6° CAPITOLO

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Il dottor Fitzt mi rivolge un sorrisino che mi fa gelare il sangue nelle vene. Sono completamente bloccata. Non riesco a muovere un solo muscolo, intanto che lui si avvicina sempre di più. Rivolgo lo sguardo dietro di lui, dove c'è il ragazzo ancora mezzo sotto shock. Chiudo ed apro più volte gli occhi, per avere la conferma che non si tratti di uno stupido sogno. Ma no... è tutto vero. Un movimento dietro il dottore attira mia attenzione. Il ragazzo che poco prima era fermo immobile, adesso con sguardo furioso sta prendendo una sedia vicino all'armadio e si sta avvicinando furtivamente al dottore cercando di non fare rumore. << Finalmente un po' di sano divertimento>>, dice il dottore guardandomi divertito. Lo guardo con odio e, quando il ragazzo è ormai dietro di lui, gli sorrido con scherno e dico:
<< Buonanotte>>. Prima che il dottore si giri per seguire il mio sguardo, il ragazzo alza la sedia e gli dà una botta secca in testa. Il dottore emette un verso strozzato e si accascia per terra stordito, sanguinando dal punto in cui è stato colpito.
<< Soffri come ho sofferto io, bastardo>>, dice il ragazzo, tempestandolo di calci. Io lo guardo, ma non faccio niente per fermarlo. È quello che si merita, dice una vocina nella mia testa. Il dottor Fitzt, dopo un paio di secondi di resistenza, crolla completamente sul pavimento. A quel punto mi avvicino al ragazzo e di punto in bianco gli dico seria: << Vieni con me se vuoi scappare da questo posto, finché sei in tempo>>. Cosa? Ma sei per caso impazzita? Perché vuoi far fuggire un pazzo criminale che ti ha cercato di strangolare? Mi chiede una vocina nella mia testa. Il ragazzo alla mia proposta si blocca e mi guarda come se avessi parlato in aramaico. Mi inginocchio e prendo dal taschino dei pantaloni la tessera per far sbloccare l'ascensore e le chiavi della macchina del dottore. Ma ti è dato di volta il cervello? Forse. << Seguimi>>, dico, uscendo dalla stanza. Ha ragione tua madre quando ti ha detto che sei una stupida! Lui guarda per un'ultima volta il dottore e gli sputa addosso guardandolo con odio, prima di mettersi una maglietta bianca, che stona visibilmente con la sua figura. << Dove andremo?>>, mi chiede il ragazzo.
<< Non lo so... prima pensiamo ad uscire da questo posto>>, gli rispondo, inserendo la tessera per far partire l'ascensore. << E andiamo...>>, dico a bassa voce nervosa, mentre vedo i numeri che non sembrano volere indicare il numero uno. << Da quanto ricordo c'è una uscita posteriore, dove c'è il parcheggio... stai dietro di me>>, dico a bassa voce al ragazzo, quando l'ascensore si apre. Al solito posto c'è la segretaria che sta controllando attentamente la sua agenda da dietro il bancone. Mi dirigo cautamente verso l'uscita posteriore cercando di non farmi notare dalla segretaria ed allo stesso tempo di coprire il più possibile ragazzo dietro di me. << Hannah, sei tu?!>>, dice la segretaria, mettendosi gli occhiali ed esaminandomi attentamente. << Perché stai andando da quella parte?>>, mi chiede con sguardo interrogativo. << Aspetta un attimo, chi è quello dietro di te... ma è>>, incomincia a dire, poi guarda terrorizzata sia me che il ragazzo e dice quasi gridando: << SICUREZZA! Un paziente altamente pericoloso sta per fuggire!>>. Scappa!
<< Da questa parte!>>, grido al ragazzo incominciando a correre verso la porta della parte posteriore. Arrivata, apro la porta e, prendendo dalla tasca dei pantaloni le chiavi della macchina, vado verso una Ford Mustang rosso fuoco.
<< Ammazza che macchinina>>, dice il ragazzo sarcastico. << Sai guidare?>>, gli chiedo. Non ho mai guidato una macchina e di sicuro questo non è il momento migliore per provarci, dico a me stessa. Lui annuisce al che io con un sospiro di sollievo gli lancio le chiavi che lui prende al volo. Dopo essere entrati entrambi in macchina ed aver inserire la chiave nel cruscotto, mi chiede divertito: << Ma aspetta... questo non è un furto?>>. << Chissenefrega! Fai partire questa dannata macchina prima che ci sbattano in galera!>>, dico ad alta voce nervosa, sentendomi improvvisamente la testa pesante. Lui fa un sorrisino e fa partire la macchina, uscendo dal parcheggio a tutto gas.
<< Dove andiamo?>>, mi chiede il ragazzo. Rifletto per un attimo, analizzando tutti i vari posti più desolati in cui non farsi notare con una macchina di questo calibro.
<< Gira a destra!>>, grido, ricordandomi un posto abbastanza isolato. << Okay>>, dice, sgommando e girando a destra. Da lontano si incominciano a sentire le sirene della polizia. Cattivo segno.
<< Continua dritto per circa un chilometro>>, dico, sentendo lansia salirmi ed invadermi tutto il corpo. << Oh no, li abbiamo dietro>>, dice il ragazzo, guardando dallo specchietto retrovisore. << Al diavolo, gira a sinistra!>>, dico con la voce leggermente alterata. Lui ubbidisce e gira a sinistra. << Accidenti, hanno svoltato anche loro!>>, dice, incominciando ad imprecare ad alta voce. << Va sempre dritto fino alla fine di Victoria Road!>>, dico, ancora con i nervi a fior di pelle. << Adesso gira a destra e poi a sinistra!>>, dico, guardando la macchina della polizia che con un altoparlante ci invita di rallentare e fermarci. Preparati a trascorrere i tuoi giorni in prigione. Chiudi il becco, dico rivolta alla vocina. << Di questo passo ci prenderanno>>, dico, agitandomi sul sedile. << Posso tranquillamente dire addio alla mia libertà>>, dice il ragazzo. << Allora premi di più quell'acceleratore e supera qualsiasi macchina e semaforo che ci ostacoli!>>, esclamo infastidita dalle sue parole. Non eravamo arrivati fino a questo punto per niente!
<< Agli ordini, capo!>>, dice, premendo l'acceleratore, facendo fare uno sbalzo davanti alla macchina e andando quasi fuori strada. << Ehi, ehi, piano! Ho detto di andare più veloce, mica di farci uccidere!>>, gli dico, mettendomi la cintura. Lui sorride divertito ed io sorrido a mia volta, smettendo subito, vedendo la mia espressione rimbambita sullo specchietto dal mio lato. Brava, riprenditi!

<< Sembra che non ci stiano inseguendo, per ora>>, dice il ragazzo. << Sì>>, confermo, rivolgendo lo sguardo da tutte le parti per esserne sicura.
<< Okay, fermati in questo parcheggio>>, gli dico, indicandoglielo. Adesso, dopo quasi un quarto d'ora di
fuggi-fuggi dalla polizia, siamo arrivati finalmente a destinazione, ovvero ad Arlington, un quartiere abbastanza tranquillo di Jacksonville. A quel punto tutti e due ci mettiamo a ridere senza un motivo, finché non improvvisamente scoppio a piangere. << Ehi, ehi... tutto bene?>>, mi chiede il ragazzo guardandomi preoccupato. Magnificamente, vero Hannah? E ora come farai a sistemare tutto? Che ragazzina stupida che sei! << Sì... cioè no>>, dico, tirando su con il naso ed asciugandomi le lacrime con le maniche della felpa nera. Lui annuisce, continuando a guardarmi con la coda dell'occhio, finché dopo un paio di minuti, quando riprendo il controllo, dico:
<< Devo chiamare mio padre>>. Prendo il cellulare dalla tasca dei jeans ed accendo il cellulare. Rimango inebetita di fronte all'infinità di chiamate e messaggi da parte di mio padre. Allora digito il suo numero e lo chiamo. Dopo neanche tre squilli lui mi risponde con la voce allarmata, dicendomi: << Hannah? Cosa diavolo è successo?! Mi hanno chiamato dal centro di cura...>>. << Papà, la mamma è morta>>, dico non facendogli finire la frase, tutto d'un fiato e rincominciando a piangere. Un attimo di silenzio. << Oh... tesoro, mi dispiace. Dove sei adesso? Sei al sicuro?>>, dice mio padre preoccupato.
<< Sono ad Arlington... papà la mamma prima di morire era>>, incomincio a dire, ma lui mi precede e dice:
<< Diversa? Lo so, tesoro... senti tu adesso mi devi ascoltare bene, capito? Ti ricordi quando da piccola andavamo tutti insieme in vacanza in Louisiana? A Lake Claiborne?>>. << Papà, perché mi stai dicendo queste cose? Cosa sta succedendo?!?>>, gli chiedo singhiozzando. << Tesoro, adesso non c'è tempo per spiegarti tutto... passami il ragazzo di fianco a te, per favore>>, dice mio padre. Attivo il vivavoce e passo il mio telefono al ragazzo, senza chiedermi come faccia a sapere che lui si trovi con me. << Scappate in Louisiana, a Lake Claiborne. All'incirca ci impiegherete tredici ore, se non vi fermate troppo spesso. Cambiate il prima possibile la macchina e per sicurezza prendete le vie meno trafficate per non farvi notare... siete dappertutto sulla TV. Poi butta il cellulare appena termini la chiamata. Non ritornate qui per nessun motivo al mondo. Tieni al sicuro mia figlia, mi raccomando. Lei ha rischiato tutto per farti fuggire, quindi tu fai di tutto per proteggerla, te ne prego. Appena arrivate, chiamatemi. Dì a mia figlia che le voglio bene... andate ora>>, dice mio padre, terminando la chiamata.
<< PAPÀ>>, grido, prima che il ragazzo al mio fianco butti il cellulare fuori dalla macchina e lo schiacci con una ruota, riducendolo in mille pezzettini. << Che cavolo fai?! Questo sarebbe il tuo ringraziamento per averti salvato le chiappe???>>, gli grido contro, allargando le braccia in un misto di stupore, confusione e rabbia. << Ti porto a Lake Claiborne!>>, dice, facendo partire la macchina ed uscendo dal parcheggio. << Portami subito a casa!>>, dico, sempre gridando. Troppo tardi, cara. << No. Siamo in pericolo, qui>>, dice serio, imboccando una strada secondaria. << Siete impazziti tutti??? IO neanche ti conosco, quindi perché TU non ti fai gli affari tuoi e lasciamo che le nostre strade si dividano? QUESTO è furto di persona, per la miseria!!!>>, dico irritata, slacciandomi la cintura. << Piacere, io sono Grey. Adesso mi conosci>>, dice, continuando a fissare la strada. Simpatico il ragazzo... mi piace! Oh, ma dai, non ti ci mettere anche tu!
<< Comunque tu mi hai salvato e adesso io salverò te. E non gridare che mi fai venire il mal di testa!>>, dice dopo un po, superando una macchina.
<< Io non sono in pericolo! Anzi, tu sei un pericolo per me,  quindi lasciami andare! E poi perché mai dovrei fidarmi di te?!>>, dico, pur non sentendomi affatto in pericolo. Noto che sulla sua maglia si stanno incominciando a formare qualche piccola macchia di sangue a causa dei tagli fatti dal dottor Fitzt.
<< Per prima cosa, sì, sei in pericolo, come lo sono io. Seconda cosa, no, non ti lascio andare, e terza, fidati e basta. Rispetto sempre le promesse che mantengo>>, dice serio, continuando a guidare. Faccio per aprire la portiera, ma lui se ne accorge e mette la chiusura. << Che diavolo cerchi di fare? Vuoi morire per caso?>>, mi grida. << Ti ho detto di lasciarmi andare, cazzo!>>, grido a mia volta. Non lo farà mai, e lo sai anche tu.
<< No>>, si limita a dire, al che io lo incomincio a tempestare di pugni sul braccio. << Sei seria?>>, dice, incominciando a ridere. Mi fermo, guardandolo male. È tutto inutile, finiscila. Finiscila tu, stupida vocina del cavolo, dico, mettendomi a braccia incrociate a guardare l'asfalto della strada in continuo movimento.

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