Capitolo 48 - Un Ritorno Inaspettato

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Lei era lì.

Si trovava davanti a me.

Lei camminava verso la mia direzione, sfoggiando i suoi lisci e soavi capelli biondi e accecando qualunque persona le passasse davanti grazie ai suoi glaciali occhi azzurri, i quali erano rimasti uguali a come ricordavo che fossero durante tutte le notti passate a pensare solo e unicamente a lei.

Ma c'era una leggera differenza che si stava attenuando in quel particolare momento.

Tutti coloro che si trovavano all'interno della palestra, riuniti appassionatamente per celebrare l'inizio del nuovo anno scolastico, vedevano una semplice ragazza bionda prendere passo per la prima volta nella sua vita in quella High School e osservare tutto ciò e tutti gli esseri viventi che la stavano circondando, con qualche difficoltà nel farsi strada, a causa dell'eccessiva folla.

Io, invece... io vedevo ben altro.

Io ammiravo un angelo sceso in terra, proveniente dall'azzurro cielo che si posa sopra tutti noi, fare il suo divino ingresso in quella terra, illuminando il suo e il mio cammino, i quali erano prima o poi destinati ad incrociarsi.

Mentre lei continuava il suo cammino, con lo sguardo rivolto verso i miei occhi, vedevo la terra risplendere.

Anzi, no. Non era la terra a risplendere, bensì... il mondo intero.

Migliaia di fiori cominciarono a sbocciare dolcemente, il delicato vento accarezzava i nostri corpi e il suo intenso sguardo stava risvegliando la mia anima, come se la stesse facendo nascere di nuovo, dopo essere già morta una volta.

Il mio cuore iniziò a battere incessantemente. Esso... stava comunicando con quello suo. Entrambi i nostri cuori si conoscevano già da un sacco di tempo, sapevano già l'effetto che faceva loro incontrarsi.

Era solo che... in quel momento, entrambi i cuori si trovavano in particolare fermento, ma non per qualche sorta di preoccupazione, e neanche paura, bensì perché... non sentivano il contatto l'uno dell'altro da ormai troppo tempo.

Sei anni e mezzo.

Erano passati ben sei anni e mezzo dall'ultima volta in cui i nostri cuori stavano battendo l'uno per l'altro e le nostre mani si stavano affettuosamente stringendo, alimentando sempre di più il nostro ardente amore.

Erano passati sei anni e mezzo... da quando accadde lo stravolgimento.

Quella sera.

Quella sera, i cui ricordi non avevano alcuna intenzione di lasciare la mia mente, sottoponendomi ad una dolorosa condanna che mai avrei pensato di dover sopportare, dopo la meravigliosa infanzia che io e mia sorella avevamo trascorso, per merito sopratutto delle persone che erano sempre state al nostro fianco.

Ma quelle persone... erano sparite.

Chi sono quelle persone?

Henry e Sarah, ovviamente.

Henry non poteva più tornare. O meglio... non poteva più tornare fisicamente. Ma lui, in realtà, era lì. Lui continuava ad essere presente, tormentando costantemente la mia anima e rinfacciandomi ripetutamente il mio sbaglio, ovvero... averlo abbandonato.

Vi ricordate dell'incubo che Henry ebbe alla tenera età di soli cinque anni, di cui vi ho raccontato all'inizio del nostro viaggio?

Sì, esatto. Proprio quello in cui Henry aveva sognato di trovarsi disperso su un'isola deserta in mezzo al mare, abbandonato da tutti noi.

Sapete... la notte che avrebbe preceduto quel giorno, feci il suo stesso identico sogno.

I miei occhi erano completamente serrati, e sentivo soltanto le onde del mare scorrere incessantemente. Il mare sembrava essere molto mosso, quasi come se esso si stesse trovando in una situazione di crisi nervosa.

Già, lo so. È molto strano da dire, eppure... sembrava essere così arrabbiato. Arrabbiato con chi, però? Forse col mondo intero. Forse... con la gente che non faceva altro che disprezzarlo, senza riuscire a comprenderlo e causando dentro di esso una situazione di stallo, la quale non faceva altro che generare ancora più panico, odio, tristezza, amarezza, rancore... verso tutti.

Una volta aperti gli occhi, mi ritrovai coricato a terra e mi girai intorno per comprendere dove mi trovavo. Ero su un'isola, ma non c'era nessun'altra persona oltre a me. Mi trovavo da solo, senza sapere la maniera in cui ero giunto in quello strano posto, isolato dal resto del mondo.

Il mio corpo era poggiato sulla riva, coccolato dalle onde del mare che la bagnavano, e un inquietante e assoluto silenzio stava dominando su tutto.

- Ehilà! C'è qualcuno? - mi alzai da terra e verificai se qualcuno potesse sentirmi.

Il silenzio continuava ad essere il protagonista di quel momento, eccetto il suone delle onde del mare che accarezzava le mie orecchie. Ma subito dopo alcuni istanti... ricevetti inaspettatamente una risposta.

- Sì... io ci sono, Jacob. Però lui... lui non c'è.

La voce proveniva dalla direzione del mare, ma sembrava comunque trovarsi in una posizione molto lontana dalla mia.

- Qualcosa sta arrivando. Anzi, dovrei dire... qualcuno sta arrivando. - continuò la voce misteriosa.

- C-Chi sta arrivando? - mi diressi verso il mare, poggiando i miei piedi sull'acqua e percependo la mia anima rinfrescarsi di nostalgia e di armonia.

- Una persona a cui tu tenevi tanto. Davvero, davvero tanto. Forse anche troppo. Allunga lo sguardo verso il mare... e comincerai a vedere.

Alzai d'istinto lo sguardo e mirai con esso verso l'orizzonte, e riuscii ad inquadrare una strana figura che stava galleggiando nell'acqua.

M'incamminai lentamente verso di essa, con la costante paura di cadere ed annegare nelle profondità del mare da un momento all'altro, e quella figura iniziava a diventare sempre più chiara ai miei occhi.

Una ragazza stava camminando verso la mia direzione, tenendo le mani sotto l'acqua del mare e schizzando spesso quest'ultima intorno a sé, come una bambina in preda alla gioia, probabilmente per via della vista di una persona a lei cara.

- Vedi com'è felice, Jacob? A cosa credi sia dovuta tutta questa sua armonia? - mi interrogò la voce, mantenendo nascosta la sua identità.

- Penso sia dovuta... alla presenza di una persona per lei molto importante. - risposi fissando la ragazza giocare con l'acqua.

- E chi potrebbe mai essere questa persona? Rifletti bene, Jacob... rifletti. Concentrati.

Ben presto, un forte e gelido vento avvolse il mio corpo, causandomi dei forti brividi e ponendo fine alla gioia della ragazza, la quale decise di effettuare altri dieci passi in avanti, continuando a fissarmi profondamente.

Lei alzò improvvisamente il braccio destro, e mostrò con esso un saluto, assieme ad un dolce sorriso stampato sulla sua faccia. Quest'ultima era avvolta dai suoi biondi capelli, che mi impedivano di riconoscerla.

- Mi sta... salutando? - sussurrai lentamente, alzando anch'io il mio braccio destro e ricambiando il saluto, senza neanche accorgermene.

- Jacob, la persona che quella ragazza è felice di rivedere... sei tu. - esprimette quella voce, spingendomi ad incamminarmi sempre di più verso la fanciulla bionda.

- Io? È felice di rivedere... me? Aspetta... e lei chi è, invece? - domandai turbato dalla moltitudine di domande che circolavano dentro la mia mente.

- Oh, e per quanto riguarda quella ragazza... lei sono io.

La rivelazione che quella voce mi fece, mi ipnotizzò momentaneamente, causandomi dei forti brividi sulla pelle. Non avevo la più pallida idea di chi lei potesse essere, ma decisi comunque di continuare il mio cammino e di dirigermi verso quella figura.

Tutt'a un tratto, però, sentii i miei piedi incatenati da delle mani, che mi impedivano di proseguire nel cammino.

- Girati, Jacob.

Senza fare ulteriori domande, voltai indietro rapidamente il mio sguardo e ciò che riuscii a notare fu... un corpo di un bambino, ormai deceduto, giacere delicatamente tra le onde del mare.

- Che cosa... che cosa vuol dire tutto questo?! - urlai, sentendo anche il mio eco rimbombare in quello strano luogo.

- Ehi, cos'è quell'esserino che sta ondeggiando proprio davanti a te? - accennò la voce.

Girai lo sguardo dritto verso la direzione in cui mi stavo dirigendo precedentemente, e ciò che stavolta vidi era... una farfalla.

La farfalla... sarà sempre con te.
.et a emeisni àrirom ...allafraf aL

Anch'essa era morta, proprio come il bambino che si trovava dietro di me. La raccolsi tra le mie mani e osservai con molta attenzione le sue ali azzurre, ammirando la loro grandiosa e immane bellezza.

Sembrava essere molto simile a quella raffigurata nel ciondolo della collana di Nicholas Bell che fui capace di notare a Madrid, dopo la festa organizzata da Carmen a casa sua.

Che fosse soltanto una coincidenza? O magari... era nascosto un particolare significato, dietro a tutto ciò?

Mentre continuavo a toccare ed osservare quella meravigliosa e innocua farfalla, qualcosa sfiorò le mie gambe e di conseguenza mi fece sobbalzare in aria, facendo cadere in acqua quella farfallina e facendomela perdere di vista.

Mi girai, e... ciò che mi stava tornando, era proprio il corpo del bambino morto che avevo visto poco prima.

Ebbi la possibilità di notare il suo sguardo, i suoi occhi, i suoi capelli, e... cazzo, era lui. Era lui, dannazione.

Quello che stava ondeggiando dietro le mie spalle, come se pretendesse che io lo osservassi... era il corpo di Henry.

- Sei rimasto sconvolto, Jacob? - fece il suo ritorno la voce.

- Perché... perché? Perché tutto questo? Perché Henry si trova qui?! - tentai di allontanarmi da esso, disgustato dai vecchi ricordi risalenti a quella sera.

- Non dovresti chiederti perché Henry si trova qui. Piuttosto, ciò che dovresti chiederti... perché io mi trovo qui? Ma non disperare, lo saprai presto. Jacob... girati. Sono qui, davanti a te.

Obbedii senza ulteriori indugi a quell'arcana voce e, una volta girato lo sguardo verso la direzione in cui mi stavo incamminando... ritrovai la ragazza bionda che avevo intravisto poco prima proprio di fronte ai miei occhi.

- No, non può essere. Tu sei... Sarah? - affermai incredulo a ciò che stavano vedendo i miei occhi.

- Silenzio, Jacob... silenzio.

Era lei. Era davvero lei. Era Sarah, cazzo.

Tuttavia, Sarah tappò immediatamente la mia bocca e mi diede una dolce carezza sulla guancia sinistra, conferendomi inoltre un affettuoso e caloroso bacio su di essa.

- Il sogno sta finendo. È tempo per me di andare, Jacob. - disse con tono triste Sarah, staccando le sue mani dal mio corpo.

- No, aspetta... Sarah, resta con me. Resta, almeno per stavolta. Non abbandonarmi di nuovo, cazzo. Non di nuovo!

- Mi dispiace, ma... adesso devi svegliarti. Magari domani ci rivedremo dopo tanti anni, Jacob. Chi lo sa... dopotutto, niente è impossibile. - sussurrò lei alle mie orecchie, per poi staccarsi da me e allontanarsi muovendo delicatamente i suoi passi nell'acqua del mare.

In preda alla volontà di restare ancora con lei, riuscii finalmente a sbloccare i miei piedi, spezzando quelle catene invisibili che li bloccavano, e corsi verso di lei, tentando di afferarla per il braccio.

Ma proprio nel momento in cui ero ormai giunto da lei... Sarah si girò verso di me, e una luce abbagliante colpì i miei occhi, stordendomi definitivamente e facendomi sprofondare in quel magico ed infinito mare, nel quale non sembrava esserci alcuna forma di vita.

Dopo alcuni istanti... i miei occhi si spalancarono nuovamente e ormai non mi trovavo più in quell'isola. Mi trovavo nella mia camera da letto, col cuscino bagnato di sudore e con le coperte completamente scombinate.

Quindi... perché vi ho appena raccontato di questo particolare sogno?

Non per la semplice presenza di Henry e Sarah, bensì... perché la notte in cui avevo fatto quello strano sogno era stata proprio quella antecedente alla giornata in cui avrei incontrato nuovamente Chris, nostro amico d'infanzia, dopo tantissimi anni che avevamo trascorso senza incontrarci, e avrei fatto conoscenza con Miguel, il vecchio amico di Beatriz e Carmen.

E in quella medesima giornata, come vi stavo riferendo proprio prima di raccontarvi del mio sogno... lei avrebbe fatto il suo ritorno.

La terra tremava al suo cospetto, non appena seppe che essa stava per essere toccata dai suoi dolci passi, che trasmettevano tanta bellezza quanta nostalgia.

Lei si stava dirigendo verso la mia direzione, e il mio cuore stava letteralmente andando nel panico. Sembrava quasi che volesse uscire dal mio corpo, per quanto velocemente batteva e ardeva per la sola sua presenza.

Io ero immobile, quasi ipnotizzato, mentre osservavo con lo sguardo perso i suoi occhi, che tanto mi era mancato di fissare profondamente, come se fossero l'ultima cosa al mondo che avrei avuto la possibilità di ammirare.

- Jacob, mi spieghi che diavolo stai facendo? - mi colse di sorpresa Amelie, dandomi un colpo sulla spalla - Il discorso del preside sta per iniziare, e io non riesco più a trovare Beatriz e gli altri... porca merda, ma dove cazzo si sono cacciati?

- Amelie... Amelie... - cominciai a tremare, battendo incessantemente la mano sinistra sulla spalla destra di mia sorella.

- Cosa c'è, Jacob? Sembra che tu abbia fumato qualcosa di... forte, per quanto appari rincoglionito. Dannazione, guarda come sei combinato. Sei sicuro che quelle nella tua tasca siano semplici sigarette? - si mise a ridere mia sorella, ironizzando sul momento.

- Amelie... Amelie, cazzo, ascoltami! Sii seria, almeno per un momento. Quella ragazza... quella dannata ragazza... è o non è lei? - le domandai indicando quella figura femminile che si prostrava dinanzi al mio sguardo, per accertarmi che ciò che stavo vedendo non fosse l'ennesima fastidiosa allucinazione.

Mia sorella si fece strada tra le persone afferrandomi per la mano sinistra e portandomi con lei in maniera tale da avvicinarci a quella ragazza e comprendere se si trattava di... lei.

Dopo esserci avvicinati abbastanza, avendo comunque preso le giuste distanze, riuscimmo ad inquadrare perfettamente il suo sguardo, e Amelie dovette un attimo allontanarsi da quella posizione per fare un profondo respiro e riprendersi mentalmente, sconvolta da ciò che aveva visto.

- Cazzo, mi sa che ho ragione... - enunciai guardando la faccia di mia sorella e notando il suo stordimento.

- Non pensavo fosse possibile un suo ritorno. - rabbrividì Amelie stringendo fortemente la mia mano - È... è la persona che io penso che sia?

Abbassai lo sguardo, chiudendo gli occhi e isolando per un breve momento la mia mente da tutto il baccano che era presente dentro la palestra della scuola per l'imminente discorso che il nostro preside avrebbe tenuto per celebrare l'inizio del nuovo anno scolastico, e mi diressi afferrando per il braccio ad Amelie senza pronunciare una singola parola verso Beatriz, Chris, Miguel e Carmen.

Questi ultimi avevano già raggiunto Erik e Zach, i quali si erano posizionati in prima fila per dialogare col preside e dedicargli le loro più fedeli e sincere congratulazioni per il suo grandioso operato, dimostrato con orgoglio nel corso degli ultimi anni.

Entrambi ultimamente stavano dimostrando la loro reale innocenza, facendomi comprendere che le idee che io mi ero fatto su loro due negli anni passati erano completamente campate per aria e infondate, formulate senza conoscere davvero la loro persona.

- Oh, ed ecco i gemelli Johnson! Direi che adesso siamo al completo. - si allontanò Zach dal preside, accogliendoci nella loro cerchia.

- Non sono psicologicamente pronto al famoso "discorsetto d'inaugurazione" che il preside sta organizzando. Cazzo, ne ho già le palle piene di stare qui. - si lamentò Chris, sbuffando e facendo svolazzare i suoi castani capelli.

- Già, quoto con Chris. Anche se non ho, sapete, le... vostre palle. - lo appoggiò Carmen, generando alcune smorfie nelle facce dei ragazzi, incluso me - Cristo, ragazzi! La prossima volta mi faccio cucire la bocca da Beatriz in persona.

Ma ben presto, le risate cessarono.

Miguel ed Erik riuscirono ad identificare immediatamente gli sguardi confusi di me e mia sorella e la nostra preoccupazione per aver visto... quella persona.

Erik si avvicinò ad Amelie e posò una mano sulla sua spalla sinistra, facendole notare la sua presenza.

- Ehi, va tutto bene? - le sussurrò all'orecchio.

Riuscii a sentire le sue parole e, al posto di mia sorella, gli risposi scuotendo lentamente la testa e spostando rapidamente lo sguardo verso Beatriz, nella speranza che lei non stesse facendo caso al mio comportamento.

Ma al posto suo, fu Miguel ad accorgersi della mia anomala faccia e ben presto lui si recò da me per avere dei chiarimenti.

- Jacob, ascolta... forse non dovrei farmi gli affari tuoi, ma... sembri parecchio strano, in questo momento. E non sei il solo, anche tua sorella sembra essere decisamente preoccupata. Che cosa sta succedendo? - domandò Miguel dando le spalle a Beatriz e a Carmen.

- Niente, Miguel. Niente. È solo che... pensiamo sia tornata una persona, in passato a me molto cara, che tanto tempo fa ci ha abbandonati. Si trova proprio qui, intorno a tutti noi. - gli risposi, continuando comunque a rimanere abbastanza enigmatico.

Mentre Beatriz stava per dirigersi verso di me, notando l'eccessiva e irritante per lei vicinanza di Miguel, i bidelli della scuola chiusero tutte le porte della palestra e attivarono prontamente il microfono col quale il preside avrebbe enunciato il suo discorso.

Ognuno di noi prese posto tra le sedie che si trovavano alla prima fila e si sistemò accuratamente, in maniera tale da godersi lo spettacolo.

Il preside, tanto atteso e acclamato da tutti i ragazzi e le ragazze della scuola, fece finalmente il suo ingresso e salì su un grande palco, trasportato fin lì per il particolare evento.

- Prova, prova... riuscite a sentirmi? Dannazione, catorcio del cazzo... - imprecò lui a bassa voce smanettando col microfono, non accorgendosi che le sue ultime parole furono sentite chiaramente da tutti i presenti.

La folla di adolescenti, tra tristi facepalm e rimbombanti urla, emise una forte risata, lanciando anche qualche presa in giro verso il preside stesso.

- Okay, okay! È abbastanza chiaro che tutti voi mi stiate ascoltando. Bene, bene. Suppongo che ognuno di voi stia aspettando il mio pallosissimo discorso, e scommetto che molti di voi vorrebbero soltanto fuggire da quest'incubo di posto, proprio in questo preciso istante. È così o non è così, eh? - lasciò lui a bocca aperta l'intero pubblico, facendo incombere un profondo silenzio.

- Beh, perlomeno è stato onesto. - sussurrai a Chris, il quale reagì annuendo e mostrando un confidenziale sorriso.

Amelie era ancora scossa da prima, non riusciva a capacitarsi di ciò che aveva visto. Io invece continuavo a guardarmi intorno, senza dare realmente un briciolo d'importanza alle parole di quel vecchio preside, la cui voglia di vivere era persino inferiore di quella che possedevo io, alla ricerca della ragazza che avevo visto poco prima con mia sorella.

Osservai ogni singolo angolo della palestra, ma di lei non c'era traccia. Era sparita. Che l'avessi persa di nuovo? Che lei se ne fosse andata, senza riferire nulla, un'altra volta?

Ma improvvisamente... una ragazza dai capelli biondi e dagli occhi azzurri richiamò la mia attenzione, toccando delicatamente la mia spalla destra e sussurandomi qualcosa all'orecchio.

- Ehilà. Ragazzo, mi senti?

- Oh, certo. C-Certo... sei tu. Porca puttana, sei proprio tu. Che Dio mi fulmini... - dissi una volta che mi girai ed osservai la sua faccia, spalancando gli occhi e stringendo, per i troppi brividi, i braccioli della sedia in cui mi trovavo.

- Amico, non so di cosa tu stia parlando, ma... ti prego, dimmi che questo vecchio vuole davvero farla finita adesso. Non so chi sia, non ho alcuna intenzione di conoscerlo, ma vi imploro... fatelo stare zitto, e fategli terminare questa scenata di cui nessuno ha minimamente sentito l'esigenza. - si esasperò lei con me, non dando alcuna rilevanza a nessuna delle mie parole.

Tirai rapidamente un pugno non molto leggero, ma neanche troppo forte, alla spalla di mia sorella, la quale si trovava seduta proprio alla mia sinistra, e la feci girare verso di me.

- Amelie... cazzo, Amelie! - la richiamai.

- Cosa c'è, Jacob...? - si girò lei verso di me tremolante, evitando lo sguardo del preside.

- È lei. È proprio lei, e... si trova dietro di me, alla mia destra.

Mia sorella girò lentamente la testa verso la mia direzione, in modo tale da verificare se fosse davvero lei la ragazza che si trovava con noi, e la sua reazione fu... davvero sconcertante.

- No, no, no... dev'essere uno scherzo. Perché cazzo si trova qui? Perché...

Il tono della voce di Amelie stava progressivamente aumentando, ma fortunatamente l'annuncio che il preside stava per fare all'intera scuola riuscì ad interromperla, evitando di fare una figura del cazzo davanti agli altri, e sopratutto... davanti a lei.

- Non ho alcuna intenzione di trattenervi per un altro singolo istante, perciò... ci terrei a dare un caloroso benvenuto ai nuovi ragazzi che soltanto oggi stanno venendo a contatto per la prima volta con questo fantastico ambiente scolastico, al quale stiamo lavorando da un sacco di anni. Mi raccomando: fate sentire i nuovi arrivati a loro agio, non scatenate problemi che non condurranno a niente, come al solito, e... non perdete altro tempo, la prime lezioni del nuovo anno scolastico inizieranno tra soli trenta minuti! Grazie per l'attenzione, se mai doveste averla realmente dedicata, e godetevi questi minuti di libertà!

- Grazie a Dio, qualcuno stappi lo champagne! - urlò la ragazza di prima, alzandosi dalla sedia e conquistandosi una fetta di pubblico assieme ad una serie di applausi.

In mezzo alla folla che urlava e acclamava il preside, per avere risparmiato a tutti il solito discorsetto di cui non frega mai un cazzo a nessuno, Amelie si alzò dalla sedia e mi trascinò premurosamente con lei verso l'uscita della palestra.

Io non obiettai e mi feci trasportare da lei, ma non senza fare cenno agli altri riferendogli di seguirci e di non fare domande, poiché le risposte non erano neanche in mio possesso.

Appena ci trovammo finalmente all'esterno, Amelie si appoggiò al muro, rischiando quasi di sbattere fortemente la testa, e si mise le mani tra i capelli, scombinandoli e tentando di nascondere la sua faccia.

- Jacob, che cazzo facciamo?

- Amelie, io... non lo so. Aveva detto che non si sarebbe mai più fatta vedere, eppure lei adesso si trova qui. - le risposi con le idee confuse - Sai cosa, Amelie? Fanculo. Fanculo a tutto questo, noi non abbiamo visto niente. Mi hai capito, Amelie? Noi non abbiamo visto... niente.

- Jacob... in questi casi non si può fare finta di non vedere. Lei... ci ha abbandonati, cazzo! Ci ha completamente mandati a fanculo, e mi stai dicendo che io adesso dovrei passare ogni maledetto giorno con la consapevolezza che lei si trova intorno a noi?! - sbattè Amelie un potente pugno contro la porta della palestra, attirando così l'attenzione di molti ragazzi.

Chris, accompagnato da Beatriz, Carmen e Miguel, ci raggiunse immediatamente all'esterno, e tutti loro notarono la faccia disperata e incazzata di mia sorella.

Beatriz stava per accarezzare la sua guancia, per far sì che lei si calmasse, ma io la fermai. Cadere vittima di un momento di forte irritazione era ormai solito di Amelie, e anche soltanto sfiorarle i capelli non avrebbe fatto altro che aggravare ancora di più la situazione.

Fortunatamente, anche Zach ed Erik riuscirono a trovarci ed unirsi a noi, cercando di dialogare con mia sorella e di farla sfogare.

- Amelie... cosa c'è che non va? - domandò Zach con molta preoccupazione.

- Jacob? Jacob, non dirmi che... - spostò Erik lo sguardo verso di me.

- No, Erik. No. Jacob non ha fatto niente, stavolta. È solo... argh, fanculo, lascia stare. - corse subito Amelie in mia difesa, scoppiando in lacrime.

Miguel si avvicinò silenziosamente a me e mi sussurrò all'orecchio che, se avessi avuto bisogno di aiuto, non avrei dovuto mai esitare a cercarlo, nonostante la brutta apparenza che Beatriz gli aveva attribuito davanti a tutti noi.

Io annuii e gli strinsi compassionevolmente la mano, riponendo la mia massima fiducia nella sua persona.

Da quando Miguel aveva fatto il suo avvento, Beatriz giaceva nel silenzio più totale, rivolgendo raramente qualche parola agli altri, me compreso.

Chi era davvero Miguel?

Ma sopratutto... chi era realmente Beatriz?

- Ascoltami, Amelie. Stai tranquilla, non piangere... tu hai bisogno di sfogarti, vero? Io invece ho bisogno di rivedere l'allegra e dolce Amelie con cui ho sempre vissuto. Senti... so che è dura, ma buttare tutte queste lacrime e incazzarci con noi stessi è assolutamente inutile. E rimanere qui, immobili come delle statue, con le mani in mano, non ci porterà da nessuna parte. Zach! No, anzi... tutti quanti! - richiamai l'attenzione di tutto il gruppo, nessuno escluso - Vi chiedo di intrattenere Amelie per almeno qualche minuto. La maniera? Qualunque cazzo di idea voi abbiate in mente, applicatela. Perché non le fate fare un sereno e calmante giro della scuola? Direi che sarebbe la giusta panacea, fornendole magari una giusta, buona e calorosa compagnia... che tanto la mia adorata sorellina detiene e si merita, com'è giusto che sia.

Amelie si asciugò presto le lacrime e mostrò un affabile sorriso, risollevando sia il suo che il mio morale, e fermò il mio discorso, buttandosi su di me e intrappolandomi tra le sue braccia, dando così vita ad un affettuoso e tenero abbraccio fraterno.

Zach mi diede un amichevole pacca sulla spalla, in segno di approvazione, e seguì il mio pensiero, afferrando Amelie per la mano e sistemandole i suoi scuri, lisci e scombinati capelli, per poi odorarne il dolce profumo.

- Mancano ancora circa... venti minuti all'inizio della lezione. - osservò Chris l'orologio che si trovava sul suo polso sinistro - Bene, che il giro della scuola abbia inizio! Piuttosto, io e Miguel siamo nuovi e non abbiamo neanche idea di dove si trovi l'atrio...

- Anch'io sono nuova, ma almeno non sono così imbecille quanto voi due. - commentò sarcasticamente Carmen, mostrando una smorfia nella sua faccia.

- Jacob, tu... vieni con noi? - strinse Amelie le mie mani, ponendo il suo viso di fronte al mio.

- Amelie, io... vi raggiungo dopo. Il tempo di fumare una sigaretta, veloce veloce, e sarò da voi in un lampo. Hai la mia parola, sorella. - le diedi una soave carezza sulla guancia e lanciai uno sguardo al resto del gruppo, raccomandando loro di tenere a bada mia sorella.

Non dovresti abbandonarla, Jacob.
¿idrocir ...ocnaif ous la otats erpmes itseras ehc otted ivevA

Tutti gli altri si allontanarono da me insieme a mia sorella, ma quest'ultima, prima di andarsene, si girò verso di me e mi sussurrò un ultimo avviso.

- Se solo lei oserà presentarsi di fronte ai miei occhi... nessuno, e dico nessuno, saprà più della sua esistenza. Sono stata abbastanza chiara, Jacob? Le arriverà un pugno in faccia così potente che non si dimenticherà tanto facilmente. Come noi non ci siamo dimenticati del suo abbandono, del resto.

Osservai il freddo sguardo di Amelie, le cui forti e crudeli parole mi fecero rabbrividire, e il pacchetto dal quale stavo estraendo una sigaretta cadde improvvisamente a terra, per l'eccessivo tremolìo della mano.

- G-Già, Amelie... comprendo. Ho capito perfettamente le tue parole.

Lei rimase lì a fissarmi per una serie di secondi e subito dopo iniziò a muovere il passo, dirigendosi dagli altri.

Riflettei accuratamente alle sue parole ed esse finirono per rimbombare continuamente dentro la mia mente.

Ma prima che lei se ne andasse, la richiamai. E decisi di conferirle un particolare, e reale... supporto morale.

- Amelie!

- Sì, Jacob? - girò lo sguardo indietro verso di me.

- Ricorda, sorella. Non si fotte coi gemelli Johnson. - la indicai con l'indice della mano in cui stavo tenendo la sigaretta, già accesa un secondo prima.

- Già, fratello. Dici bene. Non si fotte coi gemelli Johnson. - ricambiò Amelie, sorridendo e allontanandosi con faccia cazzuta, fiera, finalmente, delle gesta di suo fratello.

Orgoglioso di aver fatto risollevare il morale di Amelie, intrappolai nuovamente la sigaretta che posava tra le dita della mia mano destra sulle mie labbra, eseguendo un tiro ed osservando il denso fumo proveniente da essa.

Fumai nel tentativo di dimenticare lei, la ragazza che avevo visto poco prima. Ma... nel fumo fuoriuscente dalla sigaretta vidi proprio lei.

- Ehi, ragazzo!

Udii una voce provenire dalle mie spalle, che sembrava proprio si stesse riferendo a me. Decisi quindi di voltarmi, in maniera tale da far dissolvere ogni mio dubbio, e... era lei.

Lei... era tornata per me.

Davanti ai miei occhi si prostrò la ragazza dai capelli biondi e dagli occhi azzurri che avevo incontrato giusto qualche minuto fa, prima che cominciasse il discorso del preside.

- Scusa se ti disturbo nel tuo momento di quiete, noto che fumare ti rilassa molto, a giudicare dalla tua faccia. Comunque, volevo chiederti se per caso saresti disposto a presentarci la scuola, oppure a fare un giro con noi per vederla... in prima persona, ecco.

Dietro di lei erano presenti una ragazza riccia e uno strano ragazzo, col volto indirizzato verso un gruppo di adolescenti intento ad urlare e ad acclamare una ragazza che stava fumando, beh... qualcosa di molto potente, suppongo.

Qualcosa nel quale non vorrei scendere nei dettagli.

- Io, ehm... tu... - balbettai rimuovendo la sigaretta dalla mia bocca.

- Io? Oh, cazzo. Perdona la mia sbadataggine... mi chiamo Sarah. - mi strinse la mano destra, per risultare essere la più cortese possibile nei miei confronti - Sarah Evans. E tu, invece?

Lei. Sarah... Sarah Evans era tornata, pronta a rientrare nelle nostre vite.

Sarah era rimasta la stessa di prima, solo più grande di sei anni e mezzo rispetto all'ultima volta che l'avevo vista e dall'aspetto fisico straordinario, ancor più di prima.

I suoi inconfondibili lisci capelli biondi e quei suoi vispi occhi azzurri erano ancora migliori e più unici di quanto mi ricordavo che fossero, uniti al suo smagliante e armonioso sorriso.

E stavolta non era un semplice fantasma, o una qualsiasi allucinazione... era realmente lei, in carne ed ossa.

- Io... che cosa hai detto? Non ti ricordi di me, Sarah? - restai sorpreso dalle sue parole.

- Uhm... scusa, ma non mi ricordo proprio di te. Ho una memoria davvero penosa, e... diciamo che c'è certa gente che apparteneva al mio passato e che vorrei dimenticare per sempre. È solo che, certe volte... non ci riesco. - rispose lei, non riuscendo completamente a riconoscere il ragazzo di cui da bambina si era innamorata follemente.

Il ragazzo e la ragazza che si trovavano alle sue spalle si allontarono per un breve momento, e le avvisarono che sarebbe presto tornati.

La ragazza dai capelli ricci in particolare notò subito la mia presenza e fece l'occhiolino a Sarah, afferrando l'altro ragazzo per il braccio e fuggendo via insieme a lui.

- Sì, sì. Certo, vai pure. Fanculo, Hilary... - bisbigliò Sarah, nel tentativo di non farsi sentire da me - Dunque, cosa stavamo dicendo? Oh, giusto. Dovevi rivelarmi il tuo nome!

Mentre lei aspettava una mia risposta, io mi trovavo ancora in un intenso stato di scombussolazione mista ad un'inquieta agitazione, a causa del suo inaspettato ritorno, nel momento e nel luogo in cui meno mi sarei aspettato di rivederla, dopo gli ultimi sei anni e mezzo passati in sua assenza.

- Io, ecco... in realtà, tu mi conosci già. - risposi intimorito, buttando la sigaretta nell'apposito posacenere che era ubicato lì vicino.

- Uh, davvero? - emise lei una leggera risata, mista ad un leggero imbarazzo - E ciò vale a dire che tu sei...?

- Io, sono...

Stavo finalmente per svelare, con un certo senso di amarezza, la mia identità a Sarah, ma proprio in quel preciso istante il preside corse verso di me, interrompendomi e... urlando davanti a lei il mio nome.

- Ehilà, Jacob! Jacob Johnson!

- No, non è vero. No, no, no! Non puoi essere realmente tu. - sobbalzò in aria e indietreggiò di alcuni passi Sarah, sconvolta dell'affermazione del preside.

Il preside, una volta giunto da noi due, appoggiò una mano sulla mia spalle ed effettuò un profondo respiro, per riprendersi dalla lunga corsa che aveva fatto per raggiungerci.

- Jacob, ragazzo... dannate scarpe, penso che i miei piedi stiano piangendo, per il dolore che sento... argh, merda! - imprecò lui, senza notare la presenza di Sarah vicina a noi - Come va, bello mio?

Lo sguardo di Sarah, rivolto sempre verso di me, si era completamente trasformato. Se fino ad un momento prima lei sembrava essere felice, serena, armoniosa, contenta di fare muove amicizie... in quel momento era l'esatto opposto.

Era incazzata, con le guance rosse per la forte irritazione che scorreva nel suo sangue, ma, allo stesso momento, anche impressionata, triste, e... impaurita.

- Oh... ciao, carissimo! - riferii al preside provando a spezzare la criticità del momento e mostrando a Sarah un minimo di simpatia.

- Vedo che stai già facendo conoscenza con la ragazza nuova. Sono sempre stato fiero di te e continuerò ad esserlo anche in futuro, Jacob. - affermò lui sbattendo una mano sulla mia spalla sinistra, felice di vedermi socializzare con nuove persone.

Già... peccato che quella davanti a me non fosse davvero una "nuova" persona.

- Tutto questo è uno scherzo. Uno scherzo del cazzo! - gridò Sarah in preda al panico, non riuscendo ad accettare che io mi trovassi lì con lei, di nuovo.

- Più che una nuova persona... diciamo che lei è una mia vecchia conoscenza. Si chiama Sarah, Sarah Evans. E...

- Non dire nient'altro, per favore. Taci... Jacob. - ordinò lei, sollevando il capo verso il cielo per poi guardarsi intorno, alla ricerca della ragazza con cui si trovava prima.

Il preside notò immediatamente la brutta aria che si stava respirando in quel momento, così, dato la così grande benevolenza che lui provava per me, fece ad entrambi una particolare proposta.

Sarah, invece, rivoltò lo sguardo verso di lui, tentando di evitare di incrociare il mio e di far finta che io non mi stessi trovando nella sua stessa scuola.

- Allora, vedo che qui c'è bisogno di raffreddare leggermente i bollenti animi, perciò... Jacob, mio caro, ho un compito da affidarti. - disse lui, suscitando l'interesse mio e di Sarah.

- Devo avere paura, signor preside?

- Ma no, assolutamente! Non è niente di ché, dovrai solo... accompagnare la signorina, e tua vecchia conoscenza, Sarah e i suoi due amici all'interno della scuola, far ammirare loro ogni singolo angolo del nostro edificio scolastico, e...

- Mi spiace, ma non se ne parla. - lo fermò immediatamente Sarah - Non sono venuta qui per stare in compagnia di alcuni stronzi bugiardi, traditori...

- Ed io invece non ho alcuna intenzione di perdere tempo e di sprecare fiato con una ragazzina così presuntuosa, acida ed arrogante come te e come tutto il resto di questo fottuto istituto. Perciò, Sarah... vedi di rispettare le regole, e non metterti contro la gente sbagliata. Mi sono spiegato, o devo ancora dilungarmi? - s'irritò improvvisamente il preside, posizionandosi di fronte a Sarah e facendogli capire chi comandava davvero.

A Sarah venne celermente rimossa con molta efficacia ogni forma di superiorità, facendola restare di conseguenza con la bocca e gli occhi spalancati per l'inaspettata e sorprendente affermazione che preside riferì a lei.

- Direi che è stato abbastanza chiaro, signor preside. - risposi al posto di Sarah, in modo tale da non farla sentire troppo a disagio.

- Perfetto. Spero solo che sia realmente così... - lanciò lui un cattivo sguardo a Sarah e le diede subito dopo le spalle - Vi auguro un buon giro della scuola, allora! Confido in te, Jacob. Almeno tu, cerca di non deludermi. Mi raccomando.

Sarah non esitò a ricambiare, scagliandogli un disgustato sguardo di disapprovazione, non sapendo chi odiare di più tra me e il preside, anche se l'opzione corretta sarebbe comunque finita per essere... la prima.

- Sarah, ascoltami... - mi avvicinai a lei, afferrandola per il braccio.

- No, ascoltami tu. - si girò con coraggio verso di me e staccò subito il mio braccio dal suo - Adesso io chiamo quei due, e poi faremo questo cazzo di giro della scuola. Ma tu... dovrai stare in silenzio. Non vorrò sentire neanche volare una mosca, dovrai tenere cucita quella cazzo di bocca che ti ritrovi. Proprio come avrei dovuto fare io quella sera, prima che Henry... merda, forse è meglio non nominarlo nemmeno.

- Beh, almeno ti ricordi ancora di lui. Wow, mi sorprendi. - esclamai con ironia.

- Che cosa?! Credevi davvero che mi fossi dimenticata... fanculo, Jacob.

Sarah si allontanò brevemente da me, rimanendo comunque visibile ai miei occhi, e andò alla ricerca dei suoi due amici con i quali era venuta a scuola, richiamandoli e riferendogli di tornare davanti l'ingresso della palestra, il luogo in cui sarebbero riusciti a trovare noi due.

Entrambi, quel ragazzo e quella ragazza, giunsero da noi in un batter d'occhio, senza farci aspettare troppo tempo e con lo zaino già pronto in spalla.

Non sapevo il nome del ragazzo con cui lei si trovava, assieme all'altra ragazza, ma ero comunque riuscito a intuire il nome di quest'ultima.

Esso era... Hilary.

Chi poteva mai essere?

Il nome non l'avevo mai sentito prima, eppure... quella ragazza dai capelli ricci mi trasmetteva una certa aria familiare.

Ma qual era il vero motivo di tutto ciò?

Il passato ha fatto il suo ritorno, Jacob.
.itrednerp a otunev è ...otassap lI

SPAZIO AUTORE

Sono riuscito a mettere abbastanza suspense con quella frase finale?🤭

Ebbene sì... Sarah è tornata.

Dopo trentacinque capitoli in cui è completamente sparita, ma è (finalmente?) tornata.

Lo so già. Alcuni saranno felici per il suo ritorno... ma molti altri no. 😂

Quindi, cosa ne pensate di questo capitolo? Ve gusta? 🥰

È stato davvero strano quel sogno di cui Jacob ha parlato... che voglia dire qualcosa? 🤔

E ultima cosa, alla quale dovreste fare molta attenzione... chi è "Hilary"? 🙈

Nel prossimo capitolo saprete molto di più su quest'ultima... e ne vedremo delle belle, fidatevi.

Scusate la lunghezza di questi ultimi capitoli, ma mancano ancora proprio gli ultimi due e dopodiché giungeremo alla conclusione del solo primo atto della storia.

Non scherzavo quando vi dicevo che questo è soltanto l'inizio. 🙃

Spero che, nonostante la lunghezza, il capitolo vi sia piaciuto e sia risultato scorrevole.

Fatemi sapere le vostre considerazioni nei commenti, ci conto! 💞

Gæb🍹

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