E vissero felici e contenti. Probabilmente.

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La mattina dopo nonna Caterina era pensierosa e poco loquace. Solo dopo un ottimo cappuccino e un bombolone alla crema le tornò la parola, e anzi si scoprì in vena di insegnamenti sulla vita e di morali della favola. "Una cosa dovreste capire voi giovani. Ci sono tesori che non vi può regalare nessuno: la dignità, la felicità. Ve li dovete conquistare da soli, lottare. Per esempio, il lavoro."

Annalisa e Piero, alla parola lavoro alzarono istintivamente le antenne e rimasero in ascolto, con il cornetto in mano e la bocca bianca di zucchero a velo.

"Avete presente Marx?"

Annalisa e Piero, con lo sguardo vuoto, fecero gesti imbarazzati per intendere che sì, oh, naturalmente.

"Già, dimenticavo che ormai è fuori moda e a scuola non si studia più la storia. Annalisa, portami alla libreria, per favore."

Annalisa, volonterosa, spinse la carrozzina fino agli altissimi scaffali pieni di libri che coprivano le pareti della sala. La nonna ne estrasse un piccolo volume marrone e lo porse alla ragazza: "Ecco, "Il Manifesto". Tanto per cominciare."

Annalisa aprì il libro e lesse l'incipit a voce alta: "Uno spettro si aggira per l'Europa." Si fermò e guardò speranzosa Caterina: "Un horror?"

La nonna diventò tutta rossa e cominciò a emettere sibili inquietanti a ogni respiro, il che le impedì di rispondere.

Annalisa poi, saltando direttamente alla fine del volume, gettò uno sguardo distratto alle ultime parole: "Precari di tutto il mondo unitevi". Strabiliata da un invito così consono alla situazione, guardò con ammirazione la nonna, che tra un fischio e l'altro riuscì ad articolare: "Già. Non sai leggere, ma hai colto il senso." Poi si richiuse in un silenzio tra l'avvilito e lo sprezzante. Piero e Annalisa, invece, si rifugiarono nei cornetti alla crema.

Dopo qualche istante nonna Caterina sospirò: "Beh, ho capito. Mi tocca aiutarvi."

A Piero cadde la brioche dalle mani, e Annalisa fece un salto sulla sedia: "Aiutarci? Non è che ce lo meritiamo..."

"A ben vedere no, però devo dire che mi sono proprio divertita ultimamente. A parte il povero Giuseppe, che riposi in pace. Potreste abitare qui da me, per i primi tempi. E potrei raccomandarvi, che Iddio e Marx mi perdonino, a qualche amico di famiglia per un lavoro come si deve, pagato e stabile."

Piero e Annalisa erano rimasti basiti, incapaci di credere alle loro orecchie.

"Soldi non ve ne posso dare, quegli avvoltoi delle mie nipoti ve la farebbero pagare cara: una fa l'avvocato e l'altra la commercialista. Circonvenzione di incapace, eccetera eccetera. Però ho un piccolo segreto, di cui le mie nipoti, nella loro grettezza, non si sono mai accorte..." La nonna si girò e indicò il quadro che occupava la parete sopra il divano. Piero e Annalisa lo guardarono, si guardarono, guardarono la nonna. Con gli occhi più vuoti e confusi che mai. "Beata ignoranza." borbottò la donna, sempre più spazientita. "E' un Lantana. Sapete, quel Lantana. Che è morto di fame, ai suoi tempi, e adesso vale miliardi. Era amico di Giuseppe buonanima, gli aveva regalato questo quadro (orrendo, diciamolo) e lui l'ha rifilato a me. Io l'ho tenuto all'inizio per ricordo del mio amore perduto, poi hanno cominciato a chiedermi di comprarlo, a fare offerte che mi parevano spropositate... Mi sono informata e ho scoperto quanto vale in realtà. Le mie nipoti non ne sanno nulla, anzi lo detestano e non capiscono perché io mi ostini a tenerlo in salotto. Ora potete prenderlo voi; se lo vendete per quello che vale siete sistemati per tutta la vita."

Annalisa e Piero, sempre più allibiti, non riuscivano a muoversi, né a parlare.

Fu allora che, improvvisamente, si spalancò la porta d'ingresso e le nipoti di destra e di sinistra fecero una fulminea comparsa nel salotto, con l'aria di essere su tutte le furie.

"Come vi siete permessi." esordì apocalittica la nipote di destra.

"Portar via la nonna da casa senza la nostra autorizzazione." si indignò la nipote di sinistra.

"Ci avete fatto preoccupare tan-tis-si-mo." aggiunse la nipote di destra.

"E ovviamente non ci sono più i presupposti per mantenere il suo incarico, signorina." chiuse la nipote di sinistra.

"Esagerate. Nemmeno mi avessero sequestrata." ridacchiò la nonna.

In quel momento suonò il cellulare di Piero. "Ah, sì, ciao mamma! Dove sto? Eh, sto ancora a Roma, ma torno presto. Sì, Annalisa sta qua pure lei."

"Annalisa?" chiesero all'unisono le nipoti.

"Sì, sì che lo sa della donnaccia. Ma no, ma che mi fai dire, ma'... Quale donnaccia? Ma chi te l'ha detto? No, no che non vado con le passeggiatrici ma'. No, ma quali brutte malattie, ma', ti ho detto che non è vero, forse hai capito male. Dopo ti spiego. Anzi, sai che io e Annalisa ci sposiamo?"

"Annalisa?" chiesero di nuovo le nipoti.

"Mia mamma. Mi ha messo giù. Forse è meglio che andiamo a casa a spiegarle. Comunque, probabile che mi ammazza." disse Piero grattandosi la testa.

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