15•capitolo -non litighiamo più-

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Ana

Non ci posso credere a quello che è appena accaduto, a quello che Santiago mi ha appena detto, a come mi ha guardato mentre lo diceva. Infatti mi alzo dal marciapiede che quasi le gambe mi cedono, lui ha il telefono in mano e sta per rispondere alla sua ragazza. Tutto questo mi fa sentire una sensazione strana, la stessa che mi fa stringere il petto e mi fa mancare il respiro.

Voglio andarmene di qui, riprendere aria, cercare di capire quello che è appena successo. Perché un minuto prima ci guardavamo come se fossimo peggiori nemici, e adesso mi sono sentita protetta da lui solo con uno sguardo.

Ma non ho il tempo di fare quel passo che ci allontana, perché mentre ancora il telefono squilla, la sua mano arpiona la mia mano e mi blocco. Mi paralizzo. Mi congelo. E il cuore, per qualche assurdo motivo, perde un battito. Una strana elettricità dà vita al mio corpo.

«Ana» pronuncia il mio nome con fatica, la stessa che ci metto io per riuscire a girarmi e incrociare ancora i suoi occhi. Quelli azzurrissimi che adesso mi stanno guardando con un'espressione imperscrutabile, che vorrei riuscire a capire. «Non...» cerca di dire ma le parole gli muoiono in bocca. «Smettiamola di litigare. Okay?» mi chiede, e tutto questo è nuovo visto il nostro rapporto. Pensavo che avrebbe fatto finta che questa serata non fosse mai accaduta, ma non sta avvenendo. Anzi mi guarda con una nuova speranza.

Mostro un sorriso, ma lo spingo un po' troppo per mostrarmi felice e non fargli vedere il tumulto che ha creato nel mio corpo. Mi sento come quella sera al campeggio, quando pur di non pensarci sono scappata da lui e l'ho allontanato.

«No, non litighiamo più» concordo.

Mi guarda un po' troppo. Occhi negli occhi e non so più come si faccia a tenere le gambe dritte, ho paura di cadere e non riesco a capire cosa è che mi turba tanto.

Poi decide lui di troncare i nostri sguardi, risponde alla sua ragazza e per qualche motivo ci rimango male. Prendo un profondo respiro e non c'è verso di riprendermi, perché si presenta davanti a me Victor. Guardo per un attimo Santiago che adesso sta facendo finta di nulla, dunque mi rigiro verso Vic.

«Piccola» mi chiama con il solito nomignolo e forzo un sorriso.

«Che vuoi?» sbotto. Non ci posso credere che stia con Libertad e che non me l'abbia detto.

«Possiamo parlare un attimo?» Mi domanda speranzoso.

Perciò annuisco e lo faccio solo perché così posso allontanarmi da questo posto, da quello che ho provato un istante fa. Lo seguo e ci appartiamo in un luogo scuro. Poi Victor prende a guardarmi insistentemente. Nel suo sguardo ci sono troppe cose: c'è senso di colpa per quello che ho appena scoperto, ma anche rabbia per il pensiero che io stia con Santiago.

«Che cosa vuoi?»

«Solo... spiegarti...» sbuffa. «Io... io e Libertad stiamo insieme da un paio di mesi» mi confessa e prova a toccarmi, però mi stacco. Non le voglio le sue mani addosso.

«Quindi stavate insieme pure oggi pomeriggio, quando mi hai scopato!» gli ricordo visto che oggi pomeriggio sono andata a casa sua e siamo finiti a letto insieme. Così come succede tutte le volte che ci vediamo.

«Dovevo dirtelo, lo so. Non è stato facile e io avevo voglia di te!»

«Certo sono un oggetto»

Un sorriso amaro gli contorna le labbra che ho baciato solo qualche ora fa. Si sistema i capelli lunghi.

«Sei ingiusta» dice sfiancato. «Ti sto dietro da anni, Ana.» Mi ricorda e il dolore negli occhi mi fa capire quanto io lo abbia ferito in questi anni. «Ti ho sempre amata e lo sai. Sarei pronto a lasciare Libertad pure adesso per te e sai anche questo. Quello che provo per te non potrò mai provarlo per qualcun'altra. Ma...» le sue mani finiscono sul mio viso e con i pollici mi accarezza le guance. «Tu non mi vuoi. Tu mi scacci, scappi, e questo mi fa male. Perché non posso starti dietro per sempre. Pure se ti amo e lo sai. Ti amo talmente tanto che perderei l'approvazione di mio padre se tu mi dicessi stiamo insieme. Perché è per lui che mi sono avvicinato a Libertad.»

Lo guardo e so che in fondo ha ragione. Sono io che continuo ad allontanarlo, poi lo riprendo quando lo sto perdendo e non è giusto.

«Hai ragione» infine ammetto e nel suo sguardo il dolore si amplifica, ferendomi. «È meglio che la finiamo qui...»

Ci guardiamo e non so più cosa dire perché so che gli sto facendo del male. Che gliene ho sempre fatto.

Non ho mai smesso di ferirlo e me ne rammarico.

«Devo andare, Vic»

Mi giro per lasciarmelo alle spalle perché so quanto è difficile privarmi di lui. So quanto mi è costato nel corso degli anni. Io non potrò mai stare con lui.

Ma mi stringe il polso e mi riporta al punto di partenza.

«Ana...» boccheggia. «Dimmi di lasciarla e io lo faccio» quasi ha le lacrime agli occhi perché adesso li ha lucidi. «Dimmelo e lo faccio» mi supplica.

Scuoto la testa perché non posso.

Non possiamo stare insieme.

Non posso stare con lui.

«Non posso» confesso e le lacrime ora salgono ai miei occhi, però non le faccio scendere giù per le guance perché non sarebbe un bene per lui vedermi soffrire. Gli darebbe ancora speranza.

«Perché?» alza il tono di voce. «È...» sembra che gli venga un'illuminazione. «È per lui?»

«Per chi?» fingo perché so a chi si sta riferendo e l'immagine di noi due su quegli scalini mi viene in mente. Lui che mi guarda, lui che mi sussurra che sono bellissima, lui che per la prima volta sembrava apprezzarmi. E un brivido che non pensavo potesse mai suscitarmi mi increspa la pelle, ma do la colpa al freddo di questa serata di fine settembre.

«Santiago!» sbotta con rabbia. Sapermi con lui gli fa male. «State davvero insieme?» me lo chiede con la speranza che dica di no.

«Io...» abbasso lo sguardo. «No, non stiamo insieme. Non c'entra niente lui»

Alzo il braccio e con la mano gli accarezzo il viso.

«Ma non possiamo stare insieme. Stai con Libertad e sii felice»

Gli volto le spalle e a malincuore vado via da lì.

•••

Il giorno dopo sono a casa delle mie amiche e fingo di stare bene, ma sono ancora presa da quello che è successo ieri e le mie due migliori amiche se ne accorgono.

«Che succede?» è Ester a parlare perché è lei quella che si accorge dei nostri stati d'animo, anche se poi non fa mai domande che mettono in imbarazzo. Lei non è me.

«In che senso?» domando, cercando di fingere che tutto vada bene.

«Se non ne vuoi parlare va bene, però sappi che noi ci siamo»

Beatriz annuisce e per farmi capire la sua presenza appoggia la mano sulla mia coscia.

«Ragazze, ho...» sto per dire di aver chiuso con Victor, ma non ne ho modo perché entra di soppiatto Roman in camera.

«Ehi ragazze, scusate se vi disturbo, posso parlare un attimo con Ana?»

Sembra preoccupato mentre lo dice e il panico mi avvolge anche se non so perché.

Mi alzo e lo seguo, quando ci mettiamo davanti alla porta di entrata, mi guarda ancora con quell'espressione preoccupata che gli ho visto spesso negli anni della scuola, quando facevo uso di stupefacenti. Lo faccio ancora, però non con la stessa frequenza. Solo quando sono preoccupata.

«Che succede?» A quel punto gli domando perché sono stufa del suo silenzio, voglio capire cosa gli prende.

«Che succede? Dovresti dirmelo tu, Ana!» si irrigidisce e Roman non è mai così. Lui è sempre sorridente e prende le cose con tranquillità.

«Non ti sto capendo...» stringo gli occhi.

«Che diavolo vuol dire che vivi a Londra? Perché non mi hai detto niente. Mi avevi detto che lavoravi per una casa di moda e adesso scopro che neppure ci stai a Liverpool. Per quale motivo non me l'hai detto?»

«Adesso sei mio padre, Roman?» dico con una furia cieca verso il biondino che mi ha tradito. E io che pensavo stesse cambiando, che stesse provando a diventarmi amico. E invece è sempre il solito stronzo che cerca in ogni modo di affossarmi.

«Sono il tuo migliore amico e ci tengo a te. Perciò perché non ci lavori più?»

«Saranno affari miei, no?» sbotto.

«Si, lo sono, Ana ma...» ora la voce gli si inclina. «Deve essere successo per forza qualcosa se non ce l'hai detto»

Abbasso lo sguardo e il respiro adesso è pesante, non vuole uscire. Non posso dirgli quello che è successo, so che non la prenderebbe bene, che si preoccuperebbe.

«Ho fatto un errore e la signora Kimberly mi ha cacciato dalla sua casa di moda» non dico altro, non voglio che sappia altro.

«Ana...» tira fuori il mio nome quasi come gli pesasse. «Dimmi che non c'entra niente la droga» me lo chiede direttamente, sapevo che sarebbe arrivato a dirlo.

Lo guardo e per quanto vorrei, non posso mentire al mio migliore amico.

«Io...» sto per ammetterlo, quando ad interromperci ci pensa Beatriz.

«Roman, c'è Santiago che ti cerca. È tutto apposto?»

Scopro così che quello stronzo si trova in questa casa.

«Santiago è qui?» chiedo a Beatriz e lei annuisce solamente. «Bene!» stringo le labbra e comincio a marciare verso le altre camere alla ricerca di quello stronzo.

Quando finalmente lo trovo, mi blocco nel trovarlo insieme a Nieves. Poi però ritrovo fermezza e gli dico quello che penso.

«Ti avevo chiesto una cosa, una!» sbotto e lui mi guarda perplesso, come se volesse dire: ma sta parlando con me? «Ti avevo chiesto di non dire niente agli altri del fatto che mi fossi trasferita a Londra» Santiago schiude le labbra per parlare ma non ha il tempo di farlo visto che proseguo imperterrita.

«Ana» tenta di dire anche Roman, ma non ascolto nessuno. La rabbia ha preso il sopravvento.

«Invece sei uno stronzo. Ci godi a farmi litigare con i miei amici. E fai il finto santo. Che c'è, Santiago, sei troppo leale per tenere un segreto?»

Santiago stringe le labbra e a quel punto risponde.

«Quello che dovresti essere tu, a quanto pare...»

Non ci vedo più dalla rabbia e i miei occhi si spostano su Nieves.

«Ah si? Sei leale? E glielo hai detto alla tua fidanzata che stai vivendo con due ragazze? A lei va bene, mister lealtà!»

Nieves si paralizza mentre lo dico e un po' me ne pento, ma ciò che è fatto è fatto. Mentre Santiago ha gli occhi piantati sulla sua fidanzata che adesso si sta alzando, sta fingendo un sorriso e si sta allontanando da questa stanza. Non è per niente felice, come pensavo.

Santiago la segue fuori e io riprendo aria, cerco di allentare la tensione.

«Dio, Ana!» Roman mi richiama e mi guarda esausto. Forse è questo l'effetto che faccio a tutti i miei amici, sono stanchi dei miei comportamenti. Sono stanca anch'io di me.

«Perché lo hai fatto?» poi sbotta e mi continua a guardare aspettandosi una mia risposta.

«Perché è un traditore. Mi aveva promesso che non avrebbe detto nulla, e invece farebbe di tutto per farmi del male» constato, poi stanca di tutta questa situazione vado fuori in giardino a prendere aria. Roman non mi lascia sola, mi segue subito dopo e mi rimane di fianco senza parlare. Non è da lui visto che odia i silenzi, però lo apprezzo.

«Non ti voglio perdere, Ana» mi confessa il mio migliore amico dopo minuti che siamo qui fuori. «Per questo mi arrabbio quando fai così. Voglio solo che tu sia felice e che la smetti di distruggerti con le tue stesse mani»

«Solo perché non lavoro più a Liverpool?» ironica rispondo.

Roman sbuffa, si porta le mani tra i capelli e non mi guarda. Probabilmente non ce la fa.

«Ho paura che ci sia dell'altro...» rimane con la frase in sospeso, spera che sia io a dire che non c'entra niente, ma non gli mentirò. Non ci sono mai riuscita con lui.

Non rispondo però, non ce la faccio e quindi rimaniamo ancora in silenzio.

«Santiago, comunque, non ha detto nulla del fatto che tu fossi a Londra.» Mi giro immediatamente verso il mio migliore amico che adesso mi sta guardando.

«Solo lui lo sapeva...» mi mangio le labbra quando capisco che no, non è vero, pure Nieves lo sapeva. «Nieves?» chiedo. Mi basta solo vedergli fare un cenno di assenso con la testa per capire che ho appena rovinato con le mie stesse mani la tregua con Santiago.

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