16° CAPITOLO

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Appena scendo dalla macchina, entro nella cabina telefonica e digito il numero di mio padre con le mani che mi tremano. Sento lo sguardo preoccupato e confuso di Grey che si trova dietro alle mie spalle. Avvicino la cornetta all'orecchio e aspetto impaziente la voce di mio padre. Non sarei mai dovuta partire, rimprovero me stessa, sentendo gli occhi diventare lucidi.
<< Pronto?>>, sento dire da mio padre con voce assonnata. << Papà! Stai bene?>>, gli chiedo, cercando di tenere un tono accettabile, per non farlo preoccupare. << S-sì, perché? Qualcosa non va?>>, dice nello stesso momento in cui qualcuno suona alla porta. Un brutto presentimento mi attanaglia lo stomaco.
<< Papà, non aprire!>>, gli dico d'impulso. << Eh? E perché mai? Magari è la vicina che ha bisogno di qualcosa... vado un attimo a vedere>>, mi dice. << NO, FERMO!>>, gli grido, ma ormai è troppo tardi. Sento mio padre allontanarsi dal cellulare per andare a vedere allo spioncino e dire:
<< Una bambina?>>.
<< Papà, non aprire, ti prego>>, dico invano a mio padre, guardando Grey che mi guarda a sua volta. Poi sento altri passi e qualcuno che bussa insistentemente alla porta.
<< Hannah, oddio perdonami, l-lei è... qui. Ti avrei voluto dire la verità, ma io avevo... avevo paura. Paura che lei ritornasse e ti facesse del male>>, mi dice con la voce tremante. << Papà, ho una gemella?>>, gli chiedo prendendo coraggio.
<< Sì...>>, riesco a capire, sentendo la linea andare e venire. Sento un grande tonfo e una serie di grida. << Ti voglio bene, tesoro>>, mi dice, appena prima che si interrompa la linea.
<< PAPÀ>>, grido in lacrime e lasciandomi cadere per terra. << Hannah, c-cosa ti ha detto?>>, mi chiede Grey, aiutandomi ad alzarmi. << Lo ha preso. Lei lo ha preso. Dobbiamo ritornare a Jacksonville!>>, gli dico, andando verso la macchina.
<< Ehi, aspetta... Prima dobbiamo fermarci in un posto. Forse ti può essere d'aiuto>>, mi dice, prendendomi una mano e facendomi girare.
<< Sarebbe?>>, gli chiedo, ancora agitata per la telefonata.
<< L'orfanotrofio di Downsville>>, mi dice, al che io spalanco gli occhi, sentendomi mancare.

<< Come... come hai scoperto tutto?>>, gli chiedo allibita dopo essere montati entrambi in macchina. << Sai che parli nel sonno? Ecco, hai detto un paio di cose tra cui il nome di questo orfanotrofio. Quindi ho investigato un po' sul tuo conto. Per questo certe mattine mi vedevi sparire per andare chissà dove>>, mi dice Grey, facendo partire la macchina. Lo fisso sempre più allibita. << A proposito, nei sedili posteriori dovresti trovare delle carte...>>, mi dice. Guardo nei sedili posteriori e vedo un plico di carte che non avevo mai notato. Perché non mi ero accorta di niente? Mi allungo e le prendo, sentendo il cuore battere a mille. Le sfoglio e sul primo foglio c'è una foto della mia carta d'identità di quando ero piccola che risale a quando avevo solo cinque anni, ovvero nel 1979. Esamino la foto e rabbrividisco. Assomiglio a lei. Poi mi soffermo sul mio nome e cognome. Hannah Blackwood. << Ma il mio cognome è... Stock>>, dico sovrappensiero ad alta voce. Adesso ne hai la conferma. No, non è possibile. << Hannah, guarda le carte successive>>, dice Grey con voce calma, alternando lo sguardo su di me e sulla strada. Guardo la carta successiva in cui c'è scritto a caratteri cubitali: "Modulo di adozione". Il mio cuore perde un battito quando leggo il mio nome, poi il nome dei miei genitori e successivamente le parole orfanotrofio di Downsville.
<< Allora il mio sogno... era reale>>, dico a nessuno in particolare, sentendomi crescere un gran mal di testa. << Hannah, mi dispiace che lo sei venuta a sapere in questo modo e non da tuo padre>>, mi dice Grey, mettendomi una mano sulla gamba per cercare di consolarmi. Come era possibile che Grey sapesse di più del mio passato che io stessa? Un sentimento simile all'odio cresce nei confronti di mio padre, ma lo blocco subito sentendomi in colpa. Lui l'ha fatto solo per proteggermi... e adesso lui ne sta pagando le conseguenze. << Guarda le altre...>>, mi incoraggia Grey, mentre passiamo Aycock. Prendo il terzo foglio, sentendomi mancare il respiro. È un'altra carta d'identità. La sua carta d'identità. Leggo il suo nome per la prima volta. Grace Blackwood. Ad un certo punto sento delle voci. Le stesse voci del mio sogno dell'orfanotrofio che cantano in coro: << Disgrace, Disgrace, Disgrace...>>. << Hannah, stai bene?>>, mi chiede Grey. <<Lei è reale>>, dico, vedendo mia sorella riflessa nel finestrino con un ghigno.

Sono le 9:30 e siamo appena arrivati a Downsville. Rispetto a Lake Claiborne, Downsville assomiglia ad una città fantasma. Non ci sono negozi, non ci sono persone, ci sono delle macchine abbandonate e delle case che mettono letteralmente i brividi. << Gira a destra!>>, dico a Grey, vedendo il segnale che indica che l'orfanotrofio si trova a 50 metri dalla strada principale. Grey rallenta la macchina e gira a destra, prendendo una via secondaria non asfaltata. Dopo neanche due minuti, intravedo un grande edificio grigio diroccato. << È questo...>>, dico, ricordandomi l'immagine dell'orfanotrofio fissa nella mia mente. Grey accosta la macchina vicino all'imponente cancello e scendiamo entrambi. L'edificio è visibilmente abbandonato, proprio come nel mio sogno. << Sicura che vuoi entrare? Se non ti senti...>>, incomincia a dire Grey, ma io continuo a camminare facendo segno di sì con la testa. Dopo aver sorpassato il cancello, fisso le altalene che scricchiolano incessantemente. Una scena mi appare davanti ai miei occhi. Mia sorella che mi spinge forte, forse troppo, sull'altalena. Le dico di fermarsi, ma lei continua, come se non mi avesse minimamente sentito, finché non mi butto giù dall'altalena ancora in movimento e cado per terra, sbucciandomi il ginocchio. Lei continua a spingere l'altalena, come se niente fosse successo. Io la guardo male con le lacrime agli occhi, spaventata del suo comportamento. Era strana. È sempre stata strana, avevo pensato in quel preciso momento. << Hannah?>>, mi chiama Grey. << Sì, scusa, mi è sembrato di vedere qualcosa...>>, dico, facendo spallucce. Ero qui per una ragione, me lo sentivo. Mi dirigo verso l'ingresso ed apro la porta dell'edificio che è fortunatamente aperta. Dietro di noi si alza un vento fastidioso che mi porta i capelli davanti agli occhi. In quel piccolo spazio di tempo che mi serve per sistemarmi i capelli, una bambina passa di corsa a pochi metri da me e Grey. Senza pensarci un secondo la inseguo. Tutto acquista un'altra prospettiva, un altro colore. Adesso l'ambiente è illuminato, ci sono dei grossi lampadari in stile gotico e i mobili hanno uno stile antico, anche se hanno un certo fascino. Le pareti sono ricoperte da grossi quadri e il pavimento è ricoperto da un enorme tappeto rosso e nero. Sento Grey chiamarmi dall'ingresso ma sono troppo impegnata a seguire la bambina dai capelli neri. Attraversiamo la cucina, dove ci sono due signore di mezza età che cucinano indaffarate e noto una bambina che mangia innocentemente un muffin sotto un tavolo abbastanza largo. Poi attraversiamo la sala, dove ci sono delle bambine che giocano, cercando di fare il meno rumore possibile per non essere richiamate. Appena imbocchiamo un lungo corridoio, la bambina si ferma all'improvviso di fronte ad una porta. Mi accorgo solo adesso che quella bambina sono io da giovane. Dall'altra parte della porta si sentono le voci di tre persone. Mi siedo di fronte alla me stessa di un tempo, ma sembra che lei non mi possa vedere. Quindi la imito e appoggio l'orecchio alla porta. << Hannah è una bambina molto intelligente, vedrete che non vi darà dispiaceri... il problema è l'altra, Grace. Diciamo che è una bambina un po' particolare. Abbiamo provato a fare degli accertamenti da parte di educatori e psicologi ma nessuno ha capito da cosa derivassero i suoi problemi. Certi dicono che ha avuto un trauma a causa dei suoi genitori biologici, altri che ha un disturbo oppositivo provocatorio, e altri ancora che è semplicemente pazza... quindi posso capire perfettamente se non la volete prendere con voi insieme ad Hannah>>, dice una donna. La madre superiora, il capo dell'orfanotrofio, mi suggerisce una vocina nella mia testa.
<< Ma è solo una bambina... cos'ha fatto di tanto strano e disdicevole?>>, chiede un'altra donna. Il mio cuore perde un battito. Mia madre. Mi alzo di scatto ed apro la porta tanto violentemente che i miei genitori che sono seduti di fronte alla madre superiora, si girano di scatto. << Oh, scusate... tra la corrente e le porte scadenti non so cosa sia peggio>>, si scusa la madre superiora alzandosi dalla grande scrivania e dirigendosi verso la porta. Appena si avvicina per chiuderla, nota la bambina seduta per terra e le fa l'occhiolino, chiudendo la porta alle sue spalle. Mi avvicino preceduta dalla madre superiora alla scrivania. Fisso i miei genitori. Mia madre sembra tutt'altra persona. La sua carnagione non è più cadaverica ma è bianco latte. I suoi capelli biondi sono più lunghi e sembrano brillare, e cosa che mi fa sorridere è che non ha più quella magrezza che ti fa rimanere senza fiato, non è anoressica. Mio papà invece, a parte per i capelli neri e non più brizzolati, sembra più spensierato e continua a guardare mia madre. Una lacrima mi scende sulla guancia e cade sulla scrivania. Nessuno sembra accorgersene, meglio così. Mi avvicino a mia madre e accarezzo la sua guancia sorprendentemente liscia, come se lei fosse realmente lì. Mia madre si immobilizza, senza farlo però notare, e si tocca la guancia nello stesso punto di dove l'ho accarezzata. Poi alza lo sguardo e mi guarda. O almeno penso che mi stia guardando. Veniamo entrambe interrotte e sobbalziamo leggermente quando sentiamo la madre superiora dire: << Allora, dove eravamo... ah certo, la piccola Grace. Non vorrei spaventarvi, e sappiate che non sto dicendo cose campate in aria, per cattiveria, ma sono vere, quindi vi prego credetemi, lo giuro su Dio. E se ne volete la conferma, vi chiamerò personalmente tutte le persone che hanno assistito a questi "Attimi" di Grace. Allora, incomincio dicendo che Grace, appena l'abbiamo trovata con sua sorella gemella Hannah su una strada, tre anni fa, sembrava inizialmente normale. Ma presto ho notato che non era così. Grace non ha fatto mai amicizia con le altre bambine. Si comportava e tutt'ora si comporta sempre in modo strano e faceva scappare sempre tutti. La notte spaventava le sue compagne di stanza, finché non abbiamo dovuto prendere dei provvedimenti e trovarle una stanzetta isolata dalle altre. Perfino da sua sorella. Un giorno l'abbiamo trovata in giardino, verso tardo pomeriggio, da sola, che stava accarezzando un gatto morto... Appena abbiamo provato a portarla via, ha morso una nostra sorella. Poi ci sono stati anche altri episodi. Come ad esempio quando ha tagliato con un vetro rotto sua sorella, o quando ha spaventato tutti, perfino delle infermiere, quando ha incominciato a fare dei versi strani. Poi ha frequenti scatti di ira, parla da sola e...>>. << Noi la prendiamo. Non ritengo, non riteniamo sia giusto separarle faremo del nostro meglio per educarla e darle tutto il bene possibile che non ha mai avuto dai precedenti genitori>>, conclude mio padre, cercando di controllare la sua irritazione per le parole della madre superiora, che rimane interdetta. << Va bene, se questa è la vostra decisione, ecco le carte... ho bisogno solo di due firme a testa e le bambine d'ora in poi sono sotto la vostra completa supervisione>>, dice la madre superiora. Entrambi leggono le carte finché mia madre chiede: << Sembrerà una domanda stupida e insensibile, ma i genitori che fine hanno fatto?>>. La madre superiora rimane un po' in silenzio, guardando un punto fisso nel vuoto, per poi dire: << Sapete quando vi ho detto che abbiamo trovato le due bambine per strada... ecco, i loro genitori li abbiamo trovati insieme a loro, morti>>.

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