliano davvero bene? Pensi che farebbero di tutto pur di farti stare bene?

- Lo farebbero. Sì, sì. Sì... loro mi vogliono bene. Loro mi vogliono bene, loro mi vogliono bene... loro sono veri amici. Sono veri amici, sono veri amici...

- Ripetere costantemente ciò che desideri non ti porterà alla realizzazione del sogno che si cela dentro di te.

Alla sua affermazione, notai qualcosa di spinoso crescere dalle mie braccia e dalle mie mani. Erano delle... spine. Sembravano essere spine di rose.

- Delle... spine? Cosa vuol dire tutto questo? Rispondimi, dannazione, cosa vuol dire ciò?! - urlai, e il mio eco circolò per l'intero spazio, nel quale cominciarono ad accendersi alcune piccole stelle.

- Chiunque osa toccarti e ti stia vicino... è condannato a sopportare un dolore assai sofferente, dal quale risulta impossibile uscire intatti.

- No. No, no, no... io non voglio ferire nessuno. Io non voglio fare del male a nessuno! - esclamai ad alta voce, mentre delle lacrime cominciarono a scendere dai miei occhi.

- Allora dimmi, Jacob. Perché hai fatto quel che hai fatto?

Nel momento in cui stavo per rispondere alla sua domanda, i miei occhi mirarono ad una stella che sembrava illuminarsi di verde. Quel colore così limpido... mi ricordò molto il colore degli occhi di Henry. Essa mi fece uno strano effetto. Sembrava che stesse comunicando con me... cercando di farsi notare.

- Io... ho fatto quel che ho fatto perché ho fatto quel che ho fatto. - replicai fissando a quella distintiva stella verde.

Subito dopo aver enunciato quelle parole ancora più enigmatiche, un bagliore di luce illuminò quello spazio buio in cui stavo ancora gravitando liberamente, il quale accecò momentaneamente i miei occhi.

Pensando che quel fascio di luce potesse essere la via d'uscita da quel folle incubo, mi diressi verso di esso, volando lievemente. Ma subito dopo essermi leggermente spostato... ripartì il forte e tormentoso dolore dentro il mio cuore, impedendomi di riprendere il mio volo verso la luce e di prendere un buon respiro.

- Vola verso di là, Jacob. - suggerì la voce, appena mi fermai per il forte dolore che mi stava avvolgendo.

Mentre continuavo a restare fermo, sentii qualcosa scivolare sulla mia pelle e accarezzarla lievemente. Qualcosa... che la ustionava.

Alzai la mano destra e toccai il mio mento, e fu allora che riuscii a comprendere. Da tutte le parti del mio corpo... stava uscendo del sangue. Dai miei occhi, dal mio naso, dalle mie orecchie, dalla mia bocca... dappertutto.

In tutto questo, il dolore al cuore continuava ad intensificarsi sempre di più, causando la mia fermata e una mia crisi isterica. Urlai per il dolore, ma nessuno riusciva a sentirmi. Non c'era nessuno che si trovava lì, disposto ad aiutarmi. Eccetto... quella voce.

- Hai bisogno di aiuto, Jacob? Posso darti una mano per fuggire da tutto questo. - enunciò la voce, e il bagliore di luce accecò nuovamente i miei occhi.

Passai la mano sulla mia faccia, e, appena la riportai sotto i miei occhi, la ritrovai macchiata di rosse lacrime di sangue. Subito dopo averle osservate, sollevai il capo verso l'alto e chiusi gli occhi, esponendo un'ultima domanda alla particolare e unica voce misteriosa che in quel momento era presente lì con me.

- Chi... chi sei tu?

- Io? Io, sono...

Tutt'a un tratto... il mio cuore si spense.

Il battito era sempre più lento... fino a quando esso non cessò di battere definitivamente.

Tum tum. Tum... tum. Tum...

Jacob... Ja... co... b...

Tutto ha un inizio.
.enif anu ah ottuT

Pum pum. Pum... pum. Pum...

JACOB. JA... CO... B...

La tua ora giungerà presto.
.aznacnam aut al àritnes onusseN

La luce era scomparsa. Ormai era rimasto soltanto il buio più totale.

I miei occhi cominciarono a chiudersi lievemente e con molta lentezza, fino a quando non svenni sul colpo.

Ma una cosa riuscivo ancora a comprendere.

Non stavo più gravitando nell'aria.

Mi trovavo sul fondo del mare, il quale stava cullando la mia anima e il mio corpo, riportandomi per mezzo della corrente verso la superficie. Dopo alcuni secondi, non sentivo più le acque del mare che mi stavano accarezzando. Sentivo dei gabbiani, volare proprio sopra di me. E poi... una voce.

- Jacob. Ehi, Jacob. Jacob!

Aprii gli occhi, e...

- Jacob? Porca troia, non ci posso credere! Hai seriamente bevuto prima del viaggio? E per di più senza dire niente a me?! Sai quanto ci tengo io a divertirmi, cazzo!

Non avevo alcun dubbio. Quella distintiva voce e quelle stupide e scherzose parole erano ormai diventate indistinguibili e uniche per me.

Si trattava ovviamente di Carmen.

Riuscii presto a vedere tutte le immagini nitide, e notai che Carmen era già alzata col mio zaino in una sua mano, mentre con l'altra era impegnata a darmi alcuni forti ceffoni per svegliarmi.

- Ahi! Basta, smettila. Ci sono, Carmen, ci sono! - urlai stanco e infastidito.

Alla mia destra, vidi Beatriz parlare con un signore che si trovava lì vicino e subito dopo avvicinarsi verso di noi.

- Carmen! - gridò lei, dopo aver sentito le parole rivolte da parte sua verso di me.

- Che c'è adesso, Beatriz? Gli ho dato per caso troppi schiaffi?

- Non ti sto sgridando per quello. - disse lei freddamente, sedendosi accanto a me e toccandomi la faccia, per verificare che io mi fossi finalmente svegliato.

- Ehm, penso di non aver capito. Oh, aspetta... oh. Oh, oh, okay. E invece ho capito. Suvvia, Beatriz! Se sapessi che il tuo amico si è scolato un bar intero, non ti incazzeresti anche tu? Perché sì, Jacob del mio corazón. - mi rimproverò Carmen sedendosi alla mia sinistra e puntandomi contro l'indice della sua mano sinistra - Ci scommetterei il cagnolino della bambina che ieri ho mandato a fanculo mentre stavo tornando a casa perché mi ha fatta inciampare a terra, per colpa del suo cucciolo stronzo e color merda, e ha addirittura macchiato la mia adorata maglietta bianca comprata al negozio più lussuoso di tutta Madrid! Quello in cui andavamo sempre io e te insieme, Beatriz! Come diamine si chiamava... "El Cielo De Madrid"? No, forse... "La Corona De Madrid"? Oppure... aspetta, forse ce l'ho! "La Mariposa De Madrid"? Nah, non ne sono poi così sicura. Dannazione, alla fine che cazzo me ne frega del nome?! Ma insomma, qualunque sia questo dannato nome... hai una vaga idea di quanto significava per me quella apparentemente insignificante ma in realtà meravigliosa maglia, Jacob?! Dannazione, mocciosetti del cazzo. Se solo ci penso, a quella piccolina... se solo mi viene alla mente ciò che ha fatto alla mia cara e bellissima maglietta, quella bambina di...

- Carmen, dacci un taglio. - la fermai una volta per tutte, facendola sbuffare e riuscendo a fare uscire da Beatriz una dolce e fragorosa risata.

- Sei una fottuta macchinetta. - commentò Beatriz, dandomi il suo appoggio.

- No, non una macchinetta! Bensì una macchina da guerra, mia cara e tenera Beatriz. - tenne Carmen a precisare per non darla vinta a noi due, alzandosi dal posto ed eseguendo e mostrando un fiero sorriso, per poi allontanarsi.

Carmen era così. Lei poteva sembrare essere la solita ragazzina che non prende nulla sul serio e che scherza su tutto, non riuscendo però a dare la giusta importanza alle cose che la meritavano davvero. Ma non fatevi ingannare.

Ricordate che, come non la conoscevo davvero io in quel momento, non la conoscete realmente neanche voi adesso.

Quindi, come vi ho già detto... mai avere pregiudizi. Su nessuno.

Non giudichiamo mai frettolosamente una persona, se ancora non sappiamo la storia che si cela dietro di essa.

I pregiudizi sono letali, Jacob.
.àteip anucla aznes itrazzamma rep onnarinif iziduigerp I

- Wow, questa mi è piaciuta. - commentai afferrando lo zaino ed alzandomi anch'io dal posto.

- Sì, dai. Gliela possiamo concedere, per stavolta. Comunque... siamo arrivati a Westminster! La tua famiglia è già qui, li ho visti poco fa. - disse Beatriz andando a recupere le valigie.

- Oh, siamo arrivati? E da quanto...

- Siamo qui da circa cinque minuti. - rispose Beatriz senza farmi finire di enunciare la mia domanda e sistemando il suo zaino.

- Finalmente a casa... Dio, quanto mi era mancata la mia cara Londra. Ah, Carmen è già uscita fuori. Diamine, che matta che è quella ragazza. - affermai osservando il paesaggio esterno da un finestrino dell'aereo.

- Già... era mancata un pochino anche a me, sai? Per quanto riguarda Carmen... beh, sì. È una ragazza d'oro. Anche se può sembrare essere stupida... sa anche essere intelligente, fidati. Jacob, ascoltami. - disse Beatriz dirigendosi verso di me - Prima che usciamo fuori... voglio assicurarmi di alcune cose.

Una volta dopo aver sistemato sia lo zaino che la mia enorme valigia, cercai Beatriz con lo sguardo, e mi avvicinai anch'io a lei, in quanto si trovava già vicina alle scale dell'aereo.

- Certo, Beatriz. Sei libera di dirmi quello che vuoi. Però sii veloce, ho un assoluto bisogno di poggiare nuovamente i miei piedi a Westminster!

- Sì, sì, sarò veloce. Allora... come ti senti adesso? Sai, dopo essere svenuto poco prima...

La sua affermazione ebbe un momentaneo effetto paralizzante su di me, in quanto non pensavo di essere svenuto, bensì di essermi semplicemente addormentato. Per non rinfacciarmi da solo ulteriori domande, riferii a Beatriz ciò che io avevo compreso.

- Sì, sto bene. Sano come un pesce. Ma in realtà, Beatriz... non pensavo di essere svenuto. Ho semplicemente sentito di stare cadendo in un sonno profondo, e così fu. O almeno... pensavo che fu così.

- Merda, Jacob. Quindi... non te ne accorgi nemmeno. La situazione è più...

Beatriz scrutò profondamente il mio spento sguardo e decise di tapparsi la bocca, alzando il braccio destro e spostando lentamente la mano davanti le sue carnose labbra, col timore di ferire i miei sentimenti e con la speranza che io non stessi dando troppa importanza alle sue parole, e non portando così al termine la sua frase.

- Più... "grave del previsto"? Stavi dicendo questo? - domandai, ormai sicuro di ciò che lei stava pensando.

- Beh, sì... scusami, Jacob. - affermò lei abbracciandomi e stringendomi fortemente, trasmettendo tutto il suo calore e avvolgendomi con i suoi soavi e lisci capelli rossi.

- Ehi, ehi... non hai di che scusarti, Beatriz. Non hai fatto assolutamente niente. Il problema... è solo ed esclusivamente mio. - la tranquillizzai ricambiando l'abbraccio e accarezzandole la testa.

- Sei davvero importante per me. Lo sai, vero?

- Lo stesso vale per te, Beatriz. Lo stesso vale per te. - ripetei stringendola ancora di più - C'è altro che vuoi dirmi?

- Sì... un'ultima cosa. - sussurrò lei staccandosi leggermente da me - Volevo assicurarmi che, ecco... che Carmen non risultasse essere un peso troppo grande per te.

- Ma stai scherzando o cosa? Io sono contento della sua scelta, e oltre a questo sono anche fiero della sua indipendenza dai suoi genitori. Anche se non riesco a comprendere il motivo per cui a loro non dovrebbe importare niente della loro figlia, considerando sopratutto la solare ragazza che è Carmen... - replicai con tono leggermente triste, osservando quest'ultima che girovagava a vuoto per l'interl aeroporto.

- È... è una lunga storia. Comunque, ci stanno tutti aspettando lì fuori! È il momento di andare, Jacob. - affermò Beatriz, tirandomi verso di lei.

Beatriz mi afferrò per la mano e, con lo zaino in spalla e con le nostre valigie per le mani, scendemmo finalmente da quell'aereo che era riuscito a far diventare realtà il sogno che avevo nascosto nel mio cassetto da una vita: visitare un posto al di fuori di Londra.

In più, quel posto era la Spagna. Cosa potevo richiedere di più bello? Quella vacanza a Madrid era stata breve, è vero... ma anche molto intensa. Beh, certamente non interamente positiva, visto l'incontro misterioso avuto con quell'uomo misterioso e armato di pistola che teneva così tanto a minacciarmi per una causa che neanch'io ero riuscito a comprendere, e il particolare ritorno di Nicholas Bell in un momento e in un luogo così... inaspettato, da parte mia.

Quell'uomo... mi inquietava sempre di più. Ma allo stesso tempo, sentivo di affezionarmi a lui. Per quale arcano motivo? Non saprei dirvelo.

Che lui si aspettasse già di trovarmi lì?

E se invece fosse stato il destino a fare incrociare le nostre strade?

Stavolta non ho nulla da dirti, Jacob.
.erednerpmoc a iaricsuir ,otserp ...ehc non eS

Nel momento in cui scendemmo a terra, ritrovammo davanti ai nostri occhi la mia intera famiglia, che si trovava lì in attesa del mio ritorno a casa da Madrid, pronta ad accoglierci calorosamente.

- Siete... siete tutti qui! - esclamai appena notai mia madre Mary, mio padre William, mio zio Jack, mia zia Betty, mio cugino Vincent, mio nonno Sam, e...

Aspettate... non manca qualcuno?

Già, manca qualcuno.

Dove si trovava mia sorella Amelie?

Che lei... si fosse già dimenticata di suo fratello Jacob?

- Tesoro, vieni qui... fatti abbracciare. - affermò mio padre, dal quale mi diressi eseguendo una corsa sfrenata verso la mia intera famiglia.

Abbracciai e strinsi ogni singolo membro della mia famiglia, ma nel frattempo, anche se mi sentivo molto allegro in quel frangente... nella mia mente continuò a girovagare la stessa e tormentosa domanda.

Dov'era... Amelie?

- Mi siete mancati tutti, anche se non ci siamo visti per pochissimo tempo. Tutti... tutti! - dissi osservando ognuno dei presenti, mentre al mio fianco si trovavano Beatriz e Carmen.

- Vi dirò la verità... soltanto da qui, Londra sembra essere davvero tanta roba! - esclamò Carmen facendo subito riconoscere la sua persona da tutti, indossando degli occhiali da sole e sistemandosi i capelli e la sua collana dorata, dopo aver stretto la mano alla mia intera famiglia.

Dopo aver salutato tutti, notai una cosa abbastanza misteriosa e allo stesso tempo abbastanza angosciosa. Mia madre, Mary... non sembrava essere poi così tanto allegra.

Era felice per il mio ritorno, poiché nel momento in cui mi vide scoppiò in lacrime... ma la cosa davvero preoccupante, era che manteneva una certa distanza da mio padre, William.

- Ti trovo bene, Mary! - esclamò Beatriz, dopo aver salutato e abbracciato a mia madre.

- Spero che abbiate passato una grandiosa vacanza, ragazzi. Oh, e... piacere di conoscerti... - disse avvicinandosi a Carmen.

- Oh! Carmen, signora! Mi chiami Carmen. - rispose lei distratta mentre era impegnata ad osservare il fantastico panorama, girandosi verso mia madre e stringendole la mano destra.

Beatriz andò a salutare anche gli altri miei familiari e, mentre Carmen girava intorno all'aeroporto come se fosse ancora incredula al fatto di ritrovarsi in un luogo che non fosse situato in Spagna, continuai a chiedermi che fine potesse avere fatto Amelie.

Ma dopo alcuni minuti... riuscii ad intravedere da lontano una giovane figura femminile dai capelli scuri color nero corvino come i miei che si stava dirigendo verso di noi, accompagnata da due ragazzi che sembravano avere la mia stessa età.

Uno di loro aveva dei capelli scuri, mentre l'altro portava degli affascinanti capelli biondi.

Compresi immediatamente di chi si trattava, anche se loro si trovavano ancora lontani da noi.

- Ecco dove si era cacciata... - sussurrò mio padre.

- Merda, ci sono già persone intente a rompere i coglioni? Datemi un po' d'aria, per favore! - affermò Carmen, affiancandosi a me e Beatriz e osservando quelle figure.

Quelle tre persone arrivarono finalmente da noi... e il mio pensiero si rivelò essere nuovamente corretto.

Era Amelie, accompagnata da... Zach ed Erik.

- Benvenuti a casa, ragazzi! - urlarono loro tre in coro.

- E che benvenuto... - sussurrai io, alla sola vista di quei due stronzi che stavano affiancando mia sorella.

- Guarda che ti ho sentito, Jacob. - mi fece notare Amelie.

- Sempre gentile, come al solito. - aggiunse Zach.

- Sei rimasto lo stesso stronzo di prima, vedo. - commentò ulteriormente Erik.

Compii un passo in avanti, in procinto di staccare Amelie da quei due idioti, ma Beatriz e Carmen mi fermarono immediatamente, in modo tale da evitare casini già al nostro rientro.

- Stai tranquillo, Jacob. Rilassati. - disse Erik mettendosi di fronte a me - Siamo venuti qui solo per accompagnare tua sorella... e per darvi il bentornato a casa. Ma vedo che la nostra presenza ti urta parecchio... ed è per questo che io e Zach non esiteremo ad andarcene. Ciao ciao, Jacob, e ciao anche a te, Beatriz! Oh, e... alla ragazza nuova. Piacere di conoscerti, io sono Erik Miller. Lui è Zach Bailey... possiamo considerarlo un po' come il mio migliore amico.

- Piacere mio, ragazzi! Io sono Carmen Suárez, ma penso che del cognome non ve ne freghi un emerito cazzo. Perciò... chiamatemi semplicemente Carmen. - si presentò lei, alla sua solita maniera, mostrando un demente sorriso.

Erik e Zach strinsero la mano a Carmen, sorpresi dalla sua particolare ma simpatica presentazione, e si allontanarono presto da noi, per far sì che non si creassero inutili discussioni davanti a tutta la mia famiglia lì presente.

Quando loro due se n'erano finalmente andati dall'aeroporto, io mi diressi rapidamente verso mia sorella, in maniera tale da riuscire finalmente a parlarle dopo il particolare viaggio che avevo vissuto assieme a Beatriz, e in parte anche insieme a Carmen.

- Ehi, Amelie.

- Ehi... Jacob. - ricambiò lei il saluto, con un sorriso che si stampò inaspettatamente sulla sua faccia.

- Volevo dirti che... ecco... - parlai lentamente a causa dello stress che mi pervadeva - ... mi sei mancata davvero tanto, anche se è passato un solo giorno da quando non ti vedo. E... ecco qui, è tutto. Questo è quello che ritenevo necessario dirti dal profondo del mio cuore.

Lei mi osservò con uno sguardo davvero tenero, molto simile a quello che tanto l'aveva caratterizzata durante la nostra infanzia, e per un attimo cominciai a percepire una certa paura per la risposta che avrei potuto ricevere da parte sua, dato l'andamento non molto positivo del nostro rapporto negli ultimi tempi.

- Io... sono molto felice di ricevere queste parole da parte tua, Jacob. Sopratutto dopo... i nostri problemi, ecco. Suppongo tu mi abbia già capita.

- Sì, Amelie... comprendo pienamente le tue parole.

Mia sorella alzò di poco le sue braccia e afferrò le mie mani, fissandomi negli occhi.

- Sappi che lo stesso vale per me... brother. - rispose lei dolcemente, mentre i suoi occhi cominciarono a diventare lucidi e rossi per le lacrime che cadevano lentamente.

- Anche se ultimamente ti ho trattata male. Cazzo, che cosa sto dicendo? Anche se negli ultimi tempi ti ho trattata letteralmente di merda, vorrei solo che tu sappia che... ti voglio un mondo di bene anch'io... sister.

Alle nostre ultime parole, seguì un tenero abbraccio fraterno... molto simile a quelli che eravamo soliti darci quando eravamo ancora piccoli.

Finalmente... io e Amelie eravamo tornati ad abbracciarci. Non so perché mia sorella si fosse convinta a mostare tutta quella dolcezza nei miei confronti... ma non mi importava più di tanto.

Avevo nuovamente la mia sorellina gemella al mio fianco, e questo per me era abbastanza per tornare ad essere felice, seppur non come tanti anni prima.

- Sorella... sono stato nuovamente vittima di uno di quegli strani svenimenti, mentre stavamo rientrando a Westminster. - le rivelai con le lacrime agli occhi.

- Fanculo agli svenimenti, fratello. E fanculo anche ai problemi che abbiamo avuto negli ultimi anni, va bene? Batteremo anche loro, pur di tornare ad essere allegri come prima. Giusto? - disse poggiando le sue mani sulle mie guance e mostrando un solare e brillante sorriso, che da tanto mi mancava di ammirare.

- Sì, hai ragione. Oltrepasseremo anche quest'ostacolo... insieme. - replicai, per poi abbracciarla fortemente, con nessuna volontà di staccarmi dal suo corpo.

Il nostro... fu un rientro straordinario.

Finalmente, la situazione sembrava che si stesse riprendendo... non considerando però lo strano sogno che ebbi e che non riuscii ancora a comprendere quando ero svenuto sull'aereo, del quale non parlai a nessuno.

Nostro padre William si avvicinò a noi due, fiero di ciò che i suoi occhi stavano vedendo, dopo anni di continui litigi e costante odio.

- Sono senza parole. Finalmente, vedervi così legati, dopo così tanti anni... mi rende davvero orgoglioso di essere vostro padre. E ricordatevi sempre chi siete. Voi siete...

- I gemelli Johnson. - rispondemmo contemporaneamente io e Amelie, dando insieme un forte abbraccio anche a nostro padre.

Nostra madre Mary, invece, la quale stava assistendo al commovente spettacolo assieme a Beatriz, Carmen e i restanti della mia famiglia... restava lì immobile, senza dire una parola.

Tuttavia, dopo pochi secondi, anche lei si avvicinò a noi.

Ma... non per ciò che stavo sperando.

- Ehm, ehm. - fece finta di tossire nostra madre, attirando a sé la nostra attenzione - William, penso sia il momento di ritornare a casa... non pensi anche tu?

- Oh... sì. Sì, Mary. Dovremmo tornare a casa... salutate a tutti, figlioli. Si ritorna nella nostra dimora. Sì... certo. Si ritorna nella nostra... dimora. - ripetè lui a bassa voce, salutando a tutti facendo un semplice cenno con la mano e dirigendosi verso la macchina, in attesa che noi lo raggiungessimo.

I nostri genitori... si stavano chiamando per nome. Loro, che erano soliti chiamarsi con nomi sdolcinati, affettuosi, pieni di affetto... adesso parlavano tra di loro come se fossero dei semplici... conoscenti.

Io e Amelie ci scambiammo alcuni sguardi l'uno con l'altra, confusi per ciò che i nostri occhi e le nostre orecchie stavano percependo.

Così, dopo aver abbracciato tutti i nostri familiari, salutammo Beatriz e Carmen, con la quale Amelie fece presto conoscenza, e ci recammo presso la macchina di papà, dove era già presente nostra madre.

Proprio nel momento in cui sembrava che stessi finalmente per raggiungere la tanto da me auspicata felicità, che pareva ormai essere un emozione destinata a restare unicamente nel mio passato... tutto cominciò a prendere una strana piega.

Che cosa stava per succedere?

Che qualcosa stesse per cambiare davvero?

Sì... qualcosa stava cambiando.

E nessuno di noi sarebbe stato pronto a questo... stravolgimento.

SPAZIO AUTORE

Allora... vediamo se riesco ad indovinare la reazione che avete avuto tutti voi all'inizio del capitolo in una sola frase: "MA CHE CAZZO STA SUCCEDENDO?"🤯

Tralasciando la parte del "sogno", molto particolare, di Jacob... ragazzi/e, È SUCCESSO.

Amelie sembra essere riuscita a "perdonare" Jacob, regalandogli un rientro davvero straordinario.

Magari questo giorno passato senza suo fratello è riuscito a farla riflettere attentamente sul loro speciale rapporto fraterno e a convincerla di dare a Jacob una seconda possibilità?

Così sembra!

Rivedremo Jacob e Amelie trattarsi benevolmente, proprio come ai vecchi tempi... forse.

Così SEMBRA, ma... cosa accadrà davvero? Che cosa c'è che non va nei loro genitori, William e Mary?

Sentitevi, come al solito, liberi di esporre qui sotto le vostre teorie, fatemi sapere se il capitolo vi è piaciuto, e... ci vediamo al prossimo capitolo!✨

Gæb 🍹

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