Capitolo 49 - Parentela Sconosciuta

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

A seguito dell'acceso e provocatorio dialogo del preside, rivolto unicamente a Sarah, a causa della sua presunzione e della sua odiosa ed irritante acidità, io e lei uscimmo a gambe levate dalla palestra della scuola e ci dirigemmo immediatamente verso l'atrio, tentando in tutti i modi possibili di evitare ogni contatto col dirigente scolastico, il quale, molto probabilmente, non sarebbe stato poi così felice rivedere Sarah col suo gruppetto di nuovi amici.

Già... i suoi due nuovi amici.

Una ragazza e un ragazzo, più o meno della nostra stessa età.

Entrambi, mentre tutti e quattro stavamo proseguendo il nostro cammino, si guardavano continuamente le spalle, come se il loro obiettivo principale fosse quello di coprire Sarah e garantirle la massima sicurezza possibile.

Tra i due, la ragazza era quella persona che più riusciva a trasmettermi una certa... familiarità.

Eppure, fino a quel momento... non avevo mai visto nessuno di loro. Era effettivamente la prima volta nella mia vita che incrociavo il loro sguardo.

Lo senti...
.idev ol non am ...

- Chi diavolo sono questi due? - sussurrai a Sarah, senza fermare il passo.

- Vedi di farti i cazzi tuoi, Jacob.

Quella fu la sua amara risposta, che mi sbattè contro senza neanche rivolgere lo sguardo verso di me e continuando a camminare a testa alta.

Tuttavia, la sua amica notò in un batter d'occhio quella risposta assai pungente, così decise di avvicinarsi ancora di più a noi due e tentò di aprire una conversazione con me.

- Quindi... voi due vi conoscete già! - esclamò lei, intrufolandosi in mezzo a noi due e facendoci dunque distanziare l'uno dall'altra.

- Hilary, ne abbiamo già parlato prima! Non costringermi a ripetertelo una seconda volta. - sbattè Sarah un colpo sulla sua spalla, facendola immediatamente zittire.

Ed è qui che la lepre cadde nella sua trappola.

Tutti i miei dubbi sull'identità di quella ragazza dai capelli ricci erano finalmente stati dissolti da Sarah stessa... o quasi.

Il nome riguardante la sua amica, che avevo sentito uscire dalla sua bocca poco prima all'interno della palestra, si rivelò essere corretto.

Hilary.

Hilary... chi diamine poteva mai essere?

Nessuno, direte voi.

Qualcuno, direi io, di... importante.

- Grazie dell'informazione. - sfottei Sarah, eseguendo un fastidioso sorrisino - Piacere di conoscerti, Hilary.

- Piacere mio... Jacob Johnson.

Hilary mi strinse fortemente la mano, fissandomi con uno sguardo davvero strano ma che sembrava essere allo stesso tempo anche orgoglioso, e facendomi notare che lei era a conoscenza dal mio nome completo già da prima.

- Qualcuno ha spifferato qualcosa su di me, vedo. - le risposi facendo finta di non impressionarmi troppo delle precoci informazioni in suo possesso.

- Beh, ecco... sì, una persona qui intorno potrebbe avermi già parlato di te. - gesticolò Hilary, lanciando qualche sguardo a Sarah e facendole comprendere l'imbarazzo che stava provando in quel momento.

Una volta arrivati davanti alla porta d'ingresso, mi posizionai davanti agli altri e l'aprii con delicatezza, conferendo a Sarah, a Hilary e all'altro ragazzo che si trovava con noi il migliore e più confortevole ingresso possibile, e in maniera tale anche da accaparrarmi nuovamente la fiducia di Sarah, che avevo perso ormai sei anni e mezzo prima.

Tentai anche di mostrare adeguatamente la mia persona a Hilary e al ragazzo nuovo, nascondendo i miei fastidiosi e irritanti lati negativi, un po' come i miei improvvisi attimi di tristezza e di solitudine e qualche mia brusca irritazione verso la gente che mi circondava.

Per quanto riguarda invece il ragazzo che si trovava al nostro fianco... egli continuava ad essere, almeno in mia presenza, molto silenzioso, anche più di Miguel.

Mentre spingevo la porta in avanti, riuscivo a notare dal riflesso della porta vetrata che quel ragazzo mi stava osservando in una maniera assai grottesca, seguendomi costantemente con lo sguardo e mantenendo sempre la sua bocca interamente cucita.

Sarah e Hilary, invece, si stavano sussurrando qualcosa all'orecchio l'una con l'altra, probabilmente farneticando qualcosa di particolare su di me, o magari sulla mia apparenza.

- Ed eccoci qui. - li feci entrare mostrando un'elevata cortesia - Benvenuti alla Westminster's Royal High School, persone che sanno di me nonostante io non vi conosca completamente. Eccetto per te... Sarah. Io ti conosco fin troppo bene.

- Già... ti conosco anch'io fin troppo bene, Jacob. - si avvicinò ulteriormente Sarah a me - Sopratutto dopo quel particolare momento...

Sapevo già cosa Sarah era in procinto di rinfacciarmi, con la volontà di rievocare nella mia testa i ricordi più dolorosi del nostro passato, ma, fortunatamente, dinanzi a noi ritrovammo Amelie insieme a tutti gli altri, seduti sulle scale che portavano al piano superiore e impegnati a dialogare appassionatamente tra di loro.

L'unica persona che si trovava in piedi era Chris, impegnato a gesticolare e a parlare con gli altri riguardo alla famosa e tanto chiacchierata squadra di rugby della nostra scuola.

- Ma certo. Sì, sì. La squadra sembra essere proprio una bomba, ma quel cazzo di ragazzo moro mi fa salire sempre sui nervi! E per non parlare di quell'altro, il suo amichetto. Merda, se solo dovessi ritrovarmelo davanti ai miei occhi...

- Beh, però non potresti assolutamente obiettare se ti dicessi che... - intervenne Carmen, affogando in un'immensa risata.

- "Beh, però non potresti assolutamente obiettare se ti dicessi che il leader dello squadra è un gran pezzo di manzo!". Mi ci gioco le palle che stavi per dire questo, e non dire un'altra parola, ti prego. - le tappò bruscamente la bocca Miguel.

- Vaffanculo. - le rispose Carmen con molta schiettezza.

- Quoto. Fanculo, Miguel. - la seguì Beatriz a pari passo.

Chris salì le scale e, in mezzo a tutto quell'alone di odio che si attenuava tra quei tre spagnoli, raggiunse Amelie, la quale si trovava ancora seduta sul quarto gradino in salita, silenziosa e attenta ad ascoltare la loro conversazione.

Essa riusciva a conferirle quel minimo di intrattenimento che tanto le serviva per distrarsi e per provare a fare finta di non aver nemmeno incrociato lo sguardo della persona che meno, in quel momento, avrebbe voluto incontrare nuovamente.

Quella persona che era riuscita a ritrarre in Amelie quell'espressione così irritata e per la quale lei si sentiva particolarmente a disagio, era ovviamente... Sarah.

- Vedo che mandarvi a fanculo è ormai diventata una passione per voialtri! - esclamò Chris, appoggiandosi lievemente al corrimano della scala e tenendo le braccia incrociate sul petto.

Calò immediatamente un profondo e inquietante silenzio di tomba, durante il quale lo sguardo di ciascuna persona che si trovava lì intorno mirò freddamente al volto di Chris, come se tutti si stessero preparando ad attaccarlo senza alcuna pietà.

Lui si guardò attorno e sbattè leggermente il suo piede destro sulla coscia sinistra di mia sorella, alla ricerca di qualcuno che intervenisse e che frantumasse quell'oscuro silenzio.

- Penso che ora come ora loro abbiano voglia di mandare a fanculo pure a te, Chris. - suggerì Amelie con assoluta calma, dedita ad accarezzare dolcemente i suoi lisci e scuri capelli, che cadevano sulle sue spalle.

Spinto da Sarah e Hilary, stanche di restare lì ad assistere a quella stupida scenata, m'incamminai verso gli altri e feci immediatamente irruzione nella loro conversazione, riferendo a coloro che si trovavano dietro le mie spalle di seguirmi.

- Magari la prossima volta imparerai che spesso è meglio giacere nel silenzio, piuttosto che mettere il dito nella piaga. - affermai posizionandomi dinanzi a loro - E che piaga, oserei aggiungere...

Nell'esatto momento in cui la mia voce cominciò a vacheggiare nell'aria, Amelie sollevò d'istinto lo sguardo e si rialzò in piedi, per poi scendere rapidamente le scale e correre verso di me.

Ma Chris, intento anche lui a raggiungermi e a darmi una pacca sulla spalla, scese le scale prima di lei e la bloccò, precedendola di alcuni secondi.

- Oh, ed eccolo qui il nostro carissimo Jacob Johnson! In compagnia di... ehi, sbaglio o quelle che vedo sono altre facce nuove? - mi domandò Chris insospettito con un filo di voce, avvicinandosi verso di me.

- Pensi male, mio caro Chris. O almeno, pensi male a metà. - dissi grattandomi il capo e dando un'occhiata ad Amelie, sperando che lei si stesse sentendo meglio.

Mia sorella strattonò Chris, facendolo levare di torno, e, senza nemmeno riferire una singola parola, si precipitò su di me, stringendomi tra le sue braccia e conferendomi in un solo attimo tutto l'affetto che lei provava per me, tenendo gli occhi socchiusi.

Tuttavia, mentre eravamo impegnati ad abbracciarci, Amelie spalancò nuovamente i suoi occhi, e davanti ad essi si prostrò la cara e nostalgica figura di Sarah, la quale continuava a rimanere in silenzio assieme a Hilary e all'altro nuovo ragazzo.

La reazione di Amelie, come poteva essere prevedibile, fu terribilmente spietata.

Alla sua vista, Amelie si staccò prontamente da me e mi spinse lateralmente, seppur contenendo la sua forza, facendosi così strada verso Sarah e piazzandosi letteralmente di fronte al suo volto.

- Tu... tu eri stata molto chiara. Avevi detto che non saresti più tornata, eppure... adesso ti ritrovi davanti a me. Ed è per questo che voglio sapere, Sarah... perché? Perché?! Perché diamine sei qui, Sarah?! - urlò Amelie facendosi sopraffare dalla collera, in cerca di risposte.

- Amelie, ascolta... - provò lei a prendere parola.

- Non ho niente da ascoltare, Sarah. Il solo doverti vedere mi fa accecare dall'ira, e non puoi comprendere quanto vorrei vederti a terra distrutta, dopo tutto quello che hai fatto a noi e dopo... essertene andata in questa maniera così assurda e ingiusta!

- Posso spiegare, Amelie. - tentò Sarah di tranquillizzarla, poggiando le sue mani sulle spalle di mia sorella.

- E levami le mani di dosso! Cosa avresti da dire a tua discolpa? Oh, aspetta, so già cos'hai in mente di dire. "Amelie, ascolta... ho perso, anzi, ho abbandonato i miei amici e non sono riuscita a trovarne di nuovi, quindi eccomi qui, tornata dal fottuto nulla cosmico!". Se è così che vuoi rimediare alle tue azioni... beh, fattelo dire. Mia cara, sei molto lontana dalla tua destinazione. - concluse mia sorella, continuando a guardarla dritta negli occhi.

- Cosa stai dicendo... cosa cazzo stai dicendo, stronza?!

Sarah perse la pazienza e spinse Amelie verso di me, facendola scaraventare sul mio corpo, ma fortunatamente io riuscii ad afferrarla nel momento giusto affinché la sua faccia non sbattesse fortemente contro la mia.

Mia sorella, di conseguenza, non appena prese coscienza della violenta azione di Sarah nei suoi confronti, decise di ripagare più o meno con la stessa moneta, divorata dal rancore e dal senso di odio, alzò il braccio destro, chiuse il pugno, lo caricò per qualche secondo, e poi... lo sferrò violentemente contro la faccia di Sarah, trasmettendole tutta la rabbia e la tristezza di cui lei era stata vittima in quegli ultimi anni, proprio a causa del suo abbandono.

E pensare che fino a sei anni e mezzo prima entrambe sembravano quasi essere migliori amiche... adesso, invece, davano l'aria di essere diventate due temibili avversari, una posta contro l'altra.

D'altronde... è così che funziona la vita.

Le persone dicono che staranno per sempre al tuo fianco, ma...
.oniciv itrats id atnif erpmes onnaf ,àtlaer ni ...

Beatriz, Carmen e Miguel, invece, non appena notarono la disputa che si stava attenuando tra mia sorella e Sarah, si alzarono immediatamente in piedi e corsero verso di noi, tentando disperatamente di bloccare mia sorella e di fermare il loro acceso e ineffabile scontro.

- Sto dicendo che sei una codarda, una bastarda! - continuò Amelie a urlare contro - Una...

- Amelie, Amelie! - la fermai - Maledizione, ci stanno osservando tutti.

Girai rapidamente lo sguardo e notai che era lì presente, dietro di noi, una folla di ragazzi e ragazze intente ad assistere allo scontro tra Amelie e Sarah, invece di intervenire e tentare di trovare un rimedio per porre fine al loro conflitto.

Tra di essi si attenuava un forte coro, che incitava ed urlava ad Amelie di mettere ancora più grinta e di sferrare un secondo colpo, ancora più potente, a Sarah.

- Metti più potenza e carica ulteriormente il pugno, Amelie! - gridarono le ragazze, tenendo nelle loro mani i propri telefono e filmando l'accaduto.

- Il prossimo sferralo dritto verso il suo stomaco! - urlarono i ragazzi, eseguendo delle smorfie ed avvicinandosi sempre di più alle due nemiche.

Enormemente infastidito dalle urla e dalle gesta di tutti quegli spettatori, per obbligo morale, dovetti staccare le mie mani da Amelie e raccomandai a Chris e agli altri membri del nostro gruppo di fermarla, per far sì che venisse messa fine a quell'aggravata rissa una volta per tutte.

Una volta allontanatami da questi ultimi, mi diressi a passo pesante verso la folla, ancora impegnata a lanciare forti urla e ad eseguire incessantemente una serie di video per mezzo dei loro telefoni, e, dopo aver perso ormai del tutto la pazienza, decisi di metterli a tacere... alla mia maniera.

- Si può sapere che cosa c'è di così bello da guardare? Vi conferisce forse una sorta di... soddisfazione, assistere ad una scena così assurda e sofferente come questa? Eh?! Perché non accorrete tutti in massa, proprio come state facendo in questo momento, anche quando una persona si chiude in se stessa, sprofonda nella più dolorosa e perenna tristezza e si trova in grave difficoltà, tentando disperatamente di far comprendere la sua dannata e decadente situazione emotiva? Perché fate notare la vostra presenza solo nei momenti in cui vi conviene e in cui una persona ha già perso il controllo di se stessa? Perché? Esigo adesso una cazzo di risposta, dannazione! Perché?!

In quel preciso istante, la folla cadde in un intenso e profondo silenzio.

Miguel, approfittando del temporaneo momento di quiete, scese dalle scale in cui egli si trovava ancora appollaiato e si recò velocemente da me, afferrandomi per il braccio destro e provando a fermarmi.

- Jacob, adesso basta. - tentò lui di tirarmi indietro.

- Levati di torno, Miguel. - lo spinsi nella direzione opposta alla mia - Nessuno lo ammette! Nessuno ha il coraggio di pronunciare queste precise parole, e... "Perché?", vi chiederete voi. È semplice. È così fottutamente semplice! Tutti hanno paura di dire le cose per come stanno davvero. Nessuno ha il coraggio di aiutare una persona che si trova in difficoltà, solo perché vittima di una fottuta paura di essere escluso dal resto della gente che popola questa cazzo di scuola. E sapete a cosa può portare tutto questo? Sapete a cosa può portare ridere su una persona che sta soffrendo interiormente, anche se non riesce a trasmettere esternamente le stesse emozioni che si stanno attenuando dentro di lei? Può portare al...

Beatriz e Amelie corsero immediatamente verso di me, nel tentativo di farmi zittire una volta per tutte e per non creare alcun disagio ai nuovi arrivati: Sarah, Hilary e il ragazzo silenzioso.

Tuttavia, il mio istinto ebbe il sopravvento e le fermai immediatamente, strattonandole verso Miguel e gli altri.

- Può portare allo stramaledetto suicidio, cazzo! - terminai la frase, ghiacciando così l'intera platea, inclusi Amelie e tutti gli altri - Comportarsi in questo modo, significa trattare di merda una determinata persona. Ed è proprio questo, ciò che le gente che si aggira in questa scuola esegue. Mi rivolgo specialmente a voi, nuovi arrivati!

Sarah distolse lo sguardo da terra e lo rivolse direttamente verso i miei occhi, restando attentamente in ascolto del discorso che stavo effettuando dinanzi a tutta quella folla. La sua azione, come prevedibile, venne copiata da Hilary e dall'altro ragazzo.

- Inizialmente possono sembrare essere cortesi, simpatici, raffinati, o quel cazzo che pare a loro. Peccato che sia tutta una pura illusione, dato che le persone che ci stanno circondando, proprio in questo momento, sono tutte dei mostri, e nient'altro. - polemizzai su tutti i presenti - Sono tutti tanto carini finché non ti portano ad ammazzarti, ma prima o poi, cari miei... il segnale d'emergenza arriverà.

Tutt'a un tratto, il mio lungo e acceso discorso venne bruscamente interrotto da una voce rauca, la quale era alle mie orecchie completamente sconosciuta, fino a quel momento.

- E allora dicci, Jacob Johnson... quando dovrebbe arrivare questo fatidico segnale?

Essa era la voce del ragazzo misterioso che si trovava in compagnia di Sarah e Hilary che, finalmente, stava cominciando a far dileguare tutto il mistero che si aggirava attorno alla sua figura e a mostrare la persona che egli era davvero.

M'incamminai verso di lui, allontanandomi dunque brevemente da quella folla, e mi preparai a dargli l'adeguata risposta che tutti meritavano di ricevere, ma venni improvvisamente fermato da Hilary, la quale prese parola con lui e svelò un suo particolare dettaglio.

- Igor... non credo proprio sia il momento giusto per parlare di... questo argomento. - lo fece tacere in un solo istante Hilary, chiamandolo finalmente per nome - Forse è meglio che ce ne andiamo, non vorremmo mica rovinare il tanto particolare quanto delicato momento di Jacob. Non lo pensi anche tu, Sarah?

Il quadro sembrava essere ormai completo.

Anche il nome di quel ragazzo assai misterioso era stato infine svelato, seppur riferito senza il cognome... proprio come nel caso di Hilary.

Ci avevate fatto caso?

Hilary e Igor.

Ma qual era la loro completa e reale identità?

Nonostante il mucchio di dubbi e di domande che ammassavano la mia testa, cercai di mantenere la calma e invitai loro di restare ancora con noi, degnandoci della loro presenza.

- Oh, no, resta qui. Restate pure qui, entrambi. E sì... mi rivolgo anche a te, Sarah. - raccomandai loro di non allontanarsi da tutti noi - Quindi è così che ti chiami... Igor. Bene, Igor... sappi che il segnale d'allarme arriva sempre nel momento in cui quella specifica persona perde la pazienza e decide di abbandonare tutto e tutti, fregandosene della reazione degli altri, come gli altri se ne sono sempre altamente fottuti il cazzo del caos che si attenua nella sua mente.

Erik e Zach, i quali erano dovuti ritornare nella palestra per trovare il preside che sembrava essere completamente sparito dai radar, aprirono la porta d'ingresso e notarono all'istante la folla che si era creata davanti ai loro occhi.

- E quando questo momento giungerà... sarà ormai troppo tardi per agire, Igor. - terminai il mio discorso, nella speranza di essere stato abbastanza chiaro con tutti i presenti, sopratutto con Igor.

Quell'Igor... non me la raccontava per niente giusta.

Ma proprio quando le urla e i sussurri tra tutte quelle persone sembravano essere finalmente terminate, un forte e singolo applauso riuscì ad attrarre l'attenzione dell'intera platea... me compreso.

- Parole sante, Jacob. Parole sante!

Quella voce... quella maledetta voce... era la sua.

Un uomo sulla quarantina si fece strada in mezzo a quella folla di ragazzi, progredendo il suo cammino affinché riuscisse a recarsi da me senza alcuna limitazione.

Appena riuscii ad incrociare lo sguardo, i miei occhi si spalancarono completamente e rimasi sconvolto dalla figura che si prostrò dinanzi a me.

Quella persona era... era ancora lui.

- Nicholas... Nicholas, sei tu? Sei davvero... qui, con noi?

Nicholas Bell aveva nuovamente fatto la sua comparsa, nel momento in cui meno mi sarei aspettato di rivederlo.

Come al suo solito, dopotutto... nel momento e nel luogo in cui meno una persona si aspetterebbe di rivedere il suo agghiacciante volto.

Aspettati di tutto, Jacob.
.otnemom olognis ingo nI

- Ci si rivede... Jacob Johnson. - affermò lui, continuando a muovere lentamente il passo in avanti - Chissà come sarebbe il mondo se tutti la pensassero alla tua stessa maniera. Credimi, sarei davvero molto curioso di assistere ad una cosa simile.

Al suo fianco figurava Roxanne Collins, la madre di Henry, nonché apparente moglie di Nicholas. L'ultima volta che l'avevo vista, in quel momento, risaliva ormai a tre anni prima, ossia quando entrambi, moglie e marito, avevano bussato nel pieno della notte alla porta di casa nostra, cogliendo di sorpresa l'intera mia famiglia e Beatriz, la quale era nostra ospite durante quella particolare serata.

Dietro di Nicholas, fece invece la sua comparsa il preside, che sembrava finalmente essersi convinto del fatto che le lezioni avrebbe dovuto avere immediatamente inizio, affinché venisse aggirato l'incombere di un'altra, ancora più amara e violenta, discussione.

Egli, col solo far notare la sua presenza, riuscì a far allontanare gran parte della folla e richiamò Nicholas, il quale era effettivamente il vero intruso all'interno di quella drammatica situazione.

- Ma che diamine sta succedendo qui? E lei chi è, invece? Signore! Signore, sto parlando con lei! - ricevette Nicholas una sonora e fastidiosa sgridata da parte del preside.

Nicholas fece subito marcia indietro e si apprestò a dirigersi verso il preside, evitando di subire altri suoi richiami.

- Salve, signor preside. - stringette cortesemente Nicholas la sua mano - Sono... Bell. Nicholas Bell.

La reazione del preside alla sua affermazione fu davvero molto anomala, e... inquietante.

Dopo aver stretto la mano di Nicholas, egli rimase quasi paralizzato dal suo sguardo e fece molta fatica a proferire nuovamente parola, quasi come se la sua sola vista lo stesse terrorizzando a morte.

- Oh, ehm... m-ma certo, lei è il signor Bell! S-Senta, forse è meglio se ci accomodiamo nel mio ufficio, in maniera tale da discutere pacificamente e senza disturbi di alcun tipo. - balbettò il preside, in preda al panico.

- Ma certo, non fa alcuna differenza per me. Mi faccia pure strada... signor preside. - replicò Nicholas, mantenendo un'estrema calma e una certa raffinata... classe.

- Per quanto riguarda invece tutti voi, ragazzi e ragazze... filate tutti in classe, e non ho alcuna intenzione di rivedere scenate del genere! Mi sono spiegato abbastanza bene, Jacob? Esigo che tu mantenga il controllo di te stesso, d'ora in avanti. - mi rimproverò lui, minacciandomi col suo sguardo.

Entrambi, il preside e Nicholas, quest'ultimo sempre accompagnato da Roxanne, si diressero rapidamente verso le scale che avrebbe portato al piano superiore, nel quale si trovava il tanto riservato quanto aggirato, da tutti gli studenti, ufficio del preside, nel quale avrebbe probabilmente avuto luogo una particolare conversazione tra quei due uomini.

Ma Nicholas, nel preciso istante in cui salì il primo gradino, eseguì una brusca fermata e si girò nuovamente verso di me, riferendomi un'ultima cosa prima di sparire dalla mia vista.

- Ricordati delle mie parole, Jacob. Controlla sempre le tue emozioni, o prima o poi saranno loro stesse a controllare te. Non dimenticare mai ciò che ti ho appena detto... come non devi scordarti delle parole che ti dissi anche in passato. Confido in te. Confidiamo tutti in te. Addio... Jacob Johnson.

Con le sue ultime e solite parole colme di grande verità e saggezza, egli riuscì ancora a sorprendermi, lasciandomi di sasso e incapace di pensare ad una risposta abbastanza adeguata da riferirgli.

Riflettei profondamente sulle sue parole, ma il preside frantumò subito quella silenziosa e misteriosa atmosfera, invitando tutti noi alunni a dirigerci in classe, in maniera tale da dissolvere l'intera rumorosa folla e iniziare le lezioni del nuovo anno scolastico.

- LO SPETTACOLO È FINITO, NON C'È PIÙ NIENTE DA VEDERE! E ADESSO FILATE TUTTI IN CLASSE, FORZA! VIA, VIA, VIA!

Come ordinato dal preside stesso, tutti i ragazzi lì presenti si sparpagliarono tra di loro e ognuno raggiunse la propria classe.

Io mi raggruppai rapidamente con Amelie, Beatriz, Carmen, Miguel, Chris, Erik e Zach per recarci tutti insieme in aula, ma notai che Sarah, Hilary e Igor si sentivano ancora parecchio disorientati.

Così, senza riflettere e senza valutare se stessi facendo la cosa giusta, decisi di invitarli nel nostro gruppo, dato che anche loro dovevano fare ingresso nella nostra stessa classe.

Inizialmente, Igor sembrava essere parecchio contrario alla mia proposta, ma Sarah e Hilary riuscirono presto a convincerlo ed accettarono infine il nostro invito, avvicinandosi al nostro fianco, seppur mantenendo leggermente le distanze, e dirigendosi assieme a tutti noi verso l'aula nella quale avrebbe finalmente avuto luogo la prima lezione del giorno.

Una volta arrivati in classe, ognuno di noi si apprestò a fare la propria scelta sul posto che avrebbe occupato: io mi sedetti accanto ad Amelie, Beatriz accanto a Carmen, Chris accanto a Miguel, Zach accanto ad Erik, mentre Sarah, Hilary ed Igor riuscirono agilmente ad unire due banchi, dando forma ad un unico grande banco, grazie al quale essi poterono restare insieme, senza alcun bisogno di separarsi.

Sarah... Sarah sembrava essere ormai riuscita a trovare dei nuovi amici con cui stare, come se si fosse già dimenticata dei suoi vecchi amici, con i quali aveva passato la sua magnifica e particolare infanzia.

Prima di sedermi, la fissai profondamente nei suoi occhi. Mi persi in essi, e, dopo aver incrociato il mio sguardo, neanche lei esitò ad intrappolare sé stessa nei miei.

Lei cercava in tutti i modi possibili di non incrociare il mio sguardo, di non rivolgermi la parola... ma sapeva già che nulla di tutto ciò era possibile.

Il nostro legame era destinato a non spezzarsi, e la causa di questo... era il nostro passato.

Come avremmo potuto, ognuno di noi due, io e Sarah, fare a meno dell'altra persona?

Dopo tutto quello che avevamo passato.

Dopo tutti gli anni trascorsi insieme, intrappolati in una beata e fantastica armonia.

Dopo quell'ultimo anno in cui, prima che lei abbandonasse tutti noi, quando eravamo ancora dei dolci e innocui bambini, il nostro infantile e prosperoso amore aveva prevalso su tutto, non permettendoci di separarci mai l'uno dall'altra.

Ma tutto questo ebbe una triste fine, lo sapete già perfino voi stessi.

Tutto questo beato e grazioso gaudio durò a lungo, finché... finché Henry non decise di stravolgere le nostre vite.

A partire da quel momento... tutto si stravolse.

La nostra vita non sarebbe più stata la stessa.

È inutile conferire la colpa all'innocente, maledetto ipocrita.
.bocaJ ,aut asuac rep etnemacinu e otnatlos otunevva è ...òic ottuT

Mentre continuavo ad osservare Sarah, affiancata da Hilary e Igor, che si trovavano rispettivamente alla sua destra e alla sua sinistra, un'acuta voce femminile risuonò nelle mie orecchie.

- Johnson! Jacob Johnson!

Sobbalzai in aria e rivolsi lo sguardo verso la direzione dalla quale proveniva quella voce, e scoprii che essa apparteneva alla professoressa che sarebbe stata con noi per la prossima ora.

- Oh... m-mi scusi, professoressa. Che cosa... che cosa c'è?

- Jacob... - sbuffò la professoressa, incrociando le braccia sul petto - Ma che diamine ti prende certe volte? Allora, ci sei o no?

- Io, ehm... sì, no, cioè... c-ci sono. - balbettai confuso.

- Jacob...! - mormorò mia sorella, la quale si sarebbe seduta al mio fianco, per la prima volta dopo tanti anni - Siediti, e smettila di guardarla. Ti prego.

Tirai indietro la sedia e mi sedetti su di essa senza proferire parola, accontentando così Amelie e raccogliendo lo zaino dalle mie spalle.

Da esso, estrassi il libro e il quaderno di scienze richiesto dalla professoressa e lei, senza nemmeno regalarci una sorta di bentornato, si diresse presso la lavagna e afferrò un pennarello blu dall'apposito contenitore.

Diamine, non l'avesse mai fatto.

Dal momento in cui il libro del docente venne aperto e il profumo delle sue pagine invase le narici di tutti i presenti in classe, ella iniziò senza perdere altro tempo a presentare l'intero programma che avremmo dovuto affrontare nel corso del nuovo anno scolastico, indossando i suoi indistinguibili occhiali con le lenti tonde, ed effettuò un breve riepilogo degli argomenti passati.

Mentre la professoressa continuava a farneticare senza un minimo di sosta, io e tutti gli altri ci guardavamo negli occhi, torturati dalla sua odiosa ed irritante voce, e ci mandavamo dei messaggi tramite i nostri telefoni, facendoci scappare spesso qualche fragorosa risata.

- Jacob. - sussurrò Amelie - Cosa ne pensi dei due... nuovi amici di Sarah? Dannazione, come si chiamavano...

- Hilary e Igor, Amelie. - feci rimuovere ogni suo dubbio, mantenendo un tono freddo della mia voce - Si chiamano rispettivamente Hilary e Igor...

Dopo aver nascosto il telefono all'interno del mio portacolori, in maniera tale da evitare di ricevere un qualsiasi rimprovero dell'ormai insopportabile professoressa, mi guardai nuovamente intorno.

Tutti i volti che osservavo erano rivolti verso il basso, illuminati dallo schermo acceso dei loro smartphones. Cominciai a pensare di essere l'unico idiota a non usarlo in quel momento, ma poi riuscii ad individuare nuovamente Sarah.

Lei si trovava sempre seduta al suo posto. Hilary e Igor erano invece impegnati a parlare tra di loro, mormorando qualcosa sulla classe e su qualcuno in particolare, ma Sarah... Sarah mi stava osservando, senza dare ascolto alle parole di quei due.

Aveva il gomito poggiato dritto sul loro banco, e sulla sua mano destra posava invece il suo dolce mento. L'altra sua mano era invece dedicata a giocare coi suoi capelli dorati, allisciandoli costantemente, mentre i suoi ammirevoli e sublimi occhi azzurri che richiamavano un freddo ghiaccio stavano invece mirando il mio sguardo da ormai qualche minuto.

Aprii la mano e alzai leggermente il braccio destro per accennarle un saluto, ma venni sconfitto dal mio stesso imbarazzo.

Il solo ammirarla riusciva a creare dentro di me una forte agitazione, capace di farmi cadere nel panico più totale, accompagnato anche da una moltitudine di disagio emotivo, probabilmente dovuto ai particolari e drammatici ricordi del nostro passato.

Dopo circa quarantacinque minuti, la lezione di scienze ebbe finalmente fine. Io, mia sorella e tutto il resto della classe ci alzammo dalla sedia per spostarci e andare a discutere con gli altri del nostro gruppo su quanto era stata noiosa e distruttiva la lezione della professoressa, la quale ripose tutti i suoi libri e la sua... robaccia, dentro il suo enorme borsone e si diresse in fretta e furia verso l'uscita della classe.

- Wow, ragazzi e ragazze... adesso posso davvero dirlo. Che inizio di merda! - esclamai sbattendo le mani sul banco di Miguel e Chris.

- Già, è stato davvero snervante. - mi appoggiò Amelie, raccogliendo lo zaino da terra e poggiandolo sopra il nostro banco.

- Quanto snervante, in una scala da uno a dieci? - s'immischiò Chris.

- Penso che ognuno sarebbe d'accordo con me se dicessi... dieci. - rispose Carmen con voce seccata, seguita dell'appoggio di Beatriz e Miguel.

Questi ultimi due annuirono all'affermazione di Carmen, ma continuarono a restare molto silenziosi. Anche fin troppo, forse.

Cosa c'era tra quei due che non andava?

Ma improvvisamente, tre ombre, visibili grazie alla luce del sole che proveniva dalle finestre dell'aula, si avvicinarono al nostro banco.

- Fuori scala. Sarebbe probabilmente un numero fin troppo elevato, che andrebbe oltre ad un misero dieci.

Quella... era la voce di Hilary, la nuova amica di Sarah.

- Sai, non l'avrei mai detto, ma mi trovo d'accordo con te... Hilary. - le dissi sedendomi sopra il banco, osservandola attentamente.

Capii immediatamente a chi appartenevano quelle ombre, notando che al suo fianco si trovavano Igor e Sarah.

Quest'ultima manteneva le distanze, evitando di incontrare nuovamente il mio sguardo.

- Oh, ma che onore! - esclamò Hilary di fronte a me - Ascoltami bene, tipo tosto. Devo prima farti una domanda, e poi riferirti una cosuccia. Quale vuoi sapere prima?

- Beh... - mormorai lanciando rapidamente uno sguardo a mia sorella, la quale si trovava dietro di me - Andiamo prima con la domanda.

- Perfetto! Allora, tu hai proprio l'aria di essere un fumatore provetto, amico mio. Perciò... hai una sigaretta in più che offriresti a questa gentil e raffinata signora?

- Sì, forse. - mi alzai dal banco e intrufolai le mie mani nella tasca destra della mia giacca nera, alla ricerca del pacchetto di sigarette - Ma prima dimmi, Hilary... perchè mai dovrei conferirtela?

Lei roteò gli occhi e rivolse per un attimo lo sguardo verso Sarah e Igor, effettuando una fragorosa e stridula risata.

- Vediamo, qualche mio lato positivo... tu riesci a trovarne qualcuno, Sarah? - le chiese Hilary, con la volontà di farla entrare nella conversazione.

Ella continuò a tacere e notai che mi stava osservando con uno strano sguardo, forse sconvolta dal radicale cambiamento che avevo subito negli ultimi anni trascorsi senza di lei.

- Oh, trovati! Sono simpatica, sarcastica, molto sarcastica... - evidenziò Hilary sussurrando al mio orecchio - ... piuttosto lunatica, e anche estremamente stronza. Ecco, quest'ultimo non so se considerarlo come un fattore positivo o negativo, ma... insomma, è abbastanza?

- Andata. - scoppiai a ridere e le offrii gentilmente la sigaretta.

Hilary l'afferrò in un batter d'occhio, ma la custodì dentro la tasca sinistra della sua giacca verde scura.

- Semplice e diretto, come tutti dovrebbero essere. Ti ammiro, Jacob Johnson. Ma prima di fumare questa innocua e calorosa sigaretta... passiamo al secondo ed ultimo punto.

Beatriz, inaspettatamente, si avvicinò verso di me e si posizionò al mio fianco destro, quasi come se volesse attaccarsi a me proprio come una calamita.

Come mi sarei facilmente aspettato, Sarah la osservò con molta diffidenza, tentando di comprendere di chi si trattasse, ma non sapeva che ragionarci sù per lei era completamente inutile.

Beatriz era entrata nella mia vita all'improvviso, come un fulmine a ciel sereno, e, se è per questo, neanche io ero ancora riuscito a comprendere pienamente com'era stata possibile la nostra imprevedibile conoscenza.

- Vai, spara. - affermai curioso di ciò che lei mi avrebbe potuto dire.

- Tu, dovrai...

- Falla veloce, Hilary. - prese finalmente parola Sarah, seppur non durò a lungo.

- Okay, okay! Volevo solo creare un po' di suspence, Sarah, tutto qui. Ciò che devo dirti, Jacob... è che il preside ti ha affidato un particolare incarico.

Io, mia sorella e il resto del gruppo ci guardammo dubbiosi e confusi, ma allo stesso momento anche molto curiosi di ciò che il preside avrebbe avuto in serbo per me.

Tutt'a un tratto, Amelie afferrò la mia mano sinistra e la strinse fortemente, ricordandomi della sua affettuosa presenza.

- E quale sarebbe questo incarico? - domandò Amelie al posto mio, riuscendo a precedermi.

- Jacob deve condurre me, Igor e Sarah al proprio armadietto. Parole del preside, non mie. Ci tengo a precisarlo. - rivelò Hilary - Oh, e... ha anche detto che essi si trovano vicini al tuo, perciò immagino che non ci vorrà molto per trovarli.

Stavo per accettare immediatamente l'incarico affidatomi dal preside, ma prima cominciai a riflettere.

Se avessi accontentato Hilary e Igor... sarei dovuto stare in compagnia di Sarah, senza la presenza né di mia sorella, né dei restanti membri del gruppo.

Tuttavia, in realtà, non avevo altra scelta. Conoscevo ormai fin troppo bene il preside della nostra scuola: o accetti ciò che ti dice di fare, o... accetti.

- E va bene, allora. - replicai sbuffando - Vi ci porterò senza problemi. Basta che sia una cosa veloce, non ho alcuna intenzione di perdere altro tempo.

Hilary, Igor e Sarah annuirono immediatamente e mi offrirono di far loro strada, dirigendosi verso la porta dell'aula e spalancandola.

Prima di uscire dalla classe, raccomandai ad Amelie e agli altri di rimanere lì dove si trovavano, in modo tale che non avrei avuto problemi a ritrovarli.

Loro mi tranquillizzarono, seppur rimanendo silenziosi, ed io, assieme a Sarah e ai suoi due nuovi amichetti, mi recai fuori dall'aula.

Mentre ci dirigevamo verso il mio armadietto, vicino al quale avremmo trovato anche quelli appartenenti a ciascuno di loro tre, Sarah e Igor continuavano a rimanere in silenzio.

Io e Hilary, invece continuavamo a dialogare come se ci conoscessimo già da molti anni, e, dopo circa cinque minuti, raggiungemmo finalmente la nostra destinazione.

- Okay, dovremmo esserci. - riferii a loro - Avete ognuno il vostro codice, no?

- Sì, sì. Tranquillo, adesso ci pensiamo noi. - battè Hilary un colpo sulla mia spalla, e raccolse dal suo zaino il bigliettino nel quale c'era scritto il codice del suo armadietto.

Mentre ognuno era dedicato a immettere il codice e ad aprire il proprio armadietto, approfittai del peculiare momento e, continuando ad evitare ogni singolo contatto con Sarah, decisi di rivolgere qualche domanda a Hilary.

Magari, quella sarebbe stata l'occasione giusta per conoscerla meglio.

- Dimmi, Hilary. - mi appoggiai al muro, dopo aver esaminato per sicurezza il mio armadietto - Tu e Igor, siete... non so, amici? Fidanzati?

- Siamo fratelli, Jacob. - rimosse lei ogni mio dubbio sul loro rapporto, imprecando sull'armadietto.

- Oh, davvero? Wow... in effetti, è presente qualche somiglianza tra di voi.

Quindi... Hilary e Igor erano fratelli.

Il puzzle era sempre più completo.

Igor e Sarah riuscirono immediatamente ad aprire il loro armadietto e a posare al suo interno tutto il necessario.

Hilary, invece, stava riscontrando molti problemi nel solo immettere il codice.

Così, le dissi di fare spazio e mi offrii per aiutarla, facendomi passare il foglietto in cui era scritto il codice e tentando di aprire una volta per tutte quel dannato armadietto.

- Dammi solo un attimo, Hilary. Ci penso io. Dannazione... apriti, pezzo di merda! - imprecai contro di esso, sbattendoci anche un pugno.

- Sbatti pure tutti i pugni che vuoi, tanto a me non frega assolutamente niente. - si mise a ridere Hilary - Allora, Jacob... dimmi un po', come va la vita?

- Beh, guarda... ti dirò la verità, è un po' tutto un casino. Ma... si va avanti comunque, no?

Dalla coda dell'occhio destro, notai che Sarah stava silenziosamente ascoltando la nostra conversazione e osservando me stesso mentre cercavo di sbloccare l'armadietto di Hilary.

Igor, invece, si trovava leggermente lontano da noi, dandomi la strana impressione che lui volesse stare particolarmente lontano da me.

- Oh, sì... si va avanti, certo. - rispose Hilary con un filo di voce, spostando lo sguardo verso il basso.

- Merda, perdonami... argh, ce l'ho fatta! - urlai dalla gioia per essere riuscito finalmente ad aprire quell'armadietto che sembrava quasi essere bloccato del tutto- E a te, Hilary, invece? Come va?

- A me? Oh, a me va propria di merda. Qualcuno... qualcuno ha fatto morire il mio piccolo e affettuoso cugino.

Alla sua triste risposta, mi avvicinai verso di lei e poggiai una mano sulla sua spalla sinistra, tentando di conferirle tutto il mio appoggio possibile.

- Maledizione, questo è davvero un duro colpo... anch'io, purtroppo, ho perso qualcuno durante la mia infanzia. Era solo un mio amico. Ma era un amico... molto speciale. - le svelai tristemente, addolorato dai drammatici ricordi - Come si chiamava tuo cugino?

Lei, dopo aver effettuato un profondo respiro, tornò ad osservare Sarah e Igor, i quali continuavano a spiare la nostra amara conversazione.

Essi si avvicinarono verso di noi in una maniera piuttosto preoccupante, mantenendo lo sguardo rivolto verso di me.

Hilary, una volta che loro due si accostarono al suo fianco, mi fornì la risposta alla mia domanda.

- Mio cugino... si chiamava Henry.

Il mio cuore cominciò a battere all'impazzata, senza riuscire a darsi una regolata.

Hilary e Igor...

- H-Henry?! - esclamai allarmato, effettuando due passi indietro - Aspetta un attimo, Hilary... qual è il vostro cognome?

- Intendi il mio e quello di mio fratello Igor? Beh, esso... è Bell.

Hilary e Igor... erano i cugini di Henry.

Loro due erano... Hilary Bell e Igor Bell.

Lui... aveva ragione.

Il passato non mi aveva abbandonato.

Il passato era ancora lì.

I Bell... quei fottuti Bell, erano ovunque.

Prima Nicholas, il padre di Henry... e ora, Hilary e Igor, ossia i suoi cugini.

Te l'avevo detto che non avresti avuto scampo, Jacob.
.otaicnimoc aneppa omaibba E

- Voi due... voi siete i cugini di Henry Bell. - dissi ancora sconvolta dalla loro rivelazione.

- Esattamente, Jacob. E ci è anche giunta voce che lui sia morto... proprio per causa tua. - rispose freddamente Igor, avvicinandosi verso di me.

Come facevano a sapere già della nostra amicizia?

C'era solo un modo in cui essi erano potuti venire alla scoperta del nostro rapporto durante l'infanzia. O meglio, potevano sapere ciò soltanto grazie ad un'unica persona.

E questa era... Sarah.

Fissai Sarah con uno sguardo talmente aggressivo che niente sarebbe stato in grado di rimuoverlo, ma lei continuò a restare in silenzio.

Stavolta, tuttavia, lei non riusciva a trovare il coraggio di guardarmi negli occhi.

Le sue mani stavano tremando, e non riusciva a fermarle. Dai suoi occhi cominciarono invece a scendere delle lacrime, le quali scorrevano ininterrottamente.

Se non avesse mai fatto ciò che aveva fatto, molto probabilmente sarei rapidamente corso verso di lei per interrompere quel fiume colmo di dolore e sofferenza proveniente dai suoi occhi.

Ma così non fu.

Così, senza proferire una sola altra singola parola, m'incamminai verso la nostra classe, dove avrei ritrovato Amelie e tutti gli altri.

Cercai di aumentare sempre di più il passo, ma non riuscivo ancora a smettere di pensare a ciò che mi era stato svelato.

Adesso... avrei dovuto passare le mie giornate con i cugini del mio, ormai deceduto, ex-migliore amico.

E sopportare tutto questo... non sarebbe stato per niente facile.

Hilary Bell sembrava davvero essere una ragazza particolare. Vivace, egocentrica, e lunatica, a detta sua. I suoi lunghi capelli ricci biondo cenere arrivavano fino al suo petto, e i suoi occhi color verde smeraldo ricordavano molto quelli di suo cugino Henry.

Igor Bell, invece, non era ancora riuscito ad inquadrarlo per bene. Ma da quel poco che avevo visto, riuscii già a farmi una certa idea della persona che lui era. Sembrava essere un ragazzo presuntuoso e davvero scontroso, capace di trasmettere ad ognuno che passava di fronte a lui un certa irritazione. I suoi erano dei capelli molto particolari, mossi e di colore rosso rame. Simili dunque a quelli di Beatriz, seppur molto più scuri dei suoi, i quali erano al contrario rossi molto chiari. I suoi occhi erano invece dominati da un colore castano, molto simili ai miei.

Dopo aver effettuato tutti quei passi, sudando ancora freddo, raggiunsi la classe e davanti ad essa ritrovai Zach ed Erik, in compagnia degli altri.

- Eccoti qua, Jacob. Stavamo aspettando proprio te. - mi strinse Zach nel suo braccio destro.

- Cosa? P-Perché mai, cos'è successo? - domandai ancora scosso dal momento di poco prima.

- Rilassati, Jacob, è tutto okay. - mi tranquillizzò Erik - Dobbiamo scendere in palestra, tra poco annunceremo la nuova formazione della squadra di rugby della scuola. E, ovviamente, sarò io a fare l'annuncio. Non vorrete mica mancare, vero?

Amelie si recò verso di me, e notò subito la mia faccia ancora sconvolta. Anche Beatriz riuscì a comprendere la mia agitazione, ma presto qualcuno ci raggiunse.

Ed erano... loro. Erano ancora loro.

- Rugby? Oh, ma certo! Ci saremo sicuramente. E tu, Jacob? Verrai anche tu con noi, vero?

Quella era la voce di Hilary... era la sua dannata voce.

Scelsi di rimanere in silenzio, proprio come stava continuando a fare Sarah, ed Amelie sussurrò qualcosa a Beatriz, forse per comprendere che cosa ci fosse che non andava in me.

Fortunatamente, anche se non ricevettero una mia risposta, Sarah, Hilary e Igor si allontarono presto da noi, dirigendosi verso le scale che avrebbero portato al piano inferiore.

Grazie alla loro lontananza riuscii a mantenere il controllo di me stesso, assicurandomi che loro non si trovassero più nelle vicinanze e chiudendo completamente gli occhi per alcuni secondi.

- Forza, ragazzi! Non abbiamo altro tempo da perdere, che tutti si dirigano verso la palestra! Tra pochi minuti inizierò a parlare, e non saranno ben accetti ritardi di alcun tipo. Siete stati tutti avvisati! - urlò Erik, facendo il giro di tutti i corridoi.

- Andiamo, Jacob? - sussurrò Amelie alle mie orecchie, afferrandomi per la mano.

- Sorellina, i-io... vi raggiungo tra poco. Ho bisogno di prendere un po' d'aria.

Zach ed Erik cominciarono a scendere rapidamente le scale, allegri ed eccitati per l'imminente formazione della squadra di rugby.

Tutti gli altri li seguirono... tranne mia sorella.

- Cos'è successo, fratello? Ti vedo molto... scosso, ed agitato. - restò con me Amelie, ancora in pensiero per la mia apparentemente angosciante e critica condizione.

- Amelie, ascoltami... a-ascoltami, maledizione. Vedi di mantenere le distanze da Sarah e dai suoi due nuovi amici, va bene?

- Va bene, ma... perché mai dovrei...

- Perché dev'essere così e basta, Amelie. - urlai irritato - Cazzo... scusami, sorellina. È solo che...

Lei tappò immediatamente la mia bocca ed accarezzò la mia guancia destra, asciugando una lacrima che stava scorrendo da essa.

- Shh, Jacob... va bene, va bene. Non c'è bisogno che tu dica altro. - poggiò lei le sue mani sulle mie spalle, facendo sì che io percepissi il suo contatto fisico - So già che mi stai raccomandando ciò solo per il mio bene. E poi... non ho alcuna voglia di rivedere quella stronza di Sarah. Posso stare tranquilla, fratello?

- Certo che puoi, Amelie. Devi. - diedi vita ad un sorriso, dinanzi al suo ammaliante sguardo - Adesso vai, sorellina. E ricordati delle mie parole.

Amelie si staccò lentamente da me, non ancora pienamente convinta di lasciarmi lì da solo, e stampò sulla mia guancia destra un dolce bacio, il quale sarebbe rimasto impresso sulla mia pelle per sempre.

Io ricambiai, stringendola fortemente tra le mie braccia, e dopodiché la lasciai andare, seppur con amarezza, verso gli altri.

Mi trovavo ormai da solo, ancora sconvolto per la rivelazione riguardante quella parentela a me sconosciuta fino a qualche minuto prima.

Così, per non cadere vittima del panico più totale, decisi di dirigermi verso il mio armadietto, che ormai consideravo come una sorta di piccola abitazione, dentro a quell'inferno di posto.

Una volta arrivato lì davanti, appoggiai lievemente la mia testa su di esso e chiusi con estrema lentezza i miei occhi, riflettendo su tutto ciò che era accaduto in quel breve lasso di tempo.

Il dominante silenzio di quel momento riuscì a tranquillizzarmi, conferendomi una certa e tanto meravigliosa serenità, per la quale avrei addirittura pagato, in un periodo come quello che stavo vivendo.

Ma presto, quel soave silenzio... sarebbe stato frantumato da una misteriosa ed impetuosa voce.

- Adesso siamo soli, Jacob Johnson. Che lo spettacolo... abbia inizio.

SPAZIO AUTORE

Credetemi... se solo potessi, mi teletrasporterei da ognuno di voi solo per vedere le vostre reazioni. 😂

Allora, su questo capitolo c'è molto da dire.

A parte il ritorno di Sarah... abbiamo avuto questa acceso discorso di Jacob sul suicidio, che sia stato dovuto ai ricordi riguardanti proprio la morte di Henry? 🙃

Ma sopratutto, argomento centrale di questo capitolo... Hilary. E Igor.

Anzi, potremmo chiamarli rispettivamente Hilary Bell e Igor Bell. Fa un po' strano, ma è proprio così: loro sono proprio i cugini di Henry Bell. 🙈

E ultima cosa, ma ASSOLUTAMENTE non meno importante... abbiamo avuto un'altra comparsa di Nicholas Bell, il padre di Henry.

Cosa diamine ci faceva lì, con il preside della scuola? 🤔

Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo, tengo molto al vostro feedback! 💞

Sappiate che il prossimo capitolo chiuderà il primo atto di questa folle storia, quindi dal prossimo ancora inizieremo con il secondo atto (non siete pronti... ). 🔥

Cosa vi aspettate nel prossimo capitolo? Quale pensate possa essere l'argomento principale? La strana frase che ha chiuso questo capitolo vi dice qualcosa in particolare? 😏

Piccolo remind, vi ricordo che potete trovarmi su Instagram nel mio account: im_gabrii_ , talvolta è lì che avviso dell'uscita di un nuovo capitolo. 💖

Spero che il capitolo vi sia piaciuto!

Gæb🍹

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro