Concorso - Tema Viaggio

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melogranorosso03

Prima traccia: Viaggio

Eravamo partite che il cielo era ancora rosso, alla volta delle montagne.
Ero così agitata che non potevo crederci o esprimerlo a parole.

Avrei passato 2 settimane lontana dai miei genitori e da quella piccola rompiscatole di mia sorella.

Il cane, sul sedile posteriore sembrava indifferente alla cosa, era solo contento che fossi lì con loro.

La macchina era imballata e cigolava leggermente per lo sforzo di tenere quel bagaglio strapieno, chiuso.
Avevamo con noi mezza casa anche se, eravamo solo in due.

Guardavo fuori dal finestrino mentre il cielo diventava rosa all'orizzonte e con questo abbassato mi godevo il fresco, raro in quei mesi così caldi.

Era il 13 di agosto e io avevo ancora i capelli neri, lunghi e la gente ancora mi chiamava "Morticia Addams", per via della mia carnagione color latte.
Ma tanto per non tradire quell'abitudine di vivere sempre lontano dal sole, prendemmo l'autostrada diretti in Trentino Alto Adige, mentre le mie amiche erano da qualche parte al mare o in piscina.

Ero serena e alla radio suonava il mio CD di Michele Bravi.

Guardavo il paesaggio cambiare e le città scorrermi sotto gli occhi.
Dalla minuscola provincia dell'Emilia Romagna, passammo Verona e Trieste, poi mentre tutto intorno a me vedevo solo montagne verdi, la mia mente vagava.

Le montagne, mi ricordavano dei giganti: come se enormi esseri antichi, fatti di roccia e muschio, si fossero semplicemente posati su quel versante del mondo, per poi chiudere gli occhi e addormentarsi.
Riuscivo, con l'immaginazione a vedere dove finiva un gigante e ne iniziava un altro, mentre piccoli borghi lontani e castelli diroccati, mi passavano sotto gli occhi, tra gli alberi di sempre verde e querce.

Con un po' di fatica e diverse ore di autostrada, iniziammo a scalare la montagna, salendo e salendo, percorrendo decine di tornanti e lunghissimi tratti così stretti, che mi sembrava improbabile ci passasse più di un automobile.

Quando la presenza della città si fece più rada, venne sostituita dai tunnel. Lunghissimi tunnel scuri che prendevano alla mia vista un colore aranciato, creato dalle luci di emergenza e dai fari delle auto in movimento; essi potevano durare anche chilometri interi e durante quei tratti la radio, già instabile faceva ancora di più i capricci.

E mentre il nostro viaggio continuava, riscontravo nei cartelli e nei segnali, ciò che avevo imparato a scuola guida: "stop", "attenzione agli alberi", "presenza di animali in libertà", "obbligo di avere le catene alle ruote". Riscontravo tutto.

Quando ormai erano le 10 ci fermammo in un piccolo parcheggio, sperduto per fare colazione al primo bar disponibile.
Lo avevo intravisto da lontano, adiacente ad un piccolo hotel e io cominciavo ad avere un po' di fame.

Il cane fu il più felice di poter scendere dall'auto, frenetico com'era il suo bisogno di fermarsi a fare un bisogno.
Povero, lo capivo, viaggiare lo faceva angosciare, gli leggevo negli occhi la paura di essere abbandonato.
Ma ormai doveva aver imparato che niente e nessuno ce lo avrebbe mai separato da noi.

Entrando nel piccolo bar ci avvolse un odore di cioccolata calda, proveniente dal buffet riservato ai clienti dell'hotel.
Mia zia, prese una pasta e un cappuccino, io solo la bevanda; la scelta era misera e a me, non piaceva il sapore della brioche, perciò declinai volentieri.

Uscendo da lì, commentavamo come nostro solito, il cappuccino, era una nostra tradizione, discutere se fosse stato fatto bene o male. In quel caso era stato davvero fatto bene.

Bilbo, il cane, fece gli ultimi bisogni poi riprendemmo la via verso Darè.

Ci saremmo fermare ad un campeggio, dove dei nostri amici stavano passando le loro vacanze ed io che in un campeggio c'ero stata solo una volta, non vedevo l'ora.

La città iniziò a formarsi dopo poco e in giro di 10 minuti, svoltammo in una piccola via laterale, parecchio ripida che arrivava davanti ad un capo di granturco.
Svoltando ancora, iniziai a vedere le roulotte e i camper formarsi di fronte a noi.

La nostra amica, ci aspettava al parcheggio e nel momento in cui mia parcheggió, afferrai il mio zaino e scesi dall'auto.

Faceva parecchio fresco e il cielo era limpido, il sole brillava e non c'erano auto in movimento.

Raggiunsemmo quello che sarebbe stato l'ultimo componente della brigata, per quella giornata, il marito della nostra amica, con le sue due cagnolone, Shiba e Saphira.

Partimmo poi, per una lunga camminata, tra i boschi e coi cani felici di poter sgranchire le zampe.

Era tutto davvero incredibile: l'aria sembrava diversa, più fresca e l'acqua direttamente dalla fonte delle montagne, più buona. Anche la natura aveva colori più accesi e un odore più forte.
Tutto intorno a noi era vita e libertà, e il panorama prati sconfinati tra i pascoli e le pecore era incredibile.

Non avevo mai vissuto un esperienza del genere, mi sembrava di toccare con mano la vera essenza della vita e di respirare in un'altra realtà.

Ma il mondo era sempre lo stesso e quello non era altro che un piccolo angolo sperduto, dove il cielo mi era più vicino, mentre il fiumiciattolo arzillo zampillava senza interruzioni, al mio fianco.

Questa era la vita che avrei sempre voluto vivere, ma che pultroppo non mi era possibile condurla. Ma di certo, non dimenticherò mai quel viaggio, dove capii quale fosse il mio posto nel mondo.

Parole: 886

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