17•capitolo -Stanotte una bussola ce l'hai-

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

Santiago

Sono passati tre giorni da quando siamo tornati da Madrid, già Nieves mi manca. Ha mantenuto la promessa però, si è fatta sentire tutti i giorni e stiamo cercando di ricostruire quello che si è rotto in questi mesi. La sento più presente, anche se so che non va tutto bene e che c'è bisogno di tempo per chiarirci davvero. Sono contento però, adesso che ce l'ho al mio fianco non ho alcuna intenzione di lasciarla andare.

Con Ana invece non è rimasto niente, neppure le liti. Ci stiamo praticamente ignorando e in ogni caso ci vediamo poco visto che la mattina vado all'università e lei pure. E poi dal pomeriggio fino alla sera io vado al pub per lavorare. Gli unici momenti in cui ci vediamo sono la notte quando io torno stanco dopo un lungo turno estenuante, e lei invece torna a casa mezza ubriaca dopo aver fatto baldoria chissà dove.

Sono al lavoro e sento squillare il telefono, guardandolo mi accorgo che si tratta di una videochiamata di Roman.

Mi allontano un attimo dopo aver chiesto il permesso e poi gli rispondo.

«Ehi, Roman» lui mi sorride, si sta grattando la testa.

«Ciao, Santi. Come va?» Dal suo sguardo avverto uno strano presentimento, quasi mi dovesse chiedere qualcosa, ma non dico nulla.

«Va tutto bene. Sono al lavoro. Mi devi dire qualcosa di importante?» gli chiedo per fargli capire che non ho molto tempo per stare al telefono.

Lui fa un sorriso tirato e sento provenire dalle sue labbra un sospiro.

«Che succede, Roman?»

«Come sta Ana?» allora mi chiede e questa domanda mi stranisce, anche perché non capisco perché lo stia dicendo a me.

«Be... bene, credo» scrollo le spalle. «Non l'ho vista molto in questi giorni» ammetto.

Annuisce e poi indugia un po' prima di parlare e questo non è da Roman.

«Roman, c'è qualcosa che devi dirmi?» domando a quel punto spazientito, poi guardo il pub per capire se si è fatto tardi e devo tornare dentro.

«Lo so che non la sopporti» mi dice spingendo le labbra in un sorriso. «È sempre stato così tra voi. Però...»

«Però?» lo incito. Sono stufo dei suoi tentennamenti. Voglio solo che mi dica quello che devo sentire.

«Okay. Te lo dico» prende una pausa poi guarda dritto nello schermo. «Ana sta passando un periodo brutto. Ho bisogno che tu le dia un'occhiata»

Indietreggio quasi avessi preso la scossa e guardo il mio amico come avesse quattro teste.

«Io le dovrei dare un'occhiata? Roman, non sono una babysitter, Dio!»

«Santiago, se non fosse importante, non te lo chiederei. Ricordi come si è ridotta quel giorno della festa? Ricordi come l'abbiamo portata in bagno e da lì non è uscita per ore? Ecco, penso che lei sia di nuovo a quel punto. E io...» la sua voce si incrina e Roman non lascia mai spazio ai sentimenti. Non li mostra mai a nessuno. «Non voglio perderla»

«Si, Roman, ma ricordi che non mi sopporta? Non mi lascerà mai avvicinarmi a lei. Dillo a Felipe, no? Cioè, in fondo ci va a letto...» nel frattempo che lo dico, me ne pento all'istante. Non avrei dovuto confessare ciò. E poi non so neanche se vadano ancora a letto insieme.

«Felipe e Ana?» scioccato afferma. Boccheggia addirittura per la notizia. «Perché devo essere sempre l'ultimo a sapere le cose» ridacchia. «Felipe e Ana, che coppia!!» si sbellica dalle risate ma io non ci trovo nulla da ridere. Non credo stiano bene insieme, quei due.

«Non li vedo bene insieme» mi lascio sfuggire e me ne pento quando vedo gli occhi di Roman inquisitori.

«E per quale motivo, Santi?» mi scruta cerca di cavarmi informazioni.

«Perché lei non va bene per lui»

«E per chi va bene? Per te?»

Indietreggio e scuoto la testa.

«Che dici? Io e Ana? E poi ti ricordo che ho una fidanzata che amo!» sbotto, innervosito.

«Calmati, scherzavo. Ma tu ti innervosisci facilmente» ha un sorriso ironico sul viso. «Comunque lo farai?»

«Perché io?» chiedo ancora.

«Perché so che posso contare su di te. Ti prego, Santiago. Lei è troppo importante per me»

Per tutto le ore che mi rimangono a lavoro, non faccio che pensare alle parole di Roman. Tutto quello che vorrei è non averla vicina quella ragazza, e invece adesso devo pure tenerla sotto controllo. Nessuno mi obbliga a farlo, ma non riesco a non pensare a Roman e alla sua preoccupazione.

Quando torno a casa, sto per rintanarmi in camera mia, quando sento suonare al campanello e quindi vado a vedere di chi si tratta. Tra l'altro a quest'ora della notte. Quando apro la porta, mi guardo intorno ma non vedo nessuno, solo in un secondo momento mi accorgo che Ana ha la schiena appoggiata al muro e non si regge neppure in piedi. La puzza di alcol mi fa capire perché.

«Ana...» dico cercando di ridestarla, ma lei è tutt'altro che lucida e sembra pure non sentirmi. Mi abbasso verso di lei e le tolgo le ciocche che le si sono appiccicate in fronte. «Ana» ripeto. Lei emette solo un bisbiglio di cui non  capisco nulla. Prendo un profondo respiro e la tiro su in braccio, l'accompagno in camera sua ma è solo in quel momento che lei sembra ridestarsi e si muove sopra di me.

«Mollami» biascica. Lo faccio e la metto giù, lei quasi cade e quindi per reggersi in piedi si appoggia al muro.

«Perché ti riduci così?» sbotto, nervoso. Non riesco proprio a capire i suoi atteggiamenti senza senso. Non li ho mai capiti a dire il vero.

«Non sono affari tuoi, Santiago!»

Fatica perfino a guardarmi, ha gli occhi arrossati e il respiro ansante.

«Ah no? E che ne dici del fatto che ti ho dovuto portare fino a qui in braccio?» alzo il tono di voce e come d'istinto mi avvicino a lei. Solo in quel momento i suoi occhi si posano su di me. C'è una rabbia incontrollata nel suo sguardo e non so se sia rivolto a me.

«Chi te lo ha chiesto?» nel chiedermelo, stringe le mani sulla mia maglia stroppicciandomela. «Io non ti ho mai chiesto niente»

«Ci sono persone che si preoccupano per te. Che ti vogliono bene. Perché ti rovini così?» appoggio le mani al muro e non riesco a togliere i miei occhi dai suoi. Sto cercando di capire meglio i suoi comportamenti senza senso.

«Non...» abbassa lo sguardo e non so perché lo faccio, ma alzo il suo viso dal mento perché non smetta di guardarmi. «Non puoi capire» in questa frase non dice nulla eppure sento tutto. Sento troppo dolore nel suo tono di voce, sento qualcosa a cui aggrapparmi per cercare di capirla.

«Posso... potrei capirti se me lo dicessi» insisto e non sono più sicuro che io lo stia facendo per la richiesta che mi ha fatto il mio amico. Sento solo l'esigenza di aiutarla.

Scuote la testa e sulle sue labbra si forma un sorriso amaro.

«Non potresti»

Quasi scivola e io l'afferro dai fianchi, stringendoli. Annaspa e i suoi occhi si posano nuovamente sui miei.

«Perché mi guardi così?» domanda, spiazzandomi.

«Come...?» mi appoggio col corpo a lei e sento il suo fiato infrangersi sulle mie labbra. «Come ti guardo?»

«Come se fossi un caso perso. Irrecuperabile.» Ha gli occhi lucidi e per un momento sento il bisogno di raccoglierle le lacrime, quelle che però non ha mai il coraggio di lasciare andare in mia presenza.

Non lo so perché la guardo così.

So solo che nei suoi occhi rivedo i miei e questo mi fa paura.

Mi fa mancare il respiro.

Mi fa sentire il bisogno di starle il più lontano possibile.

Ma anche il più vicino possibile.

Mi sento una contraddizione vicino a lei ed è per questo che vorrei andare via. Provo a farlo, ma quando lei stringe la mia mano e mi ferma, nei suoi occhi sento il bisogno di non lasciarmi andare.

Dura un attimo perché poi molla la mia mano e ritorna al suo mutismo.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro