2° CAPITOLO

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<< Papà, vado a trovare la mamma>>, lo informo, mettendomi un berretto di lana nero anche se fuori ci sono più di trenta gradi. << Okay tesoro, ritorni per pranzo? Perché semmai ci sarebbe il polpettone di ieri>>, dice mio padre, dandomi un bacio sulla fronte. << No... mangio qualcosa lì con la mamma. Sicuro che non vuoi venire anche tu?>>, gli chiedo speranzosa. << Mi dispiace tesoro... vorrei tanto venire con te, ma lo sai che non ce la faccio>>, dice abbassando leggermente il tono della voce ed andandosi di nuovo a sedere sul divano. << Sì, ma sono convinta che se andassi almeno qualche volta a trovarla le farebbe piacere, non credi? È da ormai un anno che non ti vede>>, gli dico, cercando invano di convincerlo. Lui scuote leggermente la testa come un bambino quando vuole dire di no. << È meglio di no, credimi. Lo so benissimo che non sei d'accordo con questa cosa, ma io...>>, incomincia a dire quando gli si incrina la voce e per mascherarlo tossisce. Dopo qualche secondo di silenzio, prosegue dicendo: << Tesoro, mi dispiace deluderti dicendo questa cosa, ma ormai sei grande e quindi devi incominciare a pensare che la mamma può darsi che non diventerà mai più come era prima... neanche se da un giorno all'altro io la andassi a trovare>>. Abbasso lo sguardo ed annuisco, consapevole.
<< Okay, allora ci vediamo dopo!>>, dico, cercando di abbozzare un sorriso. Lui annuisce a sua volta, rivolgendomi un sorriso triste, prima che io esca dalla porta e chiuda la porta alle mie spalle. Faccio un bel sospiro, rivolgendo lo sguardo verso il soffitto con la vernice tendente al grigio, crepata. Poi abbasso di nuovo lo sguardo e mi accorgo che la vicina, una signora di quasi ottant'anni che abita alla porta a fianco, mi sta guardando con interesse.
<< Ciao Hannah! Non hai caldo con quel cappello e vestita tutta di nero?>>, mi chiede Cara. Guardo i miei pantaloni neri, lunghi e strappati sul ginocchio, le mie scarpe da ginnastica ormai consumate nere e la mia maglietta a mezze maniche sempre nera con una scritta in bianco "Normal people scare me" della celebre serie TV, American Horror Story.
<< Nah!>>, dico, facendole scappare una risatina. L'estate è in assoluto la mia stagione preferita, perché per primo non devo vedere più persone che non sopporto e secondo, mi posso vestire come cavolo mi pare senza essere giudicata.
<< Vai da tua madre?>>, mi chiede, diventando subito seria. << Sì, almeno cerco di farla magiare un po'>>, dico. << Ah, allora non ti faccio perdere tempo! Salutamela da parte mia>>, dice Cara. Io annuisco e la saluto, prima di scendere di corsa le scale. Cara e mia madre sono state in passato buone amiche e per me è come se fosse come una nonna acquisita, visto che si è sempre presa cura di me quando ero piccola. Stranamente ho più ricordi di lei di quando ero piccola, che di mia madre. Apro la porta d'ingresso del condominio ed ammiro il magnifico paesaggio che ho davanti. Dei carrelli della spesa stracolmi di cartoni, un gruppo di ragazzi che fissano meravigliati una macchina in fiamme, il condominio di fronte al mio che sta per cadere a pezzi ed infine un barbone che dorme sul prato del mio condominio. Bello, no? Stupendo! Mi incammino e appena passo di fianco al gruppo di ragazzi, mi salutano ed io ricambio, visto che li conosco quasi tutti. Certe persone meglio non farsele nemiche, dico tra me e me, guardando il sorriso sadico di un ragazzo con in mano una lattina di birra intento a fissare la macchina in fiamme.

<< Buongiorno!>>, saluto la segretaria, dopo più di ben venti minuti di camminata.
<< Buongiorno a te, Hannah! Tua madre è in sala insieme gli altri>>, mi informa, rivolgendomi un sorriso.
<< Okay, grazie>>, dico, dirigendomi verso la sala. Come sempre ci sono guardie della sicurezza pronti in caso che qualcuno cerchi di scappare o a separare ed eventualmente sedare i pazienti in caso di litigi o altro.
<< Entra pure>>, mi dice una guardia, aprendo la porta della sala dopo avergli detto il mio nome e cognome, ed infine il cognome di mia madre. Lo ringrazio e cerco con lo sguardo mia madre che è seduta su un divano di fronte alla finestra, intenta a fissare il cielo.
<< Mamma, sono io, Hannah, come stai?>>, le chiedo, sedendomi anch'io sulla poltrona. Lei però non risponde e continua a fissare impassibile il cielo. I capelli biondo chiaro sono raccolti in una coda bassa che la fa sembrare ancora più magra. Indossa una vestaglia con dei fiori azzurri, blu e verde acqua. Inoltre, si intravede la maglia del pigiama sempre nei colori del blu. Da quanto mi ha detto mio padre, lei ha sempre adorato questi colori sul blu e sul verde, per questo motivo le ha comprato mezzo vestiario di questi colori. << Allora, hai già mangiato?>>, le chiedo, speranzosa in una sua risposta. Ma niente da fare... non risponde. Non sapendo cosa fare, guardo per un po' il braccialetto nero con su scritto "Sei sempre nei miei pensieri" che mi ha regalato qualche settimana fa mio padre per il mio compleanno che ho festeggiato con lui, mangiando una semplice pizza e giocando a carte. Mi giro verso gli altri pazienti e sembra quasi di stare in un altro mondo. Certi parlano da soli, altri guardano il soffitto o la televisione, altri ascoltano le infermiere parlare, altri leggono riviste e completano cruciverba ed una donna sta chiamando il nome di una persona. Sembrano tutti così lontani, come persi nel loro mondo. Poi mi soffermo a guardare un signore, che anche lui come me è in visita per sua figlia di ormai vent'anni. Si accorge che lo sto guardando e quindi lo saluto, e lui in risposta mi saluta con la mano, rivolgendomi un sorriso quasi timido. << Stai buono, mi raccomando>>, dice una voce maschile, entrando nella sala. Giro lo sguardo verso l'entrata e lo vedo. Lui, quel ragazzo strano che è stato sedato dal medico. Da allora sono passate quasi due settimane. Pensavo che non lo facessero più uscire dalla sua camera, visto che gira voce che abbia ucciso suo padre perché sentiva delle voci che gli hanno imposto di farlo. Assurdo, dico tra me e me. Mi sembra che non sia lunico a sentire delle voci, signorina. Stai zitta, dico alla voce che mi tormenta ogni santo giorno da ormai un paio di anni, massaggiandomi le tempie.
<< Sì sì, farò il bravo>>, dice il ragazzo, nascondendo un ghigno e facendosi scrocchiare le nocche. << Mi raccomando o sarà peggio per te>>, dice il dottor Fitzt rivolgendogli una strana occhiata, per poi uscire dalla sala e fermarsi a parlare con le guardie. Seguo con lo sguardo il ragazzo che si va a sedere su un divanetto. È vestito dalla testa ai piedi di nero, proprio come me. Perfino i suoi capelli sono neri. Ha una maglietta dei Metallica, numerosi braccialetti ai polsi ed infine ha un piercing sul sopracciglio sinistro ed uno sul labbro, entrambi neri. Ha uno strato abbondante di ombretto nero su entrambi gli occhi. Fino ad ora non avevo idea che lasciassero che i pazienti si potessero truccare. Mi sembra un tipo interessante. Forse se non mi fingerei ogni santo giorno ad essere un'altra persona e lui non fosse pazzo potremo anche diventare amici. Non farti venire strane idee in mente. Adesso anche lui mi sta fissando. << Che cavolo hai da guardare?>>, mi chiede il ragazzo ad un tono di voce che io possa tranquillamente sentire da questa distanza. Beccata. Mi giro di scatto dalla parte opposta e guardo fuori dalla finestra. Ma è troppo tardi. Sento dei passi avvicinarsi sempre di più, finché con la coda degli occhi vedo una figura scura sedersi nella poltrona vicino a quella su cui siamo sedute io e mia madre. Sento addosso i suoi occhi bruciarmi, come se mi stesse esaminando nei minimi dettagli. << Allora... sto aspettando>>, dice con tono neutro. Io mi giro lentamente e lo guardo a mia volta. Ha la pelle pallidissima, forse anche di più della mia. Che aspetti? Rispondigli! O hai per caso paura? << Cosa, scusa?>>, gli chiedo, facendo finta di niente. Però questa volta non risponde. Si limita a fissarmi ed a leccarsi il labbro inferiore. Deglutisco, a disagio. Mi chiedo se nel vedermi più da vicino si sia ricordato di quella sera. No, impossibile, mi dico. << Perché mi fissavi?>>, dice dopo un paio di secondi. << Non ti stavo fissando... stavo guardando il vaso vicino al divano>>, dico, cercando una scusa. Faccio un salto sul posto, poiché scoppia in una fragorosa risata. << Il vaso, certo. Io mi ricordo di te. Io mi ricor>>, incomincia a dire, poi si blocca di colpo e mi guarda come paralizzato. Di nuovo quello sguardo come se non mi vedesse. Poi apre la bocca come per gridare ma non gli esce niente, solo un lamento silenzioso. << S-Stai bene?>>, gli chiedo preoccupata, alzandomi dalla poltrona ed avvicinandomi a lui.  All'improvviso si mette ad urlare terrorizzato e senza darmi neanche il tempo di fare un passo indietro, mi salta addosso e cadiamo entrambi per terra con un tonfo. Mi mette subito le mani intorno alla gola ed incomincia a stringermi forte, impedendomi di respirare. << Aiuto>>, cerco di dire con voce strozzata.
<< Non mi prenderai ancora>>, mi grida in un verso disperato il ragazzo. Sento le infermiere gridare ed in un batter d'occhio, proprio mentre sto per perdere i sensi, entrano le guardie di sicurezza che spingono da parte il ragazzo, facendolo sbattere contro il muro ed iniettandogli un liquido. Mi alzo da terra dopo aver preso un respiro a pieni polmoni e mi guardo intorno confusa di cosa sia appena successo. << Tutto bene signorina?>>, mi chiede un'infermiera ed io annuisco toccandomi distinto il collo. Gli altri pazienti si stanno coprendo le orecchie, certi stanno gridando e picchiando altri pazienti, ed altri piangendo. Guardo mia madre e mi accorgo con stupore che mi sta fissando con un sorriso a dir poco inquietante stampato sul volto. Sbatto le palpebre incredula e quando le riapro lei sta di nuovo guardando fuori dalla finestra con l'espressione di sempre. Impassibile.
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Salve a tutti! Come ve la passate? Scusate per l'assenza ma in queste due settimane sono stata molto impegnata con la scuola e quindi non ho potuto aggiornare😅
Comunque... come vi sembrano questi primi due capitoli? Vi piacciono? Fatemelo sapere nei commenti (accetto molto volentieri consigli)! A presto😘

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