3° CAPITOLO

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Guardo disinteressata il cellulare stracolmo di telefonate ed altrettanti messaggi da parte di Dakota e Jack. Li ignoro e spengo di nuovo il cellulare, posandolo sul comodino a fianco al letto della mia stanza. Poi mi alzo svogliatamente dal letto e mi dirigo di fronte allo specchio della mia camera. Mi sento esausta, come se mi avessero prosciugato tutte le energie dal corpo. Abbasso la maglietta nera e, con ribrezzo, mi accorgo del grosso livido rosso, tendente al marrone, sul collo. << Cavolo, ci mancava solo questo!>>, dico ad alta voce, alzando gli occhi al cielo. Dopo un paio di secondi passati a fissare la mia immagine allo specchio, prendo dalla libreria un romanzo che ho comprato un paio di giorni fa al mercatino delle pulci e mi vado di nuovo a stendere sul letto. Ma non c'è niente da fare... la mia mente non vuole collaborare a capire il senso delle frasi e gli occhi non mettono bene a fuoco le parole. Quindi ci rinuncio e poso il libro sul petto, chiudo gli occhi e mi addormento all'istante.

<< Ti ho trovata>>, dice una voce maschile che mi fa aprire di scatto gli occhi e sedere sul letto, facendo così cadere il libro per terra. Mi invade all'istante un bruciore alla gola, che mi fa tossire. Non ci posso credere. Di fronte a me c'è lui il nuovo paziente del centro di salute mentale. Quel ragazzo che mi ha cercato di strangolare. È arrivata a prenderti. << C-Come hai fatto a trovarmi? Come sei riuscito ad entrare? Perché mi hai seguita?!>>, gli chiedo, tutta tratto terrorizzata. Sento il sudore appiccicarmi i capelli alla nuca. << Ti stavo cercando da molto tempo e finalmente ti ho trovata, cara sorellina>>, dice il ragazzo non rispondendo a nessuna delle mie domande, rivolgendomi un sorriso che mi fa bloccare sul posto. Sorellina?! Mi accorgo subito che non è la sua voce. Non è profonda, ma è aggraziata e leggermente stridula. Assomiglia, anzi è una voce femminile. << C-Cosa vuoi fare?>>, gli chiedo quasi balbettando. Lui mi guarda con scherno e si avvicina sempre di più, finché con uno scatto, salgo sul letto per evitare le sue mani. Però lui mi afferra violentemente per le caviglie e, dopo avermi fatta cadere sul letto, mi salta violentemente sopra di peso, mettendomi di nuovo le mani sul collo.
<< Perché?>>, gli chiedo in un grido disperato, incominciando a piangere. Cerco in tutti i modi possibili di fargli mollare la presa, ma non ci riesco... sono troppo debole. << Perché è tutta colpa tua se sono morta>>, mi dice sempre con voce femminile il ragazzo, alzando fastidiosamente di quasi tre toni la voce. Adesso sta stringendo il mio collo così forte che incomincio a vedere tutto sfocato. Adesso al suo posto non c'è più il ragazzo vestito di nero del centro di salute mentale, ma una ragazzina sui dieci o undici anni, sporca di fango e sangue con i capelli bagnati, lunghi e neri. << Ciao sorellina>>, dice malignamente, facendomi emettere un grido silenzioso. Anche se non riesco a vederla posso quasi sentire i suoi occhi vuoti penetrarmi dentro l'anima e soffocarmi.

<< Hannah?!?>>, grida una voce che assomiglia molto a quella di mio padre, scuotendomi. Apro gli occhi e guardo mio padre spaventata e confusa, ovvero la sua stessa espressione. Chiudo immediatamente la bocca, appena mi accorgo che sto gridando. << Hannah, cosa ti è successo? Sei stata aggredita? Stai bene?! Cosa sono questi lividi attorno al tuo collo?! Ho trovato la porta di casa aperta e tu che gridavi come una matta... mi hai fatto e mi stai facendo morire di paura. Ti prego rispondimi e ti giuro che lo uccido chi ti ha fatto questo>>, dice tutto dun fiato, indicando il mio collo. << Mi... dispiace>>, incomincio a dire, schiarendomi la voce con un colpo di tosse. Ho la gola in fiamme. Ho bisogno di bere qualcosa. << N-Non mi è successo niente... solo un ragazzo del centro mi ha aggredita. Ma gli agenti sono intervenuti subito! Non devi preoccuparti, sto bene, ti giuro>>, gli dico, cercando di rassicurarlo. << Non è successo niente... NON È SUCCESSO NIENTE?! Uno ti ha cercato di uccidere strangolandoti e NON TI È SUCCESSO NIENTE?! Adesso vado a uccidere quel pezzo di m...>>, incomincia, dirigendosi verso la porta, ma gli blocco la strada, dicendogli: << Papà, ti prego, non farlo. Sto bene! Sono stata io che lo ho provocato guardandolo... mi dispiace, non succederà più>>, gli dico, trattenendo le lacrime. Lui resta per un attimo in silenzio a guardarmi e poi dice: << Ti giuro sulla mia testa che se prova di nuovo a metterti le mani addosso o a parlarti o a solo a guardarti, lo uccido, CAPITO?! Nessuno deve mettere le mani addosso a mia figlia>>. Poi mi abbraccia forte e scoppia a piangere anche lui. << Sei l'unica cosa che mi rimane...>>, dice, stringendomi a sé con più forza. << Non ti preoccupare, resterò sempre al tuo fianco>>, gli dico dopo un po, tirando su con il naso. Lui annuisce e dopo un paio di minuti di silenzio, mi chiede: << Perché la porta di casa era aperta?>>. Ci penso su per un paio di secondi, cercando di ricordare se l'avessi chiusa o meno dopo essere entrata a casa. Niente, vuoto totale. << Probabilmente non l'ho chiusa quando sono rientrata lo sai quanto sono sbadata a volte>>, gli dico. Sì, certo. Sai benissimo che non è vero. Bugiarda! Rivolgo lo sguardo al letto e mi accorgo che il libro che stavo cercando di leggere prima di addormentarmi è per terra, ai piedi del letto. << Mannaggia a te, Hannah! Devi stare più attenta la prossima volta, se no ci rubano tutto!>>, dice, mettendosi a ridere per la battuta che ha appena detto. Sa benissimo anche lui che non abbiamo niente da perdere a parte le nostre foto. << Non mi far più preoccupare e stai più attenta... la prossima volta credo che non potrò sostenere il colpo>>, confessa mio padre. Io annuisco, sapendo che ha appena detto la verità.

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